Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

10b) FINO ALLA FINE


Ora toccava a Baliji, Neko sarebbe passato per ultimo, subito dopo.

Era fatta!

Ma quando il Gopanda mise il piede sulla prima assicella umida del ponte, dalle cime dei monti che lo sovrastavano, si udì levarsi distinto e sinistro, risuonare forte, il verso dei mostri di Ghiaccio.

"YEEEE-IIIII!" Si avvertì giungere da uno dei quattro canaloni.

Acuto, alto e spaventoso, quell'urlo disumano rimbombò a lungo nella valle scendendo fino al fiume, facendo rabbrividire i due uomini.

"YEEEE-IIIII!" Si sentì ripetere in risposta al primo, da altri due canaloni.

Selvagge e soddisfatte, le grida dei Ka-Ranta proseguirono a lungo, senza sosta.

Era una trappola, aspettavano lui e quello era il momento che attendevano con pazienza da giorni, restando nascosti e in agguato sulla cima dei monti.

Sconcertati e spaventati, i due Vareghi guardarono su per le valli, verso le cime.

In alto, proprio dove le gole erano più strette, scorsero le figure dei tre mostri agitarsi con enormi blocchi di ghiaccio in mano.

Li videro, alzandoli alti sulle teste, lanciarli con forza lungo le gole, mandandoli a sbattere contro le pareti di roccia gonfie di neve instabile.

I tonfi che i blocchi compatti provocarono nella caduta verso valle si susseguirono a lungo.

Per qualche attimo nulla successe se non quel folle rimbalzare da una parete all'altra, poi una eco simile a un rombo di tuono si sollevò come un muggito inarrestabile lungo il fianco della montagna e ne riempì l'aria.

In breve la lastra di neve fresca caduta nella notte si mosse verso il basso, trascinando con sé tutto quello che non era saldamente ancorato alla roccia.

Prima una e poi le altre due, le tre gole versarono a valle le valanghe che travolsero ogni cosa incontrassero.

Esultanti, i mostri, incuranti del pericolo, si lanciarono su lastre di ghiaccio e restandovi sopra in equilibrio precario, scivolarono a valle, cavalcando le slavine.

La quarta gola, scossa anch'essa dalle altre tre, vibrò a lungo fino a quando la neve cedette in alto dove fenditure orribili attraversarono la superficie immacolata prima di scomparire in una massa tumultuosa e fumante di neve e roccia che scese a valle trascinata dal suo stesso peso.

Inarrestabili le quattro slavine si ricongiunsero poco prima del fiume e slanciandosi oltre il vuoto travolsero il ponte, portando con sé anche l'alto pino a cui esso era assicurato.

Radice e gli altri, rimasti nei pressi delle funi e colti di sorpresa, fecero appena in tempo a rendersi conto di quello che stava succedendo che già la valanga gli era addosso.

Veloci si ritrassero contro la parete e si ripararono come poterono sotto una spelonca di roccia un momento prima che la slavina gli passasse sopra.

L'enorme massa di ghiaccio, neve e roccia, prima di riversarsi nelle acque del Sardon, trascinò nella sua folle corsa il pino fin sul ciglio del fiume, lanciandolo di peso oltre il precipizio e lasciandolo, pendulo, sospeso tra le due rive.

Neko e Baliji, colti di sorpresa dalla velocità con cui era avvenuto tutto quanto e impauriti, credendo non potersi salvare da tanta furia, si ritrassero anch'essi verso il sentiero, il più lontano possibile dal bordo del precipizio.

Nell'impossibilità di fuggire oltre, schiacciati contro la parete rocciosa, si videro venire incontro quel muro immane di neve che, inarrestabile, come un rullo travolgeva ogni cosa al suo passaggio.

Videro poi anche il ponte scomparire sotto il peso della massa rombante.

Infine, incontrato il profondo alveo del Sardon a sbarrargli la strada, la valanga vi si gettò dentro ostacolando le acque e impedendone il percorso del fiume, ma salvandoli dalla furia della valanga.

Videro il fiume agitarsi, rumoreggiare, spumeggiare contro quell'improvviso sbarramento che non cessò di cadere fino a quando non ne riempì per intero l'alveo in cui scorreva.

