Capitolo XIX
Un ricordo riaffiorò improvvisamente nella mente di Hellionor, mentre era intenta a cercare risposte sul passato. Era bambina e aveva finalmente trovato una serenità che sembrava lontana anni luce, eppure quel giorno, mentre era su un albero nel giardino di casa, il mondo sembrava tutto suo. La farfalla che cercava di afferrare danzava nel vento, leggera e sfuggente, come i suoi sogni.
«Hellionor, vieni qui! Una bambina non dovrebbe arrampicarsi su un albero.» La voce di Margherita, sempre premurosa, interruppe i suoi pensieri.
«Un giorno di questo mi farai prendere uno spavento. È pronto il pranzo, e la piccola Juliana ti cerca.» continuò la donna, con una punta di preoccupazione nel tono.
Hellionor abbassò lo sguardo, notando la figura di Margherita che la osservava con amorevole apprensione. Senza pensarci due volte, si lanciò giù dall'albero con agilità. «Arrivo!» urlò, mentre correva verso di lei, le braccia di Margherita che si aprivano per accoglierla.
Si arrampicò sulle sue braccia, sentendo il calore e la protezione che la donna le offriva. «Ti voglio bene, Margherita. Grazie per quello che fai per me.» La sua voce era sincera, e gli occhi della donna si riempirono di tenerezza.
I sorrisi che si scambiarono avevano un che di intimo, ma poi Hellionor, incuriosita, fece una domanda che l'aveva sempre tormentata. «Perché non rispondi mai alle mie domande sui miei genitori?»
Margherita esitava, un velo di tristezza attraversava il suo sguardo. «È una lunga storia, Hellionor.» La sua risposta, vaga e sfuggente, lasciava la bambina con il cuore in gola.
Improvvisamente, quel ricordo scomparve dalla mente di Hellionor, lasciando posto alla realtà di quel momento. Era nell'accampamento in una tenda, mentre lo sguardo le cadeva sulla copertina consumata del diario di suo padre. Ma qualcosa di strano attirò la sua attenzione: una parte della copertina stava iniziando a staccarsi. Curiosa, la ragazza sollevò il lembo, rivelando dei fogli nascosti dietro. Li prese con mani tremanti e, appena li aprì, il suo cuore si fermò. Erano documenti che accusavano suo padre di alto tradimento.
Un brivido percorse la sua schiena. «Papà, cosa hai fatto?» sussurrò, incredula di fronte a quelle parole che non avrebbero mai dovuto appartenerle. «Non è possibile...», pensò, sentendo il peso di quella scoperta che minacciava di abbattere tutto ciò che conosceva.
Con la mente in tumulto, continuò a sfogliare i fogli e ne trovò uno che la fece gelare. Parlavano di un matrimonio segreto, e su quel pezzo di carta c'era scritto il nome di una chiesetta nella periferia della capitale. Un luogo che lei aveva visto, lo stesso luogo dove c'era stato il funerale della contessa.
La confusione si mescolò alla determinazione. Hellionor sapeva che doveva scoprire di più, che doveva indagare.
In quel momento, la tenda si aprì e Josh entrò con passo silenzioso, il suo volto illuminato dalla luce morbida del mattino. «Buongiorno,» disse con una voce dolce, piena di preoccupazione, «sembra che tu non abbia dormito bene stanotte.»
Hellionor lo guardò con gli occhi ancora pieni di paura, il suo cuore battendo forte mentre ripensava al sogno che l’aveva tormentata. «Ho fatto un sogno strano,» confessò, la voce tremante. «Sembrava un sogno premonitore, ma allo stesso tempo un incubo.»
Si accostò lentamente a lui, cercando conforto nei suoi occhi pieni di tenerezza. «Mi sono vista tra la vita e la morte, in un bosco vicino a un lago, sotto una pioggia torrenziale. C'era un temporale, e io perdevo sangue... non capivo da dove, ma sotto di me c’era una pozza rossa. La sciamana mi avvertiva, mi diceva di non mollare...» La sua voce si abbassò, come se quella paura non volesse abbandonarla.
Josh, senza esitare, si sedette accanto a lei, posando con delicatezza una mano sulla sua spalla, e si inginocchiò di fronte a lei, con uno sguardo che solo lui sapeva fare. Accanto a loro, la piccola Juliana dormiva serena, ignara delle ombre che aleggiavano nella stanza.
«Ti ho portato qualcosa,» disse lui, un sorriso lieve sulle labbra. «Doveva dartela Margherita, ma è uscita presto, con Diego e Milly.»
Con un gesto lento, Josh estrasse dalla tasca una collana che brillava debolmente alla luce. Era quella di Hellionor, la sua collana con la fenice, quella che sua madre le aveva dato prima di fuggire. «La pensavo perduta,» sussurrò lei, toccandola con le dita, un sorriso che illuminava il suo volto. «Non riesco a credere che tu l’abbia trovata.»
Josh le sorrise dolcemente, il cuore che batteva un po' più forte. «Mi permetti di metterla al tuo collo?» chiese, la voce calda e piena di un affetto che riempiva l’aria.
Hellionor annuì, gli occhi che non lasciavano i suoi. Si sentiva al sicuro con lui, come se nulla potesse farle male. Josh si avvicinò con una delicatezza che toccava il cuore, spostando i suoi lunghi capelli castani verso la spalla destra. Con una mano tremante ma ferma, agganciò la collana, il metallo che sfiorava la sua pelle come una carezza. Ogni movimento sembrava carico di un’intima intesa, come se il mondo intero potesse svanire in quel momento.
«Credi nei sogni premonitori?» chiese Hellionor, la mente ancora persa nelle immagini di quella notte.
Josh la guardò, il suo volto privo di ogni esitazione. «No,» rispose con un sorriso, nascondendo quel segreto che lui stesso custodiva gelosamente nel cuore. «Credo che siano creati dalle nostre paure.»
Hellionor lo studiò, un'ombra di dubbio negli occhi, ma non disse nulla. Si sentiva protetta, e in fondo, quella risposta le dava un po’ di conforto.
Poi, notando i fogli sparsi accanto a lei, Josh li prese con cura, accarezzandoli con la punta delle dita. «Cosa sono questi?» chiese, ammirando il suo volto, il cui splendore era ancora più luminoso alla luce di quella mattina.
Hellionor sospirò, il suo respiro più calmo. «Erano nella copertina del diario di mio padre. Un documento di alto tradimento… e uno di un matrimonio segreto.» La sua voce era bassa, ma l’intensità delle sue parole rivelava il peso di quei segreti.
Josh si chinò un po’ più vicino, il suo sguardo che non lasciava quello di Hellionor, fece riflettere la ragazza.
Josh, lui è così dolce, così buono. Quando mi vede triste, si preoccupa, mi guarda con quegli occhi pieni di gentilezza e, con un sorriso, riesce a farmi dimenticare tutto. Ogni volta che ci parliamo, ogni volta che ridiamo insieme, il mio cuore batte più forte, ma non so cosa significhi davvero. Una parte di me mi dice che lo amo, ma c'è un'altra parte, più timorosa, che mi frena e non sa rispondere a questa domanda. Eppure, quando ho ballato con lui, quando eravamo così vicini, quando i suoi occhi erano così vicini ai miei... ho sentito qualcosa. Un fuoco, una fiamma che mi scorreva nelle vene, come se il mondo fosse improvvisamente più leggero. E quando eravamo a un passo dal baciarci, il mio corpo ha tremato, ma la mia mente era confusa. Troppe cose stanno accadendo dentro di me, troppi pensieri, troppe emozioni. È come se avessi paura di ascoltare il mio cuore, come se fosse più facile ignorare tutto piuttosto che affrontarlo. Eppure, quando sono con lui, mi sento bene, mi sento al sicuro, come se fossi nel posto giusto. Forse lo amo davvero, ma c'è una parte di me che ha paura di dirlo. E se mi sbagliassi? Ma il modo in cui mi fa sentire... quello non può essere solo un errore.
Pochi minuti dopo, la piccola Juliana si svegliò, stiracchiandosi e guardando attorno con occhi ancora assonnati. Hellionor le sorrise dolcemente e, senza perdere un attimo, prese della frutta fresca per lei, sapendo che il viaggio che le aspettava non sarebbe stato facile. Con mani esperte, aiutò la sorellina a vestirsi, sistemando ogni piega con amorevole attenzione.
Nel frattempo, Josh si occupava dei suoi doveri, riordinando la tenda con il suo solito fare preciso. Hellionor raccolse con cura i mantelli, quello suo e quello della piccola, e si avvicinò a Juliana, che la guardava curiosa.
«Dove andiamo?» chiese la bambina, con quella curiosità che solo un cuore innocente può avere.
Hellionor rispose con un tono deciso, ma dolce, cercando di rassicurarla. «Andiamo in una chiesa, a chiedere informazioni su questi documenti che riguardano i nostri genitori.»
Juliana la fissò intensamente, un'ombra di dubbio attraversò il suo volto, ma poi, con la fiducia che solo una sorella maggiore sa ispirare, Hellionor aggiunse: «Ascoltami bene. Terrai sempre il cappuccio del mantello ben alzato, non dire una parola e non ascoltare i pettegolezzi che potrebbero arrivare. Capito?»
La piccola annuì con determinazione, facendo uno di quei sorrisi che solo i bambini riescono a fare con tanta sincerità. «Ok, sorellona. Mi fido di te.»
Hellionor prese in braccio Juliana con un gesto dolce e protettivo, poi la sollevò e la fece salire sul suo cavallo bianco, che sembrava brillare alla luce del mattino. La ragazza si sistemò sul suo destriero, pronta a partire, ma prima si fermò un attimo, sentendo la voce di Josh dietro di sé.
«Dove andate?» chiese lui, l’espressione curiosa ma anche preoccupata.
«Vado a chiedere informazioni sui documenti in una chiesa fuori città, alla periferia della capitale,» rispose Hellionor con determinazione.
Josh fece un passo verso di lei, il volto segnato da un’espressione di impegno e protezione. «Vengo con voi,» disse senza esitazione, come se fosse naturale.
Hellionor lo guardò, il cuore che batteva più forte, ma sapendo che non era il momento di rischiare. «Josh, sarebbe meglio se rimanessi qui, nel caso qualcuno venisse. Tu sei importante per noi,» disse, con una dolcezza che non voleva sembrare un rifiuto, ma che non lasciava spazio a discussioni.
Josh sembrò capire, e dopo un attimo di silenzio, rispose con un sospiro: «D’accordo.»
Hellionor si girò verso la sorellina, gli occhi pieni di una calma che non riusciva a nascondere la sua preoccupazione. Il cavallo si mise in movimento, galoppando verso l'orizzonte, mentre Josh osservava Hellionor, affascinato non solo dalla grazia della sua cavalleria, ma anche dalla sua bellezza e dall'eleganza che emanava, anche nel semplice atto di galoppare.
Il suo cuore rimase lì, a guardarla partire, ma sapeva che lei avrebbe affrontato qualunque cosa con forza e determinazione. E lui, da lontano, l’avrebbe sempre protetta con il pensiero.
Periferia della capitale
Era un angolo silenzioso e dimenticato, dove l’aria portava l’eco di storie di altri tempi. Nonostante fosse la parte meno abitata, la gente sembrava essersi radunata come in un attimo. Parole, sussurri, occhi curiosi. Hellionor afferrò Juliana e la sollevò delicatamente dal cavallo, accarezzandole il viso con una mano tremante, mentre con l’altra le sistemava il cappuccio che, come una barriera invisibile, cercava di nascondere ciò che erano. Sussurrò con dolcezza, quasi come a proteggere quella fragile innocenza.
« È proprio il tipo di braccialetto che la sciamana faceva.» disse Juliana, con un filo di voce, toccando l’amuleto che le brillava al polso.
« Sì, è lui.» rispose Hellionor, cercando di non tradire la paura che le attanagliava il cuore. «Diceva che era un amuleto di protezione, e se è davvero così, è meglio che lo porti tu,Juliana. Ricorda bene. Non devi parlare con nessuno. Non ascoltare i pettegolezzi. Tieni stretta la mia mano e cammina.»
Con uno sguardo di affetto ma deciso, Hellionor afferrò il diario del padre dalla bisaccia del cavallo, mentre il peso della storia le gravava addosso. Non solo le sue mani tremavano per il freddo, ma anche per tutto quello che il futuro riservava. Le due sorelle si incamminarono verso la chiesa, con passi che si facevano sempre più leggeri man mano che le voci di chi stava osservando si facevano più forti.
« Oggi sono diciannove anni dal processo del conte Edward.» disse un uomo, scuotendo la testa.
« Quel nobile doveva essere condannato a morte, così come la figlia. Chi va contro il re merita la pena di morte.» aggiunse un altro, con voce rancorosa.
« È fuggito come un codardo da quel processo. E quella contadina che si è innamorata di un uomo così…» borbottò una donna, lasciando l’aria pesante di disprezzo.
Hellionor stringeva la mano di Juliana con forza, cercando di farle ignorare quelle parole velenose che si diffondevano come un fiume in piena. L’ombra dei mantelli le proteggeva, ma dentro di sé, Hellionor sapeva che nessun mantello avrebbe potuto coprire completamente il passato che le inseguiva. Ma dovevano andare avanti, senza guardarsi indietro. La porta della chiesetta si aprì sotto il tocco di Hellionor. Il freddo penetrò dentro, ma la calda luce della chiesa le accolse come una promessa di speranza.
Il sacerdote, un uomo di poche parole ma di sguardo accogliente, si fece avanti. « Entrate, señoritas. Fuori fa freddo.» disse, con un tono che nascondeva una certa preoccupazione.
Le due sorelle entrarono e, appena il legno della porta si chiuse dietro di loro, Hellionor si tolse il cappuccio e lo abbassò anche a Juliana, come se volesse proteggere quel piccolo angolo di serenità che riuscivano a trovare in un mondo che sembrava non dar loro tregua.
« Siete la figlia del conte Edward e della cara Helene... e questa bambina bellissima?» chiese il sacerdote, con voce profonda, ma non priva di una certa ammirazione.
Hellionor esitò solo per un attimo, ma in quel momento di fragilità decise di fidarsi. « È la mia sorellina.» rispose, con una sincerità che non aveva bisogno di spiegazioni.
Nel silenzio della chiesa, dove le ombre sembravano scivolare lentamente sulle pietre fredde, c’era solo il suono del battito del cuore di entrambe.
« Perché siete qui? Siete consapevole dei rischi che state correndo?» chiese il religioso con voce grave, scrutando Hellionor attraverso le palpebre semichiuse, il suo volto segnato dal tempo e dalla preoccupazione. La sua mano si posò nervosamente sul bordo dell’altare, come se cercasse un appiglio per mantenere la calma.
« Voglio saperne di più su questi documenti, quelli del matrimonio segreto,» rispose Hellionor, gli occhi fissi e determinati. La sua voce tradiva una certa ansia, ma non c’era esitazione nel suo tono. Si trattava di una verità che cercava disperatamente, una verità che avrebbe potuto cambiare tutto per lei e per la sua famiglia.
Proprio in quel momento, il rumore di passi rapidi si fece sentire nell’ingresso della chiesa, e un altro religioso, il volto contratto dall'apprensione, si avvicinò senza cercare di mascherare la sua preoccupazione.
« C'è il capitano, vuole parlarvi, Padre,» annunciò con voce bassa ma incisiva, la testa leggermente inclinata come se cercasse di percepire anche il minimo movimento all'esterno.
Hellionor, col cuore in subbuglio, afferrò la sua sorellina, che si era rannicchiata tra le pieghe del suo mantello, e la sollevò delicatamente. Senza un attimo di esitazione, si rifugiò dietro l'altare, cercando di celarsi all'ombra della grande struttura di legno e pietra. Il suo respiro si fece affannoso, ma sapeva che non c'era altro posto dove poter nascondere la loro presenza.
Nel frattempo, fuori dalla chiesa, sotto un cielo grigio che minacciava pioggia, il confronto tra il religioso e il capitano si stava svolgendo in un’atmosfera carica di tensione. Il capitano, con il volto impassibile, era ancora a cavallo, il suo mantello nero svolazzante e la spada luccicante che rifletteva i pochi raggi di luce che filtravano tra le nuvole.
« Come posso esservi utile?» chiese il sacerdote, la voce calma ma velata da un'ombra di disagio. Aveva imparato a non farsi intimidire dal tono autoritario dei militari, ma in quel momento non poteva fare a meno di sentirsi vulnerabile.
Il capitano, con uno sguardo gelido e senza emozioni, fissò il sacerdote dalla sua posizione elevata, come se fosse un insetto sotto una lente di ingrandimento.
« Voglio solo avvertirvi,» disse, la sua voce sicura come un ordine ineluttabile. « Se doveste vedere la figlia del conte Edward, consegnatela senza indugi. Non cercate di nasconderla, non provate a proteggerla.»
Le parole caddero nell'aria come pietre. Il sacerdote, pur mantenendo una facciata imperturbabile, sentì un brivido correre lungo la schiena. La minaccia non era solo un avvertimento: era un ultimatum.
Rientrando nella chiesa, il sacerdote camminava lentamente, il volto nascosto nell'ombra del suo cappuccio, ma dentro di lui si stava agitando un turbine di pensieri, la minaccia del capitano lo preoccupava.
« Quell'uomo...» pensò, mentre attraversava la navata deserta. « Il suo passato lo ha consumato, reso schiavo della rabbia e della vendetta. Un passato che ha intaccato ogni sua decisione, ogni sua parola, come un veleno che non smette di agire. E ora crede solo nella menzogna,nella violenza e nella superiorità, non c’è più spazio per il perdono.»
Il sacerdote si fermò davanti all'altare, il suo sguardo fisso su una piccola candela che tremolava, quasi a voler sopravvivere in un mondo che sembrava destinato a spegnersi.
« Tornando a noi, be', i vostri genitori si sono sposati in segreto, proprio qualche giorno prima dell'arresto di vostro padre. Un matrimonio di cui pochi sono a conoscenza. In questi giorni mi dedicherò a un'accurata ricerca nell'archivio, nel caso emergano altri dettagli che possano esservi utili. Non si sa mai, a volte un piccolo particolare può fare la differenza.» rispose il religioso con tono calmo, ma intriso di una certa gravità.
« Grazie mille, Padre.» rispose Hellionor, con voce bassa, mentre una fitta di emozioni contrastanti le percorreva il petto. Non aveva mai immaginato che i suoi genitori avessero fatto una scelta così importante in segreto, proprio prima che la loro vita venisse travolta dalla tragedia. Si voltò, pronta a lasciare la chiesa, ma una sensazione di incertezza le gravava sulla mente.
Hellionor, però, aveva una priorità: rimettere in sesto i legami che, nel corso degli ultimi giorni, si erano incrinati. Doveva parlare con Margherita, con cui non aveva mai davvero avuto il tempo di chiarire alcune cose. Troppe parole non dette, troppi silenzi pesanti tra loro.
Le due sorelle si lasciarono alle spalle la chiesa. Hellionor, pur trovando conforto nella presenza di Juliana, non riusciva a scrollarsi di dosso il pensiero di Margherita. Il suo cuore, diviso tra la responsabilità di dover rimediare ai non detti e il desiderio di proteggere la sua sorellina, la spingeva a galoppare più velocemente, verso l'accampamento.
Il vento gelido le sferzava il volto, ma Hellionor non sentiva freddo. Il suono del cavallo che galoppava risuonava nell'aria, mentre le ombre del pomeriggio si allungavano lentamente. Juliana, silenziosa tra le braccia della sorella, sembrava percepire il peso delle sue preoccupazioni, ma non osava interromperla.
Durante la cavalcata, mentre il cavallo galoppava tra la polvere e il vento, un battito d'ali si fece sentire sopra di loro. Una figura luminosa sorvolò il cielo, sfrecciando con grazia e maestosità, come una fiamma che danzava nell'aria. Era la fenice, che si librava leggera, le sue piume dorate e rosse brillavano sotto il sole che stava tramontando.
Juliana, i suoi occhi grandi e curiosi, la notò subito. Con un sorriso innocente e sorpreso, alzò la mano, come se volesse raggiungerla.
« Mamma, la sua fenice!» esclamò, il volto illuminato da un'espressione di meraviglia.
Hellionor, sorpresa dalla reazione della sorellina, alzò lo sguardo al cielo. La fenice sembrava volare appositamente sopra di loro, come se le stesse seguendo, o forse proteggendo.
« La vedi anche tu?» chiese, la voce che tradiva una lieve emozione. Ricordava di tutte quelle volte che quella creatura si era messa in sua protezione, l'aspetto di quella fenice evocava qualcosa di familiare e misterioso allo stesso tempo.
Juliana, senza esitazioni, annuì con un sorriso dolce. « Sì, la vedo. È bella, vero?»
La piccola sembrava completamente affascinata, ma Hellionor, pur essendo altrettanto affascinata dalla visione, provò anche un brivido di inquietudine. Forse era solo una coincidenza, ma sentiva che quella visione avrebbe avuto un significato profondo.
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Spazio autrice.
Ciao a tutti, nuova parte di storia come ogni domenica.
Capitolo diciamo tranquillo, più concentrato sui personaggi.
Secondo voi, Margherita ed Hellionor riusciranno a risolvere i loro non detti?
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