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2a) PROGRESSI


Da quando era ritornato dalla prima avventurosa traversata con Mirta, Wal non era più andato sull'altra riva del Sardon.

Ormai era passato più di un mese da allora.

Assieme al Maestro avevano pianificato i lavori, aveva visto partire i legni al mattino e molte volte li aveva aspettati al rientro, però di quello che accadeva da quella parte del fiume, sapeva soltanto ciò che gli veniva detto giornalmente da Neko e da Mirta, che si erano occupati di tutto quanto.

"Bene, direi. Abbiamo ultimato altri quattro ricoveri e rinforzato il molo".

Wal annuì soddisfatto, anche se guardò preoccupato il vecchio.

"Oggi ho visto delle nuvole sui monti. Quanto credi che rimanga prima della piena?" gli chiese pensieroso.

Neko scrollò le spalle e soppesò attentamente le parole prima di rispondergli.

"Se non comincia a piovere subito, direi dieci giorni, se abbiamo fortuna due settimane. Non di più. Oltre, solo un miracolo può darci altro tempo".

Era poco, molto poco. Lo sapevano entrambi.

Dall'altra parte il Grande Vecchio aveva a disposizione un centinaio di Tumbà per fare i lavori necessari per spostare il villaggio, però le cose da fare erano ancora tantissime e trovare riparo e legname per più di cinquemila persone era un impegno immane.

All'inverno vero e proprio mancavano un paio di mesi, però presto le notti sarebbero state abbastanza fresche e i Tumbà non avrebbero più avuto a disposizione il gas della laguna per scaldarsi e cucinare.

"Quante persone possiamo ricoverare, ora?" gli domandò Wal.

Neko sospirò. Sapeva che quello era il grosso problema da risolvere.

"Mille cinquecento... duemila, forse... se si stringono un poco".

Wal abbassò lo sguardo. Poche, ancora poche. Troppo poche per il tempo che restava.

Avevano stimato che avrebbero potuto traghettare non più di cinquecento persone al giorno. Poi c'erano ancora i viveri, gli animali, il vestiario. Una mole enorme di cose da spostare. Non erano le barche a mancargli, ma il tempo.

"Domani per prima cosa portati di là altri cento uomini" gli fece Wal "Li toglieremo dal servizio di ronda. Poi comincia a traghettare le donne e i bambini".

Neko lo guardò sorpreso:

"Di già, non vuoi ancora aspettare un paio di giorni? Non siamo pronti e ... ", farfugliò sorpreso, ma:"No, ci manca il tempo... " l'interruppe lui " ... e i posti a disposizione basteranno per i bambini del Semenzaio e del villaggio. Con loro andranno le madri e le Postulanti. Per il resto fate più in fretta che potete".

"Va bene" fece Neko, acconsentendo non del tutto convinto "faremo come vuoi, ma... per l'altra cosa? Cosa hai deciso?" aggiunse titubante.

Il Grande Vecchio sapeva che quello era un tasto dolente per Il Padre di Tutti.

<Già, l'altra cosa> pensò Wal, osservando i movimenti lenti e pacati di Nekoi.

Era da giorni che si crucciava per trovare una soluzione valida e ancora non sapeva come fare.

Non sapeva come fare per raggiungere i Sednor rimasti dall'altra parte del vulcano dopo l'incendio.

Non poteva abbandonarli al loro destino, ma nemmeno sapeva cosa fare per avvisarli che la partenza era imminente.

Aveva pensato di mandare Radice ad attraversare la piana fuligginosa che li separava dal vulcano, ma se lui forse avrebbe potuto riuscirci in poche ore di corsa, ben pochi altri, al ritorno, avrebbero potuto seguirlo attraverso lo stesso percorso.

Troppi pericoli, troppe insidie, troppa incertezza per sperare che ce la facessero.

Attraversare con un numeroso gruppo di persone non esperte alle insidie di quella trappola mortale fatta di cenere, gas e fuoco, voleva dire andare incontro a un disastro annunciato e lui non poteva permetterselo.

Le squadre stesse in ricognizione non si allontanavano oltre a pochi chilometri dalla laguna e, quando tornavano indietro,  erano sfatte dalla fatica e dalla sete.

Era impensabile fare tutto il tragitto in un giorno solo e restare là fuori per la notte... beh, preferiva nemmeno pensarci a una eventualità simile.

In alternativa i Sednor avrebbero potuto arrivare fino al vulcano e poi seguire il limitare della foresta fino al fiume. Una volta arrivati al Sardon avrebbero potuto seguirne la sponda fino all'ansa della laguna, però anche gli abitanti della più vicina Hasanti, avrebbero impiegato non meno di quindici giorni per arrivare.

Quelli di Sankale e Sitati ancora di più. Un giorno, o forse due. Troppo. Loro non potevano permettersi di aspettare tanto.

Inoltre, per ogni giorno che passava, il tempo era sempre meno.

Wal non sapeva cosa fare.

Radice diventava impaziente, premeva per andare.

Tutti i giorni gli chiedeva il permesso di partire, ma lui tergiversava.

Se Ranuncolo e Flot erano ancora vivi dopo l'incendio l'avrebbero certamente aiutato, però le incognite erano tante e nessuna aveva una risposta che lo convinceva. L'incendio, se da una parte li aveva allontanati dal pericolo di Gioturna, dall'altra li aveva separati in modo totale da tutto quello che era rimasto al di là del vulcano.

Inoltre c'erano le Yaonai rimaste nella foresta oltre il vulcano.

Anche di loro non aveva saputo più nulla.

In onore alla memoria di sua nonna Salice Splendente, voleva dare anche a loro la possibilità di partire.

Benché temesse che poche avrebbero accettato di abbandonare i loro alberi, doveva provare ugualmente.

Dopo quello che aveva visto nella foresta in fiamme, non si faceva troppe illusioni di poterne salvare molte.

Di tutte le Yaonai che abitavano nella parte del loro territorio devastato dall'incendio, solo un piccolo gruppo aveva raggiunto il villaggio.

Erano le uniche sopravvissute al rogo e se avevano raggiunto la laguna, era solamente perché sapevano che Lilith vi dimorava.

Nessuno si aspettava di vedere nemmeno quelle poche, a dire la verità.

Quando le prime arrivarono, fu una sorpresa per tutti.

Wal, Neko, Dan, Lilith, nessuno si aspettava di vederle.

Tuttavia, colei che maggiormente fece fatica a credere ai propri occhi quando le prime donne pianta si presentarono alla sua porta, fu proprio la Signora dei Tumbà.

La prima reazione che ebbe nel vedere che cercavano proprio lei, fu la sorpresa, poi poco alla volta subentrò la pena per il destino che l'accomunava a quelle donne.

Sapeva che, pur non dicendolo apertamente, ventun anni prima molte Yaonai l'avevano disprezzata per aver scelto di fuggire via abbandonando al suo destino il proprio albero.

In fondo non poteva fargliene una colpa, perché lei stessa, benché fingesse il contrario, non riuscì mai a perdonarsi fino in fondo per quel gesto tanto vile.

A lungo le Sorelle che ora imploravano il suo perdono giudicarono i suoi comportamenti non idonei alla tradizione millenaria della foresta, ma quando furono poste di fronte alla medesima scelta che dovette fare lei, quando si trovarono circondate dalle fiamme e dovettero a loro volta scegliere se morire in modo orribile o salvarsi, il terrore le vinse e non trovando il coraggio di morire arse vive, fuggirono.

La viltà salvò loro la vita, eppure il rimorso per quel gesto le accompagnò a ogni passo e le distrusse corrodendole dentro, consumandole forse ancor di più delle fiamme.

Per quanto camminassero ancora, quando arrivarono al Villaggio del Sole, nell'animo erano oramai morte tanto quanto le Schegge che avevano abbandonato al rogo.

Erano disperate, affrante, sconfitte.

Raggiunsero Lilith perché non sapevano dove altro andare.

Avevano perso tutto e per codardia erano ancora vive.

Si erano umiliate a scegliere la vita, fuggendo tra le urla di tutte coloro che invece avevano saputo immolarsi nelle fiamme piuttosto che tradire la loro storia.

Mai più avrebbero osato posare lo sguardo su una loro Sorella che avesse ancora la sua Scheggia in vita e allora scelsero di rivolgersi a una come loro, senza un albero a cui tornare.

Nel loro più intimo sentimento non si sentivano più degne di portare il nome di Yaonai, eppure ancora l'avevano con sé, ormai solo più un peso da portare come una punizione, una dura condanna a ricordarle per sempre ciò che a suo tempo rinnegarono.

Non erano molte coloro ad aver fatto il grande rifiuto, una ventina in tutto.

Quando la sera calava, arrivavano lungo il fiume, si muovevano per il villaggio come fantasmi, coprendosi dalla testa ai piedi per non farsi vedere.

Giunsero un poco alla volta, alla spicciolata, di notte, vergognandosi di essere ancora vive e gettandosi ai piedi di Lilith, prostrandosi davanti a lei temendo la sua ira.

Erano sole, disperate, senza più nulla al mondo se non la vergogna di essere ancora vive.

Erano pronte ad accettare qualunque punizione lei avesse deciso, purché le avesse accettate al suo cospetto.

Invece sua madre le sorprese tutte, una a una le accolse in casa propria, ospitandole come un dono prezioso che mai avrebbe sperato di ottenere.

Le fece alzare, le accompagnò al riparo e le rifocillò come poté.

A tutte diede quello di cui poteva separarsi, vestiti, cibo, giaciglio, anche se per tre di esse, le più anziane, non poté far nulla di più che offrirle un riparo dove nascondersi al mondo.

Morirono di vergogna e inedia dopo pochi giorni dal loro arrivo al villaggio.

Invece le altre superstiti superarono i primi, tremendi momenti e sopravvissero.

Dal momento del loro arrivo sull'isola della Signora dimorarono tutte quante insieme e dipesero in tutto e per tutto da Lilith. Nessun altro le vedeva mai.

Solo lei le poteva vedere e incontrare.

Nemmeno Wal sapeva il nome di alcuna di esse e mai le vide in volto.

Badava lei al cibo e a quello di cui avevano bisogno, perché non avrebbero accettato aiuto da nessun altro che non fosse una Sorella che avesse provato la medesima vergogna che provavano loro.

Si tenevano discoste da tutti e uscivano dalla capanna della Signora soltanto con il buio e la Luna piena, quando elevavano il proprio strazio alla loro Madre Celeste, implorandone il perdono.

Allora lunghi e lugubri ululati risuonavano sulla laguna per tutta la notte facendo accapponare la pelle a chi li ascoltava, eppure nessuno tra i Tumbà osò lamentarsi.

Tutti al villaggio sapevano del loro arrivo e ricordavano la generosità che avevano avuto le Yaonai verso i loro antenati.

In onore a quella antica generosità rispettarono la scelta di quelle donne di restare separate e per quanto fu possibile, evitarono l'Isola della Signora e se ne tennero lontani.

Eppure le Yaonai sembravano insensibili a tali manifestazioni d'affetto e stima. Rimasero apatiche e indifferenti a tutto, al limite dell'inedia per settimane intere.

Su consiglio di sua madre, anche Wal evitò di andarle a trovare, in attesa che si placasse un poco in esse il risentimento verso la vita.

<Solo il tempo p aiutarle> gli disse Lilith sperando che lui capisse <il tempo e l'amore>.

Per quanto perplesso e nonostante avesse bisogno di notizie, Wal accettò.

Ogni giorno incontrava sua madre e lei gli riferiva dei progressi fatti dalle sue Sorelle.

Fu una cosa lunga e difficile, penosa per chi la viveva e per chi attendeva che si risolvesse.

Sebbene i miglioramenti tardassero a venire, poco alla volta prese a essere fiducioso sulla possibilità che alcune di esse si riprendessero.

Forse non tutte, certo, e nemmeno tutte assieme.

Però in quelle più forti poco alla volta si videro alcuni miglioramenti che lasciarono ben sperare per il futuro.

Secondo Lilith alcune già si adoperavano per aiutare quelle che faticavano di più e, secondo lei, questo non poteva che far del bene alle une come alle altre.

Lui allora l'ascoltava e non sapendo che altro fare, annuiva alle parole di speranza di sua madre.

Per rispetto a lei, ogni mattina ascoltava le novità, domandava se le sue ospiti avessero bisogno di qualcosa e poi se ne andava.

Avendo provato sulla propria pelle cosa volesse dire perdere tutto quanto in un attimo, si sentiva vicino a quelle Yaonai, eppure in qualche modo era profondamente indignato verso quelle donne.

Molto spesso in quel periodo si chiese cosa avesse dovuto sopportare sua madre quando fuggì al Nord per scappare alle mire di suo fratello, Flot.

Anche lei perse tutto in un momento e dovette fuggire da sola.

Quello che ora le sue Sorelle di foresta faticavano a sopportare in gruppo, a suo tempo lei dovette affrontarlo in solitudine, senza l'aiuto di nessuno.

Sapendo quale sfacelo morale, quale abbattimento fisico le Yaonai dovettero affrontare in quelle settimane, molte volte si chiese dove Lilith avesse trovato la forza per farcela da sola.

Quando se ne andò dal villaggio all'improvviso abbandonando marito e figlio, lui aveva avuto al suo fianco Neko e ora sapeva che senza il suo aiuto non ce l'avrebbe fatta.

Ma lei? Come poté sopravvivere da sola, riprendersi e prosperare?

Eppure, sebbene la curiosità di sapere queste cose gli rodesse dentro come un tarlo, mai trovò il coraggio di porle una domanda come quella, che sapeva essere troppo intima.

Accettò in silenzio, vedendola soddisfatta di fare quello che poteva per le sue Sorelle di Foresta, fino a quando, un giorno, fu lei stessa a trovare le parole giuste per soddisfare la sua curiosità:

"Io fui fortunata" gli disse serena "Trovai Alfons, tuo padre, poi dal Semenzaio nascesti tu. Voi due foste la mia forza e la mia vita. Lo foste sempre, fino a quando non dovetti lasciarvi per ritornare qui".

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