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'Hypnophobia' di Hypnophobiac



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itolo: Hypnophobia

Autore: Hypnophobiac

Beta: Cahlypso

Genere: Paranormale / Urban Fantasy

Tipologia: Romanzo

Stato: In corso - Parte di una serie

Rating: Giallo

Avvertimenti: il racconto tratta, tra le varie tematiche, anche e soprattutto dei problemi psicologici di un personaggio e può contenere scene di violenza piuttosto crude, che potrebbero impressionare.

Trama:

«Sam, sono io!
Sono sempre io! »

Dicono che, sbagliando, si impara dai propri errori. Alex Black non ha mai imparato nulla dai suoi. Separata da quella che un tempo chiamava famiglia, dalla sua terra natale, perfino dalla sua epoca d'origine, sopravvive alla propria esistenza con un lavoro sottopagato ad orari improponibili, una coinquilina molto bionda e troppo ottimista, le poche mance che guadagna al diner e il suo barattolo di sogni infranti ben custodito sotto il cuscino del suo letto. E poi, ci sono notti orribili in cui riesce perfino a ricordare il sapore del sangue sulle sue labbra.

«Stammi lontana!»

Sam, invece, con il sangue ci convive da quando è bambino. Cacciatore per stirpe, profiler dell'FBI per scelta e propensione, la sua vita più o meno ordinaria è scandita dalle pasticche che deve assumere a intervalli regolari per gli innumerevoli problemi psicologici che si porta dietro da sempre, per quanto riesca a ricordare. La lucidità mentale è un lusso che non può dare per scontato.

«Sam, ti prego...»

Dicono che la diversità sia solo l'inconscia ammissione di un limite, ma Alex non era mai stata capace a darsi un freno. Il richiamo era troppo forte.

Che cosa poteva esserci, alla fine, di sbagliato?

Copyright ©Hypnophobiac, tutti i diritti riservati.

Molti di coloro che seguono questa storia dal momento in cui ho pubblicato il prologo su Wattpad sanno quanto io sia affezionata ai personaggi di cui narro le vicende.

Ma quasi nessuno sa come effettivamente siano nati.

A differenza delle storie che mi sono divertita a scrivere fin ora, questa ha un'origine tutta particolare. È nata per gioco, dalle buffe idee e dalle domande che, un pomeriggio, io e una mia cara amica (Anna Chiara Tedeschi, che troverete riportata anche nella descrizione del racconto e alla quale esso è interamente dedicato) ci siamo poste. Lo scopo del nostro ragionamento era quello di neutralizzare - forse riscattare? - la figura bistrattata del vampiro, di restituirgli una dignità che la letteratura d'oggi ha teso a strappargli via.

Hypnophobia, il cui titolo è arrivato soltanto alla fine, originariamente avrebbe dovuto essere una storia tragicomica, in cui la protagonista Alex Black - ironica figura in balia degli eventi e delle proprie scelte di vita - avrebbe dovuto ritrovarsi, pur chiusa nella sua natura e esperienza di vampiro plurisecolare, a combattere con la dura quotidianità di un'esistenza a Brooklyn, tra una coinquilina un po' troppo svampita e un cacciatore alle calcagna con abitudini decisamente fuori dal comune.

Questo avrebbe dovuto essere Samuel, il quale - credetemi - non aveva davvero niente a che fare con il personaggio che troverete se sceglierete di leggere questa storia. Il background iniziale doveva essere quello di un agente di polizia praticamente dipendente dal caffè, con un carattere abbastanza pungente da tenere testa a quello di Alex e con una vera e propria fissazione per la meditazione e per la cultura del Sol Levante in generale.

Il quadro che avrebbe dovuto risultare dalla somma di queste prospettive, unita all'apparizione occasionale di altri personaggi secondari, sarebbe stato dunque buffo, divertente: una sorta di parodia del genere vampiresco paranormale che circola ormai in ogni libreria di città e paese.

Ma ci siamo rese conto che non era quella la storia che volevamo raccontare.

Hypnophobia non è il racconto di una serie di casuali, bizzarre e fortuite coincidenze, né il tragitto di una coppia ordinaria tra delusioni e ricongiungimenti.

Hypnophobia è, alla fine del percorso, la storia di una singola debolezza. I personaggi sono cambiati, dal Samuel Jackson fermo e sicuro di sé siamo arrivati al nervoso, instabile, in un certo qual senso debole Sam che è stato dipinto in queste pagine e che ha in buona parte ispirato il titolo.

L'atmosfera che ho voluto dare al romanzo, nel momento in cui ho deciso di proseguirlo autonomamente e renderlo pubblico online, si è incupita: ha assunto i toni grigi del noir e dialoghi quasi deliranti che vorrebbero ricalcare, in qualche modo, quelli dello stile di Tarantino.

Da questa traccia iniziale, calcata a due mani, è partito il mio racconto costellato di riferimenti studiati sia dalla letteratura che dalla cinematografia, che ha progressivamente deviato dal progetto originale per adattarsi, chiaramente, alle mie idee di percorso.

Inizialmente ero terrorizzata all'idea di renderlo accessibile a tutti. Pubblicare un racconto è un po' come mettersi a nudo di fronte al pubblico e, devo ammetterlo, non mi sentivo all'altezza di una scelta simile. Ma il sostegno di lettori gentili e accorti, anche nel segnalarmi eventuali sviste o errori, mi ha dato molto di quel coraggio che mi mancava.

La prima prova per osservare le reazioni della comunità di Wattpad è stata Asleep or dead, racconto breve che ritrae i due protagonisti in un momento di vulnerabilità. Il successo del brano mi ha spinta a continuare la narrazione di queste vicende, partendo dal principio: da un incontro quasi paradossale alle quattro del mattino.

Estratto:

«Sam, ti prego...» lo stava supplicando. Le mani alzate all'altezza del petto, i palmi vuoti rivolti verso di lui e la canna della semiautomatica che le stava puntando contro. Le girava la testa, stava respirando così velocemente da sentirsi soffocare; se avesse dovuto spararle davvero non avrebbe distinto lo scoppio del proiettile che usciva dalla pistola dal martellare del suo cuore che minacciava di esplodere da un momento all'altro. E sarebbe stato meno doloroso - pensava - che continuare a sentire quello sguardo di disgusto, di disprezzo e repulsione sugli occhi che fino a qualche istante prima non avevano avuto assolutamente nulla da temere da lei.

Di quanto si erano sbagliati, in fondo? Quella domanda le martellava dentro come un tamburo da battaglia prima della carica. Credendo di aver conosciuto ogni suo lato, ogni sua imperfezione, ogni suo vizio e fragilità, Sam non aveva che scalfito la superficie di un gigantesco relitto che si trascinava avanti da secoli. Ma ora, ora poteva vederla.

«Sam, sono io!» giurò con voce tremante Alex, gli occhi azzurri e lucidi cercavano i suoi, speculari; un passo avanti «Sono sempre io!». Ma lui le aveva sollevato ancora l'arma, le mani gli tremavano appena, strizzava gli occhi come per mettere meglio a fuoco la sua sagoma. Ordinò: «Stammi lontana!».

Non sapeva ben dire, poi, come fosse finita a terra da quel momento; non provava dolore da così tanto tempo che quell'unico colpo che l'aveva trapassata aveva fatto tabula rasa dei suoi pensieri, riducendoli ad un foglio bianco e inespressivo. Non era passato che un istante, ma tutto sembrava procedere così lentamente che pareva un'eternità dall'ultimo respiro che aveva preso. Inspirare faceva male. Sollevò a fatica una mano inzuppata di quel liquido denso e viscoso nel quale era immersa, ne osservò il colore vermiglio quasi rapita, ma non realizzò ancora quello che stava succedendo. Tutto, attorno a lei, era avvolto da una calma innaturale. Erano sparite le urla, le minacce, i timori; anche la voce di Sam era diventata gradualmente un eco distante e soffocato nel silenzio sovrumano che ti circondava. Sto per morire? Tutto ciò che provava era un profondo senso di inquietudine che andava gradualmente sfumando con quell'ultima percezione che aveva di sé.

«Alex!»

L'asfalto era freddo e asciutto, il cielo che la sovrastava - la schiacciava - era profondo e nero come ciò che custodiva dentro di lei. Non c'erano stelle, non c'era nemmeno la luna: le nubi coprivano con la loro coltre tutto ciò che riusciva a percepire intorno a lei e nell'aria si avvertiva quell'odore metallico e frizzantino che precede la pioggia. Le veniva quasi da ridere, se pensava all'ultima volta che l'aveva assaporato. Quel giorno.

Il loro primo giorno.

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