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Capitolo XXVIII

Cari Albert, Margherita e Josh,

Il tempo continua a scorrere e, anche se siamo lontane, io e Juliana stiamo bene, ma vi pensiamo spesso. Non siamo ancora riuscite a parlare con la contessa, purtroppo è stata malata, ma credo di aver capito come aiutarla a sentirsi meglio. È una donna che ha vissuto molte difficoltà e portato un peso enorme, ma credo che, se riuscirò a risvegliare qualcosa in lei, potrà finalmente ritrovare un po' di pace. È una lotta, ma voglio credere che ci sia speranza.

E voi, come state? Non passa giorno senza che i miei pensieri tornino a voi. Mi mancate più di quanto riesca a esprimere, siete la mia famiglia da tanti anni ormai, e la distanza rende tutto più difficile. Mi manca quella sensazione di libertà che avevo lì con voi, in quella casa che per me era un rifugio, un angolo di felicità. Qui nel castello, però, le cose sono molto diverse. Sento una costante sensazione di intrappolamento, come se fossi costantemente in attesa di qualcosa che mi permetta di respirare. Le regole sono rigide: non posso uscire senza chiedere permesso, dovrei passare la giornata chiusa nella mia stanza... ma voi sapete che per me è impensabile restare rinchiusa, come un uccello in gabbia. È difficile abituarsi, e spesso mi trovo a rimpiangere i momenti di libertà che condividevamo insieme.

Parigi, però, è una città affascinante, eppure non ho ancora avuto il tempo di esplorarla a fondo. Ho visto solo qualche angolo, qualche scorcio, ma c'è ancora tanto da scoprire. Forse andrò a corte dal re con la contessa Adeline, ho già delle idee per farla sentire meglio. Ho parlato con una delle sue serve, che mi ha raccontato che ama le mostre d'arte e che ha una passione per i fiori. Per sua fortuna, riceve ancora molti inviti, e spero che, con questi gesti, possa riscoprire qualcosa di positivo in sé stessa. Forse, piano piano, riuscirò a farla sentire più leggera. Spero con tutto il cuore che possa tornare a brillare.

Arrivo ora alla parte della lettera che avevo promesso a te, Josh. C'è qualcosa che volevo dirti prima della mia partenza, ma la nave stava per salpare e non c'era tempo. Eppure, le tue parole continuano a risuonare nella mia mente, soprattutto quelle sull'amore. Ora che ho avuto tempo di riflettere, mi rendo conto che quella conversazione non può più essere rimandata. Quando tornerò, sarà finalmente il momento di parlare apertamente di ciò che non ci siamo detti, di tutto ciò che ci è rimasto dentro, e di quello che entrambi sentiamo. Non vedo l'ora di affrontare insieme questo passo, di chiarire tutto ciò che non abbiamo avuto il coraggio di dirci. Sento che è la cosa giusta, per entrambi.

Vi abbraccio con tutta me stessa, spero che il tempo che ci separa non sia più lungo di quanto possiamo sopportare. Mi manca sentire la vostra voce, sentire la vostra presenza accanto a me. Restate nei miei pensieri, sempre.

Con tanto affetto e gratitudine,
La vostra Hellionor

Il crepitio del fuoco che bruciava nel centro dell'accampamento accompagnava il silenzio del pomeriggio, mentre il vento leggero si muoveva tra gli alberi. Questa tranquillità aveva accompagnato la lettura della lettera di Hellionor.
Albert, seduto su un tronco di legno vicino a un tavolo improvvisato, stava scrivendo con mano ferma, ma il suo sguardo tradiva la preoccupazione che serpeggiava nella sua mente. La lettera di Hellionor sembrava avvolgerlo in un abbraccio sottile, come una presenza che riscaldava il cuore ma che, allo stesso tempo, lo rendeva inquieto.

Margherita, accanto a lui, teneva la lettera fra le mani come se temesse di farla volare via. La giovane stava vivendo momenti tanto diversi, ma nonostante tutto, quella serenità apparente non poteva nascondere la realtà delle loro vite.

Margherita si fermò un momento, guardando la lettera di Hellionor con uno sguardo grave, mentre il crepitio del fuoco sembrava scandire il tempo in un ritmo quasi ipnotico.
«Non scrivere nulla sulla nostra situazione,» disse finalmente con voce bassa, ma ferma, senza alzare gli occhi. «Hellionor sembra così tranquilla, e sta facendo tante belle esperienze. Sai cosa farebbe se sapesse la nostra situazione? Tornerebbe qui, abbandonando la tranquillità di queste settimane.»

Josh, che si era avvicinato in silenzio, teneva tra le mani una lettera piegata con cura. La fissava con insistenza, indeciso se porla nelle mani di Albert o meno. «È la lettera che ho scritto per Hellionor.» disse infine, con una voce che tradiva un'ombra di insicurezza. «Vorrei mandarla insieme alla vostra.»

La verità è che conto i giorni e penso tutto il giorno a te, custode del mio cuore.

Pensò Josh, ma quel pensiero rimase nascosto nel suo cuore, troppo profondo per essere espresso.

Nel frattempo, l'accampamento sembrava animarsi con il ritorno degli altri. Juanita, con il viso stanco ma sereno, si tolse la maschera, respirando profondamente l'aria fresca. José si sedette vicino ad Albert, il suo volto impassibile ma attento. Carlos, sempre di buon umore, parlava ai cavalli con un tono affettuoso mentre li accudiva, e Luis, con il suo carattere vivace, stava facendo ridere i bambini di Albert e Margherita con storie di viaggi lontani e avventure improbabili.

«Appena finirò di scrivere la lettera, ho bisogno di parlare con tutti. Andremo al lago.» disse Albert, la sua voce grave e determinata a farsi sentire sopra il chiacchiericcio che stava crescendo attorno al fuoco.

Gli altri si fermarono immediatamente, come se quel momento fosse carico di un significato profondo. Era come se il fuoco stesso, che ardeva nel centro dell'accampamento, fosse testimone di un cambiamento imminente. La tensione nell'aria era palpabile, e tutti, seppur in silenzio, sapevano che qualcosa stava per succedere.

-

Francia

La contessa Adeline si era messa comoda su una poltrona in biblioteca, cercando di scacciare i pensieri dolorosi che tormentavano la sua mente. Le pareti ricoperte di libri sembravano offrire un rifugio dalle sue sofferenze, ma nessuna lettura riusciva a distrarla dal dolore che portava nel cuore. Dopo qualche minuto, la serva più giovane bussò alla porta ed entrò timidamente.

«Contessa, ci sono le vostre ospiti.»

Hellionor e Juliana entrarono nell'enorme biblioteca, il silenzio rotto solo dal rumore dei loro passi. Adeline si girò verso la finestra, ma appena i suoi occhi incontrarono la figura di Juliana, le lacrime cominciarono a scendere senza controllo. Nonostante la bambina fosse più grande del figlio che aveva perso, ogni volto infantile le suscitava un dolore insopportabile, un vuoto che non riusciva a colmare.

«Via quella bambina!» urlò tra le lacrime, la sua voce spezzata dalla sofferenza.

Juliana guardò la contessa, confusa, ma anche arrabbiata per quell'invito a fuggire. La bambina si voltò verso Hellionor, cercando una risposta.

«Sorellina, vai in camera a giocare con la tua bambola, lascia fare a me,» le disse la ragazza, prendendo la sua mano e accompagnandola verso l'uscita.

La bambina corse via, ma la tensione rimase nell'aria, densa come nebbia.

«Perché avete urlato alla mia sorellina?» chiese Hellionor, la voce piena di innocenza ma anche di una certa fermezza.

Adeline si voltò lentamente verso di lei, i suoi occhi velati di tristezza e rabbia, ma anche di un'ombra di vergogna.

«Sono cose che non vi riguardano,» rispose, ma la sua voce tradiva il dolore che cercava di nascondere.

Hellionor non si lasciò intimidire.
«Se non vi aprite agli altri, nessuno potrà aiutarvi con il vostro dolore.»

Le parole, dette con una calma disarmante, colpirono Adeline come un colpo di vento. La contessa, travolta dalla verità di quel discorso, corse via dalla biblioteca, lasciando dietro di sé un silenzio pesante, carico di emozioni represse.

Hellionor, incuriosita da quella biblioteca che sembrava quasi un tempio di storie e saggezza, continuò a esplorare. I suoi occhi si posarono su un libro polveroso che parlava di Jeanne d'Arc, una figura che aveva sempre suscitato ammirazione a molte persone.

Che grande donna è stata! Guidare il suo popolo verso la vittoria ed essere poi bruciata al rogo per eresia, per via di falsità. È orribile!

Pensò, mentre le pagine ingiallite le raccontavano il suo eroismo e la sua tragica fine. Ma, in mezzo a quelle storie di lotta e sacrificio, una pagina catturò la sua attenzione. Era scritta con cura, la calligrafia elegante si stagliava sul foglio come un riflesso di pensieri profondi.

Hellionor si fermò, attratta da quella parola. Iniziò a leggere, e quelle righe la catturarono come una corrente potente.

Pagina 2: Giustizia.

Questo è uno degli ideali a cui sono più caro, per cui ogni giorno sacrifico un pezzo di me.
La giustizia è il faro che guida le nostre azioni, la bussola che indica la strada da percorrere anche nei momenti più oscuri. Non è sempre un cammino facile: richiede coraggio, sacrificio e, talvolta, la perdita di ciò che amiamo. Eppure, senza di essa, il mondo sarebbe solo caos, e l'anima umana rimarrebbe persa nelle sue contraddizioni. La giustizia non si piega alla sofferenza, ma la comprende. Non è mai crudele, anche quando appare tale; è la vera misura del nostro essere, che ci spinge a lottare per ciò che è giusto, a difendere i deboli e a chiedere conto ai potenti.

"La giustizia non è solo una legge, ma una forza che risiede nel cuore di ognuno di noi."

La giustizia è l'eco delle nostre azioni.
Non è una semplice legge scritta su pergamena, ma un riflesso di ciò che seminiamo nel mondo. Ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio, alla fine torna a noi. La giustizia non chiede vendetta, ma una restituzione: quella che la vita, con il suo corso inesorabile, ci dà, spesso in modi che non possiamo prevedere. La giustizia è l'armonia che cerca di ripristinare l'equilibrio tra ciò che diamo e ciò che riceviamo.

La giustizia è una fiamma che non si spegne mai, anche quando il mondo sembra avvolto nell'oscurità.
Quando tutto intorno a noi appare corrotto e le ingiustizie sembrano vincere, la giustizia persiste, silenziosa, nascosta come una brace sotto la cenere. Non è mai una fiamma che brucia di rabbia, ma una luce discreta che illumina, passo dopo passo, la strada verso la verità. E anche se le ombre del mondo sembrano inghiottirla, essa è destinata a riaccendersi, ogni volta più forte, fino a svelare ciò che è stato nascosto.

La giustizia non è mai una questione di vendetta, ma di guarigione.
La vera giustizia non cerca il dolore dell'altro, ma la possibilità di curare le ferite del mondo. Non si nutre di risentimento, ma di comprensione. È un percorso difficile, a volte, perché ci costringe a guardare dentro di noi, a capire come le nostre azioni possano aver danneggiato gli altri. Eppure, solo quando accogliamo questa verità, possiamo avvicinarci davvero a un mondo più giusto, dove le cicatrici non sono più visibili, ma hanno trovato un modo per guarire.

La giustizia è la luce che guida anche nei momenti più bui.
Non sempre ci dice ciò che vogliamo sentire, ma ciò che dobbiamo ascoltare. È la voce che ci spinge a fare il passo giusto, anche quando il cammino è difficile e incerto. La giustizia è un atto di coraggio, perché non sempre è comoda, né facile. Eppure, è ciò che ci permette di rimanere fedeli a noi stessi, alla nostra umanità, alla nostra capacità di fare il bene, anche quando il mondo ci mette alla prova.

La giustizia è un ponte tra le anime.
Quando due cuori si trovano in conflitto, la giustizia è il terreno che consente loro di incontrarsi. Non si tratta solo di condannare o premiare, ma di trovare una via comune, un equilibrio che restituisca dignità a entrambi. La giustizia, in fondo, non è solo una risposta, ma un incontro tra il nostro dolore e il desiderio di fare ciò che è giusto. È un invito a non essere mai troppo orgogliosi per chiedere scusa, né troppo feriti per perdonare.

La giustizia è l'anima del coraggio.
In un mondo che spesso sembra premiare chi sfrutta la debolezza, la giustizia è il faro che ci sfida a essere coraggiosi, a scegliere la verità anche quando costa. Essa non ci chiede di essere perfetti, ma di fare il nostro meglio, di rispondere con integrità a ciò che ci accade. La giustizia è una promessa che facciamo a noi stessi e agli altri: quella di non piegarci mai alla paura di fare ciò che è giusto, anche quando sembra più facile voltarsi dall'altra parte.

La giustizia non ha fretta, ma arriva sempre.
Non importa quanto tempo ci vorrà, né quanti ostacoli incontrerà lungo il cammino. La giustizia non corre, non urla, ma sa che la verità, alla fine, si farà strada. Come un fiume che erode la roccia, la giustizia scava nel cuore degli uomini e delle donne, lasciando tracce indelebili, che nessuna menzogna potrà cancellare. E quando giunge, è l'unica cosa che conta, perché essa è la fine di una lunga attesa e l'inizio di nuovo qualcosa di nuovo.

-

Spagna

Nel cuore del bosco, un soldato percorreva il sentiero con passo deciso, gli occhi fissi davanti a sé, cercando il suo obiettivo. Alla fine, giunse su un lago dalle acque cristalline, che riflettevano il cielo come uno specchio perfetto. Lì, il silenzio era profondo, interrotto solo dal lieve suono delle foglie mosse dal vento e dal canto degli uccelli lontani. Il soldato fermò per un momento il passo, come se il lago stesso volesse dirgli qualcosa, un messaggio che non riusciva a comprendere appieno.

Da dietro i cespugli, il soldato scorse un gruppo di amici che stavano parlando, e tra di loro, finalmente, vide Albert.

Un silenzio teso calò su di loro. José, con un accento carico di sospetto, chiese: «Chi va là?»

Il soldato emerse lentamente dal nascondiglio, la sua figura solitaria ben visibile contro il paesaggio sereno. Non era solo la sua figura a emergere, ma anche un passato pesante che lo seguiva come un'ombra, impossibile da scuotere. «Sono un ex soldato. Ho abbandonato il mio ruolo. Cerco l'artigiano Albert.»

Albert fece un passo avanti con uno sguardo grave, ma non privo di curiosità: «Per quale motivo mi cercate?»

Il soldato abbassò gli occhi per un istante, come se stesse lottando con il peso della verità. Poi, con voce roca e piena di dolore, disse: «So che eravate un conoscente del tenente. È morto.»

Le parole colpirono il gruppo come un tuono in una giornata serena. Il loro respiro si fece più pesante, e per un lungo attimo, nessuno parlò. La notizia aveva squarciato il velo di tranquillità che avevano cercato di costruire per qualche minuto.

«Com'è successo?» chiese Carlos, la sua voce tremante, come se temesse già la risposta.

«È stato ucciso dal capitano, davanti a tutti noi. Perché aveva scelto di salvare Hellionor.» rispose il soldato, ogni parola un colpo di martello al cuore di chi ascoltava. Non c'era alcuna pietà in quell'atto.

Un gelo calò tra loro. Juanita, sempre pronta a lottare con coraggio, parlò per prima: «Sapete perché il capitano sta seminando il caos nella capitale?»

Il soldato guardò l'orizzonte, come se cercasse di raccogliere la forza per continuare. «Ha un piano misterioso, di cui solo il tenente era a conoscenza. Ma i documenti... i fogli in cui il tenente aveva scritto del capitano sono scomparsi. Credo che li abbia dati a qualcuno.»

Luis, con il volto ormai cupo, chiese: «Dov'è la tomba del tenente?»

Il soldato indicò la parte sinistra del lago, dove il sole stava appena cominciando a tramontare, tingendo l'acqua di arancio. «Là, in quel posto. Era il suo angolo, il suo rifugio.»

Senza una parola di più, la lega si mise in cammino. I loro passi erano pesanti, non solo per il peso della notizia, ma per il peso che ognuno portava dentro. Ogni uno di loro aveva fatto scelte, scelte che li avevano allontanati dalla giustizia, li avevano allontanati da quell'uomo che ora non c'era più.

Quando arrivarono alla tomba, il silenzio che li avvolse era diverso. Non c'era più la rabbia, non c'era più il dolore acuto, ma una calma profonda, quella che segue la tempesta, quando i cuori si riempiono di riflessioni. La pietra che segnava la tomba sembrava parlare di qualcosa di più grande, di un destino che li aveva tutti intrecciati, anche se in momenti e modi diversi.

Si misero in cerchio, guardando la pietra che segnava la fine di un uomo che aveva fatto la cosa giusta, pagando con la vita. Ma in quel cerchio, ogni membro della Lega vide qualcosa di diverso. Carlos pensò al tenente come a un uomo che aveva cercato di fermare il male, anche quando il mondo sembrava inarrestabile. Juanita vide un uomo che aveva avuto il coraggio di scegliere, quando la paura avrebbe potuto paralizzarlo. Luis si chiese se avessero avuto la stessa forza, la stessa integrità, se anche loro avessero affrontato quella morte.

Il cielo, ormai solcato dalle ombre della sera, cedeva lentamente il passo alla notte. Ogni stella sembrava più distante, come se il mondo stesse tirando un respiro profondo prima di abbandonarsi all'oscurità. La quiete del momento era carica di un significato profondo, di un dolore che non riusciva a essere taciuto. E mentre il silenzio regnava, l'unico suono che penetrava l'aria era quello delle onde del lago, che si infrangevano con delicatezza sulla riva, come se ogni battito d'acqua fosse un eco lontano della sofferenza umana.

José, il suo volto segnato dalla frustrazione, rompendo il silenzio, disse con voce rotta: «Non siamo più quelli di una volta. Il caos dilaga e noi siamo qui, come degli imbecilli, a fare nulla.»

Juanita lo guardò, i suoi occhi fermi e determinati, ma anche pieni di quella tristezza che nasce dalla consapevolezza di non poter cambiare ciò che è già accaduto. «No, José. Non siamo imbecilli. È che ci mancano le risposte. Ma quelle arriveranno, ne sono sicura.»

Carlos alzò la testa, gli occhi fissi sull'orizzonte che sfumava nel buio. La sua voce, calma ma intrisa di una forza inesplicabile, disse: «Abbiamo fatto una promessa, e quella promessa non si spegne con il buio. È nostro dovere mantenerla.»

Luis, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, fece un passo avanti. Il suo tono era solenne, come se volesse infondere una nuova luce nelle parole di Carlos: «La nostra promessa è di combattere per il bene. Non possiamo dimenticarlo, anche quando tutto sembra perduto.»

Albert si fece avanti, il volto segnato dal dolore ma con gli occhi che brillavano di una determinazione che solo chi ha visto la morte in faccia può possedere. «Siamo l'ultima speranza. Là fuori ci sono persone che credono in noi, che aspettano che facciamo la cosa giusta. È il momento di tornare in azione, come ai vecchi tempi, quando avevamo un leader che non temeva nulla: il caro Edward.»

Un silenzio profondo calò su di loro, un silenzio che, come la notte che stava avanzando, sembrava annunciare una trasformazione. Senza una parola di più, si radunarono, le mani che afferravano le spade con forza. Una luce nuova brillava nei loro occhi, non più quella della disperazione, ma quella della determinazione, del dovere, di una missione che non poteva essere tradita.

Con le spade alzate verso il cielo, come a sfidare l'oscurità che minacciava di sommergere tutto, urlarono all'unisono, le loro voci forti e piene di una rabbia giusta, ma anche di una speranza che non era mai svanita:

«Che inizi la via della giustizia, in nome di tutti coloro che sono morti innocenti, e per tutti quelli che stanno soffrendo a causa di questo male che si diffonde nell'umanità!»

Le loro parole squarciarono il silenzio come un urlo di resistenza, risuonando nel cuore del bosco, potenti, piene di significato e di un fuoco che non si sarebbe mai spento. In quel momento, ogni membro della Lega sentì il peso e la sacralità del giuramento che avevano appena pronunciato. La giustizia non era più solo una parola, ma un faro che guidava il loro cammino, una fiamma viva che avrebbe continuato a bruciare anche nell'oscurità più profonda.

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Spazio autrice.

Ciao a tutti, come va?
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Spero di sì ❤️
Ci vediamo al prossimo.

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