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3f) KARAHI' SI AVVICINA


Dopo un lungo silenzio rotto solo dal crepitare delle fiamme:

"Mio signore, Gopanda-Leta" mormorò Faggiola "Il nostro mondo è sconvolto, quello dei Ratnor finito. Nulla è più come prima, grazie a te. Però ciò che deve essere, ancora non è stato del tutto. Salice nel Vento ancora vive, non temere. Flot di Yasoda, sia maledetto il suo nome, assieme al Sednor Ranuncolo, entrambi loro si stanno prendendo cura della Grande Madre. Per quanto riguarda i tuoi amici, sono salvi, sebbene corrano un grave pericolo tutti quanti".

Wal tirò un sospiro di sollievo. Erano vivi...tutti vivi, però non poteva gioire e nemmeno adirarsi. Se non voleva spaventare la Yaonai e indurla a tacere, non poteva manifestare emozioni che non fossero pacate. Doveva mantenersi calmo.

"Pericolo, quale pericolo? Dove sono ora, Faggiola?" le chiese, mantenendo per quanto gli fu possibile la voce distaccata.

"Nel villaggio di Mandi" fu la risposta che ricevette.

Wal scambiò uno sguardo furtivo con Neko. Un cenno d'assenso da parte di entrambi sancì l'intesa.

Ora sapevano dove andare. L'indomani li avrebbero raggiunti.

"Mirta ti aspetta, Radice e i tuoi amici dalla parlata strana, tutti speravano che venissi a prenderli" disse ancora la Yaonai facendolo trasalire.

Nel sentire il nome di Mirta, a Wal il cuore diede un sobbalzo.

Doveva stare calmo, calmo.

"Di quale pericolo parlavi, Reverenda Madre?".

Dopo un breve silenzio, Faggiola riprese:

"La Grande Madre mi ha mandata a cercarti, Leta, perché una trappola ti attende. Gli equilibri di un tempo sono quasi scomparsi. La maledizione di Karahì vacilla e l'Immonda non risponde più del tutto ai suoi ordini ".

Wal rabbrividì. Il suo sogno si andava forse avverando? Sentì un formicolio nello stomaco: alle parole della Yaonai, suo nonno Aldaberon era tornato presente e se lo spirito era all'erta, il pericolo doveva essere reale.

"È tornata in vita?".

Faggiola scosse la testa.

"Non ancora, ma non è più nemmeno quello che Karahì, un tempo, la fece diventare. Gioturna non risponde più a nessuno, purtroppo. Quando arrivammo nei territori del Nord trovammo quello che più temevamo: una strage. Da Guardiana dei villaggi dei Ratnor, ne diventò la carnefice e colpì tutto quello che le fu possibile colpire. Il dolore, il fuoco, la paura, anche lei scappò dalle fiamme come tutti e venne a cercare Flot, il Figlio del Sole, l'unico che secondo lei poteva aiutarla. Man mano che l'incendio avanzava, Gioturna si rifugiava sempre più a Nord del vulcano. In poco tempo le sue liane invasero tutto quello che restava della boscaglia, non ci fu angolo della foresta che fosse ancora sicuro per chiunque. Non ebbe pietà, nessuno che si trovasse sul suo cammino fu risparmiato. Indiscriminatamente lanciò dardi su animali, Ratnor e Sednor, tutto quello che si muoveva, per lei era diventato un nemico. Un solo giorno le bastò per rendere la foresta un deserto. Solo le Yaonai rimasero a guardare. Senza la Grande Madre a dir loro cosa fare, le nostre Sorelle rimasero inermi davanti la furia di Gioturna. Attesero e non fecero nulla. Erano disorientate, impaurite, troppo spaventate per tentare qualunque cosa. Chi non lo era in quei giorni, d'altronde. Temevano l'incendio per le loro Schegge e per sé stesse. In fondo come non capirle. Per secoli troppe di noi vennero strappate dalla foresta per la presunzione di un uomo solo. Odiavano troppo Flot di Yasoda per intervenire in suo aiuto. Sebbene sapessero fosse sbagliato non intervenire per fermare Gioturna, la lasciarono ugualmente fare. Videro Sednor e Ratnor fuggire davanti alle sue liane come topi braccati. Chi poté cercò rifugio sugli alberi casa, ma anche coloro che vi riuscirono non erano del tutto sicuri di essere salvi. Bastava un sospiro troppo forte o un lamento e lei arrivava. I suoi getti giungevano ovunque, si arrotolavano ovunque, a qualunque altezza colpivano e trascinavano via. A onor del vero, solo Flot di Yasoda poté fare qualcosa e lo fece. Forse pentito del male causato, nonostante fosse ferito e debole le andò incontro. Sorretto dalle pozioni di Ranuncolo l'affrontò, la rimandò indietro e la ripudiò. Almeno nel villaggio di Mandi riuscì a trattenerla quanto bastò per salvare quanti più Sednor fu possibile, ma la strage fu ugualmente immane".

Wal ascoltò immobile, eppure faticò a comprendere tutto l'orrore che doveva essere avvenuto in quei luoghi all'arrivo di Gioturna.

Sbigottito, incredulo e incapace ad accettare tanta malvagità concentrato in un solo essere, per quanto li trovasse detestabili, provò compassione per i Ratnor che dovettero affrontarla senza alcuna possibilità di sconfiggerla, se non fuggendo come topi.

Se mai, durante la fuga nella foresta in fiamme, Gioturna fosse venuta a Sud anziché dirigersi a Nord e avesse incrociato i bambini del Semenzaio, sarebbe stata una strage. Probabilmente non se ne sarebbe salvato nemmeno uno. Probabilmente, nessuno di loro si sarebbe salvato.

"Quanti?" domandò angosciato.

La Yaonai scosse la testa:"Non lo so, migliaia, forse. Fu solo dopo l'arrivo della Grande Madre che la Guardiana si fermò. Benché la maledizione vacillasse da settimane, ancora temeva la sua influenza sulle Yaonai, le uniche che avrebbero potuto fare qualcosa per rallentarla in modo serio. Durante la sua assenza le Sorelle fecero poco contro di lei, in fondo non era una loro guerra e l'Immonda le liberava degli odiati Ratnor. Però, con Salice che Ride presente era un'altra cosa. Unite sotto una guida forte le Yaonai potevano diventare un serio pericolo per lei, perché sapeva che rotto l'incantesimo, nemmeno il suo corpo era più immortale. Se l'avessero attaccata tutte quante assieme avrebbero potuto danneggiarla seriamente. Ora poteva essere ferita e uccisa, allora fuggì, tornò sottoterra, rientrò nel suo rifugio e lì, metà umana e metà mostro, rimase intrappolata. Quel poco potere che la Grande Madre ancora conservava su di lei, lo usò per bloccarla nel vulcano, però nulla poté per evitare che Gioturna chiamasse Karahì. Ora la Regina del Nord sa dove si trova la prigione che inutilmente cercò per migliaia di anni. Le due sorelle si stanno riunendo, la speranza di conquista rinasce nella Signora del Nord e quando saranno ancora insieme, nulla potrà fermarle. Karahì sta arrivando, mio Signore. Scende dal Nord e porta con sé quello che resta del suo esercito. Non è più potente come un tempo, ma travolge tutto al suo passaggio. Ora è sul mare e si sta avvicinando alla terraferma. Pochi giorni ancora, una settimana forse, poi arriverà alle coste Vareghe. Altre disgrazie ci attendono, giovane Varego. Mio signore, Leta, in verità temo per la tua gente. Quando arriverà, essi la vedranno arrivare per primi!".

I due Vareghi si guardarono nuovamente. Questa volta avevano entrambi gli occhi sbarrati dal timore che quelle parole provocarono nei loro animi.

Wal sapeva cosa voleva dire competere con i Ka-Ranta.

Aveva già incontrato una volta due mostri di ghiaccio e ancora ne portava i segni delle dita gelide sul suo braccio.

Quelle macchie impresse nella carne erano ferite indelebili che avevano scalfito in profondità il suo amor proprio e bruciavano come il fuoco ogni qualvolta tornava con la mente a quei momenti tremendi.

Lui, Varego cresciuto e allevato nella violenza, da sempre abituato a combattere per sopravvivere, se non fosse stato per Radice e Salice che Ride, sarebbe stato colto di sorpresa, annientato da quella visione spaventosa e ne sarebbe stato distrutto in un attimo.

Ora al solo pensiero che un intero esercito di quelle bestie assetate di vendetta si stesse dirigendo verso le coste Vareghe senza che i villaggi che le difendevano ne sapessero nulla, lo faceva tremare di terrore.

Sarebbe stata una strage, non un solo Varego si sarebbe salvato, se qualcuno non li avesse avvisati in tempo.

Ma chi poteva attraversare la foresta in tempo, prima che fosse troppo tardi?

La distanza era troppa perché un essere umano potesse percorrerla in pochi giorni.

Per la prima volta Wal vide una espressione cupa anche sul volto di Neko.

Nei lineamenti contratti e tesi del vecchio capì che era preoccupato e si domandò cosa potesse leggere il Maestro in quel momento sulla sua faccia.

Anche i Tumbà stavano in silenzio ad ascoltare.

Si scambiavano occhiate preoccupate senza dire nulla. Sapevano che anche loro sarebbero rimasti coinvolti in quella storia e non si facevano illusioni.

La tempesta, una volta giunta, li avrebbe travolti tutti, inarrestabile e violenta si sarebbe abbattuta ovunque e niente l'avrebbe fermata.

Con un groppo alla gola Wal sentì che avevano perso.

Tutti i loro sforzi, tutto il lavoro fatto, era stato inutile.

La colonna dei Tumbà che si allontanava a Sud, sarebbe stata travolta come tutti loro. Tutto era perduto.

Cosa avrebbero mai potuto fare in dodici, contro Gioturna e una schiera di Giganti di Karahì?

Cercò forza e consiglio nello spirito di suo nonno, ma non lo trovò. Era silente.

Per la prima volta dopo tanto tempo sentì soltanto vuoto dentro di sé.

Aldaberon l'Antico era sparito, l'aveva lasciato solo.

Forse intuendo lo sgomento degli uomini presenti nell'anfratto, Faggiola alzò il capo e tirò indietro il cappuccio. Alla debole e ondeggiante luce del falò, il suo volto pallido e teso risaltò terribile.

Gli occhi le sfavillavano di una luce implacabile e le parole che pronunciò furono una condanna senza requie.

Nel vederla, Wal indietreggiò impressionato.

"Voi temete e non a torto, uomini" disse "ma sappiate che non siete soli. Non tutto è perduto. Ciò che era non è più, nel bene e nel male la maledizione di Karahì è caduta!".

Ancora Wal non capiva, guardò Neko, ma anche lui era esitante.

Allora, con voce forte Faggiola ripeté parole già udite:

GRANDE MADRE!

CHIUNQUE ABBIA OSATO FERIRE UN DIO, VENGA PUNITO DIVENENDO CIO' CHE USO' PER COLPIRE.

CHE LE META' VENGANO UNITE, DIVENTINO PER IL MONDO UNA COSA SOLA. UNITE, INDISSOLUBILI!

SOLO UN SACRIFICIO GRANDE QUANTO LA META' DEL VOSTRO MONDO POTRÀ SCIOGLIERE QUELLO CHE ORA LEGO A TE PER L'ETERNITÀ.

SOLO ALLORA LE PARTI TORNERANNO A SEPARARSI.

MA ORA... SCIOCCA!

CHE LA TUA PUNIZIONE SIA VEDERE LE SORELLE DIVENTARE LEGNO!

FA DI LORO QUELLO CHE VUOI!

Lo sguardo di Faggiola si posò su di Wal.

"Questa fu la maledizione di Karahì e ora è caduta, Leta! In ogni sua parte il suo effetto è terminato:

" Non capisci? ... SOLO ALLORA LE PARTI TORNERANNO A SEPARARSI!".

Ripeté per una seconda volta e finalmente Wal comprese. Una scintilla di speranza gli si riaccese nel petto.

"Le Schegge! Yaonai e Schegge di nuovo separate, due e non più uno! È questo che vuoi dire, Faggiola?".

La Yaonai annuì.

"Per molte di noi questa liberazione è giunta tardi, ma per molte sorelle di queste terre ancora vale. Se Karahì porta il suo esercito, noi riformeremo il nostro. Le Schegge non sono più numerose come un tempo, ma nemmeno i Ka-ranta lo sono. La tua gente è già stata avvisata, non temere. Le strade Yaonai a Nord del vulcano sono aperte e molte mie Sorelle sono già arrivate sulle vostre rive. I Vareghi sono guerrieri valorosi e sono sempre stati nostri alleati. Nel bene e nel male, nulla ha mai potuto separare la tua gente dalla mia. Noi non dimentichiamo, uomo venuto dal freddo. Quando Karahì arriverà e porterà il gelo con sé, nel freddo combatteremo ancora assieme. Non per caso la tua gente non lasciò mai quelle coste, faceva parte del patto che in un tempo lontano il tuo popolo strinse con il mio: una volta giunto il momento, i Vareghi avrebbero fermato Karahì come le Yaonai per migliaia di anni fermarono Gioturna. Questo fu l'accordo che noi e voi stringemmo all'alba di questo tempo che ora volge al termine. Il fato doveva compiersi, il tempo passò lento e nel tempo voi dimenticaste, ma ora tutto torna. Le nostre Schegge già si avviano verso le terre Vareghe e molte altre mie sorelle sono con loro. Dopo molto tempo le chiome Yaonai torneranno a intrecciarsi. Le ghiande ancora voleranno. Tema Karahì l'ira delle Yaonai e delle loro Schegge! Tema Karahì la mia ira e quella di chi non è più, ma dimora ancora in noi!".

Terminato, Faggiola si ritirò il cappuccio sul volto e ritornò a essere dimessa e umile come prima.

Lentamente riprese a mangiare come se niente fosse stato, lasciando sgomento chi l'aveva ascoltata.

Wal era ammutolito, tutti gli uomini lo erano. Non era la prima volta che quel essere timido e schivo riusciva a sorprenderlo per la forza d'animo che racchiudeva dentro di sé, però questa volta era riuscito a spaventarlo per davvero.

Avrebbe forse dovuto dire qualcosa per incoraggiare i Tumbà, tuttavia si sentiva svuotato.

Scorza intonò un canto lento.

Nel silenzio della grotta la voce roca ed emozionata del Sednor risuonò in una preghiera e Wal ne capì le parole. Era in Tumbà.

Il vecchio chiedeva perdono al Sole Invitto, il suo Dio. Chiedeva la forza per non fuggire.

Aveva paura anche lui, come tutti.

Uno alla volta i Tumbà si unirono al suo canto e la loro devozione commosse Wal. Poco dopo anche Neko li seguì a voce bassa e Wal sentì un torpore invadergli la mente e il corpo.

Un po' alla volta le voci si fecero lontane e ovattate.

Si sentì leggero, la mente fluttuò nell'aria, libera da sforzi e affanni.

Profumi, colori e suoni diventarono diversi, più intensi e cangianti.

Si vide in piedi, al di sopra del suo corpo ancora accasciato accanto a Faggiola, che pareva non essersi accorta di nulla di quello che gli stava succedendo.

Nessuno pareva essersi accorto di nulla.

Aveva già provato in un'altra occasione quella sensazione, in primavera, sul vulcano sacro.

Allora era in compagnia di Flot, Radice e Ranuncolo e anche essi intonarono un canto con la medesima devozione dei Tumbà ora.

Richiamato altrove, il suo spirito si era ancora separato dal corpo, ma questa volta sapeva dove si stava dirigendo.

Sapeva chi l'aveva chiamato e, in cuor suo, ne fu lieto.

Fu con piacere che ritornò ancora nella Terra degli Antichi Padri.

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