Un nuovo coinquilino
3° Capitol
- Louis! Louis posso parlarti un attimo? - bloccai il ragazzo che sembrava voler scappare sia da me che da quella stanza. Avevo parlato per quindici minuti, poi avevo fatto parlare anche gli altri, notando l'espressione di Louis cambiare. Era passata dalla stanchezza, all'indecifrabilità.
- C-cosa? P-perchè...? -
- Tranquillo non voglio farti niente. Non so se ti ricordi di me... ti ho trovato in una traversa la sera in cui ti hanno picchiato... - fissai i suoi occhi e mi soffermai anche su alcuni tagli che aveva sul viso.
- Mi dispiace... non ricordo - certo come biasimarlo... era drogato e ubriaco quella sera.
- Beh... stai meglio? - chiesi, notando che ormai eravamo rimasti solo noi due.
- R-rispetto a quando? A... ieri? -
- Esattamente -
- I-io penso di si... grazie! - parve illuminarsi, come se per la prima volta qualcuno gli avesse chiesto come si sentisse.
- Di nulla. Dove stai? -
- E' un po' lontano da qui e... oh mio Dio devo correre a prendere l'autobus o mi tocca tornare a piedi! C-ciao - indeciso sul come salutarmi, mi feci avanti e lo abbracciai. Mi guardò scioccato per qualche secondo, poi gli feci segno di correre e a passo svelto e ancora un po' trascinato uscì da quella stanza.
Feci per raggiungere l'uscita, ma il signor Gilbert mi annunciò di raggiungerlo.
- Signor Gilbert... -
- Quante volte ti ho detto di chiamarmi Robin e basta? - ridacchiò, facendo ridere pure me.
- Molte... molte volte. Ma cosa posso fare per te? - guardai la sua cravatta gialla intonata con la camicia del medesimo colore ma a pois rossi. Non molto carina, devo dire.
- Ho notato che hai parlato con quel ragazzo... Tomlinson... beh se hai modo di stargli vicino anche fuori da qui, te ne sarei grato. Ha tentato il suicidio una volta ed è qui contro la sua volontà. Qualche amico non gli farebbe male... - annuii seria, rispondendo che avrei fatto il possibile per lui. Poi, una volta che finimmo quel discorso, uscii dal centro di riabilitazione e mi avviai alla fermata più vicina. Ero curiosa di sapere se Louis avesse già preso l'autobus. Contro ogni mio pensiero, era ancora fermo ad aspettare, così mi avvinai a lui.
- Non è ancora passato? - mi informai, affiancandolo. Sussultò e poi mi sorrise debolmente, scuotendo il capo e facendomi capire che ci toccava aspettare un altro po'.
- Vieni qui sempre con l'autobus? - mi azzardai a chiedere, volendo conoscere qualcosa di lui. Era così misterioso, chiuso e spaventato dal mondo, che mi ricordava me. Il modo in cui guardava ciò che lo circondava, mi faceva capire che per lui non era stupore, ma brivido, terrore. Di solito si guarda il mondo come i bambini guardano una novità. Io invece avevo iniziato a guardare il mondo con una spaventosa meraviglia negativa. Era stato facilissimo cadere in quelle tentazioni. Ma io ero piccola, lui invece avrebbe dovuto essere abbastanza maturo, eppure non c'è un'età per scoprire le cose. Non ci vuole saggezza per non avere paura. Tutti ne abbiamo. Chi più, chi meno, ma c'è sempre qualcosa che ci terrorizza. E Louis, si vedeva bene che fosse terrorizzato dalla realtà. Dal mondo. Dallo stupore.
- Beh se non venissi con l'autobus mi toccherebbe farmi quasi 45 minuti di strada a piedi - ridacchiò nervoso, nascondendo l'amarezza nel suo tono di voce.
Subito ripensai alla sua confessione:" Vengo considerato uno sbaglio della natura, dai miei genitori" e di sicuro erano stati loro a costringerlo ad andare in quel centro di rabilitazione, non offrendosi nemmeno per un passaggio. Lasciavano vagare il figlio da solo, in quelle circostanze. Malridotto sia fisicamente che mentalmente.
- Non hai... la patente? Quanti anni hai? - infilò le mani nelle tasche del giubbotto. La pioggia che si era scatenata su Londra, aveva reso l'aria tagliente come lame di rasoi.
