Capitolo 22
SOLITUDINE E FIDUCIA SONO INSEPARABILI
L'antro di Vymarna era nel pieno caos. Fiamme blu elettrico avvolgevano ogni cosa, il terreno era pieno di crepe per il terremoto che c'era stato poco prima. Ma ciò che fu peggio per i ragazzi quando arrivarono non fu tanto il vedere i due giganti, l'uno di fianco all'altro: Beli e Ymir, il secondo filiforme come suo fratello, gli occhi blu ghiaccio e i capelli chiarissimi, quasi bianchi, entrambi con un sorrisetto soddisfatto dipinto sul volto; no, e la cosa peggiore non fu neanche vedere Icy con loro, con la sua solita aria crudele che avevano ingenuamente creduto di essersi lasciati alle spalle; la cosa peggiore fu vedere Musa al loro fianco, trasformata nella sua forma Enchantix oscura, ma per Flora non fu ancora quella la cosa peggiore. Per Flora la cosa peggiore fu Javier Bravo. Era lì, a pochi passi da lei, e la guardò negli occhi per un attimo. La keimerina, che aveva lasciato la sua casa correndo verso quell'antro, pronta a combattere, trascinando tutti con forza, persino Riven che, confuso, era appena rientrato, si paralizzò. Rimase ferma, con i piedi piantati a terra e le ali che si chiusero tremando. Le ninfe di Vymarna intorno a lei agitate combattevano proteggendo la Natura, e i suoi amici furono immediatamente pronti a combattere, anche se scossi dal vedere Musa. Ma Flora non si mosse. Le sembrò persino di essere lontana da quel posto e da quelle voci, la voce di Javier era nella sua mente, le sue mani su di lei, sulle sue ali. Respirare divenne difficile, il ronzio del sangue nelle orecchie divenne più forte. Fu scossa dalla voce di Brandon, che la chiamava a più riprese, scuotendole piano le spalle. Lo guardò.
"Che succede?!" Chiese lui allarmato, notando l'aria assente della fata. Lei scosse la testa, incerta, poi guardò Javier. Il giovane si voltò per seguire il suo sguardo e vide suo padre. Con un braccio la tenne dietro di lui e disse, rivolto a suo padre: "Non azzardarti a fare un altro passo!"
Javier sorrise soddisfatto, mise mano alla spada.
"Cos'è, figliolo, ti faccio paura?" Sguainò la spada, e a Brandon bastò sentire il sussulto di Flora, le sue unghie affondare nel suo braccio, intimorita. Piegò la testa per voltarsi verso di lei e le intimò:
"Va' da Vymarna, resta alle sue radici. Lei ha bisogno di te." La fata annuì e raggiunse la Natura, ma lo fece come per inerzia, scossa, alienata. Brandon gettò uno sguardo alla quercia: lì c'era il campo di protezione che le ninfe stavano creando per Vymarna, e proteggendo Lei, Flora avrebbe protetto anche se stessa. Guardò suo padre, che si strinse nelle spalle scuotendo la testa.
"Cosa credi davvero di fare?"
Brandon sostenne il suo sguardo, gli sorrise.
"Ucciderti."
Aisha, Riven ed Helia si trovarono a combattere contro Icy e Musa, che lavoravano spalla contro spalla. La fata dei fluidi sentì il cuore spezzarsi, si alzò in volo e Musa fece lo stesso, come se fosse stata una cosa solo tra loro due. Sotto di loro c'era la confusione, gli scontri, mentre le due amiche si erano elevate. Il cielo era scuro, cupo, e tirava un forte vento gelido.
"Musa, sei in tempo per fermarti!" Esclamò Aisha, con dolore, puntando i suoi occhi azzurri sulla sua amica. La fata della musica sorrise.
"Davvero, Aisha? Cioè, lo credi davvero? Ho piegato la mia essenza, non sono più una fata bianca, non mi vedi?"
"Non dire sciocchezze! Musa, non voglio combattere con te."
"È un vero peccato." Replicò Musa, con un sorrisetto. "Perché io sì!" Sferrò un colpo contro la fata dei fluidi che prontamente lo schivò.
"Non costringermi!" Disse Aisha, a denti stretti, formando nelle sue mani due sfere di magia.
"Sembra che invece ti abbia già convinta!" Esclamò la fata della musica, con un sorriso esaltato, quindi attaccò.
Sotto di loro, Flora era alle radici della quercia e Vymarna era di fianco a Lei. Intorno al perimetro delle radici una scia di magia impediva alle fiamme di raggiungere e ferire la Natura, Nikolai sosteneva le ninfe che cercavano di spegnere quelle fiamme gelate. Beli e Ymir si ritrovarono di fronte alla Natura, il gigante dagli occhi di ghiaccio guardò Flora. Accennò un sorriso di scherno.
"Tu sei la sua succeditrice?"
"Già." Rispose la fata, accigliata, mentre tra le sue mani formava un attacco. "Qualche problema?"
"Non mi sembri... adatta." Replicò Ymir, lui e Beli si lanciarono un'occhiata sorridendo. Flora, di tutta risposta, sferrò quell'attacco ma il gigante si scansò.
"Non puoi farcela da sola, e neanch'io posso." Le disse Vymarna, col fiato corto. Flora la guardò di bieco.
"Suggerisci di collaborare?"
"Sei troppo rancorosa." Replicò la Natura, accennando un sorriso. Ma stavano già collaborando, si proteggevano entrambe intorno a quelle radici e proteggevano anche il piccolo Inverno che era nel cuore della terra.
Allo stesso modo, Riven ed Helia si occupavano di Icy, che sembrava inarrestabile. La strega scagliava dardi di ghiaccio, scie distruttive, mentre il bach e il suo amico si destreggiavano cercando di fermarla. Helia, d'istinto, gettò un'occhiata a Flora, per capire come stesse andando.
"Non distrarti, Helia!" Lo rimbeccò la strega, scagliando un incantesimo contro di lui che stava per prenderlo in pieno, ma Riven lo parò per lui. Icy però sembrava essere fuori dalla realtà: Riven ed Helia la attaccavano, ma lei non sembrava sentire dolore per quelle ferite. La strega però era anche molto più forte di quanto ricordassero, e molto probabilmente il merito era proprio dei giganti.
Combatterono per molto tempo, le due fazioni sembravano annullarsi a vicenda. Nessuno riusciva ad avere il sopravvento, mentre i mortali pativano però lo stanchezza. Quando Javier utilizzò contro di lui la magia oscura, Brandon per un attimo indietreggiò, sorpreso, ma gli bastò notare l'espressione soddisfatta sul viso di suo padre per attaccarlo ancora, senza fermarsi. Vymarna però era provata, ed anche Brandon lo era.
Flora ci pensò, mentre notava che la Natura faticava a tenersi mentre scagliava incantesimi contro i giganti. Fu quel pensiero che la spinse ad alzarsi in volo.
"Che cosa fai?!" Esclamò la Natura accigliata, notando che Flora si allontanava da Lei. Ma la fata non andò lontano, semplicemente lasciò le radici e volò dritta verso i giganti.
Beli e Ymir, sebbene non lo dessero a vedere, non erano davvero in vantaggio. La Natura e l'Inverno erano i loro nemici e li avevano sconfitti una volta, era più la loro immortalità che li faceva sentire più forti. Ciononostante, i due fratelli sapevano quali erano davvero le loro forze.
Nikolai si fermò per un secondo a guardarla. Flora chiuse per un secondo gli occhi per concentrarsi, poi rivolse lo sguardo ai due giganti. La keimerina divenne una furia: colpì ripetutamente, senza fermarsi, i due giganti, l'uno dopo l'altro ancora e ancora. Sul corpo dei due ferite dorate si aprivano senza che potessero contrabbattere quei colpi. Il cielo si oscurò e le nubi formarono un vortice, mentre Flora continuò a colpire. Tutti intorno a loro furono costretti a fermarsi per guardare. Musa ed Aisha, entrambe provate e ferite, sospese in volo osservavano la loro amica. Icy la guardò piena d'odio, mentre Riven ne approfittò per colpirla. I due giganti furono scaraventati via per l'urto. Flora riprese fiato. E tutti fermi aspettarono per capire cosa stesse per accadere. Brandon affondò le spalle, afflitto, quando vide che Ymir e Beli, seppur provati, si alzarono.
-
"Eccolo." Disse Martha meravigliata, guardando il fiume che scorreva poco distante da loro. L'Éddaur nasceva dall'Yggdrasil e ne attraversava la valle, parte della quale prendeva il suo nome, e si andava a gettare oltre le montagne. La sua acqua era cristallina, quasi argentea, mentre lungo il suo corso grandi salici ne segnavano il passaggio. I rami di quei salici erano sospinti dal vento, mentre le nubi intorno all'albero dei mondi si muovevano vorticosamente. Timmy, meravigliato, si tirò su gli occhiali.
"Forza, muoviamoci." Disse Stella. "Voglio che questa storia finisca il prima possibile." Timmy e Martha si gettarono un'occhaiata, incerti.
Il vento si fece via via più forte mentre raggiungevano il fiume, il cielo si scuriva sempre di più, fino a che iniziò a cadere una pioggia leggera.
"Secondo voi cosa sta succedendo... lì?" Chiese Timmy, facendo un cenno con la testa come per indicare l'altro posto, la Linphea che avevano lasciato. Martha stava per rispondere, con aria seria, ma Stella disse:
"Timmy, hai idea di quanto sia umido? Ti rendi conto di cosa stanno passando i miei poveri capelli? Cammina, per favore..." Ancora, Martha avrebbe dovuto dire qualcosa, ma Timmy con un gesto la fermò: sapeva molto bene che la sua amica non amava affrontare le situazioni negative e che preferiva pensare solo alle cose semplici, rendendole i suoi problemi. Martha era irritata, invece, indispettita, perché quei problemi erano anche i suoi, era una questione personale, era il suo pianeta e la sua natura, e...
"Martha?" La chiamò Timmy, lei si riscosse. La melissa si accorse che erano a pochi passi dal fiume e questo scorreva con velocità e un po' di violenza. Non disse nulla, solo si avvicinò, prese qualcosa dalla borsetta che portava a tracolla, qualcosa che si era preparata prima di partire, e lo lasciò cadere nell'acqua: era una cenere nera e con dei petali bianchi e viola. La melissa poi fece un passo indietro, Timmy e Stella la imitarono. Un vortice d'acqua si alzò dal fiume, Timmy e Stella guardarono la scena a bocca aperta mentre sotto ai loro occhi l'acqua formò la figura di una donna, ed anche una volta che fu formata l'acqua che la componeva continuava a correre e a muoversi dentro di lei.
"La melissa di Vymarna." Disse l'Éddaur, con una voce che sembrava vibrare come tante voci insieme.
Martha si limitò ad annuire, ma non era intimorita. "Che cosa vuoi?" Inclinò la testa da un lato, accennò un sorriso, con aria pacata.
"Ho bisogno dell'Érauidd." Rispise Martha, l'Éddaur restò per un secondo ferma a guardarla, mentre l'acqua si agitava dentro di lei. Rise.
"E cosa dovresti farci? Non si scherza con me, lo sai, vero?"
"Lo sappiamo." S'intromise Stella, facendo un passo avanti e incrociando le braccia. "Per questo non abbiamo tempo da perdere. Allora, cosa dobbiamo fare per te?" L'Éddaur sorrise e ridacchiò, la sua risata vibrò in quell'acqua che correva.
"Hai la seiðr dentro di te, ma non è per questo che sei tanto spavalda." Dichiarò lo spirito del fiume, Stella assottigliò gli occhi.
"Ne abbiamo bisogno per fermare Jotun e i suoi figli." Spiegò Martha, l'Éddaur annuì.
"Beh, se volete una parte di me dovete darmi una parte di voi."
I tre giovani lo sapevano già, Timmy aveva fatto molte ricerche e durante quel viaggio aveva spiegato con cura alle due ragazze ciò che avrebbero dovuto fare. Per ottenere tre pugnali di Érauidd, loro tre dovevano dare una parte di loro al fiume: una parte della loro memoria che avrebbe seguito il corso dell'acqua e loro non avrebbero riavuto più.
"Che stiamo aspettando allora?" Chiese Stella, spazientita. L'Éddaur le sorrise.
"Vieni avanti allora." Le disse e Stella obbedì. Seguendo i gesti dello spirito del fiume, la principessa entrò con i piedi nell'acqua, mentre il vento freddo faceva venire i brividi. L'Éddaur le prese la mano, un brivido corse lungo la schiena di Stella. "Lo sai, vero, che non puoi prendermi in giro? Hai solo una possibilità, non mi fido dei forestieri." Aggiunse il fiume, Stella annuì. Timmy e Martha erano ancora sulla terra ferma, si sforzavano a non tremare per il freddo.
"Allora, io..." Iniziò Stella, incerta."... voglio precisare che sono veramente stanca di doverci rimettere sempre per salvare l'universo." Si schiarì la voce. "È successo qualche mese fa, era quasi primavera e stavamo passeggiando nei giardini, parlavamo e... ed io è come se mi fossi sentita diversa, come con una consapevolezza. Non è stato un bacio, è stato il bacio, perché... perché non mi sono sentita giudicata, mi sono sentita esattamente all'altezza della situazione senza dover dimostrare niente a nessuno. Mi sono sentita apprezzata, desiderata, amata. È stato davvero il bacio." Una luce gialla e calda passò dalle mani di Stella a quelle dell'Éddaur, iniziando a scorrere poi nel vortice d'acqua che componeva lo spirito e lasciando che brillasse nel riflesso di essa."Lo so che non potrebbe mai funzionare tra di noi, siamo troppo diverse, sembra che capisca ma poi sembra così impossibile... sono stanca di essere una salvatrice dell'universo, ora ho perso l'unico ricordo bello di tutta la nostra... storia. Ma tanto ormai io e Antares non ci parliamo neanche più, quindi tanto vale dimenticare." La scia di luce si fermò pochi istanti dopo che Stella smise di parlare. L'Éddaur le lasciò la mano e lei in questa si ritrovò l'Érauidd, un metallo argenteo. Stella uscì dal fiume e toccò a Timmy perché Martha lasciò che andasse prima di lei. Stella si fermò a braccia incrociate accanto alla melissa e si asciugò in fretta le lacrime. Martha le gettò solo uno sguardo.
"Ciò che Tecna mi ha detto poco tempo fa, mi ha fatto tremare dentro e forse è meglio dimenticarlo, forse così sarà più facile la scelta che devo fare. Mi ha detto che vorrebbe tanto tornare ad essere una fata, che le manca quella parte di lei, che si sente con una parte mancante senza la sua magia e che il fatto che non possa rimediare la rattrista, ma la fa anche rassegnare." Confessò Timmy, gli tremava la voce. La scia dorata passò all'Éddaur e poi Timmy si ritrovò l'Érauidd tra le mani.
Finalmente toccò a Martha, e i due amici si ritrovarono vicini sull'erba. Stella, infreddolita e addolorata per ciò che aveva ascoltato, appoggiò la testa sulla spalla del suo amico, lui le sorrise, altrettando ratttistato dalla confessione della sua amica.
"Mia cara melissa, ti sei messa in un qualcosa molto più grande di te." Le disse l'Éddaur. Martha tremava, un po' per l'agitazione e un po' per il vento, i salici impedivano alla pioggia di cadere su di loro.
"È per questo che devo rimediare." Replicò lei.
"Ti ascolto." Disse il fiume, lasciando che la giovane parlasse. Martha prese un respiro.
"Le anziane mi stavano per portare a palazzo, avevo otto anni e dovevo iniziare la preparazione per diventare melissa prima della conferma. Da quel momento in poi non avrei più rivisto mia madre, che sarebbe rimasta al villaggio. Prima che potessi andare mi fermò e mi guardò negli occhi, poggiandomi le mani sulle spalle e mi disse: 'Hai un compito onorevole, Martha, ed importante. Non dimenticarlo mai. Non disonorarlo mai. Non essere mai egoista.' Mi baciò la fronte, non mi disse altro, ma piangeva. Col senno di poi ho capito che stava soffrendo. È l'ultimo ricordo che ho di lei." La scia di luce gialla arrivò al fiume e si fermò poco dopo che lei smise di parlare. Si ritrovò tra le mani l'Érauidd, il cuore le batteva forte e sentiva come se la gola le fosse stretta, ma ormai non ne avrebbe più ricordato il perché.
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Combattevano, combattevano, combattevano contro quegli esseri instancabili. Vymarna ordinò alla sua natura di scendere in guerra, ma non tutti i suoi spiriti obbedirono, così come era successo la prima volta.
Gli spiriti degli alberi, oltre alle fedeli ninfe del suo antro, si unirono alla mischia. Iniziò a piovere, costringendo le fate in volo a scendere a terra.
Brandon combatteva con i suoi amici contro la strega ma soprattutto contro Javier, che aveva ormai fatto sue le arti magiche oscure.
Con il senno di poi, i ragazzi non poterono dire esattamente per quanto tempo combatterono, ma fu tanto. Col calare della sera i giganti si ritiravano per nutrirsi, la squadra faceva i resconti, e il giorno dopo si ricominciava sperando di fare meglio. I giorni passarono, senza fare meglio però. Non riuscivano a contrastarli, non riuscivano a coglierli di sorpresa. Neanche Nikolai poteva fare molto. Il dio, afflitto senza la sua magia, ogni sera chiamava a sé i ragazzi e metteva a punto una nuova strategia, piena di falle, sia chiaro, che Brandon riparava. Già, persino Helia dovette anmetterlo: Brandon era necessario perché di quelle cose lui ne capiva, riusciva a stare quel passo avanti che permetteva loro di non venire completamente distrutti. Paradossalmente per come erano abituati, Brandon era la mente e i magici il braccio. Anche se Flora sapeva che il suo soldato non si risparmiava a combattere e che più e più di una volta le aveva guardato le spalle. Ma i giorni passarono, dei loro amici in viaggio non avevano notizie e il cielo era sempre più scuro, così come sempre più frequenti erano i movimenti dell'Inverno nel cuore del pianeta e nel grembo di Flora, ma ormai non era più la cosa più importante.
Brandon e Flora erano distanti, stanchi, si scambiavano sguardi ma parlavano poco. Quando si rifugiavano a casa, Flora passava il suo tempo con Helia e con Nikolai, ai quali si aggiungeva spesso Aisha, e più gli stava distante, più i sentimenti dentro di lei che le impedivano di avvicinarsi crescevano, perché Javier era lì, ogni giorno, al fianco dei giganti, al fianco di Musa, di Icy. Sapeva che Brandon le aveva fatto una promessa, ma quel muro non aveva avuto il tempo di cadere.
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"Dobbiamo provvedere a questi ragazzi." Disse Nex, alzandosi per prendere parola nella sala del consiglio. Re Teredor lo lasciò fare. "Su Linphea la situazione è ancora critica e non ci torneranno per ora, non possono perdere mesi e mesi di scuola."
"Cosa suggerite, vostra altezza? Perché spazio per loro all'Accademia non ne abbiamo e fondi per istituire una struttura provvisoria neanche." Replicò uno dei membri, con tono polemico.
"Vorrà dire che adibiremo un'ala del palazzo reale." Propose Nex, poi guardò Teredor e lui annuì. "Ci sono molti insegnanti, sia dal Liceo di Linphea stesso che sono profughi qui, sia di Andros che non sono impiegati all'Accademia."
"E come intendete pagarli?" Chiese ancora l'uomo dalla barba grigia. Nex tentennò, ma Teredor intervenne:
"Sono certo che troveremo una giusta retribuzione. Siamo in una situazione di emergenza, sicuramente ci verremo incontro." Nex rivolse al re un'espressione riconoscente. Il consiglio fu sciolto, re Teredor gettò un'occhiata alla finestra notando che si avvicinava una tempesta e poi si rivolse a Nex. "Accompagnami."
I due camminarono insieme per i corridoi del palazzo, il re con le mani unite dietro la schiena, con aria stanca.
"Hai notizie di Aisha?" Chiese Teredor, rivolgendogli lo sguardo triste.
"No." Rispose affranto il giovane. "Non sono riuscito a mettermi in contatto con lei in questi giorni. La situazione non è delle migliori lì. Anzi, io credo che..."
"... devi restare qui." Lo fermò subito il re. Il giovane sembrò stupito. "Abbiamo troppo qui su Andros e prima mia figlia era il mio braccio destro, ma ora lei non c'è ed io non posso fare tutto da solo."
"Sire, state bene?" Chiese Nex, preoccupato, notando la sua espressione, ma il re accennò un sorriso.
"Certo, sono solo stanco." Ammise il re, Nex annuì.
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Il viaggio per raggiungere la terra dei nani non fu semplice, e perché dovevano camminare lungo le radici dell'albero dei mondi, e perché presso quel fiume avevano perso tutti qualcosa di importante e allo stesso tempo avevano condiviso un'esperienza che li aveva legati, mettendosi a nudo l'uno davanti all'altro. La sera calava presto, ormai l'autunno si avvicinava e la Natura era in crisi, quindi erano spesso costretti a fermarsi per non rischiare inutili pericoli che avrebbero compromesso la riuscita della missione. Ma in quelle sere capitò che parlarono, anche se poco, anche se quasi mai di ciò che era successo presso l'Éddaur, fino a quando Stella una sera chiese a Timmy, mentre erano seduti intorno al fuoco:
"Tecna ti parla mai della sua magia?"
Lui alzò lo sguardo verso di lei, sorpreso.
"No." Rispose poi secco.
"Non ti dice mai se le manca essere una fata? Se..."
"... Stella." Cercò di fermarla Martha, con una lieve gomitata, ma la principessa non si fermò:
"... insomma, Tecna era una fata brillante, davvero non ci potrebbe essere una soluzione?"
"No, Stella." Rispose categorico Timmy. "Tecna sta bene e non c'è alcun'altra soluzione."
Martha tenne lo sguardo su di lui, sapeva che Riven gli aveva parlato di Darillium e del maestro.
"O forse a te Tecna piace di più così, meno... zenithiana."
"Ma cosa dici? Sei stanca, Stella, ti consiglio di dormire o domani avrai le occhiaie." La rimbeccò il giovane, con il viso duro.
"È più facile da umana, vero? È più... più comprensibile, meno legata in tutti quegli schemi opprimenti. Vero?"
"Cosa vuoi stasera, Stella?" Le chiese Timmy, indispettito. Lei assottigliò gli occhi.
"Niente, niente." Si alzò. "Buonanotte." Disse poi e si sistemò per dormire. Martha e Timmy si guardarono, la melissa non disse nulla: quelli non erano suoi amici.
Le stelle non brillavano in cielo, anzi, le nubi lo ricoprivano e di tanto in tanto si sentivano dei fulmini. L'aria era piena di polvere e spesso bruciava in gola. Flora era con Nikolai sul portico quella sera e lui le spiegava di un incantesimo utilizzato durante la prima guerra, ma lei non lo ascoltava e il dio se ne accorse.
"Bocciolo, che ti prende?" Chiese, ma aveva sempre un po' di timore a farlo perché si sentiva poco adatto a comprendere quel cuore sofferente. La notte era scura, Flora si voltò verso di lui e fu illuminata dalle luci che venivano da dentro.
"Stavo solo pensando."
"A che cosa?" Chiese ancora il dio, osservandola. Flora strinse le labbra.
"Non riesco ad affrontarlo. Noi combattiamo senza sosta, combatto contro Ymir e contro Beli, ma lui non riesco ad affrontarlo."
Nikolai capì a chi si riferiva e si scurì in viso.
"È... è normale."
Flora, seduta, si strinse le ginocchia al petto, tenendo lo sguardo su suo padre.
"Non lo so. Sai quante volte ho rivissuto quei momenti nella mia mente? Tante. E ho sempre pensato 'quando mi ricapiteranno tra le mani gliela farò pagare, mi vendicherò', ma non ci riesco. Barrera è morto, o questo si è fatta scappare Musa, credo lo abbiano ucciso loro, i giganti, ma lui... sembra che abbia vinto lui."
Nikolai, amareggiato, provò a carezzarle il viso ma lei si scostò. Davanti all'espressione stupita di suo padre si sentì in dovere di scusarsi: "Scusa, è che... non mi piace essere toccata quando ne parlo."
"Perdonami." Replicò lui, poi le sorrise. "Solo il tuo umano può toccarti, non è così?"
"Già, non mi fa sussultare il mio umano..." Strinse le labbra. "... e mi sta proteggendo da lui, ma..." Non poté continuare perché davanti a lei apparvero delle scintille, Flora si allontanò sorpresa, ma poi vide apparire il viso della divinatrice di Solaria.
"Antares?" Chiese sopresa la keimerina. La giovane dagli occhi eterocromatici sembrava preoccupata.
"Ciao Flora, perdonami, non sono riuscita a contattarti in altro modo."
"Sì, hai ragione, scusami... c'è stata un'esplosione e la sfera di cristallo si è rotta... ma perché mi chiami?"
"Volevo notizie della principessa. Deve tornare su Solaria, è necessario. I soli sono freddi, abbiamo bisogno di lei perché sinceramente io ci sto capendo ben poco." Flora gettò un'occhiata a Nikolai.
"Antares, Stella ora non è qui, ma tornerà presto, e non appena lo farà te la farò tornare su Solaria."
"Ma dov'è? Perché non è con te? È successo qualcosa? Non riesco a contattarla." Insisté la divinatrice, ma Flora accennò un sorriso.
"Presto tornerà, sta' tranquilla e fidati di lei."
Quando le scintille scomparvero tornò il silenzio e Flora prese un respiro.
"È così che deve andare." Disse Nikolai, lei lo guardò. "Questa non è la loro guerra, ma la nostra: mia, tua e del tuo umano."
Flora sorrise e alzò un sopracciglio.
"Posso azzardarmi a dire che finalmente il mio umano ti piace?"
Nikolai sorrise e scosse la testa.
"Ti ama." Dichiarò poi tornando serio, con una punta di malinconia nella voce. "Ama te e quel bambino che non è ancora neanche nato. Siete tutta la sua vita, lo so perché vedo come ti protegge quando combattete, e perché ha lo stesso sguardo che avevo io quando capii che stavo perdendo Alyssa."
Flora non replicò, il suo sorriso si spense e con aria triste abbassò lo sguardo, mentre la notte li accompaganava con un vento freddo.
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"Ciao." Disse Tecna entrando nelle stanze del principe Sky.
Lui era in piedi accanto alla finestra, si voltò al sentirla entrare.
"Ciao. Dimmi che hai delle novità per me, per favore." Disse lui, sembrava stanco.
"Le ho." Dichiarò la giovane, lui si rilassò di colpo. Tecna si avvicinò a lui e, con un sorriso soddisfatto ed eccitato, continuò: "Ho finalmente raccolto tutti i risultati delle analisi. Sky, è vero, Karkov è stato percosso e non escluderei la mano di Brandon, anzi, ne soni certa: Brandon è mancino e l'angolatura di quei colpi viene da sinistra. Ma il punto è che Karkov non è morto per quello e finalmente ne ho conferma: ha usato un veleno molto potente, e analizzando il suo corpo ho scoperto che lo teneva in una placchetta dietro uno degli incisivi superiori. Ce ne sono delle tracce. Ma non è quello che ha richiesto così tanto tempo, è che dovevo capire i tempi di reazione del veleno: come minimo ha raggiunto il suo stomaco almeno cinque ore dopo aver visto Brandon, o almeno questi sono i calcoli che ho fatto in base alla tumefazione delle ferite, e questo significa che non è colpa sua."
"Oh, bene, quindi almeno non dovrò imputargli un omicidio. Hai un'altra buona notizia?" Chiese il principe, con aria pensierosa. Tecna assottigliò gli occhi.
"Pubblico difficile oggi... sì, ho un'altra buona notizia e se non mostrerai entusiasmo non mi vedrai per i prossimi tre giorni." Lui sorrise e scosse la testa. "Ho fatto delle ricerche sul DNA di Karkov e a quanto pare il suo vero nome è Caleb Ramos."
"Ha l'aria di venire dalla riva ovest, sbaglio?"
"Non sbagli, ma la cosa importante è il nome di sua madre: Annalise Nightingale."
Sky la guardò, perplesso.
"Non mi sei ancora d'aiuto, Tecna." Lei alzò gli occhi al cielo.
"È lo stesso cognome di Cassandra Nightingale."
"Che è...?"
"... Sky, sul serio?" Chiese lei, alzando un sopracciglio. Sospirò. "La moglie di Jonathan Carter. È la madre di Adrian, Sky."
Il principe prima assunse un espressione sorpresa, poi sorrise.
"Quindi... quindi mi stai dicendo che Meridian ha un senso? Mi stai dicendo che Brandon potrebbe davvero essere completamente pulito?" Rise di felicità e abbracciò la sua amica sollevandola da terra, ma quando la mise giù Tecna sembrava imbarazzata. Si schiarì la voce, le sue guance erano rosse.
"Che Meridian abbia un senso, sì, ammetto che è un piano ben studiato. Che Brandon sia pulito... Sky, non ho fatto quel tipo di ricerche perché non me l'hai chiesto, ma per ora sappiamo che non ha ucciso un uomo, e con buone probabilità che aveva ragione su ogni cosa."
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"Scusami." Disse Flora mentre medicava la ferita sulla fronte della sua amica, lei aveva stretto i denti per il dolore. La keimerina fece schioccare la lingua. "Non posso credere che Musa sia arrivata a tanto."
"È una fata oscura ormai, Flora, e prima lo accettiamo prima le impediremo di conciarci per le feste." Dichiarò la principessa, con un tono forse un po' duro. Strinse ancora i denti per il bruciore, poi la sua amica si allontanò da lei.
"Ecco fatto." Disse Flora, posò il kit del prontosoccorso e poi sedette di nuovo accanto alla sua amica. Restarono entrambe in silenzio, erano così stanche e così provate che quasi non riuscivano a parlare. Quei giorni erano diventati interminabili, una serie tutta uguale di distruzione che stava per farli crollare, tutti, uno ad uno. La tensione era alta, e Flora dentro si sentiva bruciare, si sentiva consumare da quel dolore che stava diventando sordo. "Cosa c'è?" Chiese alla sua amica, cercando di sostenerla, in fondo era solo colpa sua che Aisha era lì, lontana dal suo pianeta, dal suo regno.
"Niente." Rispose Aisha, alzò le spalle. "Siamo solo in una guerra molto più grande di noi."
"E ti manca Nex." Aggiunse Flora.
"E mi manca Nex!" Confermò la sua amica, risero. Poi la loro attenzione fu colta dai suoni delle notifiche del cellulare sul tavolo. Flora ci gettò lo sguardo, Aisha notò l'espressione della sua amica a chiese:
"Che succede?"
"No, niente, è che... chi è che cercherebbe Brandon al cellulare ora come ora?" Disse perplessa, ma poi le notifiche arrivarono una dietro l'altra e con lo schermo acceso Flora non poté fare a meno di leggere. La keimerina prese subito il cellulare, sotto lo sguardo confuso della sua amica, e si diresse in salotto dove Brandon era con Helia e Riven.
"Mi spieghi che cosa significa?" Chiese Flora, agitata, mostrandogli il telefono. Brandon, interdetto, gettò un'occhiata ai suoi amici come per scusarsi e si rivolse a Flora:
"Da quando mi controlli il telefono?"
"Non ti controllo il telefono, era sul tavolo e non cambiare argomento. Brandon, spiegati. Adesso."
Lui prese il cellulare, rilesse quei messaggi che apparivano sullo schermo, prese un respiro. Non aveva potuto essere tanto distratto, non era possibile che l'avesse lasciato lì davanti a lei.
"Ragazzi, potete scusarci?" Chiese ai suoi amici, loro si diressero in cucina e Flora con un gesto della mano si aiutò della magia per chiudere la porta in maniera non proprio delicata.
"Allora?" Chiese ancora la fata, incrociando le braccia, con un sopracciglio alzato.
"Allora... è complicato." Confessò lui, lei scosse la testa e Brandon prese a camminare su e giù, Flora neanche rimase ferma. "Prima di ogni altra cosa: non ti stavo mentendo."
"Brandon, sto ancora aspettando di sapere perché Tecna ti scrive chiedendoti come stiamo, che Sky è in pensiero e vorrebbe tanto aiutarti e ti chiede di chiamarla urgentemente ricordandoti di essere discreto!" Esclamò lei, accigliata.
"Io non potrei neanche parlarne con te, quindi per favore abbassa la voce." Le disse lui, mettendo le mani avanti come per calmarla.
"Io urlo quanto mi pare in casa mia!!" Esclamò stizzita la fata, nervosa. "E tu non potresti parlarne con me? Per quanto ne so hai tradito la Corona e nel frattempo siamo su un pianeta deserto combattendo giganti quindi come minimo, come minimo, Brandon, dovresti spiegarti!!"
Lui la guardò, era teso e forse un po' arrabbiato.
"È la nostra ultima risorsa, il piano Meridian. Passo io dal lato dei cattivi così che... i veri cattivi saltino fuori, in poche parole."
Flora assottigliò gli occhi.
"Quindi... fammi capire... non è vero niente? Bloom non è qui perché... perché Bloom non è qui? Perché Sky non è qui? Non è vero niente! Quindi, Sky non ti ha davvero accusato e..."
"Sky non si fida più di me, ma sa che non lo tradirei."
Flora si passò una mano sul viso, sconvolta, cercando di fare mente locale. Lo guardò.
"Lo sai, Brandon? Io sono distrutta. Non ce la faccio più. Sono così stanca, così stanca, santo cielo!" Esclamò stizzita, si passò una mano sui capelli. Poggiò la mano allo stipite della porta e continuò a guardarlo. "Io lo sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa, me lo sentivo, ma..." Strinse le labbra. "... no, non avrei mai pensato a questo. E tu continui, continui a restare nel tuo mondo, continui a tenere quella tua porta chiusa! La mia porta era chiusa, Brandon, ed io mi sentivo in colpa! Mi sentivo in colpa per come ti lasciavo fuori! Perché io lo so... io lo so quanto desideravi questo bambino, lo so che lo desideravi con tutto te stesso. Perché tuo padre non c'è stato, ti ha lasciato solo ferite e traumi e tu volevi, desideravi così tanto essere padre, io lo so! Ne avevi bisogno! E mi sentivo così in colpa perché pensavo 'non sono riuscita neanche a dargli un figlio, non sono riuscita a dargli quello che più desiderava, forse ce l'ha con me!', ma no! No! Era per questo che ti tenevo fuori, mi sentivo così in colpa! Per non parlare di tutto il resto! Ma tu no!" Sorrise, sconvolta, mentre lasciò cadere le lacrime. "Tu no, Brandon, tu decidi di chiudere la tua porta senza alcun motivo. Anzi no, un motivo devi avercelo per forza. Non ti fidi di me. Tu non ti fidi mai di me. Non mi credi se ti dico che ti amo, non mi credi quando ti dico che con me puoi parlare, pensi che non capirei!"
"Non è così e lo sai!" Esclamò lui. "Se non ti ho detto niente è stato per proteggerti, è il protocollo. Bloom non sa niente, Timmy non sa niente..."
"... io dovevo saperlo!" Replicò lei, arrabbiata, le mani le tremavano. "Dovevo saperlo perché me lo dovevi!"
"Te lo dovevo?" Fece eco lui, accigliato. "Tutto quello che faccio, ogni singola cosa, la faccio per te!"
"Ah, davvero?!" Lei alzò entrambe le sopracciglia. "Non mi sembra affatto! Io sono sola, Brandon, sono sola. Non ti sento più vicino, non..."
"... anch'io sono solo!" Esclamò lui, lei rimase ferma, guardandolo. "Da quando è cominciata questa storia tu non ci sei più! Ed io ho provato a comprenderti, ho provato a lasciarti i tuoi spazi, ho provato ad entrarci nei tuoi spazi. Niente andava mai bene! È vero, non so cosa si prova a stare nelle mani dei cacciatori, ma quel figlio era anche mio e fa male anche a me! Mi sento in colpa perché ero così felice mentre tu ti preoccupavi! E mi sento in colpa perché è vero, volevo diventare padre ma ancora oggi vedo mio padre e ciò che voglio fare è ucciderlo! Lo sai, Flora? Voglio ucciderlo, e violentemente. Già. Sai cosa significa? Che ogni giorno penso che hai fatto un errore a sposarti con me, a fare un figlio con me perché tu non lo sai che io voglio vederlo soffrire, voglio fargli del male! Ti ha distrutta, ti ha spogliata, ti allontanata da me ed io..." Si passò una mano sul viso, esasperato. "... ogni giorno, da più di tre anni, mi impegno, Flora, io mi sforzo per essere quell'uomo buono che tu credi che io sia. E ti amo per questo perché nessun altro riuscirebbe a farmelo desiderare. Ed ora come ora non ci riesco più, e ho bisogno di te ma tu non puoi esserci!"
Flora incrociò le braccia, tremante, mentre le lacrime rigavano il suo viso, teneva lo sguardo su di lui.
"Dimmi perché non ti fidi di me." Disse lei, lui affondò le spalle con un sospiro.
"Non dire sciocchezze."
"Brandon, dimmi perché non ti fidi di me!" Chiese ancora lei, irremovibile.
"Perché non mi fido neanche di me!" Replicò lui, agitato. Lei lo guardò, si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Per questo di me dovresti fidarti, se te lo ricordi io sono la persona che ti ama! Ma forse tu non ne sei neanche così sicuro!"
"Non si tratta di questo." Replicò lui scuotendo la testa ma lei insisté:
"Invece è proprio questo! Non sei sicuro di me, di' la verità. Cosa sbaglio? Dimmi dov'è che sbaglio! Dimmelo!" Lui scosse la testa, come per non continuare la discussione.
"Brandon, tu ti alzi sempre prima di me e chiudi bene la finestra perché lo sai che la mattina presto sento freddo. E parli con Miele quando lei con me non lo fa perché lo sai che sto in pensiero per lei. E hai usato tutti i tuoi risparmi per comprare questa casa perché sapevi che avevo bisogno di restare su Linphea anche se secondo te non era una buona idea. Io lo so, Brandon, per questo sono sicura di te. Perché lo so che mi ami. Allora dimmi, io dove sbaglio se tu non lo sai? Dove vengo meno?"
Lui la guardò, aveva gli occhi lucidi e strinse le labbra.
"Non lo so." Rispose lui, lei sembrò ferita.
"Non sbattermi ancora la porta in faccia."
"Non lo sto facendo."
"E invece sì!" Esclamò lei, poi tremante abbassò i toni. "E invece sì. Perché a quanto pare non sono brava abbastanza per capirlo da sola." Si passò una mano fra i capelli, le sue mani erano fredde. "Quando so che stai per rientrare metto la musica perché odi quando la casa è troppo silenziosa. Cerco di non farti pressioni, di non chiederti riguardo tutte le cose di cui non vuoi parlare perché non voglio turbarti. Quando invece ne hai voglia mi faccio trovare pronta: seguo i tuoi alti e bassi. E mi sono fatta stare bene il tuo lavoro perché so che lo adori, che ti sei impegnato, che hai sudato per ottenerlo ma io il tuo lavoro lo odio perché ogni giorno quando esci da quella porta non so mai come e se ci rientrerai e ho paura. Ma lo faccio per te. Sono i miei modi per dirti che ti amo. Dimmi dove sbaglio, Brandon. Cosa posso fare in più per farti essere sicuro di me?"
Lei teneva lo sguardo su di lui, ma lui si coprì per un attimo il viso con le mani e poi la guardò, per ritrovare ancora quello sguardo che lo penetrava.
"Non lo sapevo che è per me che canti la sera." Dichiarò lui, con la voce tremula. Lei sorrise, con le mani si asciugò le lacrime mentre distolse per un attimo lo sguardo.
"E non avresti dovuto saperlo. Doveva solo servire a farti essere sicuro."
"Non so cosa dirti."
Quelle parole furono come lame che la trapassarono. Ci fu silenzio. Col dorso della mano Flora asciugò le lacrime che erano cadute ancora.
"Tu sei insicuro su un sacco di cose, e questo lo sappiamo solo io e te, ma non mi aspettavo che fossi davvero tanto insicuro su di me. Mi chiedo perché stiamo ancora insieme, allora." Si strinse nelle spalle ma Brandon le rivolse subito lo sguardo.
"Sei seria?"
"No, non chiederlo a me però, chiedilo a te, Brandon. Sei serio? Come puoi davvero stare con me eppure non fidarti minimamente?" Lui non rispose. "Sei troppo orgoglioso per ammetterlo, non è vero? Non accetti che le cose non vadano più bene tra di noi, perché non esiste che le cose non vadano bene tra di noi, giusto? Ma stavolta non finisce che facciamo l'amore e ci dimentichiamo di tutto. Non si aggiusta sempre tutto facendo l'amore." Dichiarò lei, trattenendosi per non piangere ancora.
"Non è vero che le cose non vanno più bene." Disse lui, lei alzò per un attimo gli occhi al cielo come per sottolineare che era vero ciò che aveva appena detto. "Sono successe un sacco di cose e io ho fatto un sacco di errori."
"Che significa?"
"Significa che penso che verrà un giorno neanche troppo lontano in cui ti renderai conto che hai fatto un errore a fidarti di me. Vuoi sapere perché non sono sicuro di te? È perché penso che prima o poi finirà, che io lo farò finire. Ed io senza di te sono un casino," Si strinse nelle spalle. "non riesco ad immaginarmi una vita senza di te perché... perché ti amo..." Gli si incrinò la voce. "... e mi fido di te, ti affiderei la mia vita, ma ho paura perché... perché io mi lascerei e mi chiedo perché poi non dovresti farlo tu." Ci fu silenzio. "Io lo sento il tuo amore, non è che non lo sento, ma... tu lo sai, mio padre andava e veniva da casa nostra, un po' a periodi, e mia madre lo riaccoglieva sempre. Ma ci fu un giorno, Flora, io me lo ricordo bene, in cui fu lei a cacciarlo, il suo amore per lui finì. L'amore finisce, Flora, e io ho paura che il tuo per me finisca perché verrà il giorno in cui me lo meriterò. Non sei tu il problema, non capisci? Sono io. Perché un giorno supererò un limite o... o perderò l'equilibrio come ho fatto ora e non ci sarò per te e qualcun altro sì..."
"Quello che abbiamo è reale per te?" Chiese lei, si sforzò per non piangere.
"Certo che è reale." Rispose lui, affranto.
"Ma tu credi che finirà."
Lui la guardò, si strinse nelle spalle. "Sai, non fa niente che non parli mai della tua infanzia, quel poco che mi racconti, quando te la senti, mi basta. Ma ero convinta di essere riuscita almeno un po' a guarire il tuo cuore. Mi sbagliavo."
"Tu non hai colpe."
"E invece sì. Avrei dovuto..." Alzò gli occhi per un secondo per trattenere le lacrime. "... avrei dovuto ascoltarti meglio, capire meglio cosa stesse succedendo dentro di te. Sono davvero pessima, non è vero?" Lui scosse la testa ma Flora continuò, cercando di fermare quelle lacrime. "In qualche modo ti ho fatto credere che dovevi guadagnarti quello che abbiamo. Io..."
"... no, ti prego." La fermò lui. "Smettila, non è colpa tua."
Lei lo guardò, le lacrime cadettero.
"Sei così distante... io credevo che ti sentissi al sicuro con me, ma non è così."
"Questo non è vero." Replicò lui, ma lei scosse la testa piangendo. "Ehi, ehi, ascoltami," Le disse avvicinandosi e prendendole le mani, chiudendole nelle sue. "il problema non sei tu, sono io che... che mi porto dentro tutto questo e..." Gli mancavano le parole. "... rivederlo mi ha... lui non c'entra niente tra noi due, la mia infanzia non c'entra niente con noi due e la persona che io sono con te non ha a che vedere con lui, ma da quando è iniziata questa storia sta ritornando tutto ed io... io ho paura di vedere quello sguardo anche nei tuoi occhi, quello di mia madre, perché credevo di essere diverso da lui ma ora non ne sono più così sicuro."
"Il mio amore per te non finirà, neanche se mi ferirai o mi deluderai, perché anch'io ti ferirò e ti deluderò, è così che deve andare. Ma io sono certa che non smetterò di amarti, non potrei." Stettero per qualche istante in silenzio, Flora si asciugò le lacrime e disse: "Te lo ricordi quando l'altro autunno siamo andati al compleanno di Thoren?"
Lui annuì, guardandola, e lasciò cadere una lacrima che si asciugò con la mano. "Siamo andati a palazzo ed io indossavo quel vestito quello con i ricami. Ce l'hai presente?" Lui annuì ancora, tenendo lo sguardo triste su di lei. "Ti piace un sacco quel vestito ed io quel giorno mi sentivo così bella, non riuscii a trovarmi neanche un difetto come invece faccio sempre. E mi sentivo davvero bella perché sapevo che quel vestito ti piaceva. Quella settimana ci eravamo visti pochissimo, eri stato anche su Espero per tipo tre giorni, ma poco dopo arrivato a palazzo che cosa hai fatto?"
Lui si morse le labbra.
"Ho lasciato la festa."
"Già, hai lasciato la festa perché... non me lo ricordo, ma dovevi compiere il tuo dovere. Ci sono rimasta così male, ti risulta?"
Lui restò in silenzio, poi scosse la testa. "No, esatto, perché quando sei tornato, ed era quasi sera, io ti ho visto e non ero più delusa perché mi eri mancato in quei giorni e mi bastava averti lì in quel momento." Si asciugò gli occhi. "Non mi importa quanto vai distante, mi mancherai sempre, e quando tornerai sarò sempre felice di averti, non importa il resto."
Brandon con una mano le prese dolcemente il viso, la guardò ma non disse nulla. "Ma per te non basta, a quanto pare. Io... credo che dovremmo riflettere bene su quello che ci siamo detti perché erano tutte verità." Aggiunse Flora. "È vero che c'è una guerra, ma forse dovremmo, insomma, tra di noi, dovremmo..."
"... ti prego, non azzardarti a dirlo." La fermò lui, con gli occhi lucidi e la voce tremula. Flora stava per parlare ma Aisha aprì la porta e loro si voltarono verso di lei. La principessa aveva un'espressione terribilmente seria.
"Aisha, che succede?" Chiese Flora, preoccupata.
"Devo... io devo..." Boccheggiò la principessa, Brandon e Flora si guardarono e si avvicinarono alla loro amica, provando a calmarla.
"Tesoro, calmati. Cosa è successo?"
"Mio padre." Fu tutto quello che disse Aisha, mentre gli occhi erano pieni di lacrime e il respiro cominciò a mancarle.
Quella sera fu straziante e i ricordi ne divennero poi sfocati. In poco tempo erano successe molte cose: Helia era rientrato dal giardino, capendo che era successo qualcosa, mentre Riven non lo videro per tutto il tempo. Cercarono di far riprendere Aisha, la giovane era sconvolta e nel frattempo la tensione che c'era si poteva tagliare col coltello. Nikolai apparve nel bel mezzo di quella confusione, cercando di capirci qualcosa, ma fu proprio quando Flora lo vide che capì.
"Va' su Andros." Disse alla sua amica, Aisha, con le lacrime agli occhi, la guardò.
"No, non posso, come farete qui?"
"Aisha, tuo padre si è sentito male, non sai cosa potrebbe succedergli nelle prossime ore. Se Nex ti ha mandato Livy vuol dire che è urgente. Se non sarai al suo fianco non te lo perdoneresti mai, credimi."
"Ma io..."
"Flora ha ragione." Disse Brandon, si avvicinò anche lui alla sua amica. "La tua presenza qui per noi è stata fondamentale, ma non possiamo chiederti di restare." Lui e Flora si lanciarono un'occhiata, Aisha si alzò come per riprendersi.
"Non lo so, ragazzi. Come farete? Una in meno non è uno scherzo... ascoltate, vado ora su Andros, mi apro un portale lì e poi... e poi sarò qui il prima possibile, potete credermi."
"Lo sappiamo." La rassicurò Flora con un sorriso dolce e un cenno della testa. Purtroppo Nikolai aveva ragione, quella guerra non apparteneva anche ai suoi amici.
Riven non era lì con loro, a quanto pareva il giovane spesso aveva bisogno di prendere aria, di convincersi che non era imprigionato in quella situazione. Lui e i suoi amici avevano sentito parte della discussione della coppia, ma poi Aisha aveva insistito affinché si allontanassero per non fare gli impiccioni, dato che a quanto pareva i toni si stavano scaldando velocemente e la discussione si era fatta via via più intima. Ma lui non era riuscito a starsene fermo lì con lei ed Helia, ed era uscito per camminare. Quei giorni lo avevano distrutto, così come a tutti gli altri, ma per lui non era lo stesso, lui era quello che un po' quella situazione l'aveva creata. Era così stanco di essere il problema, così stanco di fare sempre la scelta sbagliata. Si sentiva sempre così fuori posto e la rabbia cominciò a montare dentro di lui. Non avevano notizie dei loro amici, quella guerra sembrava persa in partenza e neanche più Flora, che da sempre era l'ottimista, riusciva più a tirare su il morale del gruppo. Un gruppo nel quale ormai si sentiva un estraneo. Il vento freddo gli sferzava il viso, ma lui non si coprì. Era uscito con un unico obiettivo, e sapeva esattamente dove poteva trovarla.
"Ce ne hai messo di tempo." Gli disse lei, tenendo le mani in tasca per ripararle dal freddo. "Come sapevi che ero qui?"
"Posso dire di conoscerti abbastanza bene, e alla fine non sei cambiata molto." Dichiarò Riven guardandola. Il cielo notturno era scuro, non si sentiva neanche un suono. La figura snella di Musa sembrava quasi un'ombra.
"Oh, beh, neanche tu, a quanto pare." Replicò lei con un sorriso.
-
Aisha e Flora si salutarono con un abbraccio con gli occhi che non riuscivano a restare asciutti. I suoi amici le augurarono il meglio per suo padre, lei si raccomandò che la chiamassero se fosse stato necessario, e poi con un incantesimo si era aperta un portale. Quando fu andata, la casa rimase nel silenzio. Si scambiarono tutti un'occhiata, poi la keimerina posò lo sguardo su suo marito. Non ne poté più, si avvicinò a lui e lo abbracciò, affondando il viso nel suo petto, e cominciò a piangere. Brandon la avvolse tra le sue braccia e posò il mento sulla sua testa, lasciando che lei restasse lì e si sfogasse. Nikolai, affranto, si smaterializzò, mentre Helia restò lì, poggiando una spalla al muro, a braccia incrociate, guardando di fuori e poi gettando qualche sguardo alla keimerina. Flora era a pezzi, ed Helia si chiese se mai, finita quella storia, potesse mai tornare intera. Brandon, mentre la teneva tra le sue braccia, una risposta già ce l'aveva: sapeva che la sua fata non sarebbe tornata quella di prima. Ed era vero, ormai la distanza tra di loro era un abisso, ma forse era perché condividevano il cuore, o forse perché si amavano e basta, ma neanche quella distanza e quel muro tra di loro gli impediva di cercarsi.
-
"Mi dispiace per ieri sera." Disse Stella, con sforzo nella voce, mentre risalivano i nodi dell'Yggdrasil. Martha era in testa, i due amici poco dietro.
"Tranquilla." Replicò Timmy, le porse le mano e la aiutò, poi aggiunse: "Siamo un po' stressati, è normale perdere le staffe. E poi le cose con Tecna al momento sono un po' complicate ed io sono un po' sulla difensiva."
Stella non rispose subito, era raro che il suo amico parlasse di certe cose tanto private e dovette ponderare bene se fosse o meno il caso di chiedere. Decise di sì.
"Come mai?"
"Beh, lei... è un po' distante, soprattutto da quando ha ripreso a lavorare su Eraklyon."
"Forse è un po' presa, e magari sarà un po' in ansia per il matrimonio. Lo sai com'è fatta." Dichiarò Stella, tenendo lo sguardo su di lui per quanto poté, dato che doveva stare attenta a dove metteva i piedi.
"Già... ma, sai, proprio il fatto che sia tanto cambiata ora mi fa pensare che... insomma, ora Tecna è diversa, e il fatto che sia distante mi fa pensare che il problema possa essere più semplice di quanto pensi... forse non è così entusiasta di sposarsi." Disse Timmy senza incrociare lo sguardo della sua amica. Ma Stella replicò, raggiungendolo e fermandosi di fronte a lui affinché Timmy non potesse più scappare:
"Timmy, stiamo cercando di fermare tre giganti del caos, direi che è un momento più che legittimo per avere la testa da un'altra parte, non credi?"
Tecna aveva la testa da un'altra parte eccome, e avrebbe desiderato averla per il matrimonio. Era sola nel suo appartamento su Zenith ed era mattina presto, faceva colazione mentre gli abitanti di Zentih City si affrettavano verso i loro impegni e i loro lavori, lei vedeva le luci delle automobili affollarsi in strada dal suo appartamento. Erano giorni che non sentiva Timmy e non aveva modo di mettersi in contatto con lui. Era preoccupata per lui, le mancava. E, soprattutto, ciò che teneva occupata la mente di Tecna quella mattina era il principe Sky. Avrebbe dovuto dirigersi su Eraklyon quella mattina, si chiese quanto fosse sicuro per Sky stare braccio a braccio con Adrian Carter. E si chiese anche perché da un po' di tempo a quella parte lo sguardo di Sky le sembrava così difficile da reggere, così pesante addosso, senza che però le causasse alcun fastidio.
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Uno in meno si fece sentire. Ormai l'antro di Vymarna non era più neanche un antro ma abbracciava l'intero bosco, la distruzione che c'era stata aveva fatto crollare ogni sorta di barriera. Erano Beli, Ymir, Icy, Musa e Javier, tutti insieme, tutti magici oscuri, e non avevano pietà. Helia si occupò di Musa e Icy, mentre Brandon e Riven con Flora riparavano Vymarna. Nikolai poteva molto poco, ma il dio con la sua esigua quantità di magia provava ad indebolire i suoi nemici. Il cielo era scuro, le urla delle ninfe rimbombavano nelle orecchie, il dolore rendeva tutto più difficile. Le loro ferite non avevano mai il tempo di rimarginarsi e la battaglia andava sempre avanti. Vymarna e Flora ormai erano coordinate: le due combattevano insieme contro i giganti, ma era impossibile dedicarsi ad entrambi e Brandon e Riven combattevano per questo con loro, mentre Javier ne sembrava un terzo. Il cacciatore aveva fatto sua la magia oscura quasi fosse diventato lui stesso un magico, la sua spada sembrava avvelenata, i suoi colpi mirati. A quanto pareva era un'abilità di famiglia dopotutto. Ma quando Musa ed Icy si trovarono in difficoltà contro il bach, fu allora che la fata della musica richiamò l'attenzione del suo alleato. Era tempo di ritirarsi, ma di farlo bene. Mentre combattevano, Brandon notò che Riven si era fermato.
"Amico, che succede?!" Chiese il soldato, riprendendo fiato e schivando un colpo. Riven lo guardò, lui non veniva attaccato.
"Mi dispiace, Brandon." Rispose. Brandon fece un passo indietro quando Riven menò un fendente contro di lui. Il soldato, stupito e spaurito, indietreggiò parando quei colpi che gli venivano scagliati contro.
"Riven, che diavolo stai facendo?!" Domandò cercando di parare ogni colpo. Helia lo notò, Flora lo notò, erano senza parole.
"Finalmente un colpo di scena come si deve, o quasi!" Esclamò la strega ridendo. Restò in volo con Musa, Helia però non diede loro tregua. Furono i giganti che diedero tregua a Flora e a Vymarna e le due in un primo momento furono confuse. Beli e Ymir si diressero nella stessa direzione di Riven, così come Javier.
"Non mi sembra molto equo!" Dichiarò Brandon, stancamente, cercando di tenere testa a tutti i nemici scagliatisi contro di lui. Helia e Flora si guardarono: i nemici avevano un piano, e loro non lo avevano capito. Ora, tutto quello che c'era da fare era aiutare Brandon, contro il quale si erano scagliati tutti senza un'apparente ragione. Flora volò verso di lui, Helia dominando la terra si precipitò lì. I due magici cercarono di fermare la furia dei nemici contro il soldato. Brandon invece cercava di rimanere salvo, perché più che attaccare tutto ciò che ormai poteva fare era difendersi. Mentre lo faceva, passava in rassegna gli sguardi dei suoi nemici, tutti gli mettevano i brividi e tutti gli causavano rabbia, una rabbia che lo spingeva a non fermarsi neanche un secondo, nonostante il sudore, lo sporco, il sangue e il dolore. Helia dominò la terra e l'aria per fermarli, Flora scagliava incantesimi. Furono momenti veloci, concitati, spaventosi. I tuoni rimbombavano nel cielo, Flora scagliò la sua furia contro quei nemici, contro Riven che li aveva traditi ancora una volta. