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Questa bruma insensata

QUESTA BRUMA INSENSATA di Enrique Vila-Matas Ed. Feltrinelli, 2022; 207 pagine

Sarò sempre grato a questo autore. Complice il suo amalgama narrativo: è riuscito a trasmettermi una smania sulla letteratura, sul modo di intenderla e sull'avvicinarsi ad essa tale da rigettare ogni tentativo mio di scrittura e intasare i miei giorni su nuovi, continui ed intuitivi dispositivi narrativi. Innanzitutto, diciamo che questo autore spagnolo viene tradotto da Elena Liverani, la stessa persona che da anni cura le traduzioni di Isabel Allende e questa la dice lunga sulla bontà della mia scelta.

Si dice anche che ogni volta Enrique Vila-Matas s'inventi e si celi nei suoi libri e sempre in modo nichilistico e letterario. Per citarne qualcuno, se in Bartleby e compagnia (Feltrinelli, 2002) sceglie d'essere uno scrittore che smette di scrivere scegliendo di tacere ospitando una forte negazione del mondo, in Dublinesque (Feltrinelli, 2010) è un editore molto abbattuto che decide di scegliere Dublino e ripercorrere il peregrinare dell'Ulisse di James Joyce per risolvere alcune sue inquietudini. In Mac e il suo contrattempo (Feltrinelli, 2019) veste i panni invece di un vicino di casa d'uno scrittore che decide di prendere l'opera appena editata e farla propria riscrivendola a mo' di diario in quanto crede che" scrivere è smettere di essere uno scrittore". In Questa bruma insensata invece, s'inventa d'esser un maniaco del citazionismo, tal da archiviare citazioni su citazioni al fine di superare una certa ritrosia del vivere ed un blocco nella lettura che, pensate, s'instaura a volte nella mente impedendogli di proseguire e lavorare, in quanto traduttore, sol perché la frase apre a troppe interpretazioni, ad abbondanze di sensi.

Le caratteristiche della scrittura di Vila-Matas? Disagio nichilistico, una costante ed imperante dimensione letterale ma anche un dominio ossessivo di alcuni dettagli e concatenazioni che possono esser meglio visti ed interpretati solo in successive riletture per poi meglio partecipare alla "emozione della creazione". Una bella pretesa; i suoi lettori devono essere talentuosi, devono essere capaci di legare e far sì che ci sia uno scambio/arricchimento reciproco.

«La sequenza centrale di ogni lettura attiva contiene il gesto più profondamente democratico che io conosca. È il gesto di chi sa aprirsi al mondo e alle verità relative dell'altro, alla sacra rivelazione di una coscienza aliena».

Ma veniamo al dettaglio di Questa bruna insensata. Come detto poco fa, il protagonista, un certo Simon Schneider , soffre di una psicosi: a volte alla lettura lo afferra un blocco. Non riesce ad andare oltre una determinata frase quando essa si presenta a molteplici interpretazioni. Per quanto possa essere assurdo, tende ad essere verosimile, la mente umana può essere assai disfunzionale. A fronte di questo problema riesce però a sviluppare una passione che dà modo di superare le difficoltà: archivia citazioni. E cos'è la citazione se non un'espressione identificabile tramite comparazione di soggetti o altro ma a cui la si può intendere in svariati modi? Ecco, quindi, che il nostro protagonista, abilmente, trasforma un disastro in un successo. Cerca, archivia ed impara così tante citazioni che diventa un "citazionista" ovvero, chi rifornisce citazioni a coloro che lui chiama "autori distanti". Fa di questo una vera professione, come una sorta di ghost writer ma ufficializzato sol per quel determinato compito.

La vera vicenda narrativa si svolge nell'arco di qualche giorno. Il romanzo di per sé è un lungo flusso di coscienza imperniato sugli accadimenti personali e gli eventi che si svolgono intorno a Simon così magistralmente narrati che ogni lettore sfoglia assieme alla vicenda un vero sussidiario letterale, un'opera intertestuale dove alla necessità del racconto di ogni evento avviene la necessità di collegarlo a "fatti di cultura". La causa scatenante è l'improvviso riproporsi del blocco su di una frase che Simon legge, riguardante lo spazio infinito. Decide quindi, di uscire a fare una passeggiata e lasciar la sua casa (casa dei suoi genitori, si ha a che fare con un bamboccione ahimè) che dovrebbe in verità abbandonare definitivamente in quanto dondolante su un dirupo sul mare e in quanto Padre (esattamente in questa maniera chiama il suo babbo) è passato a miglior vita. Vorrebbe rincontrare Siboney, una amica, improvvisamente scomparsa da lui - la vedeva ogni giorno per il semplice fatto che era l'infermiera che accudiva Padre -, ma in verità vorrebbe recarsi a Cadaqués per poi il giorno dopo intraprendere un viaggio per Barcellona (siamo in Catalogna, in piena lotta indipendentista nell'ottobre del 2017), luogo in cui, secondo l'ultima missiva del suo datore di lavoro, Gran Bros, da oramai quasi vent'anni "autore distante" (che non svelerò la sua vera identità per rovinar il piacere della lettura), ha chiesto di incontrarlo di persona. Finiranno per affrontarsi nel giardino dell'Hotel Alma di Barcellona.

E' proprio sul rapporto che intercorre con lui che tutta la vicenda ruota. Si dà il caso difatti, che Gran Bros, sia il più nascosto e allo stesso tempo il più talentuoso autore letterario in circolazione, residente a New York, ma completamente nell'anonimato. I frutti del suo incredibile quanto repentino successo sono proprio le frasi citazioniste che Simon invia per missiva a lui, oltre ad altri suggerimenti narrativi che sempre giungono a bersaglio. Danno all'opera di Gran Bros quel distinguo e quell'eccezionalità che permette di emergere. Il tutto scorre in una ragnatela di no sense, eccessi di senso, falsi indizi, citazioni letterarie di scrittori ossessionati dalla "non scrittura" e ragionamenti su quanto abbia senso la letteratura rientrante nella finzione e quanto quella legata alla realtà.

(SEGUE)

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