8f) I SOLUNI
I Ka-ranta giunti assieme a Karahì erano centinaia e tutti stringevano in mano palle di neve e ghiaccio già compattate e pronte a essere lanciate.
Avanzarono tra i tronconi bruciati della foresta a passo spedito fino a quando raggiunsero la spessa fanghiglia del vulcano.
Alcuni ci misero dentro un piede, poi, insospettiti dalla consistenza molliccia, tornarono indietro.
La toccarono ancora, l'annusarono. Era tiepida.
Guardarono con sospetto quella sostanza viscida e cedevole che avevano davanti: puzzava di zolfo e di morte.
Solamente pochi, i più valorosi, provarono ad avventurarsi oltre al suo bordo, fecero alcuni passi incerti nel fango, ma le gambe presto cedettero, sciolte dal calore che si nascondeva sotto la superficie.
Si schiantarono a terra urlando per lo spavento, senza poter tornare indietro e scomparvero nella melma, sciogliendosi sotto gli occhi sbigottiti dei compagni. Karahì belò indispettita.
Diede un ordine secco ai suoi più fidati Giganti:"Avanzate!" gridò belando furiosa e quelli senza fiatare fecero come gli era stato ordinato.
Anche questi, pur avanzando maggiormente circospetti dei primi, fecero solo pochi passi prima di crollare in terra come gli altri, sprofondando velocemente nel fango che li fagocitava impietoso.
Karahì a questo punto divenne furiosa. Il suo belato divenne un urlo straziante di dolore indispettito dall'impotenza che risuonò fin dove vi fosse orecchio per udirlo.
Baliji, ancora frastornato e intontito dal colpo ricevuto dall'arto flessibile di Gioturna, faticò a riprendere contatto con la realtà.
Si guardò attorno. Tutto girava, il sangue gli colava dalla fronte, si impastava nel fango e lo accecava.
Aveva perso l'orientamento e faticava a capire dove si trovava.
Dovette scrollare la testa più volte prima di riuscire a mettere a fuoco la sagoma che stava cercando.
Alla fine la trovò, a pochi passi di distanza.
Benché stordito e dolorante, una rabbia sorda lo portò a rizzarsi ancora e a rimettersi in piedi.
L'anello di Gioturna era incrostato di fango, sporco e inutile, pendeva avanti e indietro inerme dal suo polso.
Gioturna era davanti a lui, era a pochi passi e ancora non l'aveva visto.
Eppure c'era quella maledetta frusta acuminata che sbatteva furiosa avanti e indietro a rallentarlo.
Anche se prima era stato colpito da un colpo fortuito portato alla cieca, questo non voleva dire che non avrebbe potuto essere ancora colpito un'altra volta.
Il sole illuminò la cima del Vulcano.
Baliji lo vide, si fece coraggio, capì che doveva fare qualcosa.
Barcollando avanzò di alcuni passi verso l'Immonda, brandendo con entrambe le mani la spada, tenuta alta sulla testa e pronto a colpirla.
Arrivò quasi a tiro, quando alle sue spalle, da oltre il territorio ricoperto di fango, udì elevarsi un urlo tremendo che lo immobilizzò sul posto:
"Uomo!" gli vociò contro Karahì indovinando le sue intenzioni:"Non osare colpire!".
Contemporaneamente, la Regina del Nord diede l'ordine ai suoi Ka-ranta di lanciare i blocchi di neve e di ghiaccio contro lo sparuto gruppo di umani e Yaonai immersi nel fango. Gli disse di mirare al Gopanda.
Solo a uno di essi posto dietro di lei, fece ancora cenno di attendere.
"Tu, no! Aspetta!" gli fece secca e quello ubbidì con un cenno della testa, compattando l'unica palla di neve che teneva stretta tra le mani.
Vedendo ruotare tra le dita del suo Ka-ranta quella massa bianca e gelata, Karahì sorrise beffarda.
"Quella teniamola per dopo" aggiunse piano "Se anche questo fallisce, non ci rimane che lanciargli quella".
Voleva lui, Baliji, voleva fermarlo a tutti i costi. Eppure la distanza era troppa anche per i suoi Giganti.
La palle di neve volarono alte a lungo, ma gli uomini erano distanti, troppo distanti anche per la loro forza.
La maggior parte dei proiettili sprofondarono nella melma sollevando innocui schizzi che si persero nel nulla.
Altri giunsero fin nei pressi degli amici di Baliji riempiendoli di fango, ma nemmeno uno arrivò a sfiorarli.
Il sole sorse all'improvviso, cogliendo tutti alla sprovvista.
Alla sua comparsa gli uomini sorrisero, le Yaonai si coprirono il volto come poterono nei cappucci dei mantelli, anche Gioturna, sebbene avesse la vista offuscata dal liquido corrosivo, lo riconobbe e rimase affascinata.
Era lui, il suo amato, l'amore perduto di un'Era prima.
Era da così tanto tempo che non lo vedeva, che quasi faticò a crederci di poterlo rivedere nuovamente: era così bello, luminoso e caldo. Si illuse fosse venuto per lei.
Temeva di averlo perso per sempre, invece era lì, le portava soccorso, era venuto, aveva saputo che era in pericolo ed era venuto a salvarla.
"Sono qui!" gli urlò speranzosa "Vieni a prendermi, sono qui!" si illuse di essere ascoltata, ma ancora una volta il Fato aveva deciso diversamente anche per lei.
Dalla parte opposta del cielo sorse un altro astro, un satellite piccolo e veloce; l'altra metà dei Soluni, la Luna.
La Dea del Cielo inseguì la traiettoria del Sole e l'incrociò.
Si sfiorarono, si intrecciarono, si sovrapposero l'uno all'altro.
La Luna divenne nera. Il giorno scomparve. Non ci fu più luce, non ci fu più buio, non ci furono più ombre.
"I Soluni!" mormorò tra sé e sé Gioturna inorridita, rendendosi conto di essere stata sconfitta.
Tutto si fece grigio e confuso. Il silenzio divenne totale.
Gli uomini spalancarono le bocche, anche le Yaonai, pur non amandone la luce, poterono assistere al prodigio senza proteggersi dai raggi del sole.
Uno di quei rari momenti in cui gli amanti perduti potevano incontrarsi per intercessione del Tempo, avvenne sotto gli occhi stupiti di tutti.
Karahì ammutolì; Radice e Faggiola, vedendo avverarsi davanti i loro occhi la profezia del Fato, si fermarono incapaci di pensare ad altro.
Non potevano crederci, i Soluni tornavano a formarsi.
Quello che non succedeva dall'Epoca dei Sei Regni, accadeva ancora davanti al mondo intero.
In pochi minuti la leggenda di un'epoca lontana divenne realtà davanti gli occhi increduli di chi guardava.
La Luna, come un'amante spudorata si parò davanti al sole e l'oscurò, lasciando scoperto solamente un anello di luce, luminoso tutto attorno all'astro.
Baliji capì che quello era il suo momento e non ne avrebbe avuto un altro.
Era quello il soccorso a cui si riferiva Salice che Ride; un sapere antico che solo le Grandi Madri Yaonai ancora serbavano, era giunto in suo aiuto e non doveva sprecarlo.
Quello era il momento di agire, non doveva perdere altro tempo.
Alzò ancora la lama, pronto a colpire, quando venne ancora urtato violentemente dalla liana.
L'aculeo di Gioturna gli sfiorò il petto e sul fango comparve una striscia scarlatta di sangue.
Il dolore che il ragazzo provò fu acuto e improvviso, come se mille aghi l'avessero punto contemporaneamente.
Crollò in terra, incapace di tenere ferme le mani.
Perse la presa sull'elsa dell'arma, la spada gli sfuggì, cadde e scomparve nel fango.
Si sentì sconfitto. Era perduto, aveva sbagliato tutto fin dall'inizio e non poteva continuare.
Si stava dando per perso, quando una voce forte e determinata gridò alle sue spalle: "Gioturna, guarda!".
Era Faggiola e stava urlando contro alla bestia informe, all'Immonda.
"Guarda, ecco il tuo sposo! Ecco il tuo anello, il Sole è venuto apposta per te! Vallo a prendere, se puoi!".
Nel cielo, l'alone di luce attorno al Sole spiccò nitido: l'Eclissi, giunta al suo culmine, pareva un anello d'oro, con la Luna ad annerirne il centro e l'astro a darne la sostanza.
Incredula Gioturna sussultò e credette alle parole ingannatrici della Grande Madre.
Arricciò quell'orrendo intreccio di spine e bozzi che aveva al posto della bocca in qualcosa che forse voleva essere un sorriso e si illuse nuovamente.
Allungò fino allo spasimo verso l'amato Sole la liana corrosa dalla linfa luminosa di Salice che Ride, ma l'arto, intaccato in profondità dall'acido, non resse allo sforzo, si staccò di colpo dalla spalla e crollò in terra.
Lei non poté fare nulla per evitarlo.
Lo fissò cadere, inorridita lo vide agitarsi sopra al fango; come un serpente senza testa esso si aggrovigliò e si scosse, poi scomparve inghiottito dalla melma.
Baliji vide tutto.
Gioturna era indifesa, quasi cieca e senza la sua arma terribile, la sua mortale nemica era davanti a lui e non poteva più difendersi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro