Il Medaglione di Salazar Serpeverde
Erano mesi che scappavano. Dopo essere riusciti a recuperare uno degli Horcrux, non avevano idea di come distruggerlo. I mangiamorte erano sempre più vicini e loro sempre più lontani dall'obbiettivo.
-Ci hanno quasi catturato al ministero, e questo affare non ne vuole sapere di rompersi!-
-Dimmi qualcosa che non so Ron- gli rispose Harry per niente divertito.
Erano accampati in un bosco in mezzo al nulla. Portavano il medaglione a turno il che non comportava nulla di buono. Quel pezzo di metallo sembrava vibrare e tichettare sotto il palmo freddo di Ronald Weasley, come se avesse un cuore tutto suo.
Harry era seduto sul tavolo con Hermione di fianco che studiava uno dei suoi libri. Ron era spaparanzato su una delle brande lì affianco. Il rosso era di malumore, ma tranquillo. Aveva come l'impressione che fosse il medaglione che portava al collo da due giorni a riempirlo di una rabbia inspiegabile ed ingiusta. Era per questo che non aveva parlato con i suoi due amici nei giorni precedenti, voleva evitare di dire cose di cui poteva pentirsi.
Era preoccupato Ron, lo era per la sua famiglia, per i componenti dell'ordine, per i suoi amici a scuola; ma soprattuto era in pensiero per lei...
'-Devo andare- le disse senza guardarla in faccia, dubitava di riuscire a lasciarla se si fosse perso nei suoi occhi di pece.
-Lo so- le rispose lei con un filo di voce, freddo e monotono, ma che ormai lui conosceva bene come estrema preoccupazione.
Trovò finalmente il coraggio di guardarla e le accarezzò una guancia lievemente. Non erano abituati a toccarsi costantemente come per avere la prova della presenza l'uno dell'altro, loro sapevano di esserci e basta senza bisogno di ulteriori conferme.
-Tornerò-
-Sarà meglio per te! Altrimenti ti scoverò e se non ti avranno già ucciso; diventerai un cadavere per mano mia-
Ron chiuse gli occhi trattenendo una risata. Quella era la sua serpeverde!
'Mi mancherai' avrebbe voluto dirle, eppure quelle parole suonavano nella sua testa come un addio che lui non voleva darle. 'Ti amo' forse erano più appropriate, ma anche al solo pensiero un groppo gli serrava la gola. Non era pronto a lasciarla. Non così presto.
Pansy parve capire al volo perché lo bloccò ancora prima che potesse continuare.
-Non dirlo- lo rimbeccò deglutendo -non ce n'è bisogno. Tornerai e me lo dirai con la sicurezza di restare-
I loro occhi si scontrarono di nuovo inghiottiti l'uno nell'altro. Un mondo nell'altro. Tenebra e luce.
Le prese le mani ripuntando i suoi occhi corteccia in quelli di lei, vivida come la luce del sole una determinata fermezza nel suo sguardo le diede la conferma di ciò che sperava.
-Tornerò te lo prometto- le rispose, poi sorrise e la guardò; pelle diafana di porcellana contro la sua mano rude e callosa. Apparenza fragile e tutta vanità a nascondere un cuore leale e forte come la pietra. Dolce regina di ghiaccio, temprata dal fuoco ardente del coraggio di un grifone.
Le diede un bacio lieve, uno sfiorarsi di labbra e una tacita promessa. Poi si girò incapace di rimanere o di guardarla in viso ancora una volta. La sua buona volontà l'aveva quasi abbandonato. Si girò incamminandosi verso l'uscita di Hogwarts e verso i suoi amici. Lei era rimasta ferma lì vicino al muro freddo del corridoio. Il cuore che le batteva e le lacrime ricacciate a forza giù per lo stomaco acide e appuntite come spilli velenosi.
Ron l'aveva sentita tremare o forse era lui che sentiva tutto il resto oscillare. Raddrizzò le spalle gonfiando il petto di un bel respiro, cercando di alleviare il peso che sentiva premere sul cuore, e continuò senza girarsi indietro o ne era certo, sarebbe morto proprio nell'istante in cui avesse di nuovo incrociato i suoi occhi'
Pansy Parkinson... la sua Pansy. Ancora stentava a crederci. Si era innamorato di una Serpeverde e che serpeverde per giunta; una delle peggiori. Eppure il vuoto che aveva sempre sentito, quella parte mancante che credeva appartenesse ad Hermione; ora era colma, traboccava addirittura, sentendosi quasi incapace di contenerla.
Guardò di nuovo i suoi amici il viso pallido e tirato di Hermione e gli occhi cupi e preoccupati di Harry. Sospirò sconfortato, sarebbe mai finita tutta quella storia?. Doveva tornare da lei, glielo aveva promesso.
-Ho trovato!-
Harry sobbalzò spaventato. Hermione di fianco a lui pareva essere illuminata da pura euforia.
-Hermione che succede?- chiese il moro titubante.
-Oh Harry non so come io possa essere stata così stupida! Era sotto il mio naso per tutto il tempo!-
Harry guardò Ron. Ron guardò Harry. La più assoluta perplessità passò dagli occhi smeraldo di lui a quelli corteccia del rosso.
-Hermione di cosa stai parlando?- le chiese Ron che la guardava come se fosse un'alieno appena atterrato sulla terra.
-Della risposta!- urlò di nuovo lei che si era messa a cercare qualcosa dentro la sua borsetta. Dopo interminabili minuti in cui Ron ed Harry continuavano a guardarla come se fosse stata pazza, estrasse un tomo grande il doppio di lei ed iniziò a sfogliarlo velocemente.
Arrivata alla pagina di cui aveva bisogno si fermò, leggendo frenetica le righe di testo.
-Lo sapevo, avevo ragione!-
-Insomma Hermione! Vuoi dirci che ti prende?- tentò di nuovo Harry.
Lei lo guardò come se si fosse risvegliata in quel momento; poi gli mise il tomo sotto il naso.
La grafia piccola e stilizzata si susseguiva sulla pagina grande quanto la mano aperta di Hagrid, che non era esattamente minuscola. Harry sgranò gli occhi spaventato, neanche avesse visto un'orda di mangiamorte.
-Devo leggerlo tutto?!-
Hermione alzò gli occhi al cielo esasperata.
-Quel paragrafo parla del veleno di basilisco. Ricordi il secondo anno? Quando sei andato nella camera dei segreti per salvare Ginny?-
-Si... e con questo?- le chiese senza sapere dove volesse andare a parare.
Hermione sbuffò esasperata e guardò verso Ron. Ora era seduto ma lo sguardo vacuo viaggiava dal libro a lei senza la minima parvenza di una scintilla di comprensione. La Grifona li guardò rassegnata. Non ce la potevano proprio fare.
-Per salvare Ginny hai dovuto pugnalare il diario di Tom Riddle con..-
-Una zanna di basilisco- la interruppe Ron che pareva aver capito prima di Harry il succo della questione. Hermione ne rimase piacevolmente sorpresa, probabilmente Pansy aveva un'influenza più positiva di quanto avesse immaginato.
-Esatto- rispose lei sorpresa.
Ron le lanciò un'occhiata risentita.
-Com'è che ogni volta sembri così sorpresa? Non sono un idiota-
-Ragazzi perdonatemi, vogliamo tornare al discorso?. Va bene ho pugnalato il diario con una zanna di basilisco però il punto qual è?-
-È scritto qui- ed Hermione indicò la pagina del tomo aperta. -... il veleno di basilisco, oltre ad essere mortale in pochi minuti per qualsiasi essere vivente ne entri in contatto, viene utilizzato per spezzare incantesimi complessi che le normali formule magiche più comuni non possono alterare o distruggere. Ne è assai pericoloso l'utilizzo, tuttavia si ha un unico rimedio: le lacrime di una fenice. Se donate volontariamente...-
- Va bene, va bene ho capito- rispose Harry alzando le mani in segno di resa, sperando che Hermione smettesse di leggere -questa parte me la ricordo-
-Harry tu non capisci!- riprese la ragazza ancora più euforica. Era il primo vero passo verso l'eliminazione degli Horcrux da mesi ormai.
-Tu hai pugnalato il diario di Tom Riddle con una zanna di basilisco. Il suo veleno ha ucciso il pezzo di anima nascosto nel diario. Senza saperlo avevi già eliminato un Horcrux- riprese lei ancora più convinta. -questo vuol dire...-
-Vuol dire che sappiamo come distruggerli- finì Ron per lei - chiudi la bocca Hermione, so che la mia improvvisa perspicacia ti lascia basita ma così mi offendi- la rimbeccò risentito.
Hermione gli scoccò un'occhiata di fuoco ma si morse la lingua per evitare di discutere inutilmente.
-Si, ma noi non abbiamo una zanna di basilisco- osservò Harry.
Hermione sbuffò e sfogliò ancora il tomo con una velocità impressionante; tanto che Harry si sorprese di non vedere qualche pagina strappata svolazzare per tutta la tenda.
Arrivata alla pagina che le interessava Hermione si caricò il tomo su un braccio e cominciò a leggere.
- ...essendo stata forgiata dai folletti la spada di Godric Grifondoro è indistruttibile e la lama non ha mai bisogno di essere riaffilata. Grazie alla sua singolare fattura, può inoltre assorbire qualunque tipo di potere con cui viene a contatto, tutto ciò che la rende più forte. Ecco perché Silente te l'ha lasciata nel testamento Harry...-
-Perché la spada è impregnata di veleno di basilisco- concluse lui con gli occhi spalancati. -sei un genio Hermione!-
***
Era notte fonda quando dei rumori sinistri svegliarono Luna Lovegood. Mancava poco al ritorno a scuola e lei aveva già preparato il suo baule. Quell'anno non sarebbe stato facile. Voldemort pareva aver preso il controllo anche di Hogwarts. Dopo la morte di Silente nessuno era stato in grado di fermare la sua avanzata.
Luna aveva incubi ricorrenti, incubi di morte e dolore. Lei era più sensibile della maggior parte delle persone, sentiva tutto talmente intensamente che dolore e felicità avevano sul suo animo un impatto decisivo. Per questo faticava a dormire e si alzava praticamente ogni notte incapace di riprendere sonno. Scendeva in cucina si preparava un infuso di erbe poi rimaneva seduta al tavolo fino a tardi. La sua mente viaggiava frenetica a vagliare mille cose diverse.
Ma quella notte fu diversa. Era afosa e non tirava un filo di vento, nonostante lei e suo padre vivessero in mezzo alle colline. A svegliarla però non furono i suoi incubi come di consueto, ma un rumore. Lieve ma chiaramente percepibile. Si alzò cauta, indossava una canottiera tutta colorata e un paio di pantaloncini semplici, ma anche così sentiva l'afa propagarsi per tutto il suo corpo. Scese a piedi nudi i gradini che separavano camera sua dalla cucina, rassegnata al fatto che prima dell'alba non avrebbe chiuso occhio. Arrivata in sala guardò a destra e a sinistra poi attraversò lo spazio che la separava dalla cucina, controllò anche lì, ma della fonte di quel rumore nessuna traccia. Dopo aver ricontrollato, si rassegnò al fatto che forse si trattava di un animale selvatico che era passato vicino casa.
Luna continuava a guardarsi intorno, si sentiva stranamente osservata e non era per niente una piacevole sensazione. Scrollò le spalle cercando di calmarsi, anche se il caldo non le dava pace. Sentiva il sudore colarle giù dalla fronte in piccole goccioline, si sentiva inspiegabilmente tesa.
Si diede della sciocca da sola e visto che ormai era sveglia decise di prepararsi il suo solito infuso sperando che le distendesse un pochino i nervi. Probabilmente era solo ansia per il ritorno a scuola.
Si girò verso i fornelli iniziando ad armeggiare con le erbe ed il pentolino che riempì con dell'acqua. Amava preparare quella bevanda con metodi babbani, proprio come faceva sua madre quando lei era piccola. Le diceva sempre che si provava più soddisfazione a fare le cose da sé e Luna non poteva darle torto.
Quando l'infuso fu pronto, iniziò a versarselo nella tazza che teneva stretta con la mano libera.
Era così concentrata su quello che stava facendo, che non si accorse della figura nera che avanzava silenziosa alle sue spalle.
***
-Non vorrei fare il guastafeste della situazione ma... dove la troviamo la spada di Godric Grifondoro?-
-Questa è un ottima domanda Ron, non fai che sorprendermi stasera-
Il rosso scoccò un'occhiata omicida alla sua migliore amica; e stava per ribattere quando venne interrotto da Harry.
-Piantatela di rimbeccarvi voi due! Ron ha ragione, non abbiamo idea di dove sia la spada. Perciò dobbiamo pensare ad un modo per entrare ad Hogwarts-
-Ma Harry è un piano suicida!-
-È l'unica possibilità che abbiamo Hermione. Sentite, capisco se non vorrete venire con me...-
Ron lo fulminò con lo sguardo.
-Oh ma piantala! Tu e i tuoi sfoghi da eroe solitario!- si trovava a pochi passi da Harry, gli occhi accesi di rabbia. Sentiva il medaglione premuto sul petto che vibrava e tichettava più forte, quasi lo stesse caricando di quella rabbia che si teneva dentro da due giorni. -tu agisci pensando di essere da solo. Ti batti come se fossi il paladino della giustizia pensando che sia un tuo diritto scegliere per noi. Vuoi risparmiarci sofferenze e morte ma ti avverto di una cosa piuttosto palese, ormai è tardi per proteggerci. Avresti dovuto evitare di essere nostro amico se non volevi qualcuno intorno a te di cui preoccuparti!- finì Ron urlando.
Hermione lo guardava ad occhi spalancati.
-Ronald...-
-Oh sta zitta! È ora che sappia quello che penso!- tuonò di nuovo il rosso.
Harry si era alzato dalla sedia ribaltandola. Una furia cieca si intravedeva nella limpidezza dei suoi occhi smeraldini.
-Nessuno vi ha chiesto di venire con me Ron! Lo avete scelto voi!. Io vi voglio bene siete l'unica famiglia che ho- nonostante la rabbia il suo tono di voce rimase normale e freddo, gelido come le notti in inverno.
Ron rise senza alcun divertimento. -Tu...- lo additò - non sai neanche che cosa vuol dire avere una famiglia. Preoccuparsi per loro. Non sapere mai come stiano o se siano ancora vivi. TU UNA FAMIGLIA NON L'HAI MAI AVUTA!- finì urlando.
Harry barcollò all'indietro come se fosse stato pugnalato. Si teneva le mani premute contro il torace, mentre gli occhi erano puntati dritti in quelli del suo migliore amico.
Hermione si fece avanti con passo deciso e si frappose fra i due. Si girò verso Ron portando le mani al suo collo.
-Ron smettila! Ti prego è il medaglione che ti fa dire queste cose. Per favore toglilo!-
Ron la guardò un attimo poi si strappò il medaglione dal collo facendolo ricadere sul palmo della mano di lei.
-ALLORA VATTENE!- fu Harry ad urlare, con la disperazione di un ragazzo distrutto nella voce.
I due si guardarono negli occhi, cadde il silenzio. Dopo aver tolto il medaglione un piccolo peso sembrava essersi tolto dal petto di Ron.
Ancora fissando l'amico e rendendosi conto di ciò che gli aveva detto fece per girarsi e andare verso l'uscita della tenda, scrollando via la mano di Hermione che tentava di trattenerlo.
Nell'esatto istante in cui arrivò davanti all'uscita si fermò. Una mano sulla tenda a tenerla aperta, l'altra chiusa a pugno contro il fianco.
-No- disse. -rimango. Non sono un vigliacco- così dicendo, quasi a volersi contraddire Ron uscì dalla tenda.
***
Il suo infuso era più freddo che caldo, così quando una goccia le cadde sulla mano non si scottò. Finito di versare il liquido verde, non esattamente invitante, nella tazza; Luna se la portò alle labbra mentre guardava le stelle che tempestavano il cielo della piccola radura in cui si trovava casa sua.
Riabbassò la tazza dopo aver preso una generosa quantità d'infuso e lo mandò giù assaporando il gusto intenso delle erbe. Le ricordava sua madre nelle notti in cui non riusciva a dormire per via dei nargilli, lei entrava in camera sua e le lasciava una tazza di quella bevanda sul comodino dicendole di bere, così si sarebbe sentita meglio. Quanto le mancava sua madre, suo padre non era più lo stesso da quando era morta.
Persa nei suoi pensieri, Luna ebbe appena il tempo di deglutire un'altro sorso. In quell'istante una mano, ruvida e grossa quanto il suo viso, andò a premersi con forza contro la sua bocca. Luna annaspò in cerca d'aria e sorpresa fece cadere a terra la tazza che si ruppe in mille pezzi spargendo il contenuto su tutto il pavimento.
-Maledetta ragazzina! Fai silenzio- tuonò una voce vicino al suo orecchio. Luna rabbrividì di disgusto.
La mano era ancora premuta sulla sua bocca, l'altro braccio dell'uomo era serrato attorno alla sua vita bloccandole le braccia. La sua bacchetta era al piano di sopra. Era fregata. Iniziò a dimenarsi con quanta più forza avesse, in un qualche modo riuscì a dare un calcio all'uomo che la teneva ferma perché questo imprecò.
Spostò leggermente la mano dalla sua bocca e Luna non si fece perdere l'occasione.
-Dolohov questa squinternata mi ha colpito!- tuonò l'uomo con voce profonda.
Luna già non lo ascoltava più.
-PAPÀ!- gridò con quanto più fiato avesse in corpo, sperando che suo padre non avesse messo i tappi alle orecchie.
-AIU...-
Luna non riuscì a finire la frase che un potente schiaffo si abbatté sulla sua guancia. La testa le scattò di lato mentre il sapore salato del sangue le inondava il palato. Deglutì a fatica mentre riportava lentamente lo sguardo sull'uomo che l'aveva colpita. Era poco più alto di lei e aveva occhi e capelli neri a contornargli il viso duro come pietra.
-Non provare più ad urlare ragazzina. Tuo padre non può sentirti- le sputò addosso come veleno ghignando. Luna lo guardava negli occhi spaventata, lui le restituì lo sguardo freddo e perfido. La Corvonero rabbrividì. Avevano fatto del male a suo padre? Cosa gli era successo? Era vivo?. La testa di Luna era un continuo vorticare di pensieri sconnessi, mentre la sola ipotesi che potesse perdere anche l'unico famigliare che le era rimasto le gelava il sangue nelle vene.
Era ancora stretta nella presa del secondo uomo che non accennava proprio a lasciarla.
Non osava parlare, paralizzata dal terrore di essere picchiata di nuovo.
-Greyback vai avanti. La porto fuori io- disse, lanciandole un'occhiata indefinibile, quello che le pareva si chiamasse Dolohov.
Con un grugnito l'uomo la lasciò andare avviandosi verso l'uscio. Luna era di nuovo libera, stava vagliando ogni possibilità di fuga. Dietro di lei c'era un muro, davanti aveva il mangiamorte; perché ovviamente erano i seguaci di Voldemort quei due. Ma perché erano venuti proprio a prendere lei? Questo Luna non lo sapeva.
-Non pensare nemmeno per un secondo di scappare.- le disse Dolohov avvicinandosi piano e pericoloso -a meno che tu non voglia che tuo padre muoia- le sussurrò con voce suadente arrivandole ad un soffio dal viso.
Luna sussultò indietreggiando. Lui fece un altro passo e lei indietreggiò ulteriormente, finché non sentì la schiena sbattere contro la parete alle sue spalle.
-Mio padre...- sussurrò, doveva sapere se stava bene.
-Sta bene. Se farai ciò che ti dico non gli accadrà niente- le sussurrò all'orecchio dopo averla raggiunta.
Luna trattenne il respiro mentre il disgusto le risaliva la spina dorsale serrandole lo stomaco. Volevano ucciderla? Perché? Ma non avrebbe mai avuto risposta. L'immagine di Blaise le passò come un lampo davanti agli occhi; avrebbe tanto voluto che fosse lì, anche se si rese conto di quanto fosse ridicolo desiderare una cosa del genere. Quasi non si accorse delle dita dure e contornate da tagli che le stavano accarezzando la guancia.
Luna strinse i denti conficcandosi le unghie nei palmi. Lui le prese le mani e gliele portò sopra la testa bloccandogliele, mentre con l'altra mano tornava ad accarezzarle la guancia. Lei provò a fare resistenza, ma era come lottare contro un muro.
-Non mi interessa se sei una ragazzina- le soffiò sul viso - vestita così non sei niente male-
La percorse con lo sguardo per tutto il corpo. Luna rabbrividì irrigidendosi tutta e girò la testa non riuscendo più a sostenere quegli occhi su di se. Lei che non era mai cattiva né voleva mai fare del male a nessuno, si ritrovava ora con una voglia matta di uccidere l'uomo che aveva di fronte se solo avesse provato a sfiorarla.
-Guardami quando ti parlo!- alzò
la voce arpionandole il mento e stringendolo tra le sue dita in una morsa dolorosa.
Luna era costretto a guardarlo in viso. I lineamenti di Dolohov erano distorti in una smorfia di soddisfazione, mentre i suoi occhi si spostavano sulle labbra della ragazza, poi ancora più giù percorrendole il corpo coperto dalla misera canotta e i pantaloncini sportivi. Luna si maledisse per non aver indossato qualcosa di più lungo. Sentiva il cuore pulsarle nelle orecchie mentre la piccola luce di malizia che intravedeva negli occhi del suo assalitore si faceva più accesa.
-Quanto sei piccola, sei proprio una bambolina- le soffiò sulla guancia. Nonostante non fosse molto alto, la sovrastava. Il respiro di lui la fece tendere come una corda di violino e le serrava lo stomaco in una morsa gelida. Non riusciva a parlare, era paralizzata dallo shock e dal terrore. Ancora si sentiva il sapore del sangue in bocca e la guancia lesa arrossata. Lui le accarezzò prepotente la guancia, facendole male e si avvicinò a baciarle il collo. Luna si conficcò ancora di più le unghie nei palmi, mentre le lacrime iniziavano a scendere silenziose. La teneva ferma contro la parete premendola con il suo corpo. Le braccia ben strette sopra la testa nella mano che lui aveva serrato intorno ai suoi esili polsi, mentre l'altra le accarezzava il fianco e lui le baciava il collo.
-Lasciami...- sussurrò lei.
Lui la guardò interrompendosi, una cupa soddisfazione aleggiava nei suoi occhi e sul ghigno che gli contornava la bocca.
-Non ti agitare bambolina- le disse, per poi riprendere quello che stava facendo.
Luna piangeva in silenzio cercando di dimenarsi, ma a nulla servivano i suoi sforzi. Lui era troppo forte e crudele. Nessuno avrebbe potuto salvarla.
-Dolohov! Dobbiamo andare, il Signore Oscuro ha chiamato-
Luna ringraziò mentalmente chiunque lo avesse interrotto, perché Dolohov si staccò da lei sbuffando. La prese in malo modo staccandola dalla parete e legandole le mani dietro la schiena.
-Silencio- le sussurrò all'orecchio con la bacchetta puntata alla sua gola -così nessuno potrà sentirti bambolina- Luna rabbrividì.
Poi venne trascinata sgarbatamente fuori di casa, tirata e sballotata se per caso inciampava in qualcosa; la bacchetta del mangiamorte che le perforava la canotta e la pelle tra le scapole.
-Grayback hai sempre un tempismo lodevole- disse Dolohov contrariato, poi la spinse verso una vecchia scarpa, talmente forte da farla cadere per terra. Luna stava ancora piangendo in silenzio, mentre brividi di disgusto le partivano dalla base della schiena per propagarsi in tutto il corpo. Lì dove lui l'aveva baciata sentiva la pelle bruciare come se le avessero versato dell'acido.
Dopo aver finito di discutere con il suo compare. Dolohov andò verso di lei, le prese una mano, racchiudendola in una presa ferrea. Luna avrebbe tanto voluto prenderlo a calci, ma appena le sue dita toccarono la scarpa, il mondo prese a vorticare.
***
Doveva essere molto tardi, il cielo sopra la sua testa era scuro e punteggiato di stelle. Forse una delle uniche cose positive di essere nascosti in un bosco era la vista meravigliosa del cielo stellato.
Harry Potter se ne stava seduto davanti alla tenda con l'horcrux al collo. Sentiva il ticchettio di quell'aggeggio battere sopra al suo cuore. Avvertiva la malvagità che sprigionava e non vedeva l'ora di distruggerlo.
Ron era sparito chissà dove, dopo la loro lite non lo aveva più visto. Hermione si era chiusa in un cocciuto silenzio, da quando le cose con Draco erano finite non stava per niente bene, una parte di lui sapeva che mangiava e dormiva solo per non farlo preoccupare. Lei sembrava semplicemente aver perso interesse per le quotidiane abitudini di base della spravvivenza; mangiava poco e non si addormentava prima di notte fonda. Harry era preoccupato per lei. Non sapeva la verità, ma era per il suo bene... era consapevole che lo avrebbe ucciso se l'avesse saputa. Ma pur di tenerla al sicuro avrebbe corso il rischio.
Vagava con lo sguardo tra i boschi, pronto a scattare al minimo rumore. Quando un bagliore bianco-argenteo catturò la sua attenzione. Si alzò con il cuore che gli batteva in gola. Andò verso quel bagliore che se ne stava immobile al limitare delle protezioni che li celavano agli occhi estranei. Quando gli fu davanti, il punto di luce iniziò a prendere una forma oscillando a destra e a sinistra, allungandosi e restringendosi quando una cerva alta quasi quanto lui gli si erse davanti guardandolo dritto negli occhi. Era un patronus intuì Harry, ma di chi?.
Continuava a guardare quell'essere, era così candido e puro da infondergli un inspiegabile calore all'altezza del petto. Gli ispirava fiducia e quasi non si accorse che i suoi piedi avevano già iniziato ad inseguirla per il bosco.
***
Ron era seduto al limitare delle protezioni, stava distruggendo i pochi fili d'erba che gli crescevano intorno. Era nervoso, ma quella rabbia che aveva sentito ardere e corroderlo per due giorni era ormai sparita. Aveva attaccato Harry come se fosse stato il suo peggior nemico e di questo si era pentito. Gli aveva detto cose orribili e non era stato migliore di tutti quelli che lo avevano giudicato in passato. Gli ci erano volute parecchie ore e una bella dose di rami spaccati senza pietà per tranquillizzarsi, poi Hermione lo aveva raggiunto e gli aveva parlato dolcemente facendogli rendere conto delle cose terribili che aveva detto.
Harry era parte integrante della sua famiglia, non si capacitava di come avesse potuto anche solo insinuare il contrario, era come un fratello e questo era irreversibile.
Si sentiva così perso Ronald Weasley, forse quel dannato medaglione aveva fatto leva sulle sue incertezze e paure amplificandole. Il terrore per la sua famiglia e l'insopportabile pensiero di essere impotente di fronte ad una minaccia lo tormentavano giorno e notte. Almeno, pensò, Pansy era più al sicuro. I suoi genitori erano mangiamorte e lei godeva della loro protezione. Gli aveva intimato, prima di andarsene, di non preoccuparsi per lei; era stata anche piuttosto intimidatoria. D'altronde non sarebbe la sua Pansy se non fosse stata una stronza colossale. Ron rise al pensiero. Era incredibile come il solo pensarla le rallegrasse una serata da dimenticare.
Gli mancava. Si era ormai abituato a vederla in giro per i corridoi di Hogwarts, a sfiorarla in modo "del tutto occasionale" tra un cambio dell'ora e l'altro; si era abituato ad un bacio rubato velati dal muro di una colonna o da un arazzo vertiginosamente lungo. Nessuno sapeva di loro a parte Hermione e probabilmente Zabini. Avevano deciso di non farsi notare troppo, ma lui aveva una voglia matta di far capire all'intera popolazione maschile di Hogwarts che quell'odiosa serpeverde non era più disponibile. Anche perché i pretendenti non le mancavano di certo e se c'era una cosa che Ron Weasley sicuramente sentiva, quella era la gelosia.
Ora aveva un sorriso stampato in viso, mentre continuava a guardare le stelle assorto. Poi un rumore improvviso tra le fronde poco più avanti di lui lo distrasse. Ron scattò in piedi, il corpo rigido e in attesa. Aguzzò la vista e si accorse di una figura che camminava oltre le protezioni e davanti a quella un bagliore che poteva appartenere soltanto ad un patronus. Si mosse con l'intenzione di andare ad avvisare Harry ed Hermione; ma quando la figura si girò i suoi buoni propositi andarono a farsi benedire.
Quello sconosciuto che seguiva il patronus era proprio il suo migliore amico. Sapeva che era il suo turno di portare il medaglione e non era saggio lasciare la tenda con quella cosa dannata appesa al collo. Poteva facilmente mettersi in pericolo, considerato l'effetto che aveva avuto su di lui. Se qualcuno poi lo avesse riconosciuto... Ron non voleva nemmeno pensare all'eventualità.
Si mosse ancor prima di prendere la sua decisione. Pochi secondi dopo si ritrovò ad evitare rami e radici alle calcagna di Harry Potter.
***
Stava camminando tra gli alberi seguendo il patronus. Era sicuro che quella cerva lo voleva condurre da qualche parte. Camminarono per dieci minuti buoni finché davanti lui si aprirono le acque di un lago. Era cristallizzato in un ghiaccio abbastanza spesso per poterci camminare, ma bisognava prestare molta attenzione. Ovunque si trovassero a dispetto del caldo di Londra, lì sembrava già che fosse pieno dicembre. Faceva freddo, ma solo quando Harry si avvicinò ulteriormente scoprì che il ghiaccio andava via via inspessendosi, come se avvertisse la presenza di qualcuno. Poco dopo ne scoprì il motivo.
La cerva che era rimasta ferma a guardarlo al centro del lago, si trasformò in una palla di luce per poi tuffarsi nelle acque torbide fino a fermarsi sopra a qualcosa. Harry non riusciva a vederla bene.
-Lumus- sussurrò, puntando la bacchetta nella direzione del patronus.
Fece un salto all'indietro e quasi cadde sul ghiaccio. Ora capiva. Il lago era stato incantato per proteggere qualcosa; e quel qualcosa era niente di meno che la spada di Godric Grifondoro.
Splendeva intatta e senza la minima usura sul fondale nero del lago, quasi in attesa di essere ripescata. Harry sgranò gli occhi mentre la consapevolezza di doversi tuffare in acqua lo bloccò un istante. Quello successivo però fu il suo coraggio a prendere il sopravvento.
-Diffindo- sussurrò mentre un buco grande quanto un uomo andava allargandosi dove prima c'era il ghiaccio.
Senza pensarci oltre Harry si tuffò. L'acqua era gelida e gli stava graffiando la pelle. Brividi di freddo lo avvolsero mentre muoveva gambe e braccia cercando di raggiungere la spada.
C'era quasi, ancora un piccolo sforzo... bastava allungare una mano.
Come avvertendo il potenzia distruttivo della spada, il medaglione che Harry portava al collo si animò. Si strinse intorno alla gola del ragazzo, tirandolo verso l'alto. Harry cercò di toglierlo, ma quello sembrava essersi serrato intorno alla sua gola stringendo sempre di più la morsa; il moro sentiva il fiato uscirgli in bollicine mentre continuava a scalciare per tornare in superficie. Il medaglione però lo tirò dalla parte opposta rispetto al buco, dove il ghiaccio era più spesso. Harry continuava a scalciare battendo forte i pugni sul ghiaccio, tanto da tagliarsi le
mani; ma questo sembrava inspessirsi alla sola presenza del medaglione.
Non aveva più fiato, sentì distintamente il bisogno acuto di ossigeno che gli trafisse il petto. Sentì anche l'istinto di prendere una boccata d'aria, ma l'unica cosa che riuscì ad ingerire fu solo acqua. I polmoni iniziarono a bruciargli, mentre sentiva il suo corpo ribellarsi e poi rilassarsi. I sensi gli si stavano intorpidendo mentre ancora furioso, il medaglione si muoveva a destra e sinistra lasciandogli segni violacei sul collo. Sarebbe morto, la consapevolezza lo lasciò di stucco. Aveva sempre creduto sarebbe morto per causa di Voldemort o uno dei suoi seguaci; invece moriva affogato in un laghetto in mezzo al bosco. La vita era strana. Era sopravvissuto a cose ben peggiori come al basilisco e alla camera dei segreti. Se lo ricordava bene quel giorno, aveva salvato Ginny da morte certa. Ginny... non aveva avuto nemmeno il tempo di dirle che anche lui l'amava. Non avevano fatto altro che litigare finché lui non era stato costretto ad andarsene. Gli mancava terribilmente e ora non avrebbe avuto più modo di dirle quanto l'amasse.
Non si sentiva più le gambe né le braccia. L'acqua ormai gli aveva inondato i polmoni. Buttò fuori anche l'ultimo granello d'aria che gli era rimasto , mentre chiudeva gli occhi diventati improvvisamente pesanti.
L'ultimo pensiero fu per i suoi amici e per lei, mentre chiudeva gli occhi e smetteva di lottare.
***
Ronald Weasley era arrivato proprio nel momento in cui Harry si era buttato , rimanendo di sasso. Ma era impazzito per caso?.
Si era buttato da un paio di minuti e non succedeva nulla, lui non risaliva. Il rosso fece qualche passo avanti arrivando fino al buco aperto da Harry poco prima. Da lì vide un bagliore metallico, socchiuse di più gli occhi per mettere a fuoco e quando realizzò che cosa c'era sotto i suoi piedi, si lasciò sfuggire un'esclamazione sorpresa.
La spada di Godric Grifondoro si trovava sul fondale, ma dov'era Harry?
Nel momento esatto in cui formulò questa domanda, un colpo abbastanza forte lo fece sussultare. Ron si guardò intorno, poi abbassò lo sguardo sui suoi piedi. Si inginocchiò e con la mano tolse la brina che ricopriva il ghiaccio.
-Harry!- esclamò, vedendo il viso del suo migliore amico esangue sotto di lui.
Ron non ci pensò un secondo di più. Si buttò dentro l'acqua gelida, cercando di ignorare il freddo che gli stava stritolando le ossa. Nuotò fino a recuperare la spada e a buttarla in superficie in malo modo.
Fatto quello, andò verso il suo migliore amico. Quando lo ebbe raggiunto lo prese da sotto le braccia e iniziò a nuotare con tutte le sue forze.
Si issò faticosamente sulla riva portando Harry con sé.
-Avanti! Harry apri gli occhi!-
Ma il moro non ne voleva sapere. Ron premette due dita sul polso, lì dove doveva esserci il battito del cuore non sentiva nulla. Iniziò ad agitarsi mentre sentiva il cuore contorcersi in una morsa dolorosa di apprensione. Cercò di calmarsi, raccogliendo tutto l'autocontrollo che aveva a disposizione.
Cominciò a praticargli il massaggio cardiaco, ringraziando mentalmente Hermione per averlo costretto ad impararlo.
-Miseriaccia Harry svegliati!- quasi urlò al limite dell'esasperazione. Il sapore amaro del dolore che iniziava a serrargli la gola.
Harry disteso sulle foglie secche fu scosso da uno spasmo, poi iniziò a tossire fuori tutta l'acqua. Ron sentì un moto di sollievo pervadergli tutto il corpo. Era vivo, Harry era vivo.
-Dov'è la spada?- chiese tra un eccesso di tosse e quell'altro.
Ron rise divertito. -Hai quasi rischiato di morire e il tuo primo pensiero è per la spada di Godric Grifondoro. Sei davvero incredibile-
-Ron?- chiese lui stupito.
-Certo! E chi poteva mai essere?-
-Sei stato tu a mandarmi il patronus?-
Ron lo guardò stranito.
-Credevo fossi stato tu-
-No, il mio è un cervo- rispose
Harry mettendosi a sedere, ancora leggermente frastornato. Appena riprese un minimo di controllo, guardò il suo migliore amico.
-Grazie-
-Non ringraziarmi tra amici si fa così, anzi... tra fratelli- gli rispose Ron nervoso.
Harry allargò impercettibilmente gli occhi. -Fratelli?- chiese sorpreso.
Ron annuì vigorosamente.
-Fratelli- sentenziò con un tono che non ammetteva repliche.
Harry sorrise radioso interrompendo il contatto visivo, mentre il litigio che avevano avuto nella tenda sembrava solo un lontano ricordo.
Si alzò in piedi e mise il medaglione su una roccia lì vicino.
-Dobbiamo ucciderlo, Ron voglio che sia tu a farlo-
-Ma Harry io non so se ne sono in grado- gli rispose lui titubante.
-Lo sei. Ed è colpa di questo medaglione se si sono creati attriti fra di noi. Tu più di tutti ne hai risentito sta a te ucciderlo. Ma stai attento, quando lo aprirò lui farà di tutto affinché tu non lo uccida. Non devi ascoltarlo e colpiscilo più forte che puoi con la spada. Hai capito?-
Il rosso annuì ancora titubante.
Harry rivolse di nuovo la sua attenzione al medaglione. Po iniziò a sussurrare parole in serpentese incomprensibili. Il gioiello vibrò è fischiò finché non si spalancò è un vortice nero lo avvolse coprendo Harry alla vista di Ron.
La potenza di quell'oggetto li scaraventò entrambi a terra. Ron afferrò la spada di Grifondoro incapace di alzarsi.
Dal fumo nero prese forma un viso deformato che assomigliava terribilmente a quello di Voldemort.
- Ho visto il tuo cuore ed è mio.
Ho visto i tuoi sogni e le tue paure Ronald Weasley- dei ragni iniziarono a zampettare verso di lui, mentre Ron indietreggiava strisciando sulle foglie secche terrorizzato -i tuoi segreti e le tue menzogne. Il figlio meno amato dalla madre che voleva tanto una femmina. Il ragazzo meno considerato dai suoi amici. La seconda scelta di tutti. Il ragazzo illuso che una donna purosangue potesse davvero amarlo, mentre in realtà preferisce il tuo nemico.-
Arrivò tutto in un sibilo alle orecchie di Ron. Ferendolo in ogni centimetro.
Sotto i suoi occhi prese forma l'immagine di Pansy Parkinson. Avanzava tranquilla mano nella mano con Draco Malfoy. Era una paura a cui lui ancora non aveva mai dato voce né con lei né tanto meno a se stesso.
-chi potrebbe mai amarti, quando ho un ricco purosangue al mio fianco.- era la sua voce in tutto e per tutto.
Ron guardava ad occhi spalancati la scena che gli si presentava davanti, mentre Pansy parlava e lo uccideva in ogni parte.
-RON! QUALSIASI COSA DICA STA MENTENDO!- era Harry ad urlare, ma il rosso non lo sentiva nemmeno.
-quale donna sceglierebbe te in confronto allo scapolo più ambito del mondo magico-
Di nuovo la sua voce lo trafisse, paralizzandolo a terra. Le mani chiuse in pugni così stretti che le nocche erano diventate bianche.
-lei è mia Weasley- sibilò il Draco che aveva davanti. Poi la baciò con trasporto e possessione. Premendole una mano sulla chioma corvina e spingendo il viso di lei contro il suo.
Ron non ci vide più. Si alzò, mentre ogni respiro gli bruciava i polmoni. L'unica cosa che voleva era uccidere quell'aggeggio. Sentiva la gelosia e il dolore rincorrersi nelle sue vene. Si slanciò in avanti verso il medaglione con la spada alzata, poi in un unico movimento lasciò cadere la lama con tutta la sua forza. L'impatto fu come una scossa, mentre il fumo spariva e dietro di lui appariva un Harry Potter ansimante e dolorante.
-Cos'era?- chiese tra un respiro profondo e l'altro il moro.
-Te ne parlerò, ma non ora- Ron respirava a fatica ancora scosso da quello che aveva visto. -abbiamo bisogno di riposare- così dicendo aiutò il suo migliore amico ad alzarsi ed insieme si incamminarono verso la tenda.
Harry guardò Ron, una lampante determinazione gli illuminava gli occhi; quella che aveva perso nei mesi precedenti.
-Fuori tre, ne mancano quattro- disse, mentre un sorriso soddisfatto fece capolino sul suo viso.
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