- Ne ho 18, ma... no, non ho la patente e ti lascio immaginare il motivo - Gli sbagli della natura non ne hanno il diritto, sussurrò una vocina nella mia testa, rispondendo all'affermazione di Louis. Era questo quello che lo terrorizzava? Sentirsi sempre uno sbaglio e mai all'altezza delle situazioni?
- Tu non sei uno sbaglio della natura Louis... nessuno lo è. E se i tuoi genitori lo pensano, è solo perchè non riescono a vedere che magnifico ragazzo c'è dentro la maschera che ti stai creando col tempo - lo affiancai, restando così spalla contro spalla. Iniziai a notare i taglietti sul viso e alcuni aleggiavano sulla mascella, altri sul sopracciglio destro e alcuni sul labbro inferiore.
- Magnifico ragazzo? Tu davvero pensi che dietro a tutto questo ci sia un magnifico ragazzo? Cazzo, mi drogo, mi faccio picchiare, sono gay, non ho un rapporto decente con la mia famiglia, non sono un cazzo e tu riesci a vedere del buono in me? Ti prego, dimmi come fai perchè mi sembra assurdo! - esclamò, non guardandomi in faccia e notando l'autobus raggiungere la fermata. Non potevo lasciarlo andare, aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.
- Aspetta! Louis, aspetta! - mi feci largo tra le persone, cercando di salire in fretta e di trovare il posto vicino a quello di Louis, ma non ce ne fu bisogno perchè un gruppetto di ragazzi lo avevano fermato e lo stavano spintonando. Furiosa come non mai, mi avvicinai verso di loro. Se c'era una cosa che odiavo, era proprio assistere ad atti di bullismo.
- F-fammi passare - era scappato. Il Louis che mi aveva urlato contro se l'era data a gambe levate ed era rimasto solo il suo lato schiavizzato.
- In questi giorni, a scuola, sei riuscito a scappare, ma credimi che ti beccheremo - lo demoralizzò, un ragazzone alto e robusto. Si, poteva fare paura, ma al diavolo ogni cosa.
- Scusa puoi toglierti dalle palle? Mandi all'aria il mio buon umore e ho bisogno di andare a sedermi - sbuffai, avvicinandomi pericolosamente a quel ragazzone. Louis mi guardò con gli occhi serrati, non aveva ancora capito il mio piano. E come dargli torto, non lo avevo capito nemmeno io.
- Uhhh - un altro cretino osò fare il coro derisorio. Cos'è? Non se lo aspettavano da una ragazza? Beh loro non avevano idea di cosa avrebbe potuto fare un uomo ferito dal tempo e col cuore frantumato dai guai.
- Scusami principessina. Non pensavo di aver interrotto il tuo passaggio sul tappeto rosso - i suoi amichetti del cuore scoppiarono a ridere, io mantenni la mia solita aria gelida. Lo facevo sempre con chi si credeva buffo. La rabbia aveva preso il sopravvento e ignoravo le persone che cercavano di passare o chi ancora doveva salire sul bus.
- Ah-ah. Vuoi sapere cosa non fa ridere delle tue battute? Il fatto che siano dette da coglioni come te. Coglioni che non hanno le palle di usare l'intelligenza e quindi se la prendono con chi non è capace di capire le loro battute del cavolo. E sai un'altra cosa che mi fa salire la bestia? Che i tuoi cari amichetti ridono e che poi smettono perchè devono ancora capire la battuta. Successivamente ridono, ma non sono sicuri di averla ancora capita. Vuoi saperlo da come lo noto? Bene, osserva le loro sopracciglia, sono curvate, segno che stanno ancora metabolizzando le tue parole. Oh aspetta, con te devo usare il linguaggio giusto, sono sicura che la parola "metabolizzare" non rientri nel tuo vocabolario. Vediamo di fartelo capire in questo modo. Togliti dai coglioni, torna al tuo posto e fingi di non essere appena stato preso per il culo da una ragazza più piccola di te. Tu deridi gli altri, ma non sai quanto potrebbe essere derisorio sapere che ti sei fatto stracciare da una ragazzetta che non avrebbe la forza per stenderti a terra. Ma ci sono dei punti vulnerabili nel tuo corpo e se non vuoi restare sterile per il resto della tua vita e rischiare di non avere mai figli, ti consiglio di stringere le gambe e tornare al tuo posto - sputai fuori, trovandomi vicina a quel tipo lì. Mi guardò come per dire "Non ne hai il coraggio", così sollevai il ginocchio abbastanza per farlo entrare in collisione con le sue parti basse. I suoi amichetti si azzittirono e presero posto, lui li imitò poco dopo, scordandosi della presenza di Louis.
