La Battaglia Finale pt.2
La quiete prima della tempesta.
Era stato dato loro del tempo per radunare le vittime, i coraggiosi guerrieri che avevano combattuto quella guerra per la libertà.
Draco non riusciva a fare a meno di guardare la devastazione che lo circondava e dovette sforzarsi più del dovuto per evitare alla stretta che aveva al cuore di serrarsi in modo inarrestabile.
Era sporco di sangue e terra. La camicia bianca era stracciata in più punti, il dolore che sentiva era interno quanto esterno. Tagli sulle braccia e sull'addome bruciavano maledettamente, ma almeno era in piedi ed era ancora vivo. Guardò Blaise che malconcio e zoppicante lo stava raggiungendo, il volto stravolto, la stanchezza palpabile. Stanchezza che si rifletteva sul suo viso ne era certo.
-Sembra peggio di quel che è- commentò Blaise sorridendo appena in un inutile tentativo di sollevare il morale.
-L'ottimismo non ti si addice- lo riprese Draco passando un braccio intorno alle sue spalle.
Erano vivi. Contro ogni previsione, erano vivi.
Si incamminarono dentro la scuola raggiungendo la sala grande. Le prime facce che incontrarono erano distorte dal dolore, perché al centro erano radunate le salme dei caduti in battaglia. Erano più di quanti avrebbe voluto vedere. Avanzarono cercando di non prestarci attenzione, Draco voleva solo assicurarsi di non intravedere una matassa di capelli ricci lì in mezzo. Era troppo furba per morire.
-Luna!-.
Sentì Blaise al suo fianco alzare la voce e poi divincolarsi dal suo braccio per correre verso la figura minuta di una ragazza con il volto sporco di polvere. Vide Luna aprirsi in un sorriso raggiante e lasciarsi poi sollevare dal suo migliore amico che la strinse a sé come se non volesse più lasciarla.
Draco distolse lo sguardo, era contento per lui, ma non riusciva a rimanere concentrato. Stava scrutando tutte le persone che erano nella sala sperando di vedere Hermione o Harry. Dovevano essere vivi, lei doveva essere viva.
Passò davanti ad altre due salme che riconobbe all'istante. Ninfadora Tonks e Remus Lupin sdraiati a terra esanimi, il colore che aveva abbandonato la loro pelle e le mani vicine che quasi si sfioravano nonostante la morte che li aveva colti troppo giovani lasciando orfano loro figlio. Draco deglutì fermandosi. Non conosceva Ninfadora e non aveva mai avuto molti rapporti con Lupin, ma rimase comunque fermo lì davanti a loro con il cuore sprofondato nel petto ed un piccolo seme di dolore che iniziava a sbocciargli nello sterno. Si inginocchiò di fianco a loro toccò le loro mani fredde come il ghiaccio, un freddo penetrante e vuoto. Le unì come era giusto che fosse. Insieme anche nella morte.
-Non ci siamo mai conosciuti davvero, ma mi prenderò cura di vostro figlio perché è parte della mia famiglia come lo eravate voi- sussurrò piano stringendo le loro mani per poi alzarsi cupo.
Si girò rimanendo sorpreso per un attimo. Lei era lì davanti a lui, bellissima nonostante lo sporco sparso sul viso e misto a sangue secco, i capelli erano una massa informe; ma gli occhi erano enormi e brillanti e lo fissavano con un sollievo tale da paralizzarlo.
-Sei vivo- mormorò incredula sezionandolo con quegli occhi castani da capo a piedi.
Draco non disse nulla, ma il suo corpo si mosse anche senza che lui gli desse l'ordine di farlo. Silurò la distanza che li separava in due falcate e la strinse a sé memorizzandone ogni minimo particolare. Dalle spalle esili alle curve dolci dei fianchi, i capelli ricci e indomabili, la pelle morbida anche se sporca di fango, polvere e sangue secco. La strinse come se potesse diventare una parte di sé e chiudendo gli occhi fu travolto da un senso di famigliarità così forte da stordirlo. C'era qualcosa di strano. I sentimenti che provava per lei erano troppo intensi e il sollievo di vederla viva troppo vivido. Da qualche parte il suo cuore gli stava gridando che l'amava profondamente, ma la testa non riusciva a trovare il nesso logico.
Poi capì all'improvviso. Senza alcun bisogno che qualcuno glielo spiegasse. Capì cosa poteva essergli successo e perché provava tutta quella marea di emozioni insieme a lei senza un'apparente ragione. Era stato uno stupido a non arrivarci prima.
-Ho già vissuto queste cose- bisbigliò, gli occhi un turbinio di pensieri.
-Come?- chiese Hermione staccandosi leggermente e guardandolo in volto. Avrebbe voluto posargli una mano sulla guancia e dirgli che era dispiaciuta di non essere quello che lui avrebbe voluto. Di essere nata con il sangue sbagliato.
-Ti ho già abbracciata vero? Questo è già successo- disse ora più convinto, ma stringendo le braccia intorno a lei come per paura di vedersela sfuggire da sotto gli occhi.
-Sì- rispose piano Hermione abbassando il volto. Non voleva vedere la consapevolezza sul suo viso, non voleva vedere il disgusto nelle sue iridi grigie una volta che avrebbe capito. Che avrebbe ricordato.
-Quello che provo... noi siamo stati insieme- disse piano cercando i suoi occhi, ma Hermione non voleva vedere. Non voleva che la allontanasse di nuovo. Non poteva rivivere tutto quel dolore -Rispondimi Hermione-.
-Sì- rispose alzando la testa, gli occhi induriti dalla determinazione. Fiera come la leonessa che era.
-Mi hanno obliviato- concluse, un cipiglio pericoloso che già iniziava a formarsi sulla fronte -Chi?-.
-Blaise- rispose Hermione scioltasi dall'abbraccio lentamente.
-Perché?-.
-Lo hai voluto tu. Hai chiesto a Blaise di cancellarti la memoria per non ricordarti di stare con una mezzosangue come me- non mise alcun tono particolare nella voce, ma risentì l'eco del male che quelle parole gli avevano fatto. Risentì la ferita che gli era stata inferta sul cuore bruciare di nuovo.
-No- scosse la testa Draco -Non gli avrei mai chiesto una cosa simile-.
-Eppure è ciò che hai fatto- constatò Hermione con voce dura.
-Non è così- ribadì Draco.
Hermione avrebbe anche ribattuto, ma Harry la interruppe.
-Draco devo parlarti. Ora-.
Draco distolse l'attenzione da Hermione un solo attimo -Non puoi aspettare un secondo?-.
-No- rispose con forza Harry -Non può aspettare-.
Draco irrigidì la mascella, ma l'urgenza nella voce del ragazzo non lasciava dubbi. Guardò un'ultima volta Hermione con altre mille cose da dirle, per poi seguire Harry verso il fondo della sala.
-Dimmi- lo esortò leggermente seccato.
-So che era un momento del cazzo e sono certo potrai sistemare dopo le questioni di cuore. Al momento abbiamo un problema più grande- disse Harry di fretta facendo saettare gli occhi per la sala.
-Come fai a sapere dei miei problemi di cuore scusa?- domandò Draco confuso.
-Non ha alcuna importanza adesso Malfoy!- sbottò Harry conducendolo in un angolo più appartato che dalla Sala Grande non si vedeva -Il problema è che io ho visto i ricordi di Piton. So come vincere la guerra, ma non posso farlo da solo-.
-Okay, quindi?- chiese Draco interdetto perché proprio non ci stava capendo molto.
-Quindi ti sto per dire una cosa e tu devi promettermi che te la terrai per te- gli occhi verdi erano fermi e severi.
-Sembri spiritato e non ci sto capendo molto- controbatté preoccupato.
-Draco! Promettimi che non dirai a nessuno quello che sto per fare- Harry lo guardò, gli occhi verdi immobili, così determinati da spaventarlo.
-Okay, okay- annuì lui -Ma cosa stai per fare?-.
-Come ti ho detto, ho visto i ricordi di Piton. Per uccidere Voldemort dobbiamo essere in due-.
-Bene, questo lo sapevo già. La profezia che mi riguarda è stata piuttosto chiara- controbatté ironico Draco incrociando le braccia al petto.
-Non è questo il punto. Il punto è che c'è un motivo che non ha a che fare con le profezie. Il fatto è che quando mia madre si è sacrificata per salvarmi, Voldemort è stato sconfitto, ma un pezzo della sua anima ha dovuto trovare qualcosa di vivente a cui attaccarsi-.
-Sono leggermente confuso. Cosa c'entra questo con la guerra?-.
-La creatura vivente a cui si è dovuto attaccare sono io- Harry fece una pausa in cui prese un respiro pesante, per poi inchiodarlo con lo sguardo -Sto cercando di dirti che io... sono l'ultimo Horcrux- buttò fuori tutto d'un fiato.
Draco sbatté le palpebre più volte -Non credo di aver capito bene-.
-Dannazione Malfoy concentrati!- inveì Harry -Gli Horcrux sono sei; rimane Nagini e Ron ed Hermione sanno che deve essere ucciso. Ma ce n'è un altro, un settimo. Io sono l'Horcrux che Voldemort non ha mai voluto creare. Per fare in modo che lui possa essere sconfitto io devo...-.
-Morire- sussurrò Draco, la comprensione che si stava facendo lentamente strada nella sua mente. Gli occhi grigi si spalancarono in un'espressione di sorpreso dolore.
-Esatto- bisbigliò flebile Harry -E tu devi ucciderlo-.
-Non posso farlo da solo- controbatté Draco - Sono certo ci sia un altro modo tu non puoi...-.
-Ma devo- rispose Harry con forza -È sempre stato questo il mio destino. Io devo morire, tu devi ucciderlo. Così tutti saranno salvi-.
-Ci sarà un altro modo- Draco si rifiutò di credere che fosse l'unica soluzione. Come avrebbe potuto guardare Hermione piangere la morte del suo migliore amico?. Per non parlare di tutte le persone che combattevano credendo in lui, Harry Potter, "Il bambino che è sopravvissuto". Non in Draco Malfoy il traditore codardo. Serviva Harry a tutti loro per dargli forza e un motivo per combattere. Senza di lui sarebbero riusciti a vincere la guerra?.
-Non c'è- la voce mortalmente seria di Harry lo spaventò. Da solo non ne sarebbe stato in grado, non poteva uccidere Voldemort, non era abbastanza forte o coraggioso -Tra pochi minuti mi incamminerò nella foresta proibita e raggiungerò Voldemort offrendo a lui la mia vita-.
Draco scosse la testa contrariato, non poteva lasciarglielo fare -Potresti aspettare, potremmo trovare una soluzione-.
-Questa è l'unica soluzione!- alzò la voce Harry con urgenza -Devi promettermi che non lo dirai a nessuno, altrimenti proverebbero a fermarmi. Ma io devo farlo, devo darvi la possibilità di salvarvi- Draco rimase in silenzio, il cuore che batteva come un tamburo nel petto. Aveva imparato nell'ultimo anno a non odiare più Harry Potter, a distruggere pezzo dopo pezzo qualsiasi pregiudizio si fosse fatto su di lui e alla fine si ritrovava in quella situazione. Dove si era appena reso conto di voler bene al suo più acerrimo nemico.
Draco annuì appena stordito.
-Promettilo- mormorò Harry, una mano sulla sua spalla, gli occhi piantati nei suoi.
-Lo prometto-.
Fu un urlo appena soffocato a catturare la loro attenzione, Harry e Draco si voltarono in tempo per vedere Hermione correre a perdifiato verso la fine della sala dove la famiglia Weasley era riunita in cerchio intorno a qualcosa o forse qualcuno.
Si affrettarono immediatamente nella stessa direzione e una volta arrivati non riuscirono a credere a quello spettacolo totalmente sbagliato.
Disteso delicatamente a terra se ne stava Fred Weasley, gli occhi spalancati, il volto esangue e la pelle pallida. I vestiti erano stracciati, un taglio profondo gli solcava la guancia destra ed era sporco di fango e sangue come tutti loro. Solo che il suo cuore non batteva più. Draco riuscì a vederlo da dietro le spalle di Harry, lo sterno non si alzava e abbassava, ma era completamente immobile come lo era lui. Nessun segno di vita proveniva da quel corpo la cui anima se n'era ormai andata.
Draco vide intorno a sé i Weasley chiudersi come a voler proteggere il figlio e fratello caduto. C'erano i suoi genitori che piangevano abbracciati da un lato, Ron era piegato sul fratello e singhiozzava piano sul suo petto, Pansy era di fianco a lui, una mano delicatamente posata sulla sua spalla. Blaise e Luna erano in disparte, lui la stava consolando. Hermione guardava la scena ad occhi spalancati e Draco sarebbe voluto andare da lei, dirle che sarebbe andato tutto bene anche se non era vero. Non sapeva cosa gli fosse successo o perché fosse stato obliviato, ma di una cosa era sicuro, aveva scelto da che parte stare già da molto tempo.
Draco voltò leggermente il capo seguendo lo sguardo di Harry puntato su Ginevra Weasley, che inginocchiata di fronte a Ron versava lacrime silenziose accarezzando la testa di Fred, mentre Geroge le sfiorava i capelli come se potesse essere di qualche conforto. Vide negli occhi di Harry un immenso dolore per quello che stava per fare, per il male che le avrebbe arrecato. Lo vide prendere un respiro profondo ed incrociare i suoi occhi chiari. Uno sguardo di intesa passò fra di loro, Harry si fidava di lui. Fu per quello che Draco non disse una parola quando lo vide sgattaiolare via senza farsi vedere coperto dal lancinante lutto che le persone che lo amavano stavano vivendo in quel momento. Se ne andò senza dire nulla a nessuno, in silenzio come solo i veri eroi facevano. Avrebbe sacrificato se stesso per salvarli tutti, per salvare la vita alle persone che amava e Draco si rese conto che avrebbe fatto lo stesso se fosse stato necessario.
Sarebbe morto per salvare la vita di Hermione e dei suoi amici.
Quando Lord Voldemort sarebbe arrivato, lui sarebbe stato pronto. Lo avrebbe ucciso per Hermione, per Blaise, per i suoi genitori, per Harry che stava andando incontro alla morte e l'avrebbe fatto anche per se stesso. Sopratutto per se stesso.
***
La Foresta Proibita sembrava più buia del solito o forse era solo la sua impressione di condannato a morte. Camminava con attenzione fra le radici degli immensi alberi che con le loro fronde coprivano il cielo stellato. Era buio ed era costretto a farsi luce con la bacchetta. Le ombre che si sollevavano dagli alberi lo facevano rabbrividire, ma non sarebbe stato certo questo a fermarlo. La foresta proibita era immobile in un irreale silenzio, dove gli unici rumori erano i suoi passi che schiacciavano le foglie secche e il suo respiro che usciva un nuvolette di condensa.
Stringeva nella mano destra la sua bacchetta pronto ad ogni evenienza e nella sinistra il boccino d'oro che aveva conquistato durante la sua prima partita di Quiddich. Era una specie di ricordo felice in mezzo al buio della foresta e alla prospettiva di una morte imminente. Gli stava dando quella forza che altrimenti lo avrebbe abbandonato.
Anche Harry Potter era umano e come tale non voleva decisamente morire; non voleva lasciare i suoi amici, non voleva lasciare Ginny.
Il pensiero di lei lo fece sussultare appena e la stiletta di dolore che sentì proprio dentro il cuore lo lasciò momentaneamente sopraffatto.
La sua vita era stata un ben riuscito inganno. Nato con il fine ultimo di morire per salvare il mondo. Non gli apparteneva nulla dei giorni che aveva vissuto e non gli apparteneva di certo un futuro.
Era sempre stato il "Bambino che è sopravvissuto", colui la cui vita era assoggettata ad un bene superiore, dove la sua volontà era al pari delle foglie secche che continuava a sbriciolare con la suola delle sue scarpe.
Amare Ginny era stato solo un breve momento dove aveva creduto di poter avere una vita con lei, una vita reale.
Inspirò a pieni polmoni riempiendosi dell'aria umida che permeava nella foresta. I piedi si muovevano quasi in autonomia, quasi come se fossero attaccati ad un fantoccio. Che era poi la sua inevitabile realtà. Un burattino nelle mani del destino.
Strinse il freddo metallo del boccino che quasi gli diede una piccola scossa. Doveva andare avanti.
Doveva per i suoi amici, per Ginny, per i suoi genitori che erano morti credendo in un mondo dove Voldemort non avrebbe più terrorizzato nessuno.
Sollevò la mano osservando meglio il boccino.
"Mi apro alla chiusura". Le lettere incise in una elegante grafia sembravano osservarlo come per dirgli qualcosa. Si fermò illuminandolo meglio con la bacchetta. Hermione aveva detto che i boccini avevano una memoria tattile e che al tocco del loro primo proprietario potevano aprirsi. Perché quello era diverso? Perché Silente gli avrebbe lasciato in eredità il suo primo boccino, senza alcuna apparente ragione?.
Harry osservò meglio il liscio oggetto d'oro, fermandosi sulle rifiniture da cui sapeva spuntare le ali nel momento in cui veniva messo in gioco.
Silente non poteva averglielo lasciato senza motivo o solo per ricordo. Gli sfuggiva qualcosa, ma cosa?.
Hermione sarebbe stata sicuramente più brava nel capirlo.
Doveva solo ricordare.
Alla sua prima partita di Quiddich era il più piccolo, si era svolta il suo primo anno a Hogwarts ed era stata un'opportunità non convenzionale.
Aveva giocato come cercatore e avevano vinto perché lui aveva preso il boccino.
Harry poteva sentire gli ingranaggi del suo cervello girare frenetico mentre ricordava l'entusiasmo della sua prima volta sul campo, l'aria che gli sferzava i capelli, la sensazione divina nel volare sempre più in alto e far vincere la sua squadra afferrando il boccino d'oro.
Solo che... solo che lui non lo aveva afferrato, lo aveva quasi ingoiato!.
Le mani gli tremarono leggermente e la luce della bacchetta barcollò. Gli si mozzò il respiro in gola con il cuore che batteva a mille nel petto.
Poteva anche sbagliarsi, poteva non esserci nulla da parte di Silente dentro quell'oggetto. Ma tanto valeva provare no?.
Portò lentamente il boccino alle labbra e poi gli diede un piccolo bacio. Sentì un click come di qualcosa che veniva sganciato e davanti ai suoi occhi quel piccolo oggettino si schiuse come un fiore rivelando una piccola pietra piramidale nascosta al suo interno.
Harry sgranò gli occhi senza fiato, se quella che aveva davanti era davvero la pietra della resurrezione voleva dire che i doni della morte erano tutti a portata di mano, che Voldemort sarebbe potuto essere invincibile.
Un altro pensiero prese lentamente piede, se quella era la vera pietra forse lui poteva... avrebbe potuto vedere i suoi genitori, parlare con loro. Lo desiderava così tanto da far male.
La sensazione di una carezza che gli sfiorava la guancia lo fece sussultare. Alzò gli occhi dalla pietra solo per vedere davanti a sé una donna che avrebbe potuto riconoscere fra mille. I suoi genitori gli stavano sorridendo ed erano esattamente di fronte a lui, se si fosse allungato Harry avrebbe potuto quasi toccarli. Ma non poteva, perché la pietra dava solo una parvenza di realtà.
-Mamma- bisbigliò appena estereffatto -Papà-.
-Siamo così fieri di te tesoro- rispose lei alzando la mano per dargli una carezza sulla guancia, ma l'unica cosa che Harry avvertì, fu un freddo penetrante corrergli per tutto il corpo.
-Siete qui- mormorò ancora asciugandosi una lacrima da sotto la montatura tonda degli occhiali. Non poteva crederci. Aveva sognato così tante volte di poterli conoscere che ora che li aveva davanti gli sembrò impossibile che fosse vero. Il sorriso di sua madre vacillò appena, mentre il padre scosse piano la testa.
-Siamo stati richiamati, ma non possiamo restare- disse dispiaciuto.
Le dita di Harry tremarono per la voglia incontenibile di poterli toccare e abbracciare e sentire su di sé le braccia dei suoi genitori. Sapeva di non poterlo fare eppure il desiderio era così intenso da distruggerlo.
I suoi genitori sembravano del tutto reali, eppure guardando meglio Harry poteva vedere con chiarezza il loro aspetto spettrale, la loro appartenenza ad un mondo diverso a cui lui non aveva accesso e che li separava crudelmente.
-Perché siete qui?- chiese in un impeto di disperazione. Avrebbe voluto urlare per tutta l'ingiustizia che sentiva di aver subito. Per non essere potuto crescere come un normale ragazzo. Per non averli potuti conoscere. Non aveva voluto nulla di tutto questo, eppure era accaduto a lui e ne aveva pagato il prezzo ancor prima che potesse comprenderlo.
-Non siamo mai andati via- disse sua madre guardandolo dritto negli occhi.
-Siamo così orgogliosi di te- continuò suo padre ed era esattamente come se lo era immaginato. Il viso rotondo e burlone. Gli occhiali che pendevano storti sul naso e i capelli neri, indomabili, che si drizzavano in spuntoni qua e là. Era di fianco a sua madre che era bella come nelle foto in cui l'aveva conosciuta, i capelli rossi erano sgargianti e gli occhi verdi luminosi erano terribilmente simili ai suoi.
-Sei stato così coraggioso-.
Un'altra voce lo fece sobbalzare, si girò di scatto ritrovandosi l'anima del suo padrino di fianco. Lo sguardo fiero e orgoglioso da vero grinfondoro. Lo guardava sorridendo raggiante, con gli occhi addolciti dall'amore e dalla nostalgia.
-Siamo qui Harry-. Quando anche Lupin apparve Harry pensò di non poter sopportare più di così. Le persone che amava erano intorno a lui, ma un velo sottile li separava per un soffio. Avrebbe voluto squarciarlo e buttarcisi dentro solo per poterli toccare un'ultima volta o nel caso dei suoi genitori per la prima.
Dovette premersi un attimo i palmi sugli occhi per frenare l'incontenibile bisogno di crollare e mettersi a piangere come un bambino.
-Com'è?- chiese in un sussurro strozzato -Com'è morire?-. Aveva paura. Chi non ne avrebbe avuta. Non di provare dolore di per sé, ma di non poterli raggiungere una volta che il suo momento fosse arrivato.
-E' più facile che addormentarsi- gli rispose dolcemente Sirius. Harry non sapeva come replicare. Avrebbe voluto dire mille cose e nessuna insieme. Non era pronto. Non lo aveva chiesto. Non aveva chiesto nulla di tutto questo. Non aveva voluto questo pesante fardello, ma aveva comunque dovuto prenderne atto.
-Mi dispiace. Remus tuo figlio...-.
-Altri gli racconteranno per cosa sua madre e suo padre sono morti. Un giorno lui capirà- rispose rassicurante.
-Ci sei quasi figliolo-.
Harry si voltò verso suo padre ed inspirò pesantemente. Era vero, c'era quasi e nonostante volesse con tutto il cuore raggiungerli, faticava a lasciare andare quella vita che gli aveva comunque regalato gioia.
-Lo so- rispose piano stringendo la pietra nel palmo della mano e conficcandosela nella carne tanto era paradossale il suo desiderio di tenerli tutti lì con lui. Guardò il volto dolce di sua madre e quello deciso di suo padre, almeno aveva potuto parlare con loro prima di andarsene. -Vorrei resterete con me?-.
Suo padre sorrise addolcendo lo sguardo -Fino alla fine-.
-E lui non potrà vedervi?- chiese quasi spaventato che Voldemort potesse fargli ancora del male.
-No. Noi siamo qui sai- sussurrò Sirius indicandogli il posto esatto dove il suo cuore batteva ancora.
Harry deglutì ricacciando indietro le lacrime che sentiva pungergli gli angoli degli occhi. Si voltò di nuovo verso sua madre. Avrebbe voluto abbracciarla. Avrebbe voluto sentire la sua carne calda e le sue braccia rassicuranti intorno a lui. Avrebbe voluto tante cose che non poteva avere.
-Resta con me- la pregò fissando gli occhi verdi uguali ai suoi. Aveva bisogno di sapere che loro sarebbero stati lì. Sua madre si avvicinò quasi fluttuando sul terreno infido della foresta proibita. Alzò la mano in un tentativo di accarezzargli la guancia ed Harry rabbrividì appena per la strana sensazione.
-Sempre- rispose lei con voce decisa. Harry annuì mandando giù l'enorme groppo che gli si era formato in gola. Respirò ed espirò molto lentamente, guardò tutte le persone a lui più care e che per proteggerlo avevano sacrificato la vita, poi tornò a concentrarsi sul volto di sua madre per imprimerselo a fuoco nella mente. Con gli occhi fissi nei suoi allentò la presa sulla pietra della risurrezione fino a che non cadde senza alcun rumore in mezzo alla boscaglia.
Quando si guardò nuovamente intorno, la sua famiglia era sparita.
***
Cari Nargilli, ecco il nuovo capitolo. Ne mancano davvero pochi e mi scuso enormemente per la mia grave mancanza, ma il settore dove lavoro mi lascia poco tempo libero. Comunque cercherò di essere più presente e di concludere tutte le storie ancora incompiute perché dopo passerò ad un progetto a tematica LGBTQ.
Buona lettura, spero vi piaccia questo capitolo.
Bisoux
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