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16) RISVEGLIO

Nonostante la sorpresa che provò al ricordo improvviso di quel nome, Aldaberon non si lasciò sfuggire nemmeno una sillaba. Rimase stupito a fissare quella anziana donna che era riuscita a lacerare il velo dei suoi ricordi, domandandosi perché provasse ripugnanza nei suoi confronti. Non lo sapeva, non lo capiva. Facendo forza sui gomiti si rizzò come poté sul letto per poter vedere meglio la donna che sembrava essere venuta apposta per lui. Il giovane Radice e Flot la precedettero avvicinandosi al letto del malato.

"Questo è l'uomo che ci hai affidato" le disse Flot orgogliosamente "come vedi, si sta rimettendo in forze" continuò a dire. La donna annuì dolcemente.

"Vedo" disse con voce sommessa, accennando nuovamente a un sorriso verso il malato "Credo che tu e Radice gli abbiate veramente salvato la vita, se ora dici che sta meglio. Bravi, sono fiera di voi. Capisce la nostra lingua?" fece rivolta verso Flot. Questi le fece un cenno affermativo.

"Capisce e parla la nostra lingua alla perfezione, non abbiamo dovuto insegnargli nulla".

La donna parve sorpresa nel sentirlo. Con un lieve gesto della mano li congedò.

"Ora andate, voglio restare sola con lui" disse loro. Senza farselo ripetere i due giovani si ritirarono in fretta. Rimasti soli, per un po' lei rimase a fissare il Varego. Solamente lo fissava, mettendo in imbarazzo Aldaberon che non sapeva il perché di tutto questo. Eppure non voleva essere il primo a interrompere il silenzio.

Non avrebbe saputo cosa dirle.

Sostenne il suo sguardo finché poté, poi si voltò.

La vecchia signora parve accorgersene e smise di fissarlo così intensamente. Con movimenti lenti ed eleganti andò a sedersi in fondo al giaciglio e Aldaberon la rivide come nel delirio. La stessa posizione, lo stesso sguardo penetrante. Ne ebbe paura, ancora la sensazione di disagio gli prese lo stomaco. Avrebbe voluto fuggire, essere lontano, altrove, ovunque ma non lì. Si sentiva in trappola.

"A quanto mi dice Flot stai meglio, ora" prese a dirgli lentamente lei "Ne sono felice. Però mi ha anche detto che non ricordi nulla di te, è vero?".

Benché sorpreso, il Varego si fece forza. Aveva paura, ma non voleva distogliere lo sguardo da quello della donna. Non voleva continuare a provare vergogna per questo. Sospirò e si fece forza.

"È vero, sì" le rispose con la maggiore tranquillità di cui era capace "Flot ha detto il vero, non ricordo nulla di me, Grande Madre".

Si stupì lui stesso per averla chiamata in quel modo. Gli era spuntato dalle labbra nel modo più naturale possibile, come se fosse abituato a pronunciarlo.

Non era sua intenzione farlo, eppure era successo. Ormai era tardi per pensarci. Serrò le labbra non sapendo quello che sarebbe successo e restò in attesa.

La vecchia signora, pur non scomponendosi nel sentirsi chiamare in quel modo, tornò a fissarlo con maggiore interesse, scrutando attentamente il suo volto.

"Sei giovane" gli disse "Sei molto giovane, forestiero. Tanto. Eppure conosci uno dei nomi che la gente mi riserva. Come fai a conoscerlo? Chi te lo ha detto?".

"Nessuno" fece imbarazzato lui. Voleva essere sincero e non mentire, ma come fare se non si ricordava chi era stato? Prima di essere preso per bugiardo, proseguì:

"Da quando sono qui, nessuno me lo ha detto. Di prima... non so".

"Vedo che non sei molto sicuro, giovanotto, anche se sai cose che al di fuori del mio popolo pochi sanno. Sei sicuro di non essere già stato in queste terre?".

"Mia signora" le rispose sincero "Per la verità non so nemmeno dove mi trovo. Speravo fosse lei a dirmelo, perché io non lo so".

La donna, sentendolo, sembrò incerta. Soppesò a lungo la risposta del giovane. Alla fine aprì una mano e l'avvicinò tesa al giovane. Sopra vi era un anello d'oro spesso e lavorato, con legata una striscia di cuoio.

"Questo è tuo" gli fece "Flot mi ha detto che lo portavi legato al braccio, quando ti hanno portato qui. Prendilo, te lo rendo".

Non sapendo cosa fare, Aldaberon fece come gli aveva detto la donna. Prese l'anello e lo guardò attentamente, ma non gli ricordò assolutamente nulla.

"Siete certa che sia mio?" le disse rigirandoselo tra le mani "Perché io non ricordo di averlo mai posseduto".

"Flot mi ha detto che lo indossavi. Se non è tuo, allora di chi è?".

"Non saprei, mi dispiace" disse facendosi tutto rosso in volto "Non ricordo nulla di quanto mi è successo prima di arrivare qui da voi. È tutto avvolto in una nebbia".

Tutta la tranquillità che aveva cercato di simulare crollò dietro l'imbarazzo che avvertì. La donna, attenta a ogni sua reazione, si alzò e si allontanò verso la porta. Poco prima di uscirne, si voltò verso il malato.

"Non avere fretta di ricordare, forestiero." gli disse "Spesso i ricordi non sono piacevoli: non averli può essere un bene. Poi sei così giovane... " aggiunse con un lieve sospiro "... Sei così giovane che non puoi avere sulle spalle tutte le colpe del Mondo. Dimmi, c'è qualcosa che posso fare per te? Hai bisogno di qualcosa?".

In tutto quello che diceva o faceva, l'anziana signora aggiungeva dolcezza e tenerezza. Anche in quelle offerte di aiuto c'era solamente desiderio di aiutare il malato, ma Aldaberon, troppo scosso e smarrito per comprenderlo, seguitava a non fidarsi del tutto. Ancora quella sensazione allo stomaco: voleva che se ne andasse, che sparisse dalla sua vista.

Eppure anche tante domande volevano essere soddisfatte. Erano così tanti giorni che attendeva di sapere. Vincendo la repulsione, le domandò di slancio:

"Sì, Grande Madre. Potreste dirmi dove mi trovo? Chi siete voi?".

"Sei sicuro, straniero, di avermi fatto le domande che ti stanno più a cuore?" gli rispose lei placidamente "Non è forse qualcosa d'altro che ti opprime maggiormente? Parla liberamente, forse posso aiutarti".

Il giovane sentì quelle parole penetrargli nell'animo come una lama tagliente. Gli fecero male, molto più di quello che potesse immaginare. Per un attimo vide un barlume, uno spiraglio, una possibilità di avere ciò che lo assillava. Quella donna pareva sapere, forse era stato Flot ad avvertirla. Nonostante il disagio che una parte di sé provava a stare con quella donna, un'altra parte anelava a qualcos'altro e fu quest'ultima ad avere la meglio.

Dubitava che potesse ritrovare il suo nome, ma la voglia di parlarne con qualcuno era forte, anche più della vergogna che provava nel farlo.

"Sì, è vero" le disse arrossendo fino alla radice dei capelli.

"C'è una cosa che mi tormenta e me ne vergogno, Grande Madre. Nella mia testa c'è nebbia, soltanto nebbia. Nebbia su tutto quanto. È come se... è come se io non fossi esistito prima di arrivare da voi. Tutto quello che era mio è sparito, non ho un passato che vada oltre a voi e questo mi spaventa. Non sono niente in questo momento. Niente e nessuno. Non... non ricordo nemmeno il mio... nome".

La donna non disse nulla, ascoltò attenta. Un'ombra di tristezza le velò per un attimo gli occhi chiari, un tormento che al Varego parve sincero. Questo gli diede la forza di continuare.

"Ecco, Grande Madre, è questo che... " aggiunse, ma lei l'interruppe con un gesto lento e al tempo stesso perentorio della mano. Sembrava turbata. Qualcosa era cambiato in lei. Lentamente indietreggiò verso la porta.

"Basta per ora, forestiero" gli disse seccamente "Tornerò ancora a trovarti, ma per ora basta. Riposati, poi parleremo ".

Uscì in fretta, lasciando dietro di sé un fruscio di foglie che presto scomparve sulla balconata, oltre la sua visuale. Aldaberon non capiva. La sua confusione aumentava. Aveva creduto che Flot avesse detto tutto, invece così non pareva.

Se quello che aveva visto era giusto, l'anziana signora sapeva che non si ricordava del suo passato, ma non che aveva dimenticato anche il nome. Per qualche motivo non glielo avevano detto e ne era rimasta turbata, tanto da andarsene di corsa.

Aveva nuovamente sbagliato. Questo lo gettò nello sconforto più completo. Non che avesse veramente sperato di trovare una soluzione dalla Grande Madre, però nemmeno si sarebbe aspettato di vederla fuggire per quello che già lo umiliava profondamente. Ora riusciva soltanto a sentirsi più vuoto ed inutile di prima. Perfino quella gente che lo aveva salvato e ora lo accudiva, provava ripugnanza per quello che era. Avesse saputo come riparare l'avrebbe fatto, avesse potuto alzarsi e andarsene con le sue gambe lo avrebbe fatto immediatamente, solo che non sapeva come fare. Era vuoto e senza forze, un guscio rotto di un frutto marcio. Esausto di tutto si lasciò andare sul letto. Era disperato. Tutto gli crollava nuovamente addosso.

Come se non bastasse, quel nome, quell'appellativo che non sapeva da quale parte del suo essere fosse comparso. Come poteva conoscere la Grande Madre se non l'aveva mai vista prima; come poteva conoscere il nome di una persona che non ricordava? Cosa si nascondeva così profondamente nel suo cervello da comparire quando meno se lo aspettava? Chi era? Quanti anni aveva? Da dove arrivava? Quale era il suo aspetto? Era custode di qualche tremendo segreto, oppure non era nessuno e non veniva da nessuna parte?

Arrivato al limite della sopportazione, si mise a urlare i nomi di Flot e di Radice e continuò fintantoché i due giovani non arrivarono di corsa. Il primo a entrare nella camera fu Flot. Era confuso. Non si fermò che ai piedi del letto, guardando perplesso il Varego.

"Flot" gli urlò contro Aldaberon "Flot! Voglio sapere come è il mio volto! Dimmelo, come è?". il ragazzo rimase interdetto e allargò le braccia.

"È... " farfugliò cercando le parole giuste. Si vedeva che non sapeva da dove iniziare "È ... un volto ... normale... non so... non so dirti altro".

"No!" urlò il Varego agitandosi nel letto "No, non mi basta, non mi basta! Voglio di più! Voglio sapere come sono! Lo voglio, capito? Ora!!".

Arrivò anche Radice. Entrambi furono sorpresi quando lo videro avvicinarsi al letto del malato con una bacinella piena d'acqua: la porse al Varego in modo che si specchiasse. Poco mancò che Aldaberon la rovesciasse quando la strappò dalle mani del giovane e la posò sulle coperte davanti a sé. Con le mani si tocco il volto riflesso nell'acqua. In quella si accorse di avere ancora in pugno l'anello che gli aveva portato la donna. Provò un odio improvviso verso quell'oggetto e lo scagliò lontano come se bruciasse. Si specchiò per quanto poté. Si girò per sfruttare al meglio la luce della stanza, ma alla fine, disperato, lanciò lontano la bacinella facendola sbattere contro la parete.

Non aveva visto nulla o quasi e quel poco che aveva scorto l'aveva spaventato. La barba era cresciuta sopra lineamenti distorti dalla magrezza e dalla malattia. Quello che aveva visto era il volto di un uomo distrutto, con gli occhi fuori delle orbite e le guance scavate. Non poteva essere lui. Chiunque esso fosse, non poteva essere lui, perché quella che aveva visto era l'immagine della pazzia disegnata sulle ossa della morte. Quello avrebbe dovuto essere lui? Ma lui chi, se nemmeno il vedersi specchiato gli aveva ricordato nulla? Quello nella bacinella era un volto senza età, senza vita, il volto di un uomo che poteva avere gli anni di Flot come quelli della donna che era appena fuggita dalla sua presenza. Vedendosi riflesso nell'acqua si stupì che i due giovani non fuggissero da quello che tutti i giorni avevano sotto gli occhi. Si pentì di essersi voluto vedere riflesso. Così facendo non aveva che peggiorato la sua situazione già precaria e disperata. Si agitò nel letto, rischiando di farsi del male.

Flot e Radice, scambiarono poche parole. Radice si lanciò fuori della camera mentre Flot si piombava su di lui per tentare di fermarlo. Urlò frasi sconnesse, si sentì fremere di rabbia nell'impotenza di quella situazione assurda che non voleva. Più di una volta, con la forza della disperazione, riuscì a liberarsi dalla stretta di Flot, ma era più forte di lui e sempre gli ritornava sopra con maggiore forza di prima. Lottarono a lungo, selvaggiamente e disperatamente. Fino a quando Radice non fece ritorno con una ciotola di quel liquido amaro che già gli avevano dato da bere. Negli ansimi della follia lo riconobbe, ne sentì l'odore. Questa volta sapeva che l'avrebbe fatto dormire e calmare un po', ma lui non aveva voglia di dormire, voleva soltanto farla finita, finita, finita!

Resistette fin che poté. Per quanto fu in grado impedì ai giovani di dargli da bere quell'intruglio. Serrò le labbra, sputò le poche gocce che raggiunsero la bocca, si agitò, reagì con le scarse forze che aveva, ma poco alla volta la droga lo vinse. Nuovamente sentì entrare nel corpo un calore e un torpore che allontanarono dalla sua mente pensieri e desideri. Lentamente smise di agitarsi e in pari misura sentì la presa dei due giovani allontanarsi. Steso nel suo letto li vide con i volti sconvolti dalla paura e dallo sgomento a fissarlo, ansimanti per lo sforzo.

Tentò di ringraziarli per quello che stavano facendo per lui. Ora che la pozione l'aveva ricondotto alla ragione si rendeva conto che si stava comportando in modo assurdo e pericoloso per tutti. Benché gli occhi iniziassero a velarsi, li vide tranquillizzarsi man mano che le sue membra si facevano pesanti e molli, poi, quando la stanza prese a girargli attorno, dovette chiuderli e lasciarsi andare. Sapeva che da lì a poco avrebbe dormito profondamente e al risveglio si sarebbe sentito meglio, però, ancora una volta, in cuor suo sperò di non risvegliarsi più.

Invece sognò.

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