Capitolo 7
31 Dicembre 2016
La casa di Anna è grande, pulita, in un quartiere a nord di Berlino dove le strade sono silenziose, le villette si susseguono le une vicino alle altre, le luci intermittenti di Natale illuminano la notte più che la luce flebile dei lampioni. Non ci sono materassi accatastati ai margini del marciapiede, né venditori di kebab o locali per fumare la shisha. Due mondi che non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro, che non sembrano potersi trovare nella stessa città, ma incontrarsi solo nella mia mente.
Mentre siamo noi tre, in quella casa enorme, davanti ai fornelli a induzione a cucinare il nostro risotto ai funghi per la cena di Capodanno, l'altro mondo mi pare lontano anni luce. La porta con la scritta "Refugees welcome", la finestra della cucina che non si chiude, la lavagna piena di simboli, la stanza angusta che sa d'erba, che sa di lui, le felpe logore sparse sul pavimento, gli scaffali che sputano fogli. Anna e Martina sono completamente estranee a quel mondo, non sanno nemmeno che esiste, lì, in quella casa dove la tavola è già apparecchiata coi calici di vino, le candele rosse, le stoviglie del servizio buono.
Mettiamo il risotto fumante nei piatti. - Lasciane un po' per mio fratello - suggerisce Anna. Suo fratello ha sedici anni ed è in piena crisi da primo amore in quei giorni. - Giusto, il buon cibo è sempre una consolazione - commento lasciandone una porzione nella pentola.
Ci sediamo a tavola e cominciamo a mangiare, accompagnando il pasto con il vino.
Anna sposta una ciocca dei suoi capelli biondissimi da davanti agli occhi. - Spero che funzioni anche per me - si lascia sfuggire.
Martina le lancia uno sguardo stupito. - Non mi dire che esci ancora con Giuseppe!
Anna le risponde con uno sguardo colpevole. - Ci siamo visti prima che tornassi in Germania e lui in Italia.
Martina cerca il mio sguardo con i suoi occhi nocciola, chiedendomi implicitamente di farla ragionare. - Sei sicura che sia una buona idea continuare a uscire insieme? - dico, accogliendo la richiesta di Martina. Nonostante ciò, ho poca fiducia nei miei tentativi: so che è il suo primo ragazzo e che è difficile scendere dalla nuvola rosa per guardare la verità negli occhi.
Anna scuote la testa. - Non so nulla, ma cerco di prendere le cose come vengono.
- Brava, è così che bisogna fare, tu continua la tua vita e quando ritorna, se ritorna, vedrai - afferma Martina, alzando il calice di vino e bevendone un lungo sorso.
Per lei è sempre tutto facile quando si parla di uomini: ha sempre avuto una vita talmente piena che tutti i suoi impegni le lasciano a malapena il tempo di pensarci.
E' in quel momento che arriva la fatidica domanda: - ma allora con il ragazzo? - mi chiede Anna, probabilmente per spostare la conversazione su un altro argomento.
Ecco dove i due mondi opposti si incrociano misteriosamente.
Sollevo le spalle. - Niente di che -
- Come niente di che? Non avete...? - commenta Anna, non accontentandosi della mia risposta deludente.
Purtroppo non può essere diversamente perché io sono delusa almeno quanto loro. - Niente, lui non è tornato ieri notte - dico semplicemente, aiutandomi bevendo un sorso di vino. E' cosi, la verità, la delusione, l'amarezza.
30 Dicembre 2016
- Ho parlato con i miei, ho chiesto e se vuoi stasera puoi venire a stare da noi - mi propone Anna.
Guardo l'orario sul telefono. E' quasi mezzanotte.
Abbiamo passato una giornata intensa tutte insieme, tra la camminata fiancheggiando i colori vivaci e le scritte pungenti dell'antico muro di Berlino, poi il quartiere più antico della città - ancora una volta una faccia diversa di Berlino, un angolo che sembra rubato a una di quelle città antiche dove ancora si respira la storia - fino a Alexanderplatz. Una cena in un ristorante tipico ed eccoci li, pronte a separarci di nuovo verso parti opposte.
Io sono indecisa. Penso alla possibilità di stare insieme ancora, di fare il tragitto con loro, di non dovermi inoltrare nei cunicoli della metro, in mezzo a gente sconosciuta. Poi penso a quell'appartamento al numero 52, al suo respiro, al calore del suo corpo assopito di fianco a me.
- Non saprei - rispondo, cercando di prendere tempo.
- Sai, prendere la metro a quell'ora da sola non è proprio la cosa migliore... davvero, se vuoi venire sei invitata - aggiunge Anna.
- Grazie mille, davvero gentile, ma sai chi c'è a casa... -
- Sì, lo so, infatti capisco se sei indecisa, ma sai, è perché il tragitto può essere rischioso.
Ogni millesimo di secondo cambio idea sulla risposta che darò, ma alla fine decido: - no, vado, tanto poi domani rimarrò sicuramente -
- Sì, certo, capisco bene e domani sì, per forza - risponde.
Poi infila una mano nella borsa e ne estrae un barattolino spray nero. - Almeno prendi questo, nel caso incontrassi qualcuno che ti infastidisce glielo spruzzi negli occhi - spiega porgendomelo.
Io lo prendo e me lo metto in borsa. - Grazie mille allora.
Mi accompagnano alla fermata della metro e poi ci salutiamo, dirigendoci poi verso parti opposte.
Prendo il primo treno che arriva. È quasi vuoto e mentre sfreccia nei cunicoli bui nelle fauci della città sotterranea, sferragliando sulle rotaie, mi sento inquieta. Mi guardo attorno con sospetto, squadro le poche persone nella carrozza: un uomo vestito elegante con una valigetta e una ragazza vestita di nero e piena di piercing. Per fortuna nessuno sembra essere pericoloso.
Arrivo finalmente alla fermata di Hermannstrasse. Non c'è nessuno.
Una folata di vento mi costringe a serrare ancora di più la sciarpa attorno al collo. Soltanto lo scricchiolio metallico della scala mobile rompe il silenzio della notte. Un rumore che fa parte della sinfonia della città, una macchina che non si ferma mai.
Esco in strada, inizio a camminare veloce lungo il tragitto che ormai conosco a memoria. Non c'è molta gente in giro.
Incrocio un gruppo di uomini con delle birre in mano. Il cuore mi batte in petto e cammino più veloce; una mano che stringe lo spray nella borsa, pronta ad usarlo in caso di bisogno.
Giro l'angolo, svoltando nella via dell'appartamento, dove la luce è più flebile e c'è ancora meno gente. Davanti a me si profila la sagoma di un uomo piegato in avanti, una bottiglia di vino nella mano, che cammina a zig zag barcollando visibilmente.
Il mio cuore batte ancora più veloce. Lo so che è normale, che ho già visto altre persone ubriache in quei giorni: è la fauna abituale della grande città.
Attraverso velocemente la strada per evitarlo e cammino ancora più veloce, finché finalmente arrivo alla porta di legno.
Attraverso ancora la strada, infilo la chiave nella serratura ed entro nel palazzo.
Salgo le scale ed arrivo alla solita porta, entro, attraverso la cucina ed entro in camera, aspettandomi di vederlo lì, già disteso sul letto e invece no, lui non c'è. Non è ancora arrivato.
Mi svesto, mi preparo, mi metto il pigiama e mi infilo nel letto. Quel letto che mi sembra parlare ancora di noi, di quelle notti che abbiamo passato a rotolarci tra quelle lenzuola, a lottare l'uno contro l'altra, contro se stessi, ad arrenderci tra le braccia dell'altro.
Per non pensarci mi metto a leggere. Anche se mi dico che non è vero, lo aspetto. Leggo non so quante pagine, le orecchie tese a captare ogni rumore, aspettare che la porta si apra, che lui spunti col suo cappotto scuro, il berretto sulla testa. Ma il tempo passa e non succede. Lo aspetto, lo aspetto, ma la speranza si trasforma in delusione. Lo aspetto ma lui non arriva.
31 Dicembre 2016
- Non è tornato? - ripete Martina, sorpresa.
Sollevo le spalle. - Non è tornato e non mi ha detto nulla.
- Lo stronzo! - commenta Anna.
- Proprio così, lo stronzo - confermo, senza però scompormi. - Se l'avessi saputo, avrei potuto restare qui, con voi invece di attraversare la città a mezzanotte -
- Almeno un messaggio poteva lasciartelo - afferma Martina, scuotendo la testa.
Seguono alcuni istanti di silenzio, in cui riprendo a mangiare il risotto. Mi ricordo soltanto qualche giorno prima - eppure mi sembrano passati anni - quando mi aveva lasciato quel messaggio sulla lavagna della cucina: "torno tardi". E invece ora, il silenzio assoluto.
Martina mi versa del vino nel bicchiere. - Bevi per dimenticare – dice - stasera è sicuro che non ci penserai - aggiunge con un tono malizioso, non lasciandomi dubbi sul fatto che sarà una nottata non priva di sorprese.
- Certo, la notte è ancora giovane - commento col suo stesso tono pieno di doppi sensi.
NdA: Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Dopo la delusione di Monica cosa riserverà la notte di Capodanno? Berlino non ha ancora svelato tutte le sue sorprese.
A parte ciò, ne approfitto per dire che ho apportato qualche modifica ai capitoli precedenti: ho aggiunto i riferimenti temporali per aiutare voi lettori a ritrovare il filo degli eventi, fatemi sapere se vi sembra una buona idea
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