Capitolo 4
***
19 Marzo 2015, Italia
- Mi servirebbe una collana - commentai, uscendo da camera mia, rivolgendomi più a me stessa che a Tim di fianco a me.
Gli lanciai uno sguardo veloce; aveva un'espressione strana sul suo viso dai lineamenti dolci. Per quanto lo conoscessi bene, non riuscii ad interpretarla.
Ci dirigemmo in cucina, i miei passi accompagnati dal ticchettio dei tacchi.
- Mamma, tu hai una collana da prestarmi? - chiesi.
Lei si voltò, smettendo per un secondo di lavare i calamari per la cena.
Amavo i calamari ripieni in effetti, ma ero sicura che la mia cena quella sera, anche se non a base della cucina di mamma, sarebbe stata perfino migliore.
- Prova a guardare nel mio portagioie. Terzo cassetto del comodino - rispose, per poi riprendere ad occuparsi dei calamari.
- Ma no, non hai bisogno di nessuna collana, stai bene così - intervenne Tim.
Io non ne ero per niente convinta. Mi diressi in camera dei miei genitori, estrassi il portagioie di madreperla e aprii tutte le scatolette al suo interno. Le collane di mia madre erano in stile antiquato o d'oro giallo, che non si intonava gran che con il mio vestito rosa. D'altronde avrei dovuto immaginarlo: mamma non è certo la più moderna e alla moda.
- Hai trovato qualcosa? - mi chiese, vedendomi tornare.
- Dai, andiamo, siamo in ritardo come al solito - mi esortò ancora Tim, già pronto per uscire.
- Ciao, mamma - salutai, uscendo di casa quasi trascinata da Tim.
- Quanta fretta! - esclamai, ridacchiando divertita mentre accendeva l'auto.
- Vorrei essere in orario almeno una volta all'anno per il nostro anniversario - osservò.
Gli scoccai un bacio sulla guancia: era sempre così romantico! Lui si voltò per darmi un vero bacio sulle labbra. Nonostante ci fossimo baciati almeno mille volte in quei tre anni, ogni volta sembrava come la prima; tutto scompariva, avevo solo l'impressione di baciare una nuvola di zucchero filato, morbida e dolce.
Arrivammo al ristorante circa venti minuti dopo. Lui si alzò per venirmi ad aprire la portiera dell'auto, da vero gentiluomo. Notai che si era vestito elegante quella sera: un completo classico nero con cravatta azzurra e scarpe eleganti.
Ma ciò che gli donava di più era il suo sorriso, le labbra sottili che si tendevano, gli occhi che si illuminavano ogni volta che mi vedeva. Era così bello! Mi sembrava semplicemente un sogno che lui fosse solo mio.
Entrammo nel ristorante, ci sedemmo al tavolo condotti da una cameriera.
Il locale era un agriturismo, ma in stile non troppo rustico: le sedie erano di legno con un cuscino bianco, la tovaglia che copriva i tavoli scendeva fino a terra. Lo avevamo scelto con cura, facendoci consigliare da mio fratello che in quanto a cibo e ristoranti non si sbagliava mai.
E infatti mangiammo divinamente. Il tortino di zucca fu davvero squisito, il piatto migliore che avessi mai mangiato. O forse era solo perché tutto era perfetto. Lui era perfetto. Ed era evidentemente pazzo di me e io di lui.
Ero felice; vedevo soltanto una piccola nuvola grigia all'orizzonte, ma non era ancora tempo di pensarci.
- Sei proprio bella stasera - disse lui, prendendomi la mano. A quel punto avevamo già mangiato anche il dessert: una millefoglie all'ananas e crema chantilly.
- Grazie - risposi.
Senza dire altro lui si alzò e si posizionò dietro di me. - Chiudi gli occhi -
Sentii qualcosa di fine e fresco accarezzarmi il collo. Aprii gli occhi e mi toccai il décolleté, lì dove pendevano due piccoli cuori d'oro bianco e brillanti.
- Wow, è stupendo! - esclamai e mi voltai per dargli un bacio. - Ora capisco perché non volevi che mettessi un'altra collana. Pensi sempre a tutto! - commentai, se possibile ancora più felice di quella serata.
***
27 Dicembre 2016, Berlino
La porta della camera si apre, dissipando i ricordi dell'ultima volta che ho davvero amato qualcuno.
- Cosa ci fai ancora sveglia?
E' Jonas, e chi se no?
Questa volta non porta nessuna felpa logora, solo un paio di pantaloni larghi. I riccioli scompigliati come sempre davanti agli occhi.
- Penso - dico, alzandomi in piedi e dirigendomi verso di lui.
Ci guardiamo negli occhi, nonostante il suo sguardo verde acqua mi dia la sensazione di perforarmi. Non abbasso il mio, mi ci immergo. Un lago dove forse non dovrei tuffarmi, eppure così attraente...
- E a che cosa pensi?
Non riesco a pensare a nulla in verità. Mi sono completamente disconnessa. Vedo solo i suoi occhi, un contatto che mi sembra durare fin troppo a lungo. Quel suo sguardo folle tra i riccioli mi fa dolorosamente venire in mente le immagini della notte prima.
-Non penso a nulla... solo penso -
- Non ti credo.
Ancora una volta silenzio. Sento il cuore pulsare in gola. E' la sua vicinanza, lo so.
- Dovresti andare a dormire - afferma e, detto ciò, spegne la luce. - Smetti di pensare e dormi: ti fa bene.
Riaccendo la luce. Andare a dormire non è certo la prima cosa a cui penso quando lui è davanti a me, senza t-shirt.
Lui cerca di spegnerla ancora, ma io gli afferro il braccio, cerco di impedirglielo.
Iniziamo a lottare; una lotta bizzarra che non ha un vero perché. E così, in fretta, senza che quasi me ne accorga, Jonas ha spento la luce, siamo caduti sul letto, i nostri corpi avvinghiati.
Ci fermiamo, esitiamo per guardarci nel buio. Poi mi bacia, voracemente, forse con ancora più passione che la sera precedente.
Mi sfila la maglia del pigiama, le sue dita mi sfiorano la clavicola per poi abbassare la spallina del reggiseno. Non riesco a trattenere un sospiro mentre mi accarezza i seni con un tocco sicuro e passionale.
Gli infilo le dita tra i capelli, spingo il suo corpo contro il mio con tutta la forza che ho, sentendo il suo desiderio premere tra le cosce sotto il tessuto dei pantaloni.
I suoi sospiri mi accarezzano il collo, me lo baciano come le sue labbra. Un tocco così delicato e allo stesso tempo vorace. Così come stringe il mio corpo mi sembra che mi stringa l'anima nel profondo, che me la strizzi cercando di far uscire tutto ciò che non è uscito negli ultimi anni.
E poi si ferma, mi osserva ancora con quello sguardo folle, ubriaco di desiderio quanto il mio.
Mi sfila gli ultimi indumenti, si sfila i suoi, ora con estrema ed eccitante lentezza, continuando a infilzarmi con quel suo sguardo che non sposta nemmeno mentre si muove lentamente dentro di me, provocandomi ondate di piacere che ancora una volta mi lambiscono come onde anomale, quasi mi fanno male.
Non deve essere così. Non dovrei sentirmi così. Ma forse è così surreale da essere un sogno. Mi sveglio e sarò sola nel letto, come doveva essere.
Eppure il suo corpo è reale. Accarezzo la sua schiena con le dita; la sua pelle liscia, la sensazione del suo corpo nel mio è estremamente reale.
Per quanto sbagliato, per quanto quel desiderio, quelle emozioni, siano troppo intensi e mi tocchino corde che non dovrebbero essere toccate, non riesco a fermarmi. Non voglio.
Non penso a nulla, solo al suo corpo, al piacere, alla sua pelle contro la mia e a quel folle sguardo su di me.
Ci accasciamo l'uno vicino all'altra, sotto quella coperta calda che odora di noi. Prendiamo respiro guardando il soffitto nel buio.
Gira la testa verso di me. Sento i suoi occhi che mi scrutano. Lo guardo anche io; ora ha uno sguardo diverso, forse ancor più imperscrutabile.
Solleva una mano, mi accarezza una guancia. Mi aspetto che dica qualcosa e invece no, non dice nulla. Forse non c'è niente da dire. O forse quello che c'è da dire è troppo confuso, troppo astratto, troppo incoerente. E' meglio lasciar sfumare le parole non dette, non aggiungere altri tasselli a quel puzzle insensato. Ancora una volta non parliamo del perché, del come, del futuro. C'è solo il noi, adesso. Domani non si sa, forse non sarà più lì, ad abbracciare il mio corpo, a lasciarmi un bacio umido sul collo, quasi dolce, quasi amorevole.
Forse sarà già chissà dove con il suo zaino sulle spalle, ai piedi quegli scarponi che avranno macinato chissà quanti chilometri e queste notti non saranno altro che ricordi appartenenti a un'altra vita.
Meglio non pensarci allora, meglio pregustarsi questa vita, ora, insieme, nudi e abbracciati sotto la coperta in quella stanza angusta in un vecchio palazzo di Neokoelln.
NdA: In questo capitolo ho lasciato un piccolo squarcio della vita di Monica prima della sua partenza per la Francia. Una vita diversa, agli antipodi di quello che sta vivendo a Berlino. Come avete trovato questa parentesi? Che domande vi ponete sulla sua storia? Cosa ne pensate di questa scena d'amore con Jonas? Fatemi sapere se volete! Ve ne sarei grata!
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