Per almeno cinquanta passi verso monte e verso valle, dove prima c'era l'esile struttura di corda costruita a fatica dagli uomini e dalle Yaonai, ora vi era una diga di neve che non cessava di scendere dalle valli, sbarrando il corso del fiume che cresceva pericolosamente di livello.

Arrivando per ultimi, i tre Ka- Ranta scivolarono sulla neve e, con un balzo, andarono a piazzarsi in mezzo alle due sponde ormai sature di macerie.

I loro orribili e acuti:"YEEEE-IIIII!" si ripercuoterono violenti e selvaggi per i Monti Anunna, appagati di essere riusciti nel proprio intento.

Le Schegge e gli altri Giganti dell'Alleanza li udirono arrivare e non poterono fare nulla per fermarli durante la loro folle corsa, ma quando li scorsero comparire sulla diga di neve, iniziarono ad agitarsi.

I tre Ka-ranta erano soddisfatti, la trappola che a lungo avevano atteso a far scattare, aveva funzionato.

L' Uomo-Gopanda era nelle loro mani.

Era ferito, solo, non poteva sfuggirgli questa volta.

Insieme si pararono davanti a lui a sbarrargli la strada.

Gli fecero comprendere di venire avanti, lo sfidarono a raggiungerli, gli fecero cenno di affrontarli, ma al suo posto, contro i mostri di Karahì si lanciarono le Schegge e gli altri Giganti esasperati d'impotenza e di rabbia.

Risposero ai loro versi selvaggi con i propri, altrettanto violenti e rabbiosi.

Pensavano di aver finito per sempre con quella razza maledetta, invece ancora una volta si incontravano e l'odio atavico che dalla Guerra dei Sei Regni covava tra le loro genti, scaturì improvviso, brutale e implacabile.

Si affrontarono senza requie, incuranti delle acque tumultuose del Sardon che salivano rapide lungo la diga di ghiaccio e neve.

Impediti a fluire liberamente come prima, i flutti bloccati dalla valanga spinsero verso valle e scavarono, risalirono le pareti del precipizio e quasi ne raggiunsero la cima, riempiendo in breve le sponde dell'intero alveo roccioso.

Baliji e Neko osservarono sgomenti l'immensa valanga ferma ai loro piedi, increduli di esserne usciti vivi.

Ma ancora non erano in salvo.

Si attendevano di essere travolti da un momento all'altro dalle acque gelide e ribollenti del fiume a un passo dal tracimare oltre il bordo del precipizio, quando in basso alla diga di ghiaccio e roccia, nel greto del fiume improvvisamente fattosi asciutto, esplose una fontana di fango e pietre che proruppe dalla barriera in un getto potentissimo a valle.

L' acqua aveva trovato una via, l'aveva scavata e percorsa nella neve; sciogliendo e spingendo, a forza di scavare aveva trovato una strada per proseguire verso la piana sotto la diga.

Mentre a monte il livello delle acque ancora saliva pericolosamente, un tunnel sotto la slavina divenne in breve un tumultuoso torrente che riprendeva il percorso a valle trascinando ogni cosa le impedisse il cammino.

La neve e il ghiaccio poco a poco cedettero e si sbriciolarono sotto la spinta dell'acqua gelida.

Veloce come si riempì, il greto del fiume nuovamente libero si ripulì con un ruggito rabbioso di trionfo, lasciando sospeso tra le rive soltanto un instabile arco di neve per tutta l'ampiezza della slavina e il pino abbattuto, sostenuto dai blocchi di ghiaccio che ancora reggevano.

Un enorme ponte di ghiaccio sorreggeva i mostri che lottando senza pietà si smembravano a vicenda, incuranti del destino degli uomini e del loro mondo.

Non era più il loro tempo, questo.

Da molto tempo era finita l'Era che li aveva conosciuti e se dovevano scomparire, che questo fosse il modo e il giorno perché avvenisse il loro destino.

Vedendoli lottare incuranti ormai della loro presenza, Neko ne approfittò.

Prese Baliji per una manica e lo trascinò con sé.

Si spostarono a valle della furiosa lotta che si consumava tra i Giganti.

Con cautela arrivarono all'albero schiantato a terra dalla valanga che ancora reggeva, posto attraverso le sponde.

Nascondendosi dietro alla sua massa e tenendosi chini, passarono sull'altra riva saltando da un blocco di ghiaccio all'altro.

Sarebbe stato impossibile per chiunque riuscirci, ma loro erano Vareghi del Nord, dove l'inverno e il ghiaccio da sempre parlavano da padroni agli uomini e la loro gente ne aveva da tempo appreso tutti i segreti.

Era nella loro natura conoscere e amare il ghiaccio.

Prima che se ne rendessero conto, il giovane e il vecchio ritrovarono sapienze che credevano perdute da tempo.

Passarono leggeri, saltando da un blocco all'altro di ghiaccio in equilibri instabili che sfidavano le leggi della natura.

Dall'altra parte, ad attenderli in trepidante attesa vi erano i loro amici.

Indenni, spaventati ma salvi, vedendoli arrivare uscirono in tempo dal nascondiglio per assistere increduli a quello che nessuno avrebbe mai creduto vero.

I due Vareghi giunsero sulla solida roccia prima che la furia delle acque riuscisse a corrodere del tutto le spalle del fragile ponte e a farlo crollare.

Appena Neko e Baliji arrivarono in salvo, dietro di loro, non più sorretto da nulla, con un tonfo sordo cedette all'improvviso il centro del ponte, facendolo crollare in basso con tutto quello che ancora vi era sopra.

Sospeso ora nel vuoto, senza avere più al di sotto il sostegno della neve che l'aveva divelto, l'immenso pino che permise a Neko e a Baliji di attraversare il fiume non visti, dopo poco si piegò sulla punta troppo fine per sorreggerne a lungo il peso, cedette e con uno schianto netto, ne seguì il destino.

Per ultimi, quasi fossero incapaci di smettere di lottare fra di loro, crollarono in basso anche l'ultimo dei Ka- Ranta ancora in piedi e tre Schegge sopravvissute.

Tale era l'odio che gli uni e gli altri provavano a vicenda, che quando caddero erano ancora avvinghiati a lottare.

In un batter d'occhio scomparvero nei flutti.

I Giganti nemmeno si resero conto di quello che gli accadeva attorno.

Quando vennero travolti dalle acque del Sardon lottarono senza sosta fino alla fine e insieme andarono a fondo, scomparendo nei flutti per sempre.

Neko, Mirta e tutti gli altri, ancora increduli di avercela fatta, si strinsero, si abbracciarono e dopo poco decisero di incamminarsi dietro gli altri, scendendo verso valle.

Avevano già perso fin troppo tempo.

In lontananza il vulcano seguitava a eruttare e in alto, sulle cime degli Anunna, un tuono già rimbombava minaccioso.

Non era ancora passato il mezzogiorno, ma presto avrebbe ripreso a piovere e a nevicare.

Ci volevano alcune ore di cammino prima di scendere dai monti e ancora non avevano un riparo, cibo e acqua per tutti.

Meglio non perdere tempo.

Radice e Faggiola andarono avanti a controllare la strada e gli altri, prima i Tumbà, poi le Yaonai, li seguirono di buon passo.

Neko attese e si avviò alla fine della colonna, assieme a Ranuncolo.

Thorball, però, attese ancora e restò vicino al ciglio del fiume.

Dopo pochi passi trattenne per un braccio Baliji che si appoggiava a Mirta.

Voleva parlargli, fargli vedere una cosa e non sapeva cosa farne.

Incuriosito il Varego rallentò e lasciò che la colonna si allontanasse.

Quando anche Neko e Ranuncolo scomparvero dopo una svolta, Thorball si decise a parlare.

"Nella radura ho preso questo. Come trofeo, capisci... " gli disse in Tumbà sistemandosi meglio il carico sulle spalle.

Infilando una mano nella tasca ne trasse la catena con appeso il ciondolo di ghiaccio nero di Karahì e lo tenne sospeso in alto.

A Baliji venne un colpo quando lo vide. Lo riconobbe immediatamente.

Mirta, non avendolo mai visto, rimase a bocca aperta:"Cosa sarebbe quello?" domandò al suo uomo.

"Quell'affare era di Karahì" le rispose lui, poi ancora rivolto a Thorball:"Cosa intendi farne?" gli domandò, prendendolo cautamente con la mano avvolta di bende. Perfino così, nonostante le dita fossero isolate e ben protette dal tessuto, attraverso il bendaggio avvertiva il freddo che quell'oggetto maledetto emanava.

Era la prima volta che lo fissava così da vicino e ne sentì subito la malefica presenza sulla pelle e negli occhi.

Il ghiaccio nero scintillava invitante, senza sciogliersi chiedeva di essere toccato e adorato.

Baliji provò un brivido e un fastidioso prurito alla nuca e ai piedi nel tenerlo in mano.

Vedendolo ritrarsi infastidito al contatto con il ciondolo, Thorball annuì "Non lo so" disse all'amico "E' per questo che ne volevo parlare con te. L' ho preso pensando che fosse giusto farlo, ma ora non sono più molto sicuro di tenerlo".

"Credo sarebbe meglio disfarsene" gli disse Baliji, restituendoglielo.

Era felice di liberarsi di quell'oggetto. Era sicuro che avrebbe soltanto procurato dei guai tenerlo ancora e lui, di guai, ne aveva già avuti fin troppi in quel giorno.

"Gettalo nel fiume, distruggilo e augurati di non vederlo mai più" gli disse senza indecisioni.

Sebbene non del tutto convinto, Thorball acconsentì, sporse oltre il ciglio del fiume il ciondolo e lo lasciò andare.

Per un attimo lo videro vorticare nell'aria, poi scomparve nelle acque torbide e gelate del Sardon con un piccolo tonfo.

"Avete fatto la cosa giusta" disse una voce alle loro spalle.

Era Neko. Non vedendoli arrivare era tornato a cercarli.

Aveva sentito le parole di Thorball, ma aveva preferito restarne fuori.

Voleva che fossero loro a prendere la decisione che credevano migliore.

L'avevano fatta ed era fiero di entrambi.

"Adesso andiamo" disse aprendo le braccia per indicargli il sentiero, ma Baliji rimase dove era. Era perplesso.

Neko lo vide, capì che c'era ancora qualcosa che lo turbava.

"C'è qualcosa che vuoi dirmi?" gli domandò in Varego.

Baliji sollevò la mano sinistra. Tra le bende e la manica penzolò l'anello che sua madre gli diede tanti anni prima. A trattenerlo, il laccio di cuoio legato con il nodo di Mirta. L'anello che il Sole donò a Gioturna e che ora era in suo possesso. Come il ciondolo di Karahì apparteneva a un passato che forse era meglio dimenticare.

"Cosa ne faccio di questo, Gangi?".

Neko sorrise all'antico nomignolo che l'allievo gli diede negli anni dell'addestramento per diventare un Sanzara.

"Il giorno che te lo diede, tua madre cosa ti disse?" gli rispose enigmatico.

Baliji non comprese subito, meditò, si sforzò di ricordare, poi a un tratto rivide una scena che aveva sepolto in profondità nel cuore.

Era forse l'unica che non aveva ancora ricordato della sua vita precedente.

Si vedeva in una casa di legno, un fuoco acceso nel focolare, fuori nel villaggio era ancora buio. Una casa Varega. Un russare sommesso. Il guaito di un cane all'esterno. Luci di torce e voci sommesse: il villaggio era sveglio.

Era giovane e spaurito. Imbarazzato, credeva di essere grande, ma si sbagliava. Avvertì la presenza di Alfons alle sue spalle. Vide Lilith, sua madre, ritta davanti a lui legargli un laccio di cuoio sotto l'ascella. Un anello vi era appeso.

Tra le lacrime, gli diceva:

"Tienilo sempre con te. Me lo diede una persona saggia poco prima della tua nascita, perché lo conservassi per te fino al momento della partenza. Dallo alla donna giusta e ti riporterà a casa".

Lo disse a memoria, nella loro lingua e a voce alta in modo che gli altri due Vareghi potessero sentire. Dopo un momento vide che Neko annuiva. Era soddisfatto. Il Grande Vecchio guardò Mirta che non capiva una sola parola e le sorrise.

"Fai come ha detto tua madre, allora" rispose in Varego al suo allievo "Dallo alla donna giusta e ti porterà a casa. Credo che tu ti sia guadagnato il diritto a un po' di pace, non pensi?".

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro