6a) LE QUATTRO AMPOLLE
Mirta si mosse.
Si stirò, vide che fuori era quasi giorno, si voltò a guardare Baliji, poi si spostò liberandogli il braccio anchilosato.
Per lui fu un sollievo e una condanna insieme.
Il momento tanto temuto era arrivato.
Si alzarono entrambi tristi e silenziosi; si vestirono, fecero colazione, poi ritornarono verso la stanza principale, dove gli altri li aspettavano.
Prima di uscire Baliji prese la maschera di cuoio e si passò il laccio sotto la gola; la voleva con sé, oggi.
Quella in cui avevano dormito, era una delle stanze vuote nell'albero casa della Grande Madre.
Non si erano allontanati di molto da quella principale, appena pochi passi, ma per quella notte avevano chiesto e ottenuto un poco di intimità solo per loro due.
Fuori il tempo era bello, la neve aveva smesso del tutto di cadere e sull'erba restava soltanto un sottile strato che non avrebbe resistito a lungo al sole.
A Sud, a meno di un giorno di cammino in quella direzione, il camino del vulcano vomitava incessantemente fumi, cenere e polvere prima di piegarsi al vento che portava quella massa turbolenta verso il fiume.
Il villaggio era deserto e silenzioso.
Nonostante la Grande Madre tenesse bloccata Gioturna sotto il vulcano, nessuno si avventurava inutilmente nella foresta, preferendo rimanere al sicuro nella stanze poste in alto.
Nella notte alcuni grossi rami secchi si erano staccati dagli alberi casa ed erano crollati a terra per le vibrazioni.
Erano le conseguenze dei terremoti che avevano svegliato tutti.
Tre forti scosse vennero a turbare il sonno ai sopravvissuti a metà della nottata e i due giovani ne videro gli effetti appena entrarono nella stanza della Grande Madre: volti lividi e stanchi li accolsero con gioia forzata, ma sotto la patina della cortesia, la paura era evidente in tutti coloro che li attendevano.
Mirta, evidentemente in ansia per la salute della Grande Madre, appena entrata andò subito verso Salice che Ride.
Baliji salutò tutti prima di andare a sua volta verso il letto e vide che Fredrik e Thorball avevano indossato la cotta di maglia e al braccio portavano gli scudi Vareghi con i disegni delle loro Case.
Entrambi erano armati fino ai denti e pronti a partire.
Accanto a loro, Radice vestiva alla Tumbà, portava il coltellaccio piantato nello stivale di fibre intrecciate e brandiva l'ascia bipenne sacra. Anche lui era pronto per combattere.
Gli altri Tumbà avevano l'immancabile coltellaccio della loro gente nello stivale e avevano già indossato il mantello.
Gabriel, in piedi accanto al letto, era identico al malato che vi era steso sopra.
Non fosse stato per le sei dita che il ragazzo aveva per ogni mano, Baliji non avrebbe potuto distinguerli l'uno dall'altro.
Flot sembrava dormire, era agitato; livido e febbricitante tremava, tenendo per mano la Yaonai stesa al suo fianco.
Qualcuno gli aveva gettato addosso una coperta.
La Grande Madre invece era sveglia e lo guardava.
Al fianco della donna, in piedi accanto al letto, vi erano Ranuncolo e Mirta.
Con grande sforzo la Yaonai fece cenno a Baliji di avvicinarsi.
Con cautela lui si sedette al fianco della donna e prese la mano che gli porgeva.
La posò sulla sua con la delicatezza della polvere che scende su di un fiore, eppure lei ebbe una smorfia di dolore.
Il giovane scrutò il volto scavato e ferito della moglie alla ricerca di un miglioramento dalla sera prima, ma non ne vide.
Gli occhi stanchi di Salice che Ride faticavano a restare aperti e in fondo a essi Baliji vide annegare la voglia di resistere al dolore.
La Grande Madre soffriva e le forze venivano ogni momento meno.