- Seguimi - gli indicai due sedili liberi e feci in modo di liberare il passaggio. Le persone salirono e l'autobus si riempì subito dopo.
- Sei stata fantastica - sussurrò Louis. Beh il mio piano era riuscito. Non volevo che pensassero che stavo difendendo Louis e che quindi lui si faceva difendere da una ragazza. Volevo distogliere l'attenzione prima su di me e poi su di loro, confondendoli e facendogli credere di non essere niente. Il piano, contro ogni mia aspettativa, era andato piuttosto bene.
- Non ci vuole una laurea per fare ciò che ho fatto adesso. Se tiri fuori il coraggio puoi riuscirci pure tu. Dovresti smetterla di farti mettere i piedi in testa e abbiamo un discorso da continuare - mi voltai nella sua direzione, notando che aveva perso lo sguardo nello sfondo del panorama che scorreva veloce alla nostra destra.
- Perchè ti ostini a voler farmi cambiare idea? Non voglio smettere di fare uso di droga, mi fa sentire bene e ho bisogno di sentirmi tale ogni tanto -
- Non sai quello che dici Louis... - no, non poteva sapere come si sarebbe ridotto. Aveva resistito tutto il pomeriggio senza droga, portandomi a pensare che non ne fosse ancora dipendente da usarla ogni mezz'ora. Ma io sapevo cosa significava vivere per la droga e lui non doveva arrivare a quel punto.
- So che quello dico. So quello che voglio. Sono un mostro non un idiota senza cervello - sbottò, fissandomi negli occhi e facendomi vedere tutta l'insicurezza che aveva messo in quella frase. Sorrisi e scossi il capo.
- La droga diventerà come l'ossigeno. Non ne potrai fare a meno, ma a un certo punto ti sentirai schiacciare dalla pressione, ti sentirai costantemente senza ossigeno e così dovrai aumentare le dosi e i momenti in cui li fai. Incominci con una al mese, poi con due e infine con tre al giorno. Finisci in uno stato di totale incoscienza, un incoscienza che dura ogni giorno della tua vita. Sono rare le volte in cui sei lucido e sai quello che fai. Hai bisogno di drogarti e non ne esci più. O muori o muori. Non ci sono altre soluzione - sospirai amareggiata. Un mio amico era morto a causa della droga. Un altro era entrato in come etilico. Sapevo lo schifo che si poteva attraversare.
- Sei arrivata mai al punto di farne troppo uso? - chiese spaventato. Forse lo stavo convincendo.
- No. Mio fratello mi ha tirato fuori in tempo, ma per salvarmi si è fatto picchiare inoltrandosi in una rissa. Ma per me la droga era inevitabile per dimenticare. Sono orfana. Ho un doppio dolore che mi lacera il cuore e la droga era una fantastica via d'uscita. Scappare dai problemi invece che affrontarli... direi che è fantastico. Però non ti accorgi che poi ti inseguiranno tutti in una volta e non appena sono uscita da questi giri pericolosi, ho dovuto dare conto alla realtà. E faceva male, sentirsi privati di tanto ossigeno, aver vissuto nel posto sbagliato e aver commesso troppi errori, faceva dannatamente male. Pensavo di non farcela, ma sono qui -
L'autobus si fermò, aveva fatto la prima fermata e notai i bulli di prima scendere in fila indiana. Nessuno si voltò verso di noi e tantomeno ci fissarono dai finestrini. Meglio così. Louis restò in silenzio, poi una volta che l'autobus ripartì, si sbloccò e iniziò a parlare.
- Mi dispiace. Non sapevo cosa avevi superato. Oggi al centro di riabilitazione, non eri entrata molto nei particolari - giocherellò con le dita, facendomi vedere come le nocche fossero leggermente sbucciate e incrostate.
- Lì mi conoscono quasi tutti. Abbiamo passato insieme diversi anni e molti sanno la mia storia. Tu sei solo il nuovo arrivato. Scoprirai tutto di tutti e imparerai ad andare avanti -
- Come fai a essere così positiva? Io non riesco a vedere nulla di buono nella mia vita. So che non ne posso uscire... lo so bene e... Dio, ho bisogno di fumarmi una canna - biascicò esausto, stropicciandosi gli occhi.
- Ti farò capire che non ne hai bisogno. Ti mostrerò un mondo fatto di realtà e non di illusioni. Niente nebbia, solo la realtà. -
- Farà male e sarà terribile -
- Ma almeno vivrai in un mondo vero e la smetterei di crogiolarti in un mondo che non esiste - restò in silenzio e infilò una mano dentro la tasca della felpa. Appoggiò la fronte al finestrino e non riuscii a fare altro se non fissarlo. Era così distrutto dentro, che non avrei saputo quale colla sarebbe stata capace di rimetterlo insieme.
Alla terza fermata, mi venne il pallino di controllare che ora fossero. Erano quasi passati venti minuti da quando ero uscita dal centro e sicuramente Harry mi aveva cercato. Afferrai il telefono per notare tre chiamate perse dal sottoscritto. Sbuffai innervosita, non sapevo cosa inventarmi. Louis parve accorgersene e fece per parlare, ma l'autobus frenò per la quarta fermata e mi annunciò di dover scendere. Non sapendo dove fossi, decisi di seguirlo, nel frattempo il telefono di Harry era diventato occupato.
- Ma tu dove abiti? - mi domandò Louis, facendomi alzare lo sguardo dallo schermo del cellulare e notando quanto mi sentissi fuori casa. Non ero mai stata da quelle parti e notando il tempo che abbiamo impiegato per arrivarci, di sicuro non ero vicino casa.
- Sinceramente? Sono confusa. Abito a dieci minuti circa dal centro di riabilitazione. Sono 5 fermate con la metro. Ma adesso non so dove sono... - fissai confusa i palazzi che ci circondavano e seguii Louis che stava camminando. Quest'ultimo si fermò di scatto, mi guardò come se fossi pazza e scoppiò a ridere.
- Che c'è? - dissi scioccata.
- Pur di seguirmi, ti sei persa? - continuò a ridere e a quel punto non riuscii a trattenermi.
- Beh, ne è valsa la pena! Sai dirmi dove siamo? Così vedo se Niall può venirmi a prendere... - cercai il suo numero nella rubrica telefonica, ma Louis mi fermò.
- Vuoi fermarti un po' a casa da me...? Se non ti fermi rischio di impazzire a causa dei miei e... p-per favore resta - lessi la paura nei suoi occhi, lessi la debolezza, lessi l'incapacità di mentirmi e offrirmi qualcosa da bere invece che ammettere di avere paura a tornare a casa.
Non ci pensai due volte che risposi - Certo, fammi strada - mandando un veloce messaggio a Harry e dicendongli che mi trovavo a casa di Louis e che presto avrebbe capito di chi si trattasse.
- Perchè mi hai seguito fin qui? - mormorò, camminando a testa bassa e continuando a far valere la timidezza.
- Perchè una volta io ero come te e urlavo silenziosamente di non voler restare da sola. La gente non mi ascoltava e mi ci lasciava. Poi un giorno mio fratello mi ha sentita e da allora lo fa sempre. Ho capito che anche tu urli e nessuno ti sente - annuì alla mia affermazione, senza aggiungere altro. Probabilmente gli dava fastidio essere letto in questo modo.
- I-i miei saranno un po' scorbutici con me, ma... non fare nulla. Intendo... non fare come hai fatto con quei bulli. Non voglio che vieni messa in cattiva luce - balbettò e si fermò di fronte a una palazzina.
- Ah... e questa zona si chiama Palazzetti. E' molto conosciuta perchè come puoi vedere siamo circondati da immensi palazzi. Il tuoi amico può venirti a prendere qui oppure ti accompagno al parco non molto distante da qui. Fai tu - lo rassicurai dicendogli che di fronte casa sua andava benissimo e poi salimmo fino al terzo piano. Gli appartamenti occupavano un piano intero e una volta che misi piede dentro la casa di Louis, potei affermare che erano abbastanza grandi e ricchi di stanze.
- S-sono tornato - balbettò Louis. Il silenzio incombeva l'appartamento e dopo poco si udirono passi di scarpe col tacco. Una donna alta e magra fece il suo ingresso. Stava asciugando un piatto e non appena vide suo figlio, tornò indietro e non lo degnò di un saluto. Beh se fosse stata educata avrebbe salutato almeno me.
- E' normale - mi disse Louis, riferendosi al suo comportamento.
- Ivan! E' tornato QUEL COSO! - urlò la donna.
- Anche questo è normale - aggiunse Louis, scuotendo le spalle e togliendosi la felpa.
- Vuoi che l'appenda? - mi domandò, riferendosi alla mia giacca. Scossi il capo e annunciai di volerla tenere addosso.
- Vieni qua, devo parlare con te e... chi hai portato qui? - un uomo fece ingresso nel salone e vidi Louis sbiancare.
- U-una mia amica... l'ho conosciuta al centro e... -
- Si si! Stai zitto e seguimi - scomperve di nuovo nell'altra stanza e restai a fissare Louis. Viveva davvero in quella casa?
- Vai nel corridoio di sinistra. Terza a porta a destra. Tra qualche minuto arrivo - biascicò, tenendo lo sguardo basso e sparendo nella stessa stanza dov'erano andati i suoi genitori.
Svoltai il corridoio, sentendo delle urla sconnesse. Non riuscivo a sentire bene cosa dicessero, ma venivano urlate parrecchie parole pesanti come "Sbaglio della natura; mostro che non merita di vivere; errore; inutile essere vivente". Non potevano insultare così il figlio che avevano messo alla luce.
Mi feci strada nel corridoio dalle mura bianche ed entrai nella terza porta a destra. Era la camera di Louis. Pensavo di trovarla disordinata e invece davanti mi si parò un letto dalle lenzuola pulite e il pavimento lucido che emanava profumo di lavanda. Mi chiesi se toccasse a Louis pulire la sua stanza o se ci pensasse sua madre.
Mi sedetti sul letto e decisi di chiamare Harry. Le urla continuavano anche se si sentivano di meno.
Al terzo squillo, finalmente rispose.
- Emi, dove ti sei cacciata? Dovevi essere qui mezz'ora fa - mi rimproverò.
- Lo so, Haz. Ma ho preso l'autobus per aiutare un amico e sono a casa sua adesso. Ora chiamo Niall e gli chiedo di venirmi a prendere, va bene? -
- Non fare tardi, mi stavo preoccupando. Mi sono calmato solo quando ho letto il tuo messaggio -
- Lo so, immaginavo ti preoccupassi. Stai bene? -
- Si, si. Mi è rimasta solo un po' di stanchezza... e anche un po' di mal di testa, ma la febbre è passata -
- Okay, tu resta a letto, io ora chiamo Niall. Ci vediamo a casa -
- Un bacio - staccai la chiamata e composi il numero di Niall. Nel frattempo sentii i genitori di Louis urlare, ma quante cose avevano da dirgli? E povero Louis... chissà come faceva a sentirsi sopprimere da quelle urla.
- Emi..? -
- Emh, Niall, devo chiederti un favore - appoggiai la mano al lenzuolo sotto di me, trovandolo morbido e lucido.
- Dimmi -
- Potresti venirmi a prendere ai Palazzetti? Sono a casa di un amico e non saprei come tornare a casa. Harry è stato male e non voglio farlo uscire -
- Dammi dieci minuti e sono lì da te. Che ci fai ai Palazzetti e chi è questo amico? - il solito gelosone.
- Dopo ti spiego tutto. E se sei in moto ricordati di portare il secondo casco. Ci tengo alla mia vita - ridacchiai.
- A dopo, pulce - mi chiuse il telefono in faccia e restai a fissare lo schermo con la faccia da scema. Dopo mi avrebbe sentito. Sentii dei passi veloci per il corridoio e una porta aprirsi e chiudersi rapidamente. Uscii dalla stanza e mi diressi alla porta di fronte. Indecisa sul da farsi, la aprii non appena sentii dei conati di vomito. Louis era stravaccatto sul water e l'odore acro della bile mi entrò nel naso. Dovetti chiudere gli occhi e respirare profondomente per non rischiare di vomitare.
- Louis... - mi avvicinai a lui. In compenso tirò lo scarico e si diresse al lavandino per sciacquarsi la faccia.
- Sto b-bene... sto bene - aveva sussurrato.
- Non dirmi cavolate. Vieni qui - gli spalancai le braccia e lo abbracciai. Mi aspettai che piangesse, invece restò immobile, senza neanche ricambiare l'abbraccio. Quando lo tirai via, notai il suo viso pallido e stravolto.
- Oggi hai mangiato qualcosa? - gli domandai come una mamma premurosa. Fece segno di no e barcollò, reggendosi immediataemente al lavandino.
- Vado in cucina a prenderti un panino -
- N-no... in cucina ci sono i miei e... lascia stare -
- Non importa chi sta in cucina, tu devi mangiare - senza lasciargli il tempo di crontrobattere, mi avviai verso una delle stanze che pensavo fosse la cucina. Fortunatamente ci azzeccai, ma mi fermai sulla soglia della porta quando sentii qualcuno parlare.
- Adesso porta pure le puttane a casa. Non capisco a cosa gli servino dato che è un maledetto frocio - era il padre che aveva parlato. La madre non dibatteva e a quel punto decisi di entrare in cucina.
- Potrei avere un panino o un pezzo di pane non condito? - chiesi gentilmente, cercando di non dare calci e pugni a quell'essere che si faceva chiamare papà.
- Perchè ti serve? - mi chiese la donna. Pensai a una risposta e poi decisi di cercare di farli sentire in colpa.
- Louis si sta sentendo male e ha bisogno di mangiare qualcosa. Posso averlo? Sennò vado a comprarlo, non ci sono problemi - la madre scosse il capo e si abbassò a uno sportello. Strappò un pezzo di pane e me lo porse, sotto lo sguardo omicida del marito. Andai verso la porta ma decisi di dovermi difendere e di dover difendere la mia dignità.
- Ah... Non sono una poco di buono e vostro figlio non è un maledetto frocio. Ha dei sentimenti che voi non rispettate e non fate altro che ricavarne odio. Scommetto che i vostri genitori vi abbiano dato tutto l'affetto del mondo e vi posso assicurare che anche voi dovreste farlo con vostro figlio, perchè se lo trovaste a tre metri sotto terra, dentro a una lapida, solo per colpa delle vostre azioni, un giorno vi sentireste così in colpa da non riuscire ad andare avanti. E non servirà piangere sul latte versato. Alzatevi le maniche e rendete le parole, fatti. Se non avessi conosciuto Louis, di sicuro non avrei mai detto che voi foste genitori. - la donna mi guardò con gli occhi sgranati. L'uomo era insensibile e glaciale. Uscii dalla stanza e andai in bagno, trovandolo vuoto. Poi raggiunsi la terza porta a destra e vi trovai Louis steso sul letto, con le mani attorno allo stomaco e il viso ancora pallido.
- Tieni, non è stato difficile farselo dare - gli confessai, passandogli il pane asciutto e vedendolo dargli un morso. Mormorò un -Grazie- appena udibile e tornò a mangiare. Nel momento in cui ricevetti il messaggio di Niall, che mi comunicava di scendere, salutai Louis e gli diedi il mio numero, nel caso necessitasse chiamarmi. Poi uscii dal quel palazzatto senza degnare nessuno di un saluto e raggiunsi Niall. Una volta che salii sulla moto, iniziai a raccontargli ogni cosa, sentendo il suo sgomento che si presentava con il totale silenzio.
- Povero ragazzo - aveva ammesso, una volta che finii di raccontare la storia. A quel punto ero già arrivata a casa, così invitai Niall a fermarsi per cena e subito annunciai a tutti di essere tornata. Quella sera raccontai per la terza volta la storia di Louis e Haz si mostrò davvero dispiaciuto. Perfino Jessy disse che quei genitori erano i mostri e non il ragazzo che subiva.
- Grazie per tutto, buonanotte - salutai Niall con un bacio sulla guancia e gli raccomandai di stare attento. Poi andai a letto, passando prima a dare la buonanotte ad Harry. Appena appoggiai le spalle al letto, mi sentii davvero sollevata e mi addormentai in poco tempo.
Il cellulare non smetteva di vibrare. Non era la sveglia, fuori era ancora buoio. Guardai l'orologio che segnava le due di notte, poi osservai le tre chiamate perse di un numero sconosciuto e alla quarta chiamata mi decisi a rispondere.
- Pronto? - la mia voce assonnata doveva essere terribile.
- Em-mily? - dall'altra parte del telefono si sentì il pianto sfrenato di qualcuno e a seguire dei singhiozzi e dei colpi di tosse. Poi dei conati di vomito e così mi alzai spaventata dal letto e cercai di capire chi potesse essere.
- Si, sono io. Tu chi sei? -
- S-ono... o-oddio questo è s-sangue... s-ono... cazzo... L-louis - sobbalzai a sedere sentendolo nuovamente tossire.
- Louis? Dove sei? Che succede? - mi alzai di corsa e andai nella stanza di Harry. Mi dispiaceva svegliarlo, ma avevo bisogno di lui.
- Emi... vuoi dormire qui? - mi disse assonnato. Gli feci segno di stare zitto e misi il telefono tra le nostre teste. Louis non smetteva di tossire e ansimare.
- Louis dimmi dove sei - dissi seria.
- A... c-casa mia. H-ho preso delle pasticche e sto m-male... n-on mi sono mai sentito c-così - balbettò. Misi una mano sul microfono del telefono.
- Ti prego dobbiamo andare a casa sua -
- Vatti a vestire - Harry balzò giù dal letto e io corsi nella mia stanza per cambiarmi. Intrattenni Louis al telefono e poi scesi in salotto per aspettare che mio fratello fosse pronto.
- Ho già avvisato Jessy. Andiamo - lo seguii fino in macchina, sentendomi male al pensiero che anche Louis potesse stare peggio.
- Louis... ti sei ripreso? - allacciai la cintura di sicurezza, ma mi preoccupava non sentire alcun rumore dall'altra parte della chiamata.
- LOUIS? - urlai spaventata. Harry aumentò la velocità, cercando comunque di essere cauto.
- Vai ai Palattezzi. Louis mi senti? -
- Si... s-ono qui... -
- Okay. Respira e dimmi che pasticche hai preso -
- Non lo so Emily... v-vedo fuoco ovunque - sussurrò, facendomi spaventare ancora di più. Di certo i suoi non potevano aver dato fuoco alla casa.
- Di sicuro ha le allucinazioni - chiarii Harry, facendomi sollevare un po'.
- Louis sapresti dirci come entrare in casa tua? Stiamo arrivando da te -
- Dentro il porta-ombrelli c'è la chiave della porta. Il portone principale è sempre aperto. Emily c'è sangue... s-sangue... tanto... -
- Cavolo, ha un attacco di panico questo qui - bisbigliò Harry, girando a destra e continuando per la strada deserta.
- Louis non c'è nulla accanto a te. Ci sono io qui e sto arrivando. Tra qualche minuto ti vengo a prendere. Sto già spegnendo il fuoco che ti circonda e sto pulendo tutto il sangue, non c'è più nulla. Guarda bene e vedrai che non c'è più nulla - cercai di calmarlo. Harry mi guardò per dire " Che stai dicendo?", in compenso feci spallucce non sapendolo nemmeno io. Dopo cinque minuti finalmente arrivammo a destinazione. Salimmo le scale di corsa, con i battiti a mille e la paura che scorreva nelle vene. Per la troppa ansia non riuscivo a far entrare la chiave nella serratura. Harry me la strappò di mano e mantenendosi più calmo, la aprì in poco tempo.
Il salone era come qualche ora prima. Pulito e profumato, non c'erano traccia di fumo e fuoco. Mi diressi in cucina, trovandola vuota. Anche la camera di Louis lo era. Poi entrai, per sbaglio, nella camera da letto e mi stupii a vederla vuota. Anche gli armadi lo erano, segno che qualcuno aveva tolto le tende. Spalancai una porta a caso, non ricordandomi dove fosse il bagno. Io trovai un piccolo ripostiglio, poi Harry urlò il mio nome, facendomi capire di averlo trovato. Seguii la luce accesa ed entrai in bagno, trovando Louis rannicchiato, con le braccia attorno alle gambe e la testa affondata nello spazio disponibile. Mi buttai accanto a lui e quando sollevò il viso intravidi gli occhi rossi. A terra c'erano piccole macchie di sangue. Anche nel wc ce n'erano alcune, segno che quella non fosse stata un'allucinazione.
- Hai vomitato le pastiglie che hai preso? - scossi Louis per le spalle, lui mi disse che non voleva farlo.
- Infilagli due dita in bocca - mi consigliò Harry, ma era un gesto troppo brusco.
- Arrivo subito - corsi in cucina e versai in un bicchiere acqua, sale e limone. Tutto ad alta quantità. Convinsi Louis a bere ogni cosa, fingendo che fosse alcol. Lui ci cascò e una volta che incanalò tutto il contenuto, si chinò sul water per rimettere ogni cosa. Sospirai più tranquilla. Se fosse riuscito a rimettere quelle dannate pillole, si sarebbe sentito meglio. Mi sedetti su qualcosa di scomodo e quando tastai il pavimento con le mani, trovai una bustina contentente altre pasticche colorate. Buttai ogni cosa e feci una piccola ispezione nella stanza di Louis. C'era Harry con lui, nel caso le cose fossero peggiorate. Io mi occupai di spazzare via ogni traccia di droga. Siringhe. Canne. Erba. Tutto quello che trovavo, buttavo. Quando ritornai in bagno e non sentii più i conati di Louis, lo vidi rannicchiato a terra. Si teneva lo stomaco e brontolava frasi insensate.
- Non può restare qui... una volta ha tentato il suicidio. E' solo a casa, lo potrebbe rifare - comunicai a Harry.
- E dove vorresti portarlo? In ospedale? -
- No... non sarebbe una buona idea - dopo qualche minuto di silenzio, fissai Harry con gli occhi dolci.
- NO! Non se ne parla nemmeno. A casa nostra provocherebbe un mare di problemi e Jessy darebbe i numeri a vedere un drogato sul divano! -
- HAZ! Lui non è un drogato. Ha dei problemi e io devo aiutarlo. Jessy capirà -
- Ti ho detto di no -
- Bene, allora tu tornatene a casa. Io resto qui con lui -
- Perchè sei così testarda? - si alzò da terra è camminò avanti e indietro.
- Perchè se lo lascio qui, domani siamo costretti ad andare al suo funerale. Hai visto anche tu cosa è successo stanotte! Non possiamo rischiare. Gilbert lo ha affidato a me, non posso farglielo trovare morto! -
Mentre Harry pensava a cosa fare, mi avvicinai a Louis e gli feci appoggiare la testa sulle mie gambe. Gli passai una mano sul viso per costatare quanto fosse caldo.
- E' pure caldo Harry... -
- Anche io fino a stamattina stavo male. Io devo riprendere il mio lavoro. Jessy lavora. Tu sei a scuola. Resterebbe solo... -
- Non è la stessa cosa... A casa nostra non sarà solo. Tu di giorno sei a casa. Lui è a scuola. Passerò il mio tempo con lui, ma non può restare qui. Inoltre sta tremando dal freddo e ha appena vomitato per chissà quante volte. Credo abbia pure sputato sangue e... -
- Okay va bene così! Ho capito. Dammi. Lo prendo e lo portiamo a casa nostra. Ma solo per qualche giorno... poi vedremo cosa fare -
- Ci sto - Harry lo prese in braccio e automaticamente Louis legò le sue braccia attorno al suo collo. Notai Harry sbuffare innervosito e lanciarmi un'occhiata di fuoco.
- Se in questi giorni mi mette le mani addosso, io lo butto fuori a calci in culo - mormorò. Fui io a guardarlo male, per poi chiudermi dietro il portone dell'appartamento.
Raggiungemmo la macchina e sdraiammo Louis sei sedili posteriori. Guidammo per altri dieci minuti e una volta che fummo di fronte al portone di casa ebbi paura.
- Spero che Jessy capisca e lo lasci entrare... - biascicai, aprendo la porta e trovandomi davanti una Jessy davvero furiosa... molto furiosa.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro