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La debolezza in persona

4° Capitolo


*Emily's Pov *

- Jessy... dobbiamo parlarti di una cosa importante. Partendo dal fatto che abbiamo bisogno di prestare il nostro divano a questo ragazzo... - annunciai, facendo entrare Harry che teneva ancora Louis in braccio. Non sembrava averlo affaticato molto, forse perchè il ragazzo era snello e non molto alto.

- Cosa? Voi scappate di corsa alle 2 di notte e tornate qui, dopo quasi un'ora, con un ragazzo incosciente e un disperato bisogno di dargli una casa? Non siamo a un centro di accoglienza Emily e per quanto volessi ospitare questo ragazzo, non ho il tempo per occuparmi di lui e non so nemmeno il suo nome - sbuffò impazientita, chiudendo il portone principale e avvicinandosi a noi. Harry aveva appoggiato Louis sul divano, poi si era passato una mano tra i capelli ricci e scuri e per finire aveva lasciato che un sospiro frustato lasciasse le sue labbra. 

- Jessy, questo ragazzo ha davvero bisogno di una casa adesso! E' stato male, ha preso non so quali pasticche e ho dovuto fargli rigettare ogni cosa. Una volta ha tentato il suicidio e se lo lasciassi a casa da solo, possibilmente lo rifarebbe! I suoi genitori lo hanno abbandonato. Poche ore fa, quando sono stata a casa sua, lo hanno preso a parole, e ora mi sono accorta che hanno levato le tende e sono scappati via, lasciando il loro figlio in bagno, incosciente e completamente fatto di droga! - sussurrai, per paura che Louis si svegliasse e reagisse male. 

- E io dovrei far entrare in casa mia un qualsiasi ragazzo drogato? Tesoro, lo sai che vorrei aiutarti, ma non puoi aiutare chiunque facendolo entrare qui. Chi mi assicura che questa notte non si svegli, impugni un coltello e ci uccida tutti? - annunciò, esagerando notevolmente. 

- Credimi... è talmente esausto che non ne avrebbe la forza. Ti chiedo di farlo restare qui qualche giorno. Giusto il tempo di trovargli una sistemazione. Sta male, non può andare da nessuna parte adesso. Inoltre ha la febbre e i postumi della droga... vorresti davvero che tornasse a casa sua in questo stato? - 

- Emily... non posso davvero lasciarlo su questo divano e... non posso occuparmi di lui. Io e Harry lavoriamo, tu devi andare a scuola... hai degli impegni, tutti li abbiamo e non possiamo mandarli a monte per occuparci di lui! - cercò di farmi ragionare, ma sapevo cosa volevo. Louis aveva bisogno di aiuto e io ero disposta a sacrificarmi!

- Dormirà nella stanza con me. Il mio letto matrimoniale potrebbe accogliere entrambi e mi occuperò che non si svegli e non uccida qualcuno. Inoltre domani mattina salterò scuola e mi occuperò di lui - ammisi decisa.

- No, non se ne parla nemmeno. Tu non salti la scuola! E' iniziata da qualche giorno e già ti assenti? Completamente no - s'intromise Harry.

- Hai un'idea migliore? - gli domandai, sedendomi accanto a Louis. Il suo corpo veniva scosso da fremiti, sussurri, singhiozzi. Tremava e aveva bisogno di cure, non di litigi.

- Dormirà nella mia stanza. Sono grande e posso amministrare la situazione in caso si sentisse male. Domani sono a casa, il pub è ancora chiuso, quindi posso aiutarlo, Jessy andrà regolarmente a lavoro e tu andrai a scuola. Quando tornerai a casa ti occuperai di nuovo di lui. Qualche giorno... gli do qualche giorno e poi lo voglio fuori da qui. Da martedì riprenderò il lavoro e non posso badare pure a lui! Adesso vai a letto Emily, sono le tre e domani devi svegliarti presto. Mi occupo io di lui - mio fratello aveva organizzato tutto in poco tempo. Jessy diceva che non era il caso di farlo stare lì, che sarebbe stato meglio portarlo in ospedale, ma io mi imputai a non volercelo portare. Annunciai a tutti la buonanotte e tornai a letto. Dovevo riposarmi o avrei rischiato di non collegare nulla il giorno dopo a scuola. Anzi, avrei fatto meglio a dire, qualche ora dopo, a scuola, dato che in meno di quattro ora sarebbe suonata la sveglia.





* Harry's Pov *

- Continuo a dire che non sia una buona idea farlo rimanere qui - borbottò Jessy, preparandomi una bacinella di acqua fredda e pezzi di stoffa. 

- Sono il primo a non volerlo lasciare da solo, in questa situazione. Ma sono d'accordo con te. Una volta che si riprenderà, dovrà tornare a casa sua - aggiunsi, convincendo quella donna a non ribattere più. In fondo mi sentivo l'uomo di casa, quindi quello ad avere il potere, all'incirca.

- Va bene. A domani - la salutai e poi ripresi Louis in braccio. Quel ragazzo era leggero come una piuma. Mi circondò di nuovo il collo con le braccia. Non capivo se fosse incosciente o se lo facesse apposta. Feci finta di nulla, appoggiandolo su una metà del mio letto. Speravo che durante la notte non si sarebbe incollato a me o lo avrei fatto rotolare giù dal letto. 

- M-mamma... - piagnucolò Louis, sbattendo leggermente le palpebre e risvegliandosi da quello stato catatonico. Bene, se avesse iniziato a parlare sarei stato costretto a incerottargli la bocca. Perchè dovevo sempre occuparmi di tutto? Ah si, perchè ci tenevo troppo a mia sorella. Mannaggia a me a alla mia bontà verso ogni persona che Emily aiutava.

- Non sono tua madre - attirai l'attenzione del ragazzo che si guardava attorno confuso. "Spero che almeno sia più lucido di prima", pensai.

- D-dove... s-sono? - biascicò, col tono impastato dal sonno e dalla febbre. Fui contento di averla già avuta, così non avrei rischiato di riprendermi il virus. Non potevo permettere che Emily si ammalasse e saltasse una settimana di scuola, per colpa di uno che non sa prendersi le sue responsabilità e si getta nell'alcol e nella droga. Emi mi aveva raccontato tutto quello che questo tipo aveva passato, ma io ero orfano eppure, per quanto potessi soffrire, avevo troppe responsabilità sulle spalle, per cadere in queste tentazioni. Avevo tirato fuori pure Emily da questo schifo e mi sentii come se ci fossi di nuovo dentro. 

- A casa mia, anzi, a casa di Emily. Sono suo fratello e tu sei un ragazzo che dovrebbe dormire e stare zitto - mormorai freddo. Faceva male pensare a quanto la gente potesse essere debole per cadere in certe tentazioni. Sapevo che quel ragazzo stesse soffrendo, ma di certo io non ero una bambola che poteva usare per autocommiserarsi. Avevo già troppi problemi seri che mi passavano per la testa e badare a lui, doveva essere l'ultimo che mi distraeva.

- M-i brucia la gola... - ammise tossendo. Alzai gli occhi al cielo e gli passai una bottiglietta d'acqua ancora sigillata. Si alzò con le spalle, appoggiandosi allo schienale del letto, poi provò ad aprire la bottiglietta, non riuscendoci. Sbuffai e gliela strappai dalle mani. Abbassò lo sguardo e mi sentii un idiota. Lo stavo trattando male e non era da me, ma mi sentivo catapultato nel passato. Nei suoi occhi vedevo gli stessi di Emily quando vomitava dopo aver bevuto o fumato. Distolsi lo sguardo, aprii la bottiglietta e gliela passai.

Louis prese un respiro profondo prima di dire - L-lasciami uscire. Me ne torno a casa... qui sono di troppo e lo so - fece per alzarsi e non mi opposi. La mente viaggiava nei ricordi dolorosi e non ero nessuno per vietare a quel ragazzo di tornarsene a casa. Se lo avesse fatto con i suoi piedi, a me stava benissimo. Si alzò dal letto, reggendosi la testa e avvicinandosi alla porta della stanza. Si fermò di colpo, portandosi una mano alla bocca. Capendo cosa stesse per succeddere, mi alzai e spalancai la porta della mia stanza, facendogli velocemente raggiungere il bagno. Si chinò sul water, vomitando per l'ennesima volta in poche ore. Vedendolo appoggiato alla porcellana bianca di quell'oggetto, capii che non potevo farlo tornare a casa. Mi risvegliai dal mio coma mentale, pensai a cosa mi avesse detto Emily se non mi fossi preso cura di lui e così mi avvicinai e portai una mia mano sulla sua schiena. Cercai di infondergli calore, sentendolo rimettere conati vuoti. Sembrava fosse vuoto e che fosse arrivato il momento di gettare l'anima. 

- Va bene così, non sforzarti. Vieni, adesso sciacquiamo la faccia e torniamo a letto - tirai lo sciacquone e lo trascinai fino al lavandino. Passai una mano colma di acqua fredda sul suo viso pallido e sembrò riprendersi leggermente. 

- Fa dannatamente s-schifo - borbottò, reggendosi meglio al lavandino e specchiandosi. Delle profonde occhiaie erano depositate sotto gli occhi, che erano arrossati. Le pupille non erano poi così tanto dilatate. Non riuscivo a capire se lo fossero per l'assenza di luce o per la poca presenza di droghe nel suo corpo. 

- Avresti bisogno di una doccia fredda... così si abbassa pure la febbre. Vado a prenderti un cambio, tu infilati nella vasca, okay? - adolcii il mio tono di voce e gli feci segno di spogliarsi e lavarsi. Io occupai quei minuti a cercare un paio di boxer, dei pantaloni e una maglietta a maniche corte per Louis. Era magro, sicuramente ci avrebbe nuotato nei miei vestiti, ma il giorno dopo avrebbe recuperato qualche cambio così si sarebbe sentito più a suo agio.

- Emh... F-fratello di Emi? Ho finito... - sentii la voce debole di Louis. Ridacchiai, mi aveva chiamato "fratello di Emi". Scossi il capo e presi i vestiti in mano. Louis sembrava una specie di pulcino. Aveva i capelli bagnati e gocciolanti. Gli occhi arrossati e le guance della stessa tonalità dei pomodori. Si era avvolto in un accappatoio più grande di lui e cercava di coprire ogni lembo di pelle scoperta, probabilmente sentendo freddo.

- Tieni, forse ti staranno grandi, ma sempre meglio di quelli che avevi prima - gli porsi i vestiti e uscii nuovamente dal bagno. Mi sedetti a terra, con la schiena appoggiata al muro mentre aspettavo che uscisse dal bagno. 

- Haz... devo vomitare -

- Perchè Emi? Perchè ti sei ridotta così? Perchè hai bevuto così tanto? -

 

Un ricordo mi scosse il corpo. Ero ancora piccolo e già il mondo mi era salito sulle spalle. Pretendeva che lo trascinassi e ogni volta che le ginocchia mi cedevano, mi caricava di un altro peso, dicendomi di non essere debole. Col tempo ho imparato a reggerlo e trasportarlo facilmente, ma era un costante peso al centro del petto. Era un dolore che mi portavo dietro da troppo tempo. Mia sorella era così piccola e indifesa e i problemi si sono divertiti a scaricarsi addosso a lei, solo perchè non conosceva ancora il mondo. Anche io ne ero estraneo, ma ero più forte. Avevo più anticorpi rispetto al suo debole corpo. Un lacrima scese sulla guancia al secondo ricordo.

- Harry fa male. Fa male. Voglio dimenticare. Passami la vodka, voglio bere. Voglio morire - 

- Smettila di dirlo. Non puoi lasciarmi anche tu -

- Fammi morire! Odio questa vita! - 

La seconda lacrima mi solcò una guancia. Le scacciai entrambe e mi alzai in piedi. Strofinai gli occhi e ringraziai il cielo per aver fatto uscire subito Louis dal bagno o non lo avrei aspettato più di tanto. Notai che in quel lasso di tempo aveva leggermente asciugato i capelli, facendo ricadere sulla fronte alcune punte bagnate. Spensi la luce e mi incamminai verso la mia camera. Mi fermai davanti la soglia, sentendo un gemito alle mie spalle. Quando mi voltai notai Louis appoggiato al muro, una mano sopra lo stomaco e l'altra a cercare di aggrapparsi alla parete liscia. Scivolò lentamente, fino a toccare il pavimento. Ritornai da lui e gli porsi la mano. - Andiamo, ti aiuto io - ma Louis mi sorprese, scuotendo violentemente il capo.

- No... no... mi fa troppo male la pancia - borbottò, gemendo di nuovo e stringendosi le gambe al petto. Notai che i vestiti gli stavano leggermente larghi, ma non tanto. 

- Vuoi che ti prendo in braccio? Non puoi stare qui, hai bisogno di riposare - gli suggerii, ma lui scosse di nuovo il capo. 

- V-vai a letto... io... Ahia... io resto qui -

- Oh smettila di fare così. Forza, vieni qui. Così ti metti a letto, ti addormenti e la smetti di sparare cazzate - sussultò, forse avevo leggermente esagerato. Ignorai le sue proteste, lo presi in braccio e lo stirai in una metà di letto.

- Non superare questa metà - lo minacciai. Mi coricai sull'altra estremità. Sperai che reagisse e dicesse qualcosa tipo "Non sono malato, ma solo gay" invece restò in silenzio. Si faceva sottomettere. Non osava nemmeno contraddire. Sbuffai nuovamente. Non riuscivo a dormire, avevo troppi pensieri.

Gli possai una mano sulla fronte, in compenso spalancò gli occhi chiusi e mi guardò male - C-che stai facendo? -

- Controllo che non hai più la febbre. L'acqua fredda te l'ha abbassata, sei leggermente caldo. Meglio così... non mi andava di scendere in salotto a recuperare la bacinella d'acqua. Ti fa male la pancia? - ritornai alla mia posizione iniziale. Fissai il soffitto e scacciai gli altri ricordi che venivano a galla. Louis li stava facendo riemergere tutti con la sua situazione.

- Mmh... si, ma ora passa. Dormi e grazie per tutto - si girò di fianco, voltandomi le spalle. Si, si era sicuramente sentito a disagio perchè gli avevo detto che doveva dormire e stare zitto. Mi morsi la lingua, alle volte parlavo troppo. Mi girai anche io, dandogli le spalle e mettendo un braccio sotto alla testa. Dovevo provare lo stesso a dormire.

- Emily, cosa sono questi? -

- I-io... scusa Haz, ho bisogno di farlo -

- No, non è vero. Dammi quella lametta -

- NO! Lasciala! Io devo tagliarmi -

- Smettila Emi, smettila di ucciderti -

- E tu smettila di salvarmi. Sto facendo di tutto per morire, fammelo fare! Voglio raggiungere mamma e papà -

Voglio raggiungere mamma e papà...

Mamma e papà...

Una forte luce. Urla. Grida. Dolore, un dolore troppo forte. Altre grida. Buio.

Mi alzai di scatto. Ero sudato e tremavo. Dio... un altro incubo. Fortunatamente non avevo urlato. Mi girai per controllare se Louis stesse dormendo e non lo trovai.

- Dove diamine si è cacciato? - sussurrai, regolando il respiro e alzandomi dal letto. Trovai il balcone aperto e così velocizzai i miei movimenti assonnati, pensando "Oh cazzo, questo si è buttato dal balcone"

Non appena uscii, sospirai, era comodamente seduto a terra, le ginocchia tirate al petto e la testa appoggiata al muro. Si era addormentato,  circondato in una coperta di lana che avrà sicuramente trovato in giro.

- Ma cosa fai? Dovresti riposarti e stare al caldo - borbottai. Non accennò a muoversi così guardai velocemente l'orologio alla parete e notai che fossero quasi le cinque. Lo scossi per le spalle, avevo fretta di tornare a letto, anche se l'idea di avere altri incubi mi faceva desiderare di sedermi fuori e stare sveglio. 

- Louis! Dai andiamo a letto o mia sorella mi uccide se domani ti vede con le occhiaie - 

Niente. Ma chi me l'aveva fatto fare di occuparmi di lui?

- Si può sapere cosa aspetti ad entrare? Vuoi che ti ci porti con la forza? - mormorai più forte, attirando la sua attenzione. Finalmente. Mi guardò con gli occhi rossi e assonnati. Stava crollando dal sonno ma si ostinava a restare scomodamente sul pavimento gelido. Certo che era strano.

- Non ho sonno - biascicò. Gli scoppiai a ridere in faccia, guadagnandomi la sua espressione basita.

- Ti ho appena svegliato e tu mi dici che non hai sonno? Stai crollando dalla stanchezza e ti ostini a dirmi che non ne hai? Su, vai a letto. Se non vuoi dormire con me, vado sul divano, ma non voglio stare qui a fissarti - sbottai, smettendola di ridere e fissandolo. Avevo i miei problemi, i miei fottuti incubi e quei maledetti ricordi che mi sbranavano l'anima e lui non faceva altro che appesantirmi la responsabilità sulle spalle.

- Oddio e va bene! - lo afferrai per le spalle, non facendo caso alla coperta che era caduta e lo trasportai fin sopra il letto, obbligandolo a sdraiarsi e facendo lo stesso io, mantenendo la distanza. Fissai il suo viso ricoperto di tagli e piccoli lividi. Chiuse gli occhi. La luce della luna penetrava nella stanza. Il cielo iniziava a sfumarsi di rosella. Chiusi gli occhi anche io, sperando di non fare più incubi e di recuperare un po' di sonno. 

Quando mi svegliai, mi sentii abbastanza riposato. Fissai l'orologio per accorgermi che erano le undici passate. Beh almeno ero riuscito a farmi qualche ora di sonno. Alzai il busto, Louis stava quasi per cadere dal materasso. Era a pancia in giù, un braccio e mezza gamba pendevano dal letto, la testa era rivolta alla parete che aveva di fronte, per il resto sembrava essere ancora nel mondo dei sogni. Decisi di non spostarlo e quindi di non svegliarlo o avrei dovuto sopportarlo per più tempo. Sul comodino notai un foglietto, lo afferrai e lessi il messaggio di Emi.

" Passa a prendermi Niall. Vado a scuola e al solito orario sono a casa. Prenditi cura di Louis. Grazie mille fratellino, Emily .X"

Almeno era riuscita ad andare a scuola. Mi precipitai in bagno, facendomi una doccia e indossando un paio di jeans e una maglietta a maniche corte. La sera prima faceva un po' freschetto, fuori era nuvoloso. Di mattina si era rivelata la stessa situazione, solo che l'aria era leggermente più umida. Feci colazione con una tazza di caffè e qualche fetta biscottata. Mi toccava preparare il pranzo. Jessy sarebbe tornata di sera.

Tirai fuori dal frigo due hamburger e le patatine congelate. Non sapevo cos'altro cucinare. Afferrai una padella e la misi sul fornello accesso, nel frattempo accesi il forno. Le patatine per quella volta avrebbero cucinato lì. 

- Se mettessi dell'odio in quella padella, gli hamburger verrebbero più fritti e gustosi - sobbalzai dalla sorpresa e mi voltai verso le scale. Louis si reggeva la testa e nel frattempo cercava di non scivolare per le scale. Indossava ancora i miei vestiti, probabilmente non sapendo cos'altro mettere.

- Ti fa male la testa? - ignorai il suo commento e gli feci un'altra domanda, però afferrai la bottiglia con l'olio e ne versai un po' nella padella.

- Si... non ricordo q-quasi nulla di ieri sera. M-mi dispiace se ti ho importunato -

- Non fa nulla. Fra un po' Emily sarà qui e dato che voglio che ti trovi vivo, tieni una bustina per il mal di testa - non aggiunsi nulla sulla motivazione che lo aveva spinto a farsi del male. Non pensavo fosse il caso.

- G-grazie - balbettò, afferrando la bustina e versandola in un bicchiere d'acqua. Mi sciacquai le mani e tornai a cucinare. Misi della carta da forno sulla teglia. Ci versai sopra le patatine e le infornai. Nel frattempo l'olio aveva iniziato a friggere, così ci immersi i due hamburger. Louis mi fissava silenzioso, continuando a mantenersi la testa, come se gli potesse scivolare dal collo e potesse frantumarsi a terra. 

- Che pillole hai preso ieri? - mi azzardai a chiedere, scuotendo la padella e immergendo il cibo nell'olio. 

- Credo di aver unito tre o quattro cose diverse - alzò le spalle, come se mi avesse consigliato di abbassare la temperatura del forno.

- Sei impazzito per caso? Ma che ti passa per la testa? Unire pillole diverse? Se non avessi chiamato Emily saresti morto! - sbottai, accorgendomi di aver aumentato il tono della voce perchè sobbalzò dallo spavento.

- L-lo so -

- No, tu non sai davvero a cosa stai andando contro! Tu non hai nemmeno la più pallida idea di cosa si provi a vedere qualcuno che si fa del male! - mi sfogai. Poi chiusi la bocca, stavo raccontando troppo di me. 

Louis abbassò lo sguardo e nascose il viso con le mani. Aspettai che le patatine fossero pronte e le misi nel piatto insieme a un hamburger.

- Buon appetito - gli sbattei il piatto davanti e lo vidi sobbalzare di nuovo. Me ne fregai, salendo in camera e buttandomi sul letto. Tutti quei ricordi mi avrebbero ucciso!

- Lasciatelo stare! Non lo picchiate! -

- Emi. Torna a casa, lo sto facendo per te -

Perchè? Perchè tutte queste macerie mi stavano crollando addosso proprio nel momento in cui le avevo sollevate? Louis... se solo non avesse chiamato mia sorella, io sarei stato un po' più tranquillo e non avrei avuto tutti quei ricordi. Sentii un tonfo provenire dalla cucina. Mi precipitai giù dalle scale, per paura di trovarci un cadevere. Louis era a terra e stringeva la testa. Ansimava, sembrava spaventato. 

- Che succede? Louis che succede? - non mi ascoltava, stringeva la testa e cercava di regolare il respiro. Lo alzai e lo strinsi in un abbraccio, sperando che si calmasse. Pian piano il suo respiro si calmò, ma non ricambiò l'abbraccio. Louis... che ti sta succedendo?

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