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Capitolo XXVI

Francia

Era mattina, e la luce pallida del sole filtrava dolcemente attraverso le tende di lino, tuffandosi sul pavimento polveroso della stanza. Hellionor dormiva, piegata in avanti, con la testa appoggiata sul diario consumato del padre, la copertina di cuoio ruvida contro la sua guancia. Le sue mani, ancora strette al quaderno, sembravano di pietra, come se non avesse voluto distaccarsene nemmeno nel sonno. Un silenzio ovattato avvolgeva la stanza, interrotto solo dal fruscio leggero dei passi di Juliana, che saltellava allegramente sul pavimento di legno scuro, facendo oscillare le tende con il suo movimento.

« Buongiorno, sorellina... » disse Hellionor, la voce ancora impastata dal sonno, mentre si stropicciava gli occhi con il dorso della mano, provando a farsi largo tra il torpore del mattino.

Juliana, con i capelli scompigliati e la camicia da notte che si muoveva alle sue spalle come una nuvola, corse verso di lei, sorridendo con un entusiasmo contagioso. Le braccia piccole si avvolsero attorno a Hellionor in un abbraccio improvviso, il suo profumo di lavanda appena lavata invadendo l'aria.

« Oggi possiamo conoscere la contessa?» chiese, gli occhi brillanti di una curiosità che sembrava non avere fine. Ogni parola che usciva dalle sue labbra sembrava un piccolo spruzzo di energia pura.

Hellionor sorrise, ma il suo sorriso era appena accennato, come se la mente fosse ancora lontana. Respirò profondamente e si lasciò per un istante avvolgere dal calore di Juliana. « Non lo so... » rispose, la sua voce un po' più grave. Si sollevò lentamente dalla sedia, la schiena scricchiolò mentre si raddrizzava. « Facciamo così: ci vestiamo e andiamo a vedere. »

Le due sorelle si alzarono e si diressero verso la porta della stanza. Hellionor, con un passo lento e riflessivo, guardò la finestra, dove il cielo si tingeva di un azzurro chiaro. I suoi pensieri, però, non seguivano la leggerezza della luce del mattino. Ripensava a quanto era accaduto nella notte precedente, a quella donna, alla sua figura misteriosa e all'improvvisa tensione che aveva avvolto la stanza. Quella donna... com'era ora? Come stava?
Hellionor trattenne un respiro, cercando di scacciare quella sensazione di disagio che le attanagliava il petto.

Con un gesto automatico, accarezzò il diario del padre, che portava sempre con sé, come un legame con un mondo che ormai sembrava troppo lontano. Ogni volta che lo toccava, il ricordo della sua voce e delle sue parole sembrava risvegliarsi dentro di lei.

Il silenzio che seguiva il loro cammino verso la stanza della nobildonna sembrava denso, come se anche il castello stesse trattenendo il fiato. Ogni passo scricchiolava sul pavimento, ma Hellionor non li sentiva più, immersa nei suoi pensieri.

Il medico usciva dalla stanza della contessa, il volto teso e il passo pesante, mentre a bassa voce esortava tutti a lasciarla riposare in pace. Hellionor lo osservò da lontano e, incuriosita, gli rivolse una domanda con un filo di voce, come se temesse la risposta.

« Si può ammalare il nostro animo?»

Il medico si fermò, un'espressione di stanchezza e comprensione che gli attraversava il viso. Sembrò pesare le sue parole, come se stesse cercando di afferrare qualcosa che da troppo tempo gli sfuggiva. Poi, lentamente, con voce grave, rispose.

« Prima di conoscere la contessa, avrei risposto di no. Avrei detto che l'anima è intangibile, che la sofferenza che non vediamo non può davvero influire sul nostro corpo. Ma dopo aver visto quello che ha passato lei, dopo aver sentito la sua storia... credo che l'anima possa davvero ammalarsi. Quando una persona soffre così tanto dentro, quando il cuore è schiacciato da un dolore che non può essere visto o toccato, qualcosa dentro di noi si spezza. E il corpo inizia a rispondere, forse per chiedere aiuto, forse per manifestare ciò che non può più restare nascosto. La contessa non porta solo ferite fisiche, ma segni invisibili. E quelli, sono i più pericolosi.»

Il medico tacque, come se quelle parole avessero scavato un vuoto dentro di lui, e la sua saggezza fosse stata infranta da una verità che non aveva mai voluto davvero comprendere. Poi aggiunse, quasi a se stesso:

« Forse è per questo che tanti di noi sono ciechi di fronte al dolore degli altri. Non vediamo ciò che non possiamo toccare. Ma ogni anima ha un suo peso da portare, e quando è troppo, anche il corpo cede.»

Con queste parole, il medico si allontanò, seguito dalla servitù che lo accompagnava verso l'uscita del castello, lasciando Hellionor e Juliana nel silenzio di quella riflessione che le riempiva il cuore di domande più che di risposte.

Le due giovani non si persero d'animo e, senza farsi notare, si avvicinarono alla stanza della nobile. Entrarono con cautela, lasciando che la porta si chiudesse delicatamente dietro di loro. La contessa Adeline giaceva sul letto, il volto sereno in un sonno profondo. Ma qualcosa nel suo aspetto, nella sua tranquillità apparente, sembrava nascondere un peso insostenibile. Un'espressione di inquietudine che sembrava restare sospesa nell'aria, come una nube invisibile.

« Ma cosa ha al polso e alla mano?» chiese Juliana, fissando con attenzione i segni che incidevano la pelle delicata della nobile. Il polso presentava un livido scuro, mentre la mano mostrava un graffio netto e superficiale, come se qualcuno l'avesse afferrata con forza.

Hellionor si chinò per osservare meglio, ma poi distolse lo sguardo, sentendo la domanda del medico risuonare nel suo cuore. « Sembra un livido al polso e un graffio alla mano. Ma la verità è che nessuna ferita è mai solo ciò che sembra, e ogni segno su di noi racconta una storia che non possiamo sempre decifrare. La contessa porta dentro di sé qualcosa che non possiamo comprendere appieno. Forse anche noi, in un certo senso, portiamo le nostre ferite invisibili.»

Si alzò e si girò verso Juliana, il volto serio, ma anche pieno di una saggezza che sembrava venire dall'interno.
« Comunque, ora andiamo. Appena si sveglierà, la conosceremo meglio. Nel frattempo, andiamo a fare un giro per Parigi a cavallo. A volte, allontanarsi un po' dalla sofferenza permette di vedere le cose da una nuova prospettiva.»

Juliana, nonostante la curiosità che le bruciava dentro, annuì con un sorriso. Hellionor sperava che quel giro fosse davvero ciò di cui avevano bisogno per schiarirsi le idee, ma sapeva anche che c'erano cose nel cuore umano che nessuna cavalcata, nessuna fuga, avrebb mai potuto cancellare.

Spagna
Guarnigione

I soldati erano disposti in fila davanti al capitano, il quale li scrutava con occhi fiammeggianti. La sua voce risuonava come un tuono nell'aria tesa.

«Andate!» ordinò, la rabbia intaccava ogni parola. «Parlate con ogni persona che incontrate: nel borgo, nelle terre del conte David, e in tutta la capitale. Voglio quei banditi arrestati e Hellionor morta. Non lasciate nulla di intatto. Distruggete tutto, scatenate la rivolta!»

I soldati risposero con un saluto militare perfetto, il suono del metallo e degli stivali echeggiò nell'aria. Senza una parola, si misero in moto, raccogliendo ciò che serviva per la missione, pronti a scatenare l'inferno.

Accampamento

Carlos, seduto accanto al fuoco, fissava la spada, la luce tremolante del fuoco che danzava su di essa, come se volesse risvegliare antiche memorie. Ma i suoi occhi erano lontani, persi in un ricordo che lo straziava, un ricordo che non riusciva a liberarsi. La sua mente tornava a quella domanda innocente, quella che ancora oggi gli lacerava il cuore.

«Mamma, perché hanno impiccato papà?» La voce del bambino, tremante, era come un colpo d'archibugio che risuonava nella mente di Carlos. «Perché vogliono anche te? Cosa c'è di sbagliato nell'essere ebreo, come papà?»

La madre, con il volto segnato dalla sofferenza ma intriso di una forza silenziosa che sembrava provenire da un luogo lontano, lo guardò negli occhi. «Figlio mio,» disse con una voce che tremava appena, «questo è il mondo. È ingiusto, e ci sono cose che non possiamo cambiare. Ma vedrai, la giustizia arriverà, prima o poi. Ma il tempo, figlio mio, ha il potere di strappare via anche ciò che più amiamo.» Le sue mani si posavano con dolcezza sui capelli del bambino, ma c'era anche una determinazione implacabile nel suo sguardo. «Ora vai con quell'uomo. Segui il tuo destino. Realizza il tuo sogno e custodisci questa spada come il nostro legame più profondo.» Poi, senza aggiungere altro, lo baciò sulla fronte, un bacio che racchiudeva in sé un amore che sfidava ogni dolore, ogni ingiustizia del mondo.

La scena del passato si dissolse nell'aria con l'arrivo di Juanita e degli altri membri della lega, riportandolo bruscamente alla realtà. Il mondo, nonostante gli anni passati, non sembrava mai smettere di chiedere tributi.

«La situazione è orribile, stanno preparando una forca nella capitale,» disse Juanita, il volto segnato dalla preoccupazione. «Il povero Albert... quante ne sta passando. Troppi pregiudizi, troppe chiacchiere false,» aggiunse José, scuotendo la testa. «Carlos, tutto bene?» chiese Luis, notando l'aria distante dell'uomo. «Sì, solo ricordi,» rispose Carlos, senza riuscire a celare completamente il dolore nei suoi occhi. «Ma Margherita e i bambini dove sono?» chiese Juanita, preoccupata. «Mi ha detto che stava facendo una passeggiata. Ha bisogno di riflettere,» rispose Carlos, in tono basso. Josh, uscendo dalla tenda, aggiunse: «Sono un po' preoccupato anch'io, se volete vado a cercarla al ruscello.»

Margherita era seduta in riva al ruscello, gli occhi persi nel fluire dell'acqua, mentre i bambini, Milly e Diego, giocavano con l'acqua che scintillava sotto il cielo grigio. Il peso del mondo sembrava gravare su di lei, ogni passo una sfida, ogni respiro un'eco di un futuro incerto.

«Tutto bene?» chiese Josh, avvicinandosi con cautela, cercando di leggere nel volto della donna qualcosa che non riusciva a decifrare. Lei cercò di mascherare le lacrime che minacciavano di scivolare. «Sì, solo... un po' di preoccupazione per la situazione in cui ci troviamo,» rispose con una voce che tremava appena.

Josh, senza dire altro, l'abbracciò, un gesto che parlava più di mille parole. «Non c'è Hellionor, ma ci sono io a consolarti, te e Albert,» disse, con una sincerità che colpì la donna più di quanto potesse esprimere. E, nel silenzio dell'abbraccio, sentì dentro di sé che, nonostante il mondo sembrasse crollare intorno a loro, c'era ancora una piccola fiamma di speranza che non sarebbe mai stata spenta.

Margherita, tuttavia, notò un angolo di carta che sporgeva dalla tasca del giovane. «Stai per perdere un foglio! Di cosa si tratta?» gli chiese, tendendo la mano. Josh esitò, poi, senza dire una parola, le porse il foglio, un gesto che sembrava voler dire tutto senza pronunciare niente.

La lettera che Margherita lesse, le parole che Josh non riusciva a dire ma che sentiva impellenti nel cuore, si rivelarono in tutta la loro intensità.

"Mia dolce Hellionor,

Non so se queste parole ti raggiungeranno mai, ma qualcosa dentro di me, quella parte più vera e profonda, mi spinge a scriverle, mentre un'altra, più timorosa, mi suggerisce di tenerle dentro. Ma non posso più sopportare il peso di questo silenzio che ci separa, non posso più nascondere ciò che il mio cuore urla in ogni respiro.

Da quando sei partita per la Francia, un frammento di me è partito con te. Come se tu avessi preso un pezzo del mio cuore, portandolo lontano, in un angolo del mondo dove non posso raggiungerti. Ci siamo separati proprio quando sentivo che le nostre anime cominciavano a danzare insieme, come se tutto, finalmente, fosse perfetto. E ora, senza di te, ogni giorno sembra un vuoto che mi schiaccia il petto, un silenzio che cresce e che non so più come colmare. Mi manchi in un modo che nessuna parola potrà mai spiegare, e il desiderio di abbracciarti, di parlarti, di lasciarti entrare nel mio mondo cresce come una fiamma che non riesco a spegnere.

Senza di te mi sento perso, ma in fondo al mio cuore so che ogni battito, ogni pensiero, ogni respiro mi riporta a te, ovunque tu sia. Spero che, leggendo queste parole, tu possa sentire l'immensità di ciò che provo per te, che tu possa leggere tra le righe l'amore che non riesco a dirti a voce, ma che è scritto in ogni singola parola che ti dedico.

Con tutto il mio affetto,
Josh"

Le parole vibravano nell'aria, come se il loro peso fosse troppo grande per essere contenuto in una semplice lettera. Margherita lo guardò, incapace di rispondere, perché in quel momento capiva, più di ogni altra cosa, quanto fosse terribile la separazione, quanto fosse dolorosa l'attesa.

-

Francia

Hellionor e Juliana galoppavano liberamente per le affollate strade di Parigi, il cavallo dal manto biondo scuotendo la criniera scura al ritmo dei suoi passi potenti. Il vento che sfiorava i loro volti e la sensazione di libertà che provavano insieme erano qualcosa di unico. Per un momento, Hellionor si sentì di nuovo a casa, come quando correva tra i boschi della Spagna, con il cuore colmo di quella sensazione di libertà che aveva perso da troppo tempo. Anche se era arrivata da poco in Francia, quel legame con la natura e il movimento, con la terra che aveva sempre sentito propria, non l'aveva mai abbandonata.

Ma a un certo punto, tra la folla frenetica della città, la sua attenzione venne attirata da qualcosa di completamente diverso. In mezzo all'indifferenza, c'era una donna povera che teneva tra le braccia un neonato. Il suo sguardo era perso nel vuoto, come se cercasse qualcosa che non riusciva a trovare. La donna aveva con sé un cesto pieno di rose rosse, ma nessuno sembrava notarla. Le persone passavano accanto a lei senza una parola, senza uno sguardo, indifferenti alla sua sofferenza. Quel silenzio assordante, quel disinteresse, colpirono Hellionor come una lama.

Hellionor si fermò di colpo, il cuore compresso dal dolore che quella scena le suscitava. L'indifferenza della gente risvegliò in lei un dolore profondo, quello che provava ogni volta che si trovava di fronte alla solitudine e alla disumanità che troppo spesso sembrava dominare il mondo. Pensò, mentre osservava la madre, che quella fredda indifferenza fosse una delle ferite più dolorose del mondo:

"L'indifferenza fa male, più di qualsiasi altra cosa. Come posso passare oltre senza fermarmi? Come posso non vedere questa donna, che, pur nell'estremo bisogno, stringe tra le braccia l'unica cosa che le è rimasta: il suo neonato ?"

Decisa a non ignorarla, Hellionor si avvicinò. Anche se le parole non bastavano, sentiva che doveva fare qualcosa.

«Salut!» disse la donna, la voce rotta dalla stanchezza e dalla speranza, mentre alzava gli occhi verso di lei.

«Salut! Je suis Hellionor, je suis espagnole,» rispose Hellionor, con un francese imperfetto ma sincero. Le parole le suonavano strane, ma il desiderio di fare qualcosa di concreto era più forte di ogni esitazione.

Indicò le rose con un sorriso, e la donna, riconoscendo la sua intenzione, le fece un piccolo gesto di assenso. Hellionor, senza esitazione, prese la poca moneta che aveva e la mise nella mano della poveretta. Non c'era bisogno di parole. In quel momento, il silenzio e la compassione furono l'unico linguaggio che avevano bisogno di parlare.

Le due sorelle sorridettero alla donna e al suo bambino, un sorriso che cercava di trasmettere speranza, un segno che, nonostante il mondo sembrasse così lontano, c'era ancora qualcuno che le vedeva, che le riconosceva.

Poi, con un ultimo gesto, la donna estrasse due fogli dal cesto di fiori e li porse a Hellionor. La ragazza li prese, sorpresa nel vedere che erano due nuove pagine del libro.

Pagina 6: Solidarietà.

La solidarietà è l'atto di supportarsi a vicenda, soprattutto nei momenti di difficoltà. È la capacità di mettersi nei panni degli altri, di condividere sofferenze, gioie e risorse per il bene comune. Non è solo un sentimento, ma un impegno concreto che si traduce in gesti che uniscono le persone in un mondo che troppo spesso sembra troppo individualista.

"La solidarietà è la forza che trasforma il dolore in speranza e la solitudine in comunità." "Quando ci prendiamo cura dell'altro, arricchiamo la nostra umanità." "La vera misura di una società è la sua capacità di sostenere i più deboli." "Ogni atto di solidarietà è un passo verso un mondo migliore, più umano e giusto." "Non siamo mai soli quando c'è chi ci tende una mano."

Pagina 11: Compassione.

La compassione è la capacità di comprendere la sofferenza altrui e di desiderare alleviarla. Non si tratta solo di provare empatia, ma di tradurre quella comprensione in azioni concrete per aiutare chi soffre. È un legame profondo che ci unisce come esseri umani, un richiamo a non restare indifferenti alle difficoltà degli altri, ma a tendere loro una mano con gentilezza e impegno. "La compassione non è solo un sentimento, ma un cammino che si percorre insieme, passo dopo passo." "Quando ci fermiamo a guardare con occhi compassionevoli, vediamo non solo il dolore, ma anche la possibilità di curarlo." "La compassione è il linguaggio che il cuore comprende, senza bisogno di parole." "Ogni atto di compassione è un seme piantato nella terra fertile della speranza." "Non c'è vera forza senza compassione, perché è nell'aiutare gli altri che troviamo la nostra vera grandezza."

Hellionor fissò i fogli con attenzione, il cuore stretto da un peso che però si trasformava anche in una scintilla di speranza. In quella breve interazione, aveva ricevuto qualcosa di più di un semplice aiuto materiale. La solidarietà e la compassione non erano solo parole scritte, ma azioni concrete, gesti che nascevano dalla capacità di mettersi nei panni degli altri. Una promessa silenziosa di non voltarsi mai dall'altra parte di fronte alla sofferenza.
Sentiva un legame profondo con quella donna, con quella madre che cercava di sopravvivere in un mondo che ignorava la sua esistenza. Eppure, in quel piccolo incontro, Hellionor aveva capito qualcosa di fondamentale. Non c'era libertà senza giustizia, non c'era libertà senza compassione.

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Spazio autrice.

Ciao tutti, ecco finalmente il nuovo capitolo.
Spero vi sia piaciuto.
Fatemelo sapere nei commenti

A presto❤️

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