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01) Il bagliore dorato

« MaryLuis Elizabeth Bennet vieni immediatamente in cucina!»

Sussulto all'urlo di mia madre e corro velocemente giù per le scale. Quando mi chiama così, accentuando MaryLuis Elizabeth Bennet, c'è qualcosa di cui preoccuparsi.

« Dimmi, mamma »

« Non provare ad addolcirmi con tali nominativi, MaryLuis. »
Il suo tono riesce sempre a farmi ghiacciare il sangue nelle vene. Come si può essere così distaccati e impassibili?
Nulla ti tocca, nemmeno ti sfiora. Non si ha sentimenti.

« Allora riformulo: dimmi pure, Eleanor. » Ormai ho rinunciato anche ad allacciare alcun tipo di rapporto con lei. L'unica cosa a cui sembra tenere è l'ordine.

Ordine, disciplina e rispetto è il motto di questa casa.

« Questo pomeriggio ho una conferenza in piazza Donovall alle sedici e trenta in punto, arriva quindici minuti prima. Non mancare, mi raccomando »

« Adesso vai da Paul? »

« Quante volte devo ripeterlo prima che ti entri nella testa? Non voglio che tu ti intrometta nella mia vita sentimentale, MaryLuis. Sei grande abbastanza per capire che alcune cose non fa piacere condividerle »

« Ma sono tua figlia! » protesto, sapendo già, in cuor mio, di non ottenere nulla lo stesso.

« Non voglio discuterne! Fai quello che ti dico e non domandare, odio i ficcanaso.
Preparati per bene, voglio che tu sia perfetta questa sera »

« Dove andiamo? »

« Abbiamo un tavolo prenotato alle 19 con la famiglia Parker, il padre aspira alla mia stessa carica »

« Un rivale? »

« Non è il termine adatto. Ora devo andare, ci vediamo alle sedici e un quarto, puntuale! »

« A dopo. » Chiudo la porta con un tonfo e mi butto sul divano.

Vivere con una madre come la mia equivale a stare da soli. Esce e ha appuntamenti lavorativi ogni due per tre, una vita dettata da programmi continui e orari inflessibili. La casa è vuota e, nonostante me, mia madre e tutto il personale, non è neanche lontanamente vissuta. Muri ben verniciati, mobili senza ammaccature, pavimenti lucidi, polvere insistente. Tutto è perfetto, ma non dovrebbe. Vorrei svegliarmi almeno una volta, in una stanza disordinata di una qualsiasi adolescente normale e non nella mia che pare una camera delle principesse Disney.

Tutto è candido e al proprio posto, se qualcosa viene spostato, l'attimo dopo è già stata sistemato.

Odio tutto questo, il rispettare ogni cosa secondo manuale. Ma se la vita non è nulla di stabile, perché la mia dovrebbe esserlo?

Mi massaggio le tempie e vado sotto la doccia. L'acqua che batte sul mio corpo con forza e regolarità, calda e avvolgente, sembra portare via il rancore e la rabbia che provo verso la mia esistenza. Eppure la stanchezza mi rimane intorno e mi si posa sulle spalle, come un carico pesantissimo.

Sono esausta della mia routine quotidiana: alzarsi, frequentare una pluripremiata scuola privata 6 giorni su 7, pranzare con un piatto di insalata e lenticchie, studiare, frequentare corsi extra scolastici e diverse attività sportive a seconda dei giorni, tornare a casa, cenare con mia madre e i suoi rimproveri ridondanti, andare a letto per poi ricominciare tutto daccapo.

Si può essere già stufi all'età di diciassette anni?

A quanto pare, sì.

Scrosto via dalla mia pelle ogni scintilla di ribellione per uscire e tornare nei panni della viziata figlia del futuro senatore di Freesburg, una piccola cittadina americana nel cuore dell'Oklahoma, dove ogni giorno ci sono tempeste e uragani che sembrano spazzare via ogni cosa, sbalzi di temperature e dove si dà poca importanza alle cose materiali per dedicarsi a Dio.

Ebbene sì, siamo una piccola comunità protestante che crede che nella religione si possa trovare ogni soluzione.
Non bado molto a ciò che la Bibbia dice e a quello che i pastori insegnano, ma sono lo stesso obbligata a frequentare abitudinariamente la chiesa del mio quartiere e a sedermi in prima fila al fianco di mia madre sotto gli sguardi invidiosi e ammaliati di tutti.

Avvolta in un telo di spugna dedico due minuti per guardarmi allo specchio.

Un luccichio negli occhi verdi cattura la mia attenzione. È stato un brillo fugace. Quando metto a fuoco meglio non noto nulla che non vada nel mio sguardo.

Che strano, penso, avrei giurato di aver visto qualcosa brillare, come una superficie d'acqua che si riflette sotto la luce lunare.

Scrollo le spalle e indosso un abito che mi ha comprato mio padre per il mio scorso compleanno. Forse mi avvolge un po' troppo le gambe, ma trovo mi stia bene.

Applico del gloss alla pesca sulle labbra e mi metto un po' di mascara per rafforzare lo sguardo. Ed ecco di nuovo un bagliore dorato nelle mie iridi, come se stessero prendendo fuoco. Il verde è incandescente e più acceso del solito.

Sbatto le palpebre un paio di volte e sparisce nuovamente, come se fosse frutto della mia immaginazione.

Che io stia diventando pazza?
Un formicolio si impossessa della mia pelle, una sensazione spiacevole si fa largo in tutto il corpo.

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