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Capitolo 26

PERDERE IL NORD

Musa incrociò lo sguardo di Beli e capì, e allora il terrore la invase. Fece un passo indietro, mettendo le mani avanti, passando lo sguardo da Icy, a Javier, ai giganti.

"A-aspettate..." Incrociò lo sguardo di Riven, che subito si intromise, mettendosi davanti a lei e portandola col braccio dietro di sé. Beli sorrise.

"E tu, umano, credi di poter fare qualcosa contro di me?" Chiese il gigante, creando nella mano una fiamma.

"Non azzardatevi a fare un altro passo." Dichiarò il giovane, i suoi occhi violetti si accesero di rabbia. I due giganti si guardarono, Riven mise mano all'elsa della spada.

"Non puoi batterli." Gli sussurrò Musa all'orecchio, poi si rivolse al gigante, nervosa ma cercando di sembrare convincente. "Ho giurato per voi, non potete farmi del male, avevamo un accordo. Ma posso fare qualcosa per voi, posso portarvi un'altra fata, Flora, oppure... oppure Stella! A... a proposito, io e Icy abbiamo recuperato i pugnali che volevano usare contro di voi. Anzi, io ho recuperato!"

"Pugnali? Di che tipo?" Chiese Beli, assottigliando gli occhi. Musa fece gesto ad Icy, la strega porse il cofanetto al gigante e spiegò:

"Hanno chiesto ai nani di forgiare questi pugnali, volevano usarli contro di voi."
Beli con un gesto indicò a suo fratello di aprire il cofanetto, lui lo fece e osservò i due pugnali, poi incrociò lo sguardo del gigante del fuoco e scosse la testa. Beli, quindi, si rivolse di nuovo a Musa con un sorrisetto e disse:

"Oh, fatina, ci hai provato... ma, come hai detto, hai giurato fedeltà, e Jotun ha davvero bisogno di te."
Musa sgranò gli occhi, terrorizzata e scioccata, e strinse le mani intorno alla spalla di Riven. Beli fece gesto a Javier e ad Icy. Il cacciatore si avvicinò ma Riven era pronto a combattere. Con un affondo provò a colpire il cacciatore, che però si scansò prontamente e menò un rovescio, Riven lo parò. Musa invece si trasformò e creò nelle mani due sfere viola, che scagliò contro Icy. La strega però congelò quei colpi e lanciò contro di lei una scia di ghiaccio, ma Musa la schivò. La fata fece per volare via, ma Icy creò una lastra di ghiaccio che, come un muro, le impedì di uscire: ormai era come una farfalla intrappolata da una lastra di vetro. Riven cercò di disarmare Javier, ma non ci riuscì e, sebbene tenesse duro, il cacciatore aveva dalla sua la magia: Beli con un gesto circondò Riven con il fuoco e lui d'istinto gettò a terra la spada diventata bollente. Guardò Musa, lei sembrava ormai non avere via di scampo. Quella grotta, con la sera che era calata, era diventata ancora più scura e le rocce che la formavano davano l'impressione di ingigantirsi, di prendere sempre più spazio fino a che spazio non ce ne fosse più. L'unica luce più intensa ora era data dal cerchio di fuoco, il quale faceva scintillare la lastra di vetro. Musa batteva velocemente le ali alla disperata ricerca di una via d'uscita, ma per lei non ci fu scampo. Si rivolse in ultimo con le lacrime agli occhi, implorante, alla strega.

"Icy, ti prego..."

"Oh, Musa... ora sei oscura, ma non crederai mica che io sia la tua nuova Winx..." Disse la strega, con un ghigno malvagio.

-

"Quindi..." Disse Stella, calmatasi e cercando di ricomporsi, guardando gli altri. "... mi state... mi state dicendo che non gli abbiamo dato i veri pugnali?" Batté più volte le palpebre alla ricerca di chiarimenti. Hilvegg Tabbodd sorrise e si passò una mano tra la folta barba bionda, che sembrava più chiara ora che la luce veniva dai lampioni a olio nella piazza, essendo arrivata la sera, e replicò:

"Certo che no, fata, come avremmo potuto?"

"E tu lo sapevi?" Chiese ancora Stella a Timmy, alzando un sopracciglio. Nel frattempo i nani intorno a loro però a questo punto si mostrarono poco interessati e si allontanarono, ognuno verso le proprie case per posare le armi e riposarsi.
Timmy annuì, soddosfatto ma stanco.

"Sì, Stella, lo sapevo. Io e il capomastro abbiamo concordato stamattina presto di forgiare due semplici pugnali di ferro intrisi di polline di Snufflewomp, niente di che, ma avrebbero dato l'impressione giusta a degli occhi poco esperti come quelli di Icy, o di Musa."
Stella sorrise, sollevata e fiera del suo amico, ma, col viso scuro, Martha spense gli animi vittoriosi chiedendo:

"Quindi... avevi messo in conto che Riven ci avrebbe traditi?"
I sorrisi di Stella e Timmy si spensero quando le rivolsero lo sguardo. I due amici si gettarono un'occhiata e Timmy si aggiustò gli occhiali sul naso. Serio, scosse la testa.

"No, non che Riven ci avrebbe traditi, ma non ho sottovalutato Musa e Icy neanche per un momento."
Martha scosse la testa, abbattuta, e con un gesto fece segno a Daisy di sedersi sulla sua spalla. La polvere della pixie fu una piacevole scia di luce in quel posto così buio. Si allontanò, mentre i due amici restarono da soli quando il capomastro si avviò nella sua officina. Stella e Timmy camminarono lentamente insieme verso la casa che li ospitava per quell'ultima notte. Si sentiva il vociare che veniva dalle case dei nani, molto caotici e rumorosi, ma in strada non c'era più nessuno.

"Non me lo aspettavo da Riven, non di nuovo..." Dichiarò Stella, tristemente, gettando uno sguardo al suo amico.
Timmy strinse le labbra, tenendo le mani in tasca, i suoi occhiali un po' rotti nei lati.

"Io forse un po' sì." Confessò lui, Stella fu sorpresa. "Sai, una sera eravamo da lui con Helia, ed era chiaro che fosse successo qualcosa con Musa... loro due sono come due calamite, si attraggono e si respingono ma sono due parti di uno stesso nucleo. Credo che in fondo si rincorreranno sempre, e Riven ha scelto di nuovo lei... solo che stavolta ha fatto male."

"Io credevo che fosse andato avanti... non dire che te l'ho detto, ma sono giorni che non spettegolo... e so per certo che abbia baciato Martha."
Timmy sorrise per l'incorregibile modo di fare della sua amica, ma anche un po' per la sorpresa.

"Sì, beh, forse gli piace. Ma Musa è Musa, e Riven forse non è mai cambiato..."
Timmy era un grande scienziato, era scaltro, brillante, ma le persone non sapeva capirle troppo bene e infatti non aveva centrato proprio tutto riguardo al suo amico. Stella poi, peggio di lui nel capire le intenzioni delle persone a meno che non si trattava di proteggere se stessa, una dote che aveva sviluppato purtroppo a causa delle tante, troppe delusioni e minacce contro di lei per chi era. Quindi, si fecero bastare quella spiegazione, e continuarono a camminare in silenzio per qualche minuto. Poi però fu ancora Stella che parlò:

"Sono contenta di essere venuta con te qui."

"Grazie, Stella, anch'io."

"Sì, cioè... con questa storia sembra tutto diverso dalle altre volte. Non siamo mai stati divisi, Timmy, mai così... ed ora... ora la squadra non esiste più, sembra che le Winx non esistano più... ma almeno tu sei sempre il mio amico Timmy e sei qui con me."

"Per fortuna, Stella, ci sono alcune cose che non cambiano mai..." Replicò il suo amico e, amichevolmente, le mise un braccio intorno alle spalle continuando a camminare con lei.

-

Era vero, alcune cose non cambiavano, così come non era cambiato il fatto che per quanto le loro strade fossero divise, Brandon e Logan restavano due facce della stessa medaglia. I due fratelli erano nel bosco, ad una sicura distanza dalle montagne rocciose e certi che i giganti non li stessero inseguendo. Solo allora si fermarono e ripresero fiato. Si guardarono, Logan sorrise e, ancora allibito, dichiarò:

"Sei vivo."
Brandon sorrise davanti a quell'espressione.

"Che ti aspettavi?" Replicò, tutti e due scoppiarono a ridere e si abbracciarono, anche se poi i loro visi si spensero, lasciando spazio alle emozioni più forti. Logan lo lasciò andare e si asciugò in fretta gli occhi, quindi si schiarì la voce e cercò di sembrare meno scosso.

"È stato assurdo, è stato..." Disse con un sorriso, ma Brandon, serio ma comprensivo, lo fermò:

"... Logan." Suo fratello lo guardò. "Va tutto bene. Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare il dolore."
Logan deglutì mentre gli occhi gli si riempirono di lacrime, che cercò di ricacciare dentro.

"È che... è stato così all'improvviso e..." Gli si incrinò la voce e si fermò, ma suo fratello, con aria dolce, lo incoraggiò a continuare.

"... e...?"

"E... e mi sono sentito all'improvviso così solo, e così in ritardo su tutto, come se non potessi fare più nulla, impotente. Mi sono sentito di nuovo un ragazzino come quando è morta mamma." Finalmente guardò suo fratello negli occhi, e il maggiore accennò un sorriso e annuì.

"Okay. Ora è finita, dai vieni." Lo abbracciò ancora una volta, ma stavolta alla stessa maniera con cui lo faceva quando erano piccoli, quando era lui che lo proteggeva. Quando capì di poterlo lasciare, Brandon lo sciolse dalla sua presa e Logan sorrise, riprendendo sicurezza.

"Ora sei uno di quelli che parlano di sentimenti?" Chiese fingendo di prenderlo in giro.

"Logan, fare come abbiamo fatto noi tanto tempo non è una cosa buona. Tenersi tutto dentro non è una cosa buona. E poi, bisogna dirsi le cose, belle o brutte che siano, fino a quando si può."
Logan annuì, distogliendo lo sguardo e rendendosi conto che suo fratello era molto diverso da come ricordava, ma combaciante con la versione di lui che gli aveva descritto Flora. Prese un respiro e si rivolse di nuovo a suo fratello, mentre si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore in quella sera umida e calda.

"Perché non ci hanno seguiti?"

"Sono deboli, stanno dando la loro energia a Jotun per farlo svegliare. Non hanno neanche attaccato, era perché non potevano."

"Ed ora?"

"Ed ora se gli altri se la sono cavata contro Musa e Icy e abbiamo ancora i pugnali, abbiamo una possibilità di batterli. Non possono svegliare Jotun senza sigillare il legame con la Natura."
Il minore sospirò, si posò per un attimo le mani sul viso come per riordinare i pensieri e poi, guardandolo, chiese:

"E papà?"
Brandon scosse la testa e abbassò lo sguardo, con aria delusa, affranta.

"Lascia perdere, guarda..." Sospirò, poi guardò verso il bosco. "... vieni, torniamo a casa, e speriamo di non morire provandoci." Strinse le labbra, mentre un rivolo di sudore gli scendeva lungo la tempia, lasciando traccia sul suo viso pieno di polvere e cenere.

-

Riven non si era arreso, ma aveva provato a proteggere Musa fino a farsi ferire dal fuoco, poi però Icy lo impriginò nella roccia con il ghiaccio, e con una lingua di fuoco Beli fece in modo che quel ghiaccio diventasse una sorta di cristallo indistruttibile. Si dimenò, provò a sciogliersi, a distriggerlo, ma fu inutile, anche se impiegò tutta la sua forza per raggiungerla. Fu straziante: tutto si svolse davanti ai suoi occhi come un crudele spettacolo.
Javier prese Musa, che era disperata. Tra le lacrime e le urla, la fata provò a liberarsi da lui, ma a quanto pareva Javier sapeva cosa stava facendo. Con la rete la tenne ferma, impedendole di scappare, e la percosse per fermarla dal dimenarsi. Ymir e Beli erano presso la fossa di Jotun, e ogni tanto gettavano un'occhiata per controllare a che punto fosse il lavoro, mentre Icy si godette lo spettacolo in prima fila.
Con la pietra lunare, Javier impedì a Musa di poter usare la magia, ma lei non si fermò. Nonostante il dolore e le ferite sul suo corpo, Musa si sciolse dalla presa del cacciatore e gli diede un calcio, ma Javier era molto più grosso di lei e con un solo colpo sul viso la fece cadere a terra. Il rumore di quel colpi, della caduta, dei gemiti, riecheggiava in quella grotta tetra. Riven provò ancora a liberarsi, urlò, cercò anche solo con la voce di fermare Javier, ma fu inutile, e gli salirono le lacrime agli occhi quando fu costretto ad assistere impotente alla scena: Musa ormai era immobilizzata, con le lacrime che le rigavano il viso tumefatto, e la falce affondò tra le sue scapole. Riven sgranò gli occhi, restando a bocca aperta e con le lacrime agli occhi mentre un urlo disperato fu lanciato dalla fata. La linfa dorata cominicò a colare, così come il sangue, mentre Javier affondava la falce per strappare via le ali. Musa gridava, ormai impotente, mentre Riven non poteva fare altro che restare a guardare. Il giovane pianse, mentre alla sua fata veniva portato via tutto, mentre quelle mani la percorrevano alla ricerca del suo essere fata.
Icy era a braccia incrociate, a pochi passi da Riven, e osservava attentamente, seria, mentre solo a tratti accennava un sorriso.
Quando il cacciatore completò il lavoro, tra le sue mani aveva un paio di ali scintillanti, mentre Musa cadde a terra stremata, tremante, distrutta e ancora in lacrime.
Riven teneva lo sguardo su di lei, piangeva silenziosamente immaginando soltanto cosa stesse provando la fata. Come un flashback, ripensò a lei, ai loro momenti. Davanti a lui c'era una Musa distrutta, una che aveva perso tutto anche ben prima di quell'ignobile gesto, e Riven non sapeva il perché. Perché lui ne era certo, c'era molto di più oltre a quell'incantesimo che le aveva fatto male. La Musa che ricordava lui era scoppiettante, proprio come la sua musica più allegra. Testarda, sì certo, anche troppo a volte, ma se avevi il suo cuore eri ricco. Riven lo sapeva, e sapeva di averlo tenuto tra le mani quel cuore, solo che non aveva saputo custodirlo. A volte aveva stretto troppo, altre volte troppo poco, fino a vederlo scivolare via da lui. Certo che aveva pensato a lei in quegli anni, lei era stata l'unica disposta a scavare sotto quelle macerie che erano la sua storia, ma Riven aveva capito che non poteva chiederglielo, che doveva offrirle un cuore sano, all'altezza del suo, ed era per questo che era andato via. Non sapeva se fossero giusti l'uno per l'altra, forse no, come diceva Brandon, che rincorrersi andava bene solo per un certo tempo, poi ci si doveva trovare. E Riven tenne lo sguardo su Musa, sui suoi occhi dallo sguardo rotto, e li vide anche scintillare. Musa non si era arresa, e mai lo avrebbe fatto, anche se ora era distrutta, e Riven la trovò. Era davanti a lui come uno specchio e Riven si rivide. Rivide se stesso, sotto le macerie, arrabbiato. Vide se stesso come quando era un animale feroce che non lasciava avvicinare, ma solo perché il dolore per quelle spine gli faceva mancare l'aria. E Musa era lì, davanti a lui, ed ora toccava a lui scavare sotto quelle macerie per risanare il suo cuore.

-

"Com'è morire?" Chiese Logan, rompendo il silenzio, mentre erano entrambi seduti accampantisi alla buona in mezzo al bosco avvolti dal buio pesto. Era troppo tardi per continuare, e il bosco di quella parte di Linphea, che portava alle montagne rocciose, era troppo insidioso se non si vedeva nulla. Decisero di non farsi luce in alcun modo, temendo che avrebbero potuto scovarli in qualche modo. C'era giusto il chiarore delle rune sulla spada del soldato. Brandon alzò lo sguardo, accennò un sorriso.

"Non ti piace il silenzio, non è vero?"

"Tu rispondi."

"Beh, intendi cosa si prova o vuoi sapere se ho visto l'altra parte?" Chiese quindi il maggiore.

"Entrambe." Rispose l'altro. Brandon prese un respiro, mentre rompeva tra le mani i fili d'erba secchi.

"Doloroso. O almeno per me, sono morto trafitto da una spada. Non è stata la prima volta che sono stato ferito, ma, credimi, c'è differenza tra una ferita come un'altra ed una mortale." Logan strinse le labbra, poi aggiunse:

"Comunque bella la tua spada." Fece un cenno verso quella a terra, le cui rune erano illuminate leggermente.

"Oh, grazie." Replicò l'altro, accennando un sorriso.

"Flora ha detto che ne avresti avuto bisogno e mi ha detto di portarla."

"Mi conosce bene."
Ci fu silenzio.

"Qual è l'ultima cosa che ricordi? A che hai pensato mentre morivi?

"Flora." Rispose suo fratello senza pensarci su.

"E l'altra parte?"

"Forse un giorno te lo racconto." Concluse l'altro, poi però divenne serio. "Logan, Flora..." Non terminò la frase, o la domanda che voleva porgli.

"Sta bene." Rispose suo fratello, poi strinse le labbra. "Lei... è una tipa tosta, anche se non sembra."
Brandon sorrise con un nodo in gola.

"Già..."
Ci fu di nuovo silenzio, che Logan ruppe ancora:

"So che vuoi vendicarti di papà, e lo faremo."
Un tuono squarciò il cielo, Brandon si schiarì la voce e disse:

"Voglio ucciderlo. Non può continuare a vivere dopo quello che ha fatto."
Logan restò per qualche secondo a guardarlo nell'ombra, distinguendo la sua figura ora che i loro occhi si erano abituati al buio. Brandon era estremamente serio.

"Lo faresti davvero? Tu?" Chiese Logan, ma non c'era neanche l'ombra di uno scherzo o leggerezza nella sua voce o nella sua espressione.

"Non puoi capire cosa le ha fatto, come l'ha ridotta..." Brandon distolse lo sguardo acquoso, senza abbassarlo. "... l'ha distrutta: Flora non è più la stessa, lei..." Gli si incrinò la voce, poi rivolse lo sguardo a suo fratello quando lui disse:

"Non te lo perdoneresti mai se uccidessi papà, per quanto puoi odiarlo."

"Non mi perdonerei se non lo facessi. L'ho lasciata da sola," Logan restò a guardarlo, capendo che il discorso tornava alla fata piuttosto che a loro padre, perché era lei il centro di tutto. "lei me l'ha chiesto esplicitamente, era così preoccupata per tutto e aveva ragione. Ho fatto così tanti errori con lei, e primo fra tutte: io non ci sono stato. Non c'ero quando l'hanno presa, non c'ero quando voleva parlarne, io..." Sospirò, passandosi una mano sul mento ispido. Non poteva ammetterlo ad alta voce, non poteva ammettere che quando lui era venuto meno qualcun altro c'era, e non un qualcun altro qualunque, ma Helia. "Aveva bisogno di me. E pensare che mio padre è il protagonista dei suoi incubi mentre le dormo accanto..."

"Sai che se ne sei convinto io non ti fermerò. Anzi."

"Lo so, perché io e te non siamo diversi, e in fondo non siamo neanche così diversi da lui."

"Ma tu è tutta la vita che provi ad essere diverso." Puntualizzò Logan, suo fratello strinse le labbra.

"E forse non ci sono riuscito."

"Se non ci fossi riuscito non passeresti i tuoi giorni a proteggere la Corona di Eraklyon, e non avresti neanche una come Flora al tuo fianco."
Brandon gli rivolse lo sguardo. "Lei ti conosce, e lo so perché me ne sono accorto per come parla di te. E a suo rischio e pericolo si è presa tutto il pacchetto, compresa quell'oscurità che ti porti dietro tanto quanto me. Io l'ho coltivata, tu hai deciso di metterla a tacere, ma è sempre lì. Lei la vede... un po' perché ti ama, un po' perché credo sia una cosa della sua magia." Ci rifletté per un attimo, poi sorrise. "No, dico sul serio, i suoi occhi sono verdi ma sono come dei laser che ti passano attraverso, è assurda!" Aggiunse ridacchiando, Brandon rise, poi però il suo viso di dipinse di amarezza.

"Non siamo mai stati così distanti io e lei, io mai così chiuso e lei neanche. A volte vorrei solo che la nostra vita fosse più normale, senza dei che tornano dall'altro mondo e mio padre che le ruba le ali."

"Non devi perdonarlo, ma sta' attento con quello che fai."

"Cos'è, ora sei saggio e prudente?"

"No, certo che no. Ma in questi anni ho preso delle vite, troppe. E qualcuno mi ha fatto capire che non si torna indietro, per quanto ci si provi."

"La tua amica vampiro?"
Chiese Brandon, accennando un sorrisetto.

"Già... Caroline mi tiene sulla strada giusta, almeno giusta in confronto a quella di prima. Mi ha salvato quando nessuno poteva più farlo." Ci fu silenzio. "Flora è il tuo nord, Brandon, non te lo dimenticare."
Suo fratello non replicò, ma rivolse lo sguardo al cielo scuro.

-

Il giorno seguente, Timmy, Stella e Martha si diressero in fretta all'officina per prendere i pugnali ormai finiti. Quei tre giorni erano stati intensi e i nani erano stanchi di avere gente alta intorno, soprattutto se quegli alti portavano streghe. Martha era diventata ancora più silenziosa, mentre Timmy e Stella iniziavano a sentire un po' di imbarazzo nei suoi confronti tanto era chiusa la melissa. Attendevano Hilveg Tabbodd in officina, lui era da qualche parte al lato di sotto, Stella cercò di rompere il silenzio:

"Non vedo l'ora di andarmene, questo posto è così buio!"

"Già... in effetti anche a me manca la luce del sole." Replicò Martha, guardando verso la vetrata, ma la luce che ne entrava era misera e le lampade erano accese. Ci fu di nuovo silenzio, ma stavolta furono salvati dal capomastro che arrivò sbucando per le scale con un sorriso soddisfatto e porse il cofanetto a Martha.

"Ecco qui," Disse, si passò una mano tra la barba, mentre i tre giovani tenevano lo sguardo su di lui e dal piano di sotto si sentivano rumori di martellature. "sono una delle cose più belle che abbia mai forgiato." Martha gli sorrise. "Mi raccomando, ora salvateci tutti." Aggiunse poi il nano, spegnendo il suo sorriso, e guardando tutti e tre.

"Lo faremo." Promise Stella, con un cenno, Martha la guardò, sorpresa, e si sentì un po' in colpa.
Lasciarono la città dei nani, salutando e ringraziando per l'ospitalità, anche se il piccolo popolo non replicò in maniera particolarmente calda, anzi. I tre giovani risalirono le radici dell'Yggdrasil, tornando al mondo di sopra, e pronti per dirigersi verso la loro ultima tappa: il Coeden. L'albero magico si trovava alla Città degli Alberi, la stessa casa del Salice Nero, e ormai sembrava quasi fatta. Stella non sopportava il silenzio e ormai, sentendo la vittoria in tasca soprattutto per come avevano sconfitto Musa e Icy, parlò quasi per tutto il tempo. Timmy la ascoltò con piacere, anche perché non conosceva praticamente nessuno delle persone menzionate da Stella, se non di nome, e si distraeva dalle più grandi preoccupazioni che lo tormentavano. Era ormai tempo che non sentiva Tecna, e si chiedeva come stesse, si chiedeva di Eraklyon. Era sembrata entusiasta di tornare a lavorarci, ed era una gran cosa considerati gli anni che erano passati, eppure quando era partito l'aveva sentita distante, chiedendosi allora cosa stesse succedendo. Ma il turbamento certo non finì lì: tornati al mondo di sopra, poterono vedere in che condizioni era ormai la natura di Linphea. Fuoco e gelo avevano distrutto tutto, boschi spogli e alcune parti completamente incenerite, un cielo tetro, minaccioso di tempesta, e l'aria tanto sabbiosa che lasciava la gola secca. Stella spense subito il suo sorriso e si zittì, a Martha salirono le lacrime agli occhi. Si scosse quando sentì la mano di Stella sulla sua spalla, guardò la principessa.

"Va tutto bene?" Chiese Stella, accennando un sorriso. Martha annuì, stringendo le labbra, poi aggiunse:

"Dobbiamo solo raggiungere il Coeden, forza, sbrighiamoci, e da lì proverò almeno a contattare Flora per dirle che ce l'abbiamo fatta."
Martha allora provò a chiamare a sé la grande foglia che li avrebbe portati alla Città degli Alberi, ma non ci riuscì. Perplessa, ci provò ancora, ma non accadde nulla.

"Che succede?" Chiese Timmy, perplesso. Martha sembrava confusa quanto lui.

"Io... non capisco... c'è qualcosa che non va nella natura." Borbottò Martha, poi lo sentirono e capirono di essere nei guai.

-

Quella notte, i giganti avevano dato a Jotun le ali di Musa, lei era una delle fate più potenti della Dimensione Magica e ormai era oscura: una magia sufficiente per sigillare il legame che il padre dei giganti aveva rubato a Brandon e che ora gli permetteva di penetrare nella natura. Jotun non aveva lasciato la sua fossa, ancora non poteva, il che aveva consolato Riven almeno quel poco, pensando che almeno avevano ancora un po' di tempo, ma questo non lo aveva fermato. Jotun era nella natura, nel pianeta, nel cuore di Vymarna. Il padre dei giganti rese sua parte di quella natura e lanciò un grido di comando. Alle prime luci dell'alba il gigante lanciò il suo ordine, un ruggito che pervase Linphea e fece tremare la terra, a quel punto, gli spiriti della natura furono obbligati ad obbedirgli, e Linphea divenne caos.
Per Ymir e Beli, fermando quel flusso di magia che donavano al padre, fu come riacquistare nuove forze. Si prepararono per combattere, ma prima il gigante del fuoco fermò Javier, che anche stava infilando la spada nel fodero. L'uomo alzò un sopracciglio, in cerca di spiegazioni, e Beli disse:

"Credo di poter fare qualcosa per te." E nella sua mano si accese una fiamma.
Lasciarono la grotta, e con loro anche Icy, che si limitò a gettare un'occhiata alla fata seduta tremante a terra. Mentre Riven era ancora intrappolato nell'incantesimo di ghiaccio, gettò un'occhiata a Jotun, che sembrava essere avvolto da una luce gialla e che faceva pensare che non ci si poteva avvicinare. Il giovane, col cuore spezzato, guardò invece Musa. Aveva provato a chiamarla, a parlarle, durante quelle ore, ma era stato inutile: lei era stata ferma immobile, pervasa solo da un tremolio, con gli occhi lucidi fissi davanti a sé. Beli aveva avuto la pietà di cicatrizzarle le ferite, ma ovviamente fuoco vivo sulla pelle non era stato un qualcosa di così sollevante.
Quando i loro nemici lasciarono la grotta, e sì, Riven pensò i loro nemici, il giovane provò a chiamarla ancora.

"Musa... ehi, ti prego, guardami." La implorò lui, con un nodo alla gola. Ciò che aveva visto l'aveva straziato, e il pensiero di come lei potesse stare in quel momento lo uccideva. Si sarebbe strappato il cuore dal petto per darne a lei uno nuovo. Aveva provato a dimenticarla, si era stancato di rincorrerla, e non sapeva se la amava ancora o davvero, ma sapeva che avrebbe dato la vita per salvarla da se stessa e da quell'incubo che si era costruita intorno. Provò ancora a liberarsi, come ci aveva provato in quelle ore, ma fu inutile. Poi si fermò quando sentì la sua voce roca per le urla e il pianto:

"Smettila, non puoi liberarti da solo."
Lui la guardò.

"Dobbiamo andarcene di qui." Dichiarò lui, deciso.

"E cosa pensi di fare dopo?" Replicò lei senza guardarlo. "Lo vedi?" Gli mostrò l'avambraccio e finalmente gli rivolse lo sguardo, ma solo per un attimo perché poi lo abbassò. "Ho giurato per loro. Beli e Ymir mi distruggerebbero, possono farlo. Avrei dovuto aspettarmelo..."

"... Musa..."

"... Il punto ora è che devo necessariamente uccidere Javier, mi capisci, non è vero?" Lo guardò, Riven era senza parole. Lei sembrava pericolosamente lucida e calma. "Certo, non posso più volare, lo so, ma ho sempre un pugnale falso che conficcato nel cuore può fare un buon lavoro."
Riven era con la bocca semiaperta. Cercò di trovare le parole.

"Tu non ucciderai nessuno: Musa, fermiamoli, fermiamo i giganti e tutta questa pazzia."
Musa alzò un sopracciglio e scosse la testa, insoddisfatta.

"E darla vinta a Flora? No, per favore."

"Si può sapere perché ce l'hai tanto con lei?" Chiese di rimando il giovane, lei lo guardò e accennò un sorriso.

"Si può sapere perché tu no? Non dovevi stare dalla mia parte?" La fata si alzò, Riven la seguì con lo sguardo. "Oh, capisco..." Disse poi lei annuendo. "Quindi sei tu che hai aiutato Brandon a scappare. Quindi... in pratica è colpa tua se Javier mi ha preso le ali."
Riven si accigliò, preoccupato.

"No, Musa, non è..." Ma si fermò. Era colpa sua. Era vero. "Musa, non so cosa sia successo mentre non c'ero, cosa ti abbia fatto Flora di tanto terribile..."

"Zitto, zitto, zitto!" Esclamò la fata stizzita. "E lo dici con quel tono tipo Cosa potrebbe mai fare Flora di terribile? Come se fosse assurdo soltanto pensarlo. Ma tranquillo, il punto non è lei, non voglio darle così tanta importanza più di quanto non ne abbia avuta già! Lei piuttosto è l'emblema, per questo la menziono... Si sono sacrificati tutti per lei, questo lo sai? Questo te l'ha detto? No, certo che no! Ti ha solo detto che ora Musa è una fata oscura e non si è fatta vedere per almeno due anni! La tua cara amica Flora è un'egoista! E così tutte le altre!" Si passò una mano tra i capelli, il ciuffo più lungo che aveva avanti perché il resto erano più corti, ora le cadevano giusto dietro le orecchie. "Siamo delle fate, proteggiamo la Dimensione Magica, ma lei ha pensato solo a se stessa. Era promessa a Jackson e si è sposata con Brandon, non mi sembra una bella persona, a te?" Glielo chiese, ma non gli diede il tempo di rispondere. "E invece di prendersi la responsabilità di ciò che ha fatto se l'è presa con Sebastian. E lui poteva lasciarla perdere, poteva tornare alla sua vita, ma no, ha deciso di combattere e in quella schifosa guerra ci è morto! E nessuno si è preoccupato di lui! Nessuno ha pensato di trovare un modo per curarlo, e nessuno dopo ha fatto qualcosa per la sua famiglia!"

"Musa..."

"Cosa potrebbe fare Flora di tanto terribile?! Ha fatto uccidere Jackson! Già, perché quello... quello stupido di un principe di lei si era innamorato e l'ha difesa da suo padre! E tutto quello che Flora ha fatto è stato andare e venire da Sakoma come fosse una superstar solo perché è la keimerina!" La sua voce era sola in quella grotta scura e vuota. Musa prese un respiro, guardò Riven negli occhi. "E io sono diventata una fata oscura, quell'incantesimo doveva compierlo lei, ma Brandon si è messo in mezzo, perché Brandon per lei si mette sempre in mezzo che guai se gliela toccano, e voleva chiudersi ad Obsidian a costo di impedirglielo. Ed io ero quella che maneggiava meglio la magia oscura, e Jackson poi è morto, e io... e io per una volta ho sentito di dover far qualcosa che riempisse. Bloom ci vive di atti eroici, credevo che per me sarebbe andato allo stesso modo. Non facevo che svuotarmi, pezzo dopo pezzo, e finalmente sembravo adatta a qualcosa." Concluse poi, abbassando i toni.

"Non dovevi dimostrare nulla a nessuno." Dichiarò Riven, serio.

"Ah, davvero?" Replicò lei, alzando un sopracciglio ma la sua espressione era enigmatica: beffarda, amareggiata, spaventosa. "Eppure io per te non ero abbastanza."
Riven si sentì spezzare il cuore, soprattutto ora che, con il senno di poi e le esperienze fatte, sapeva quanto male le aveva fatto.

"Non è vero, era il contrario."

"Giusto, giusto, com'era la cosa? Non sei tu il problema, sono io..." Scosse la testa, seccata. "... vedi, Riven, io avevo successo, diamine! E poi... poi non lo so cosa è successo, perché le folle chiamavano il mio nome ma... ma poi io restavo da sola. Le mie amiche erano fate bianche, e credono che non mi sia accorta di come mi guardavano, con quel misto di paura e pietà. Faragonda mi ha detto che era fiera di me ma dovevo stare attenta. Mio padre ha smesso di parlarmi da quando ha saputo. La mia migliore amica ha perso tutto, ha perso la sua magia, ed io dentro sentivo solo rabbia e confusione e non ho potuto fare niente per lei! Sai cosa significa vedere qualcuno che ami distrutto e non poter fare niente?!" Esclamò lei, distolse lo sguardo guardandosi intorno, lui sentì dentro di rispondere a quella domanda.

"Sì, Musa, perché ti ho di fronte."
La fata incrociò subito i suoi occhi violetti. La sua voce tremò leggermente, incerta, poi però più sicura dichiarò:

"Ma io non sono una debole." Si accigliò. "Credi che farò come Flora? Che ora mi metterò a piagnucolare perché mi ha preso un cacciatore? Santo cielo quanto è stato insopportabile vederla, e tutti a chiederle come stesse, tutti a preoccuparsi per lei... secondo te l'avrebbero fatto se l'incantesimo l'avesse compiuto lei?" Riven non aveva una risposta, restò a guardarla. "Se il suo di cuore si fosse oscurato, credi che tutti si fossero amareggiati per la povera Flora presa dai cacciatori? Io non credo, Riven, non credo proprio, ma alla fine è andata diversamente."

"Le tue amiche ti vogliono bene," Replicò Riven, lei alzò gli occhi al cielo. "erano tutte preoccupate per te. E la sai una cosa? Flora si fidava di te. Lei voleva chiederti aiuto quando non sapeva quello che le avevi fatto." Musa sembrava annoiata da quel discorso. "Fino all'ultimo momento lei ti ha considerata una sua amica. E quando ho visto le altre, loro tutte ci speravano di vederti, erano in pensiero per te. Musa, pensaci, loro..."

"Tzz-tzz-tzz!" Lo zittì lei, si avvicinò a lui e lo guardò negli occhi. "Ti rendi conto di quando poco credibile sia questo discorso se viene da te?" Chiese con un sorriso, si avvicinò a lui. "Ascolta, Riven, non mi importa di loro, a loro non importa di me. Ma ora è diventata una questione personale, come immaginerai... ucciderò Javier, e credo che ucciderò anche Brandon perché non si scherza con la morte, e lui il destino ormai se l'è segnato. Poi capirò cosa fare, lo sai, non sono una che fa progetti a lungo termine, sono un fuoco vivo, io, seguo la melodia...", Si fermò solo per un istante, come se le sue stesse parole le avessero causato nostalgia, ma poi riprese: "... tu ora verrai con me, dopotutto mi porti sulla coscienza, hai visto tutto. E magari Brandon lo uccidi tu, altrimenti posso sempre lasciarti qui... cosa credi che ti faranno Beli e Ymir quando sapranno che sei un traditore?" Sorrise. "Credi che ti uccideranno di colpo o ti faranno soffrire prima?"
Riven assottigliò gli occhi.

"Quindi stai dicendo che mi permetti di scappare di qui a patto che uccida Brandon?"
Musa sorrise e annuì.

"Esatto, vedi? Iniziamo a capirci! E pensare che l'incomprensione è sempre stata il nostro problema."
Riven restò a guardarla, scuro in viso mentre lei sembrava indisturbata.

"Perché? Perché uccidere Brandon ora? Lui è l'emblema di qualcos'altro?" Chiese il giovane, pieno di collera.

"Beh, diciamo che stando ai fatti lui è quello già morto, e ne basta uno per distruggerli tutti, una reazione a catena! Vuoi sentirla?" Spiegò lei, Riven era sconvolto da tanta tranquillità e disinvoltura, teneva lo sguardo su di lei, che continuò come se stesse spiegando una sorta di pettegolezzo, eccitata: "Allora: muore Brandon, cadono due tasselli, Flora e Sky. Cade Sky, cade Bloom; cade Bloom, cade Stella. Poi con Flora cade Aisha, e con lei Tecna e Nex, e con Tecna Timmy. E poi ovviamente con Flora cade Helia. Vedi che lei è l'emblema? Con un solo colpo mi permette di farli cadere tutti. E noi semplicemente riportiamo nel mondo dei morti qualcuno che il destino aveva già deciso di fare fuori." Sorrise. "Sei pronto?"
Riven, accigliato, strinse i denti: Musa faceva sul serio.

-

"Helia, stai bene?" Chiese la keimerina, avvicinandosi a lui quella mattina presto. Non avevano idea delle tante cose che erano successe su quel pianeta quella notte. Il bach era sul portico, guardando verso il bosco, alzò lo sguardo verso di lei.

"S-sì, sto bene. Sono solo in pensiero... c'è qualcosa nella natura che... è come se trepidasse." Strinse le labbra, poi le prese la mano per farla sedere accanto a lui. "Hai notizie... di chiunque?" Chiese poi, c'erano troppi fronti aperti.

"No, e sono in pensiero..." Si fermò e sul suo viso si dipinse una smorfia di dolore. Helia, preoccupato, si accigliò.

"Ehi, va tutto bene?" Chiese subito. Lei prese un respiro e si rasserenò, tenendogli le mani.

"Sì, va tutto bene, le cose iniziano a farsi un po' più dolorose, pare che sia normale... insomma, per quel poco di normale che ci possa essere in questa gravidanza." Risero piano, Helia teneva lo sguardo su di lei. Sospirò.

"Flora..." Ma non poté continuare: sentirono quel ruggito, la terra tremò, e allora cominciò tutto. Si alzò un forte vento e grandi nuvoloni cominciarono a vorticare in cielo, che si aprì in un temporale. Il vento era così forte che gli alberi sembravano sradicarsi, le porte della casa cominciarono a sbattere violentemente.

"HELIA, CHE SUCCEDE?!" Chiese la fata, spaventata, cercando di farsi sentire dal suo amico. Il bach ora aveva tutto chiaro e le disse:

"ANDIAMO DA VYMARNA! ADESSO!"

-

Brandon e Logan erano in mezzo al bosco quando accadde. Sentirono la terra tremare sotto ai piedi, la tempesta si scatenò. Neanche le chiome folte degli alberi potettero ripararli dalla pioggia incessante e pesante che cominciò a cadere, anzi, iniziarono a muoversi con violenza portatr da quel vento.

"Ma che...?!" Esclamò Logan stranito, poi si scansò in tempo per non essere colpito da un ramo che si era strappato via. Si rivolse a suo fratello. "CHE DIAVOLO SUCCEDE?!"

"NON SENTO PIÙ VYMARNA," Dichiarò Brandon, intorno a loro era una vera e propria tempesta. "MA CREDO CHE SIA IL CASO DI ANDARE DA LEI!"
Suo fratello annuì, così insieme cambiarono direzione per raggiungere l'antro della Natura. Ma non fu semplice per niente. La terra iniziò a tremare ancora, ma questa volta le scosse erano veloci, ritmiche, e Brandon ebbe paura perché sapeva cosa potesse essere. Mentre le radici degli alberi si sradicavano, mentre la pioggia sferzava loro il viso, Brandon e Logan si affrettavano verso il cuore di Linphea.

"Credi sia Jotun?!" Chiese allarmato suo fratello.

"Non so come, ma sì!" Rispose il maggiore. E se Jotun era arrivato aa Natura, se la terra tremava, allora il suo piccolino era in pericolo. Il suo cuoricino batteva veloce, la terra con lui, e Brandon sentiva come se il tempo gli stesse scivolando via dalle mani come sabbia. E quei minuti divennero ancora più veloci a scorrere via quando dovettero fermarsi: la strada fu loro tagliata. Mentre gli alberi si agitavano, da questi vennero fuori delle driadi, che somigliavano più a creature oscure. La loro pelle era diventata scura, come se la corteccia fosse bruciata, i loro capelli rami e foglie secche, i loro occhi neri come carbone. Brandon sfoderò subito la spada e Logan anche. Le driadi con dei gesti fecero salire le radici dal terreno, mentre la natura intorno a loro si agitava per la tempesta, e le indirizzarono contro i due giovani. Loro si difesero, spezzando le radici con la spada. Avanzarono entrambi, sincronizzati, fermando le driadi, ma Brandon ordinò a suo fratello di non ucciderle.

"Così ci seguono e fanno prima loro?!" Esclamò suo fratello, ironico, mentre combatteva.

"Sono spiriti della natura, non hanno alcuna colpa!" Gli disse Brandon. Non sapeva in che modo, ma Jotun aveva preso il controllo e quelle erano solo driadi, non poteva ucciderle. E poi, Alyssa stessa ne era una, e se Jotun avesse controllato anche lei?
Certo era che le ninfe oscure non si facevano tanti scrupoli, mentre il tempo scorreva veloce.

-

Helia e Flora, insieme con Nikolai, si precipitarono da Vymarna capendo che qualcosa era andato storto. La mente di Flora viaggiava a chilometri orari, pensando che forse Logan non ce l'aveva fatta, che se Jotun era arrivato a tanto allora aveva avuto la meglio su Brandon. Le salì l'angoscia, la preoccupazione, la paura. Non appena arrivarono da Vymarna, che aveva le sue ninfe schierate, sentirono la terra tremare. Flora ebbe un tuffo al cuore: sapeva che era lui. Corse verso la quercia, mentre persino anche questa veniva mossa pericolosamente dal vento.

"Vymarna, che sta succedendo?!"

La Natura era immobile, con i piedi piantati a terra, mentre i suoi capelli e orecchini si muovevano col vento e la pioggia. Le sue labbra erano strette, la sua espressione piena di collera. Guardò Flora con rabbia.

"Jotun è arrivato al mio cuore."
La keimerina sgranò gli occhi, istintivamente fece un passo indietro per lo sgomento, coprendosi la bocca con la mano. Helia la raggiunse subito e ascoltò con lei. "La mia natura è in mano sua ora. Mi distruggerà. E tu devi impedirlo, keimerina, o morirò io e anche tuo figlio." Flora sentiva quel cuoricino battere, tenne lo sguardo fisso su Vymarna, che era adirata. Cosa poteva ancora fare? Non sapeva se Brandon sarebbe tornato da lei, non sapeva se la sua magia sarebbe bastata. Era forte? Sì, lei lo era, ma il mondo le stava crollando addosso, letteralmente, e si sentiva come cercando di restare a galla mentre l'acqua le riempiva i polmoni.

"Mi sembra che siamo arrivati alla fine, non credete?"
Si voltarono e videro Beli, Ymir, Javier e Icy. Il gigante del fuoco, dopo aver pronunciato quelle parole, fece un passo avanti e creò una fiamma tra le mani. Flora si trasformò subito e fece la stessa cosa.

"Credi davvero di far paura?" Replicò la fata, guardandolo negli occhi. Il gigante accennò un sorriso.

"Sì, credo proprio di sì, fata." Rispose e allargò le braccia, quindi il fuoco circondò Flora divampando. Ma la keimerina congelò quelle fiamme con un gesto e le fece esplodere. Beli alzò un sopracciglio, stupito, ma poi i suoi rinforzi arrivarono.
Le ninfe oscure si riversarono nell'antro, Icy si alzò in volo pronta a combattere, Javier sfoderò la spada. Flora lo guardò negli occhi, dentro si sentì tremare. Erano dello stesso colore di quelli di Brandon e quella costatazione fece montare in lei la rabbia.

"Tu..." Disse guardandolo. Fece un passo verso di lui, gli occhi della keimerina si accesero mentre la magia scorreva dentro di lei. Aprì le mani e creò due sfere rosa che sembravano piene di elettricità.

"Oh, fiorellino, non metterti contro di me." Le disse Javier con un sorriso accennato e l'espressione crudele. Flora scagliò quei colpi contro di lui, ma Javier li parò con la spada che di colpo divenne una lingua di fuoco. La fata non si lasciò intimorire, quindi creò dei rampicanti che lo avvolsero e lo scaraventarono a terra. "Quindi fai sul serio. Va bene." Dichiarò il cacciatore. Posò a terra la punta della spada e una striscia di fuoco arrivò fino a lei ma Flora si alzò in volo scansandosi. Nel frattempo, Helia si occupava di Icy: la strega aveva scagliato un incantesimo contro le radici di Vymarna, ma il bach con il fuoco impedì a quella magia di toccare la Natura. Helia dominò l'aria e volò davanti a lei, dunque controllò a suo favore quella tempesta e dominò i fulmini.
I due giganti invece raggiunsero Vymarna e Nikolai, che erano alle radici. Il fuoco e il ghiaccio si unirono: e l'antro di Vymarna crollò.

La stessa tempesta fu accolta com sgomento da Stella, Timmy e Martha. I tre amici avevano dovuto trovare un altro modo per raggiungere la Città degli Alberi: sebbene in quel luogo non ci si potesse teletrasportare in alcun modo, Stella con il suo scettro poté portarli alle pendici di quell'altopiano. A fatica, i tre si avviarono verso il punto più alto. Daisy si teneva stretta alla sua fata, che aveva un nodo in gola perché sapeva che la sua Natura stava venendo attaccata e quella reazione poteva essere soltanto causata dal risveglio di Jotun. Quando arrivarono alla Città degli Alberi tutto era devastato: gli alberi erano sradicati, la scala d'acqua procedeva violentemente. Soltanto il Salice Nero e il Coeden restavano piantati a terra, mentre le loro chiome erano in balia della tempesta. Martha indicò loro la via e Stella e Timmy la seguirono. Raggiunsero il Coeden, un grande albero dal tronco come quello di una quercia, ma il suo colore era di un verde scuro come se fosse completamente ricoperto da muschio. Come il salice accanto a lui, i suoi rami erano lunghi, ma erano intrecciati fra loro in spirali e le foglie erano blu scuro. Si avvicinarono, Martha posò una mano sul tronco e mormorò delle parole in linpheiano antico, quindi la corteccia sotto la sua mano emanò luce e la melissa fece un passo indietro. Dall'albero venne fuori una ninfa, sembrava anziana come Vymarna, forse giusto un po' meno. La sua pelle era verde come il suo albero e i suoi capelli blu come le sue foglie, raccolti in due trecce che le scendevano lungo le spalle. Sembrava addolorata.

"Melissa, cosa cerchi in un tempo come questo?" Chiese lo spirito, la sua voce era melodiosa.

"Ho bisogno del tuo aiuto, della tua linfa. Abbiamo forgiato i pugnali di Érauidd per fermare Jotun." Spiegò Martha, ormai disperata. Lo spirito annuì. Quindi Timmy le porse il cofanetto e Martha tirò fuori i tre pugnali e li tenne in mano davanti alla ninfa. Lei, noncurante della tempesta che le imperversava intorno, si concentrò su quelli. Passò sopra la mano, i suoi occhi blu si illuminarono e la sua mano, illuminata, fece cadere come dell'acqua, che i ragazzi capirono era la linfa. Guardò i ragazzi e i suoi occhi si spensero, porse a Martha i pugnali.

"Ora salvateci." Dichiarò.
Martha restò ferma con un nodo in gola, Stella se ne accorse e allora prese lei i pugnali, notando che Martha si era come bloccata. Realizzando come lei stessa aveva agito, Martha si scosse, ma seguì Stella con lo sguardo che invece gestì la cosa. La principessa fece un gesto di riverenza verso la ninfa.

"Grazie, ora possiamo andare. Linphea starà bene." Promise. La ninfa annuì speranzosa, quindi con un passo indietro tornò al suo albero. Martha guardò Stella, la principessa sembrava perplessa. "Stai... bene?" Chiese, Martha annuì debolmente, ma sembrava alienata. Stella però sorrise eccitata e aggiunse: "Bene! A quanto pare la festa è da Vymarna... andiamo?!"

Ehilà meravigliosi e amatissimi germogli di lullabea! Come state?
Prima cosa fra tutte: GRAZIE❤ siete meravigliosi e bellissimi, amo leggere i vostri commenti e adoro chiacchierare con voi sotto questi capitoli!!!! Ed eccoci qui! Allora, che ne pensate?
Vorrei fare una piccola parentesi su Musa (prometto che non mi dilungo troppo): io non la condanno affatto. Ha perso persone importanti e ha perso se stessa tutto in una volta, non ha potuto elaborare il lutto per Sebastian e Jackson perché doveva combattere contro se stessa mentre il cuore le si oscurava. Per me Musa ha le sue ragioni. Effettivamente, Flora ha elaborato la cosa diversamente: aveva Aisha, Brandon, la sua famiglia, e un cuore non oscuro, e tre anni sono bastati per risanare il suo cuore da quelle emozioni troppo tristi (sebbene ovviamente si porta delle cicatrici, come abbiamo visto quando ha parlato di Jackson a Nikolai)
Voi che ne dite di Musa? Per chi la ama, lo so che state soffrendo e mi dispiace, ma solo una come lei poteva permettermi una storyline come questa e sono orgogliosa di lei❤
Vi lascio, sto provando a fare note più corte se no vi addormentate hahaha ma voglio davvero sapere cosa ne pensate voi!
Il prossimo capitolo arriverà presto (più o meno sempre due settimane)❤
Grazie per tutto, vi adoro alla follia,

xoxo Florafairy7

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