Nonostante tutto, Baliji venne accolto con un sorriso.
Si domandò quanto potesse soffrire quell'essere mite e paziente.
"Grande Madre... Salice che Ride. Sono lieto di vederti... " le disse pensando di aggiungere - in salute-, ma lei lo precedette.
"... ancora viva? Per il momento, mio caro, per il momento" concluse per lui sforzandosi di sorridere.
Imbarazzato per essere stato frainteso, Baliji cercò di correggersi, però venne bloccato.
"Lo so che non era quello che volevi dire, Mio Signore, e te ne ringrazio. Solo pochi mesi sono passati dal nostro primo incontro, eppure eccoci qua: da ferito che eri, ora sei tu a venirmi a trovare. Che sia benedetta la nostra Madre Celeste per questo".
Questa volta toccò a lui sorridere al ricordo: sembrava così lontano quel tempo, eppure era passato appena un anno dal suo arrivo in quelle terre.
A quel tempo era gravemente ammalato, un'altra Grande Madre si sedette sul suo letto e lo scrutò come lui ora faceva con Salice che Ride. Era Faggio Purpureo.
Si domandò se anche quella Yaonai in quei momenti si fosse chiesta se mai l'infermo avrebbe rivisto sorgere l'alba successiva, proprio come stava pensando lui per la Grande Madre, ora.
Non l'avrebbe mai saputo, perché lui sopravvisse, mentre lei raggiunse le sue antenate.
Ne ebbe paura, Faggio Purpureo all'inizio lo terrorizzò, eppure quella Yaonai gli diede quello di cui aveva bisogno: speranza, un altro nome e una nuova vita.
A suo modo fu generosa con lui e così voleva serbarne la memoria.
Poi ricordò che quella Yaonai era anche stata moglie e madre e che marito e figlia erano in piedi accanto a lui ad ascoltare le sue parole.
Guardò Ranuncolo e Mirta: si tenevano stretti l'uno all'altra.
Ranuncolo guardava rassegnato verso il corpo esanime di Flot e Mirta aveva gli occhi lucidi.
Ne era certo, entrambi loro avevano compreso il corso dei suoi pensieri e li condividevano in silenzio.
Sentì montargli dentro la rabbia per tutta quella follia inutile ed ebbe un gesto brusco.
La Grande madre gemette di dolore. Lui si sentì in colpa e s'immobilizzò.
"Sono lieta di vedere che non scordi chi ti accolse tra di noi, marito mio" gli disse dopo un po' "Perché il tempo stringe e avrai bisogno di tanta rabbia e tanto coraggio per riuscire nel tuo intento. Ora Gioturna sa di te, come sa dell'arrivo di sua sorella Karahì. Sa che sei venuto per lei e ti aspetta con ansia, perché lo scontro tra voi due è inevitabile. Credo che a modo suo ti tema, poiché non è più immortale. Come tutti noi ha paura di morire ed è disorientata. L'incendio ha lasciato ferite profonde anche sul suo corpo e non è più potente come un tempo. A sue spese ha imparato che il fuoco brucia anche sulla pelle degli dei, alle volte. Questa notte ha tentato di fuggire per raggiungere Karahì. Ha scosso le fondamenta del vulcano per riuscirci, ma ho potuto fermarla".
"Allora questa notte... le scosse... era lei, Gioturna" fece lui e la Yaonai annuì piano.
"Se non fosse stato per Flot, non so se avrei resistito questa volta. Mi è stato sempre al fianco, mi ha sostenuto come poteva... è cambiato, Baliji... Ora dorme, ma ha vegliato fino a ora assieme a me. Però anche tu hai bisogno di aiuto e farò per te tutto quello che posso. Ascolta, mio signore. Prendi l'anello che Flot ha con sé, quello che tua madre ti diede anni fa e scambiasti un giorno con lui. Quello è l'anello che un tempo ci fu affidato dalla nostra Madre Celeste perché lo conservassimo per uno come te. E tu, dandolo a Flot, senza saperlo lo nascondesti nel luogo più sicuro che ci fosse in queste terre, perché mai prima d'ora Gioturna avrebbe ferito il Figlio del Sole per prenderlo. Però adesso l'Immonda ha compreso la verità, lo brama e per quel pezzo di metallo farebbe qualunque cosa. Ascoltami attentamente, ora, marito mio. Dovrai affrontare Gioturna questa notte. Prima che domani faccia giorno io la libererò, lascerò che risalga la via del vulcano e venga verso di te. Tu dovrai attenderla, rallentarla, fermarla se sarà il caso e all'alba di domani dovrai fare in modo che esca dal vulcano. Ricorda! Non prima e non dopo. All'alba! Solo allora dovrai lasciarla uscire all'esterno. Quando il sole sorgerà, quello sarà il momento per attirarla fuori. L'anello... l'anello potrà confonderla, ti aiuterà, la sua brama di possederlo sarà il tuo miglior alleato per farle fare quello che ti servirà: con quello dovrai attirarla all'esterno, poi, una volta fuori, avrai poco tempo prima che Karahì accorra in aiuto alla sorella. Solo con l'inganno potrai uccidere quell'essere immondo. Non c'è altra via. E' l'unica possibilità che hai, rammentalo, mio caro. Mio signore, solo con l'inganno potrai abbattere quell'essere malvagio".
La sorpresa si dipinse sul volto del ragazzo, assieme alla consapevolezza di essere arrivato al momento tanto temuto.
"Grande Madre, come farò a sapere quando Gioturna sarà libera?" le chiese mentre si alzava in piedi.
"Non temere, sarai avvisato per tempo. Attendi nella stanza del Maestro del Sole. Quando sarà il tuo momento, lo saprai. Prendi l'anello e vai".
Con un leggero gesto della mano, Salice che Ride gli fece capire di andare.
A malincuore, lui obbedì.
Fatto il giro del letto, Baliji si avvicinò piano a Flot.
Cercando di non scivolare sugli umori che colavano dal braccio infetto, si sporse in avanti e slacciò la striscia di cuoio. La pelle di Flot scottava.
Benché profondamente addormentato, il Ratnor percepì una presenza accanto a sé e si agitò nel sonno.
Quando avvertì il laccio di cuoio scorrergli sotto il braccio, borbottò parole confuse, provò a muoversi, a reagire, ma non si svegliò.
Quando Baliji ebbe fatto, chiamò Mirta e se lo fece legare al polso sinistro.
Un nodo Varego, come lui le aveva insegnato: resistente, ma facile da slegare all'occorrenza. Era diventata brava a farli.
I due giovani si sorrisero, pieni di fiducia e speranza.
Salice che Ride, soddisfatta, non perse un solo movimento dei due ragazzi.
A fatica sollevò ancora la mano e indicò il ramoscello di vischio attaccato alla colonna del letto:
"Prendi anche quello, ma bada, non staccarlo con il ferro!" lo ammonì seria.
Baliji fece ancora come gli venne detto. Afferrò il ramo e tirò: resisteva, era tenace, elastico, saldamente conficcato nel legno.
Tirò ancora con maggiore forza, fino a quando con un colpo secco il vischio si staccò dal tronco, lacerandone la corteccia su cui era nato.
In quell'istante le bacche che il ramo portava arsero come fossero piene di fiamme e dalla corteccia da cui era stato staccato, colò un liquido denso e luminoso, color dell'oro.
"Raccoglilo, presto! Mio Signore. Quel liquido illuminerà la tua strada meglio di mille torce, quando ne avrai bisogno. Presto, non tardare a raccoglierlo, tra poco cesserà di scorrere! " insistette la Yaonai e Baliji, facendo come gli era stato detto, diede il rametto a Mirta.
Presa una ciotola di legno che Ranuncolo gli porgeva, la poggiò al tronco.
Lasciò che il prezioso liquido la colmasse, poi ne riempì un'altra ancora prima che la ferita nella pianta si rimarginasse del tutto sotto i suoi occhi.
Ranuncolo, nel frattempo, trasferì il denso liquido luminoso dentro quattro piccole ampolle di vetro e le sigillò accuratamente una volta piene.
Salice che Ride ne fu contenta.
"Ora vai, mio signore" gli disse "Porta con te uomini fidati e cari amici, perché ne avrai bisogno. Dovrete attraversare la foresta e prima di sera sarete al vulcano. Avrai buona parte della notte per riposare e meno di un'ora per attirare Gioturna all'esterno, poi tutto dipenderà dal tuo valore. Sarà pericoloso, per te e per tutti noi. Se fallirai e non riuscirai a ucciderla, per te sarà la morte, quell'essere mostruoso sarà libero, le due sorelle separate si riuniranno e per noi sarà la fine. Ma non temere. Se farai come ti ho detto, al momento giusto avrai potenti alleati. Vai, ora, non perdere altro tempo. Non ne resta molto. Faggiola è pronta e ti aspetta con le mie figlie per scortarti fino al vulcano. Loro baderanno a difenderti da Karahì, io a Gioturna fino al tuo arrivo laggiù. Dopo, toccherà al tuo valore".
Infine la Yaonai si rivolse a Mirta. Le sorrise delicatamente:
"Oggi stesso anche tu partirai, te ne andrai verso i monti, ragazza mia. Andrete tutti, non temere, anche tuo padre ti seguirà".
Gli occhi della ragazza si riempirono di stupore, poi comprese.
In fondo sapeva che sarebbe successo prima o poi. Annuì piano.
"E tu, Grande Madre, chi baderà a te, se noi andiamo" le disse.
"Per me è tardi, giovane donna, la Madre Celeste attende il mio arrivo per accogliermi tra le sue braccia".
Padre e figlia incrociarono lo sguardo e il Setmin le fece cenno che la Yaonai aveva detto il vero.
"Vedi, anche tuo padre è d'accordo. Faggiola è pronta e determinata. Sarà una buona Grande Madre per le sue figlie e saprà scegliere il meglio per tutte loro. Io dovrò soltanto resistere fino a domani, poi sarò finalmente libera di andarmene. Perciò non temere per me e prepara la tua roba. Dentro di te cresce il futuro e devi pensare a quello, prima di tutto. Devi esserne fiera".
Detto questo, Salice che Ride si adagiò pesantemente sul cuscino.
Ranuncolo e Mirta si affrettarono a raggiungerla. Il Setmin era torvo in volto: la visitò velocemente, poi si rasserenò.
"È esausta, ma non temere, vive ancora" disse avvicinandosi a Baliji "Ha bisogno di riposo, mio Signore. Vai ora. Di più per te, la Grande Madre non può fare. Abbi cura dei suoi doni, Leta, io veglierò su Mirta e sul vostro bambino fino al tuo ritorno".
Poi, prendendo Baliji alla sprovvista, lo strinse a sé e l'abbracciò come fossero vecchi amici.
Il giovane non se lo aspettava, perlomeno non dopo quello che c'era stato tra loro, però ricambiò con piacere il saluto.
Alla fine, staccatosi, si guardò attorno.
Si rivolse in Varego a Fredrik e Thorball:"Siete con me?" chiese ai suoi Compagni di Disgelo e il cenno che entrambi gli fecero, bastò per capire che non aveva sperato invano il loro aiuto.
Poi, in Tumbà, si rivolse a Radice:"E tu, cugino, amico mio, sarai al mio fianco in quest'ultimo giorno?".
"Perché non sia l'ultimo, certo" fu la risposta serena del Sednor.
Come sempre la sua solida calma aveva il potere di rasserenare Baliji e mai come in questo momento, il Gopanda-Leta sentiva di averne bisogno.
Tutti e tre i suoi migliori amici erano al suo fianco, già armati e pronti a partire.
Non poteva sperare di meglio.
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