Alexander Payne.
6° Capitolo
* Emily's Pov *
-Ehi Louis, posso parlarti un attimo? – avevamo ballato per circa un’ora e a dirla tutta mi ero pure stancata di stare in pista, così avevo raggiunto Louis, che sedeva in disparte e giocherellava con il suo cocktail.
- Certo – aveva sicuramente già bevuto più di un drink, ma avevo paura di sapere il motivo. Alla fine cedetti e mi feci forza.
- Non innamorarti di lui… stai prendendo un vicolo senza uscite – biascicai, puntando gli occhi in pista, verso un Niall quasi ubriaco e circondato da tre ragazze.
- C-cosa? Ma che stai dicendo? A chi ti riferisci? – potei giurare di non averlo mai visto così pallido. Le occhiaie infossate e le labbra screpolate.
- Mio fratello. E’ attratto dalle ragazze… non illuderti – forse avevo usato le parole sbagliate, tanto che lo vidi abbassare il capo.
- Non sono innamorato di l-lui –
- Louis… -
- I-io… l-lo so che n-non ci potrebbero mai essere opportunità. Lo so già – mi sporsi verso di lui, magari per confortarlo con un abbraccio, ma si scansò e bevve il suo drink, sussurrando un veloce – Vado a prenderne un altro – prima di sparire nella folla.
Sbuffai, ogni giorno spuntava una novità, accompagnata a braccetto da almeno due problemi.
Girai lo sguardo, ma non riuscii più a trovare Niall, così andai verso il bancone. Il grande orologio posto lì vicino, illuminato un po’ dalle luci colorate, segnava che mancava solo mezzora prima di ritornare a casa. Non avevo davvero voglia di immaginare una soluzione per portare in giro un Niall ubriaco.
Mio fratello, riuscii a guardarmi attraverso la folla e fece spostare qualche persona per permettermi di passare dall’altro lato del bancone, insieme a lui. Mi sorrise, continuando a servire clienti. Non pensavo che il locale potesse essere pieno anche nei giorni che non comprendevano il fine settimana.
-Cosa c’è? Non riesci a divertirti? – mi domandò, prendendo una bottiglia dal contenuto rosso e versandolo in un bicchiere di medie dimensioni.
- Niall è ubriaco in pista e ho perso di vista Louis. Mi rimanevi solo tu –
- E ti sembra poco? Sono la miglior compagnia che tu potessi mai avere e… come diavolo ha fatto Niall ad ubriacarsi? – nonostante fosse sorpreso, sorrise, versando del liquido verde e mescolandolo al rosso con una cannuccia nera.
- Vorrei saperlo anche io. Magari il tuo amichetto dall’altro lato del bancone alla fine ha ceduto – feci spallucce, cercando di non pensare a due occhi caramello e ai suoi capelli neri.
- Potresti chiederglielo al posto mio? C’è troppa confusione per staccare –
- Va bene, vado –
Arrivai fino all’altra metà del bancone, affiancando scaffali pieni di liquori e alcol, poi lo vidi in tutto il suo splendore, mentre afferrava una bottiglia gialla da un ripiano alle sue spalle. Cercai di ricordare il suo nome, non volevo commettere figure poco gradevoli. Dopo tre tentativi pensai che fosse Zayn e sperai proprio di non sbagliarmi.
-Ehi Zayn, per caso hai dato qualcosa di alcolico a Niall? Il ragazzo biondo – si girò verso di me, probabilmente sorpreso di vedermi con lui nel bancone e non mescolata alla folla.
- No, per niente. Solo acqua, come mai lo chiedi? – mi avvicinai ancora di più, appoggiandomi al bancone. Una ragazza mi guardava, probabilmente desiderando di incenerirmi, ma la ignorai e fissai le braccia del ragazzo, coperte da una magliettina nera e apparentemente leggera.
-Perché è quasi ubriaco e non riesco a capire come abbia fatto –
Zayn rise e fui fortunata perché in quel momento la musica si abbassò, il dj fece un annuncio che passò irrilevante al mio udito, impegnato solo a catturare quella melodia stupenda.
-Quel ragazzino è un genio. Avrà sicuramente fatto in modo che gli altri lo prendessero al suo posto –
- Potrà anche essere vero, ma quel ragazzino è ubriaco e adesso tocca a me portarlo a casa, sano e salvo. Dovrà sicuramente dormire a casa mia o la sua moto nemmeno ci arriva in garage –
Rise di nuovo, porgendo il drink a una ragazza e recuperando la mancia. – Una soluzione si troverà. Oh cazzo… abbassati e mettiti qui sotto! – lasciò rovesciare il bicchiere, spingendomi in basso attraverso la spalla. Decisi di non fare domande e incassai il mio corpo al di sotto del bancone, nascosta dalla vista di una qualsiasi persona.
-Zayn, come ti stai trovando? –
- Molto bene devo dire. Non è poi così stancante –
- Sono felice di questo. Sono nel mio ufficio nel caso ti servisse qualcosa. Ah, provvedi a quella macchia di liquore, non voglio rischiare che i clienti si sporchino –
- Certo, grazie – congedò quell’uomo e successivamente lo sentii trafficare con qualcosa, probabilmente una pezza. Passò qualche altro minuto prima che mi facesse un segnale. Uscii da lì sotto e lo guardai sconvolta, ma prima che potessi anche solo chiedergli spiegazioni, lui fu rapido a darmele.
- Era il mio capo. Non può entrare nessuno qui, se non i barman, così ho dovuto nasconderti o passavo guai. E’ solo il primo giorno, non vorrei casini –
- Certo, hai fatto benissimo. Facciamo così, passo dall’altra parte del bancone, dato che fortunatamente la folla sembra essersi affievolita-
- Ottima idea, nel frattempo puoi chiedere a Harry di passarmi una bottiglia di Gin e una di Vodka alla fragola? –
- Si, arrivo – tornai indietro nei miei passi, trovando mio fratello mentre parlava con una ragazza, e le preparava qualcosa da bere. Sorrisi, era il solito. Per un breve tratto l’idea di Louis che beveva mi passò per la testa, così sperai di trovarlo in giro, osservando tra le poche fessure che si creavano tra i corpi della gente, ma non c’era. Sospirai lievemente, affiancando Harry e chiedendogli le due bottiglie. Interruppe il dialogo con la tipa dai capelli rossi, afferrando le bottiglie e porgendomele. Poi uscii da quella sezione e mi buttai di nuovo tra la piccola folla che ostacolava gli sgabelli. Riuscii a passare nella sezione di Zayn, ringraziando il cielo per aver trovato un posto vuoto e occupandolo. Gli porsi le due bottiglie e poi gli chiesi una lattina di coca-cola, sperando che una ragazza dai capelli biondi, alla mia destra, non iniziasse a dire chissà cosa.
Contro ogni mio pensiero, Zayn me lo servì in un bicchiere di vetro, decorato da un ombrellino. Sembrava un cocktail come tutti gli altri, se non fosse stato per le bollicine. Lo ringraziai, sorridendogli ampliamente.
- Ti sei accorta di quanto abbia bevuto Louis? Non ho potuto oppormi solo perché è maggiorenne, ma credo che abbia bevuto un bel po’ – ruotai gli occhi al cielo. Ecco un altro problema da risolvere.
- Speravo che non bevesse molto. Ha iniziato la serata con dell’acqua e sinceramente mi stava pure fin troppo bene –
Zayn annuì, perdendo qualche minuto dietro una ragazza piuttosto capricciosa.
-Non voglio la cannuccia rosa, ma rossa. Rossa. Sai che colore è il rosso? – gli chiese, spalancando le mani e colpendo un ragazzo accanto a lei. Rise senza contegno, facendomi fare una smorfia sul viso.
- Questa cannuccia è rossa – dibattè Zayn, cercando di non andare contro al cliente, che purtroppo aveva ragione anche nel torto.
- NO! Non lo è. O me la prendi rossa oppure vado a lamentarmi con il proprietario di questo locale – scimmiottò. Volevo prenderla a pugni.
- Queste cannucce sono tutte rosse – aggiunse il ragazzo moro.
- Non è vero –
- Zayn passami tutte le cannucce – gli dissi, sperando di trovare un metodo per salvarlo da quel disastro. Esasperato si passò una mano tra i capelli, prima di tirare fuori cinque contenitori.
- Okay. Scegli la cannuccia che ti sembra essere rossa e mettila nel bicchiere – sembrò restare perplessa per qualche minuto, poi posò lo sguardo dentro i contenitori e uscì una cannuccia identica a quella di Zayn.
- Ecco, questa è rossa –
Per poco non scoppiai a ridere alla faccia sconvolta del ragazzo di fronte a me. Non replicò, inserì la cannuccia nel bicchiere e prese i soldi, iniziando a servire l’ultimo apparente cliente. Altri avevano preferito cambiare idea visti i capricci e il tempo perduto a causa della ragazza.
-Spero di non incontrare più soggetti come quella lì – sbuffò, passandosi un piccolo straccio sulla fronte e riponendolo nel ripiano in basso. Si sedette su uno sgabellino e sospirò, poi mi ringraziò e si scusò per non averlo fatto prima.
Fui sul punto di intavolare una nuova conversazione, ma l’arrivo di una ragazza bionda dalle punte rosa rovinò i miei piani. Zayn le sorrise, sporgendosi per strapparle un veloce bacio. Fu quando me la presentò come la sua ragazza che non ebbi più dubbi.
-Lei è Perrie, la mia ragazza. Tesoro, lei è Emily, la sorella del mio amico che lavora qui –
- Piacere –
- Piacere mio – le strinsi la mano, decidendo di andare a cercare Niall e Louis, infondo era quasi ora di tornare a casa. Mi congedai, cercando di non far vedere la mia espressione parecchio delusa.
Beccai Niall, intento a urlare contro una ragazza che mi sembrava proprio Clary, ma la poca luce faceva brutti scherzi. Lo aspettai, mentre notai che smise di urlare per baciare la ragazza e poi l’abbracciò. La mia espressione fece ridere un ragazzo che mi stava osservando e fui sicura di essere diventata rossa.
-Ma cosa c’era in quello che hai bevuto? Era Clary quella? – gli chiesi, una volta che fu di fronte a me. Fortunatamente non era poi così tanto ubriaco.
- Si. Siamo tornati insieme –
- Ma non era una ragazza da una notte? –
- Non lo so… credo di essermi innamorato di lei –
- Addirittura? Sei proprio andato di cervello – ridacchiai, facendogli segno di seguirmi.
- Aiutami a cercare Louis, è da un po’ che non lo vedo in giro –
- Okay, andiamo –
Il pensiero di Zayn mentre baciava Perrie si insidiò nella mia testa e dovetti concentrarmi sui miei passi per non far trasparire altra delusione sul mio volto. Quel ragazzo mi piaceva, mi faceva ridere, eppure era impegnato. Sospirai lievemente, girando appena lo sguardo per notare Niall intento a seguirmi. Cercammo Louis per cinque buoni minuti, poi quasi giusti all’esasperamento, lo trovammo mentre usciva dalla porta del bagno, rideva e allo stesso tempo baciava un ragazzo che poteva essere un po’ più grande di lui. Sgranai gli occhi, bloccando Niall.
-Eccolo lì. Spero solo che non abbia fatto cazzate – sussurrai, dirigendomi verso di lui. Salutò il ragazzo e rise, mentre quasi finiva a terra e rischiava di inciampare più di una volta.
- E’ ubriaco marcio… - Niall sottolineò l’evidente. Il fatto che non si reggesse in piedi, stabiliva già da se che fosse fin troppo andato.
- Ma quanto diavolo hai bevuto? – aggiunse il biondino, afferrando Louis in tempo.
- Abbastanza per scopare nel bagno di un locale – Louis ridacchiò, facendomi spalancare gli occhi. Non aveva mai parlato in quel modo e inoltre non mi sembrava fosse da lui un comportamento del genere. Niall assunse un’espressione schifata, ma cercò di non darlo a vedere.
-Devo tornare a casa Emi – sussurrò il ragazzo ubriaco.
- No, non devi. Harry non mi ha ancora detto nulla quindi resti a casa mia –
Louis scosse il capo, appoggiando la mano sulla fronte, per esercitare una piccola e possibilmente confortevole reazione.
-Si invece. Mi ha chiamato mia madre. Mi stanno aspettando a casa, quindi devo andarci –
- Sei maggiorenne, potresti pure… -
- Lo so, ma non voglio. Adesso possiamo tornare a casa tua? Così provvedo per tornare alla mia –
- Non posso lasciarti andare da solo. Aspettami qui con Niall, vado a chiedere aiuto ad Harry – senza lasciargli tempo per ribattere, mi diressi al bancone. Fortunatamente c’era l’ultimo cliente prima che Harry potesse dedicarmi la sua attenzione.
- Che succede? – mi chiese, pulendo il piano del bancone.
- Louis è ubriaco… -
- Cosa? Quel ragazzino si deve sempre cacciare in qualche guaio. Non possiamo farlo restare altro tempo a casa nostra, capisci? –
- Infatti non è questo il punto. Dobbiamo accompagnarlo a casa sua… ha ricevuto una chiamata da sua madre, a quanto pare sono tornati a casa e lui deve rientrare –
- Beh mi sembra una buona cosa – dichiarò facilmente. Sgranai gli occhi e indietreggiai un poco per guardarlo meglio.
- Stai scherzando? Tu non sai come lo trattano in quella casa –
- Non posso farci nulla, Emi. E’ un problema che deve affrontare lui. Andrò da Zayn a chiedergli se può coprirmi. Lo accompagniamo a casa e poi tu fili a letto e io torno qui –
- Non puoi farlo Harry, non puoi lasciarlo a casa sua –
- Mi sembra che fosse questo quello che tu volevi chiedermi. Inoltre non possiamo portarlo a casa ubriaco. E’ arrivato il momento di far ritornare tutto come prima – sparì dall’altra parte del bancone e io tornai da Niall, annunciandogli il nuovo piano. Louis si appoggiava fiaccamente al ragazzo biondo. Il viso chino, lo sguardo perso nel vuoto e anche senza alcun contatto fisico riusciva a trasmettermi il suo nervosismo.
Aspettammo Harry, per poi salire silenziosamente in macchina. Quando parcheggiò di fronte la casa di Louis, cercai di insistere davvero molto per aiutarlo a salire fino a casa sua, ma continuava a dirmi di no. Alla fine scese dalla macchina, cadendo e facendoci restare col fiato sospeso. Si tirò su, sorridendomi e ringraziandomi, poi iniziò a barcollare verso casa. Sentii le lacrime salire agli occhi, sembrava così strano che mi fossi affezionata a lui in poco tempo.
-Non dovrebbe vivere in quella casa – biascicai, sentendo il motore ripartire.
- E’ una sua scelta Emi, non puoi fare nulla –
- Non ha fatto nulla di male per meritarsi una famiglia del genere – dibattei.
- Nessuno sceglie la propria famiglia –
- Ma ti sembra giusto che debba essere umiliato, picchiato e ignorato dalle persone che lo hanno messo al mondo? – sbraitai, sentendo la rabbia salire all’indifferenza di Harry.
- Cosa vuoi che faccia io? L’ho fatto restare a casa nostra, ma adesso che sono tornati i suoi genitori, non posso proprio farci nulla. Lui stesso ha voluto andarci, non posso rischiare di essere denunciato dalla famiglia per rapimento. E’ maggiorenne, può decidere lui dove vivere e ci sarà un motivo per il quale vive ancora in quella casa, okay? – anche Harry alzò il tono di voce e Niall ci supplicò di fare silenzio perché gli faceva male la testa. Così feci cadere il discorso, pensando alle parole di mio fratello. Era vero, mi stavo arrabbiando senza un motivo specifico. Non era di certo colpa sua se Louis voleva restare in quella casa. Non veniva trattato bene, ma poteva andarsene quando gli pareva e invece continuava a restare, per chissà quale motivo. Sperai davvero che non gli succedesse nulla e aspettai di arrivare a casa per uscire dalla macchina e non salutare nessuno. Niall restò un po’ a casa mia, poi tornò alla propria in moto, dicendo che aveva smaltito molto bene l’alcol. Fortunatamente mi aveva mandato un messaggio dichiarando di essere arrivato sano e salvo. Così, indossai il pigiama e andai a letto, con la speranza di prendere sonno. Il cellulare non vibrò per tutta la notte, così pensai che Louis stesse bene oppure mi avrebbe chiamata, ma il giorno dopo a scuola, non lo vidi. Né all’entrata, né in giro per i corridoi. Sperai di trovarlo in sala mesa, così aspettai la pausa pranzo. Quando non lo vidi nemmeno lì capii che non poteva di certo essere a scuola. Possibilmente era rimasto a casa solo perché si era ubriacato. Cercai di non pensare ad altre possibilità e camminando verso la mia classe per andare a recuperare il mio panino, andai a scontrarmi con un ragazzo davvero carino. Occhi verdi e capelli biondi, sembrava un angelo se non fosse stato per gli occhi rossi e le pupille dilatate. A causa del mio passato, sapevo distinguere quando una persona faceva uso di droghe e quel ragazzo aveva sicuramente fumato una canna.
- Scusa, non ti avevo visto –
Il ragazzo scosse lievemente la mano, come a voler dire che non ci faceva nulla, poi mi sorpassò e pensai di continuare a camminare ma un altro rumore interruppe il silenzio del corridoio. Mi voltai di scatto, trovandolo appoggiato agli armadietti, con le mani che gli stringevano la testa.
-Ehi va tutto bene? – chiesi avvicinandomi.
- Cosa? Emh… si, tutto apposto –
- Sicuro di non voler una mano? – lo affiancai, poggiandogli una mano sul braccio, ma scosse il capo.
- No, va bene così –
Ero sul punto di chiederglielo un’altra volta, magari sperando che accettasse un aiuto, ma una terza voce smorzò l’aria e il ragazzo si voltò verso l’amica (sempre se non era la sua ragazza).
-Alex vieni, fra un po’ la pausa finisce –
- Arrivo – mi scansò e camminò verso la ragazza, facendosi afferrare un braccio per poi essere trascinato in sala mensa. Sospirai e continuai a camminare verso l’aula di biologia, dove avevo lasciato il mio panino. Lo afferrai e lo mangiai, provando a chiamare Louis. Non rispose, così persi ogni speranza e decisi che sarei passata da casa sua. Poi, mentre le lezioni continuavano a scorrere, capii che andare a trovarlo poteva trasformarsi in una cattiva idea. Il fatto che non rispondesse al cellulare, mi faceva pensare che i genitori non erano di buon umore e con la mia visita lo avrei messo in guai peggiori. Presi, quindi, la decisione di aspettare sue notizie. Se non ci sarebbero state, sarei passata da casa sua con una qualsiasi scusa.
Prima di uscire da scuola, Harry mi mandò un messaggio con scritto che avrebbe ritardato, quindi decisi di aspettarlo davanti la scuola, seduta su uno dei tanti graditi frontali. Due voci maschili attirarono la mia attenzione, così porsi lo sguardo al parcheggio lì di fronte.
Il ragazzo che si era scontrato con me durante la pausa pranzo, in quel momento stava discutendo con un uomo più grande di lui, possibilmente il padre. Riuscii a sentire qualche frase spezzata, anche se l’argomento principale non mi era comunque chiaro.
-Non è la prima volta che fumi. Ti ho detto che devi smetterla. Sei un’umiliazione –
- Non sai quanto mi dispiace – ridacchiò beffardo il ragazzo.
- Smettila con questo atteggiamento. Dovresti essere come tuo fratello. Dovresti smetterla di cacciarti sempre nei guai. Vuoi attenzioni, Alex? Vuoi sentirti potente? Non stai facendo altro che allontanarti dalla tua famiglia –
- Quale famiglia? Non esiste nessuna famiglia. Ci siete solo tu, mamma e Liam. Io ed Ethan non facciamo parte di nessuna famiglia! – gridò, spingendo leggermente il padre e baccandosi uno schiaffo. Portai una mano davanti alla bocca, ma decisi di non impicciarmi sempre dei problemi della gente.
- Vaffanculo – biascicò Alex, allontanandosi dall’auto e dall’uomo.
- Torna qui. Alex torna immediatamente qui! – il ragazzo lo ignorò e si allontanò velocemente. Attraversò la strada e poi scomparve in una traversa. Il rumore di un clacson mi fece sobbalzare esageratamente. Portai lo sguardo verso l’auto grigia e intravidi Harry ridacchiare, sicuramente fiero di avermi spaventata. Ruotai gli occhi al cielo ed entrai in macchina.
- Quanta dolcezza oggi. Non solo arrivi in ritardo ma fai spaventare pure la sorella minore, ottimo lavoro –
- Eddai! E’ stato divertentissimo –
- Si, infatti sto proprio ridendo a crepapelle – gli feci notare la mia espressione seria ma poi scoppiai a ridere perché riuscì a coinvolgermi.
- Cosa farai oggi pomeriggio? Ieri hai saltato l’appuntamento con il gruppo –
- Oddio hai proprio ragione! Ho pure dimenticato di chiamare. Bene, li chiamerò adesso, ci andrò domani. Inoltre credo che andrò un po’ in giro con Niall –
- Vuoi che ti accompagni da qualche parte o troverai un po’ di tempo per me e verrai a casa? – ridacchiò, girando verso la strada principale che ci avrebbe direzionati a casa nostra.
- Credo di aver un po’ di tempo per te. Dai, andiamo a casa, nel frattempo mi metto d’accordo con Niall e poi esco –
- Va bene. Inoltre stamattina non abbiamo potuto parlare molto, ma volevo scusarmi per quello che ho detto ieri. Cioè, è esagerato dire scusare, ma non avrei dovuto dire quelle cose su Louis. Mi dispiace se non viene trattato bene, ma devi capire che io non posso fare nulla contro il suo volere –
- Lo so Harry, è tutto apposto. Ero solo nervosa per lui, inoltre non ha risposto al cellulare e non è venuto a scuola. Sono solo preoccupata, ma è tutto apposto, no? –
- Certo che è tutto apposto. Vedrai che si sarà solo addormentato o non avrà voglia di svegliarsi a causa della sbronza –
- Si, sarà proprio per questo –
Approfittai del silenzio per chiamare il rappresentante del gruppo, spiegandogli i motivi della mia assenza e di quella di Louis. Non appena arrivammo davanti casa nostra, scesi dalla macchina e posai zaino e borsa in salotto.
-Mi prepareresti una delle tue buonissime cioccolate? – chiesi a Harry. Quando qualcosa mi metteva ansia, bere una buona cioccolata e parlare con mio fratello era sempre la cosa migliore.
- Certo, aspettami in cucina – amavo quando indossava il grembiule del papà, gli stava davvero bene. Forse il suo affetto era l’unica cosa che mi ancorava alla mia famiglia e alla mia vita. Mi ha salvato così tante volte che ancora fatico a crederci. Perché il fatto che asciugasse le mie lacrime e rendesse vivi i miei sorrisi, amplificava il suo ruolo. Non era solo un fratello, perché tutti i ruoli importanti e vuoti nella mia vita venivano riempiti da lui.
- Allora, hai già parlato con Niall? – chiese Haz, non appena mi sedetti sullo sgabello della cucina.
- No, ora gli mando un messaggio –
- Okay… cosa preferisci tra cioccolata calda e pancakes? –
- Fino a un minuto fa avrei scelto la prima ma… facciamo i pancakes, sono solo con un panino nello stomaco –
- Va bene e ricordati di mangiare di più a pausa pranzo –
- Ovvio e poi con tutto quello che mi prepari tu il pomeriggio, non ho così tanta voglia di mangiare a scuola –
- Quello che ti preparo io è merenda, tu devi pure pranzare –
- Okay, okay. Vedrò come fare –
Afferrai il telefono e scrissi a Niall se gli andasse di uscire. Osservai Harry preparare l’impasto, mentre attendevo una risposta.
Da Niall:
Ovvio, facciamo tra mezzora? Passo a prenderti io con la moto.
A Niall:
Perfetto, ti aspetto!
-Fra mezzora Niall passa a prendermi e usciamo –
- Hai giusto il tempo di mangiare quello che sto preparando –
- Esatto. Inoltre dall’impasto sembrano già buonissimi –
- Aspetta di vederli cucinati e che profumano –
- Pensa a cucinare. Mi stai facendo venire l’acquolina in bocca –
Harry rise, riscaldando la padella e mettendoci dentro un po’ d’olio. Successivamente ci versò dentro l’impasto e creò il primo delizioso pancake. Aspettai che si raffreddasse un po’, versandoci sopra della salsa al cioccolato. Nel frattempo Harry ne preparò altri tre e poi mise tutto a lavare.
-Sono buonissimi – constatai, mangiandone metà.
- Modestamente, stai parlando con il cuoco d’eccellenza – gli risi in faccia, finendo di mangiare.
- Certo, convinto tu –
- Non prendermi in giro. Piuttosto mettine uno da parte che sono sicuro che a Niall non dispiacerà –
Annuii e mandai un messaggio a Niall, dicendogli se dovessi mettergliene uno da parte, ma contro ogni mia aspettativa mi disse di no e che c’era un cambio di programma, avremmo dovuto incontrarci al parco.
-Scappo, Niall mi aspetta al parco, lascia il pancake per quando torno, va bene? –
- Stai attenta e non fare tardi, domani hai scuola. E possibile che non hai nemmeno compiti? –
- No, perché ancora sono i primi giorni di scuola e quelli che ho li faccio prima di venire a casa, nelle ore libere –
- Okay, allora vedi solo di non fare tardi. Si cena al solito orario, prima che vado a lavoro –
- Lo so, non sto partendo. A dopo, Haz – gli lasciai un bacio sulla guancia e afferrai il cappotto e la borsa. Ci misi tutto dentro e poi uscii di casa, arrivando velocemente al parco.
Chiamai Niall dato che dopo cinque minuti non riuscivo ancora a capire dove fosse.
-Ehi, dove sei? –
- Scusa Emi, un altro cambio di programma. Si è rotta la moto e sono dal meccanico, credo che ci voglia un bel po’. Hai modo di tornare a casa? Mi sentirei in colpa se dovessi tornarci a piedi –
- Tranquillo, non potevi saperlo. Comunque chiamerò Harry che ancora è a casa –
- Perfetto, allora ci sentiamo più tardi, va bene? –
- Si, ciao –
- Ciao –
Chiusi la chiamata e mi sedetti sulla prima panchina, cercando il numero di mio fratello nella rubrica. Prima che potessi schiacciare il tasto verde, intravidi la figura di un ragazzo poggiato a un albero, con un libro sulle gambe e delle cuffie nelle orecchie. Capii chi fosse solo quando alzò lo sguardo dal libro, sospirò e buttò via il fumo della sigaretta che teneva fra le dita della mano destra.
Staccai velocemente il telefono e lo riposi in tasca, decidendo di avvicinarmi a quel ragazzo. Non sapevo nulla di lui, eppure mi affascinava molto questo suo lato oscuro e misterioso. Inoltre la lite con quell’uomo non aveva fatto altro che incrementare la mia curiosità.
-Ciao… ora stai meglio? – chiesi, sentendomi un po’ in imbarazzo. Non pensavo di poter far uscire questa parte segreta del mio carattere, ma a quanto pare la timidezza era una cosa che se volevo potevo controllare.
Il ragazzo sorrise lievemente e tolse le cuffiette. – Si, grazie. Avevo solo mal di testa – sapevo benissimo che stesse mentendo, però ero indecisa tra il fare la mia solita analisi a voce alta o attenermi a semplici pensieri.
-Che idiota, scusa. Sono sovrappensiero. Ti va di sederti con me? – si spostò un po’, facendomi spazio. Mi sedetti accanto a lui e gli sorrisi, aspettando il momento giusto per leggerlo dentro.
- Piacere, sono Alexander, ma chiamami Alex per favore –
Ridacchiai – Piacere mio, sono Emily –
-Cosa ci fai tutta sola qui? –
- Mi sembra una di quelle frasi che dicono di stupratori prima di abusare di qualche ragazza – sussurrai. Alex rise e scosse il capo – Hai ragione, continuo a dire stronzate, ma ti assicuro che non ho intenzione di violentarti –
Sorrisi e appoggiai la borsa sull’erba – Un mio amico doveva raggiungermi, ma si è rotta la moto. E tu piuttosto? –
-Volevo stare un po’ da solo – la sua espressione si incupì lievemente e spostò nervosamente lo sguardo ovunque.
- Lontano dal giudizio di chi non ti conosce o lontano da chi conosce solo quello che indossi come maschera? – eccola lì la domanda trabocchetto. Non tenevo mai la bocca chiusa e faticavo a non leggere dentro le persone. Ero sicura di quello che dicevo, convinta che potessi aiutare tutti solo perché qualcuno aveva aiutato me.
- Non sono quel tipo, Emily –
- Quale tipo? –
- Quello che si apre con gli sconosciuti e che dopo queste domande inizia a raccontarti la sua vita per sentirsi meglio –
- Non te ne accorgi, ma mi stai già raccontando tutto –
- Ti sbagli, io non ti ho detto nulla di me –
- Eppure qualcosa io la so. Stai scappando dal giudizio dell’uomo che era con te nel parcheggio oggi… tuo padre, giusto? Stai scappando da lui. Probabilmente la tua famiglia si limita a conoscere solo la maschera che indossi. E fai uso di droghe per compensare il dolore e il vuoto che hai dentro –
- Che fai, adesso mi spii? Origli? Tu non sai un cazzo né di me né della mia famiglia –
- Infatti non pretendo sapere questo. Voglio solo dirti che quelle droghe ti uccideranno –
- Pensi che non lo sappia? Tu non sai nemmeno cosa vuol dire avere un padre che pensa tu sia una nullità! – si alzò buttando a terra cuffie e libro. Aspirò l’ultimo tiro di sigaretta per poi schiacciarla al suolo.
- Hai ragione. Non lo so perché un padre io non ce l’ho. Non ricordo quasi nulla di lui e forse questo è un particolare che mi sfugge – ammisi calma. Ero abituata a sfuriate del genere. Quando fai uso di droghe, diventi automaticamente nervoso. Quell’argomento è taboo. Nessuno deve farti la predica su qualcosa che sai benissimo che uccide.
- Perché sei qui? – chiese, cercando di calmare il movimento nervoso delle sue mani.
- Perché stamattina stavi male, perché dopo hai urlato con un uomo e perché prima eri solo. Ho solo pensato di poter fare qualcosa - chiarii alzandomi.
- Il più delle volte ci sbagliamo quando pensiamo di poter sempre aiutare tutti –
- E’ più sbagliato pensare che sia meglio non aiutarli. Non so tu, ma io avrei voluto mille di persone così, che sarebbero state pronte ad alzarmi. Non una, ma tante. Talmente tante che avrei voluto allontanarle tutte. Chiamalo egoismo, ma quando si sta male, ce ne freghiamo di tutto e anche di chi ci salva, solo che poi, quando cadiamo davvero in basso, dentro urliamo aiuto e fuori siamo una maschera di ferro. Se urli in una bolla di vetro, chi sta fuori non ti sente proprio. Ma se fai un foro, c’è sempre qualcuno pronto a sorreggerti, e io voglio essere quel qualcuno –
- Abbiamo opinioni diverse – sorrise amaro, cacciando dalla tasca un’altra sigaretta che non accese, ma rigirò tra le dita.
- Sono le situazioni ad essere diverse e non le opinioni. E la differenza sta proprio qui. Qualcuno mi ha aiutato, mentre tu stai ancora urlando dentro –
- Non fare la psicologa con me, non ti conosco nemmeno e non usare la scusa degli sconosciuti come qualcuno con cui ti puoi sfogare. Sono tutte stronzate, agli altri non frega nulla di te. Aspettano solo che gli racconti le tue debolezze, per poi pugnalarti –
- E’ per questo motivo che devi fidarti almeno un po’ prima di confidarti con qualcuno. Di certo non posso fermare un tizio e raccontargli la mia vita, ma se questo tizio iniziasse a trasmettermi fiducia, racconterei qualcosa di me –
- Ma perché dovremmo raccontare i nostri problemi a qualcuno? – continuò alzando il tono di voce.
- Perché siamo umani e non abbiamo abbastanza spazio per contenere tutto dentro di noi. Perché le emozioni gonfiano e ci sopprimono e se non cerchiamo di tirarle fuori con le parole finiscono per asfissiarci, ucciderci. Perché la nostra anima vuole sospirare ogni tanto. Tu non te ne accorgi, ma porti un peso enorme sulla spalle e non parlandone con qualcuno non fa che peggiorare le cose. Il peso si carica sempre di più e finirai per cedere sulla ginocchia. E poi dimmi, chi ti tirerà su quando non riuscirai ad alzarti? –
Alex rimase in silenzio e si passò una mano sul viso.
-Munirsi di un salvagente non significa saper di affondare. E’ precauzione Alex. Se si sta per annegare, allora lo si usa, sennò si tiene come scorta –
Mi alzai e spolverai i jeans. – E’ sicurezza. Saper di essere al sicuro anche nelle acque più profonde. Saper di non affogare senza combattere. Saper di potersi aggrappare a qualcosa. Sta a te continuare a nuotare, ma quel sostegno serve a tutti. Anche ai migliori nuotatori del mondo. Anche a chi di maschere, nell’armadio, ne ha davvero tante. Ma arriverà il momento in cui si romperanno tutte e non ce ne resterà nemmeno una. A quel punto che faremo? Ne costruiremo altre? No… impareremo a convivere con il nostro vero volto. Siamo umani con emozioni e non statue di bronzo su altari – scrissi il mio numero di telefono su un bigliettino e poi osservai Alex che fissava il vuoto, silenzioso.
-Solo che questi uomini dovrebbero imparare a vedere meglio. Magari a vedere una di quelle mani che ti afferra e ti salva, senza saperlo – gli passai il mio numero di telefono e afferrai la borsa, poi cominciai a camminare verso casa, guardando il cielo oscurarsi un po’.
- Potrei, per adesso, ignorare la mano ma non l’uomo? – mi bloccai, sorridendo. Mi girai verso di lui e strinsi la presa sul manico della borsa. –Magari potremmo fare un’eccezione –
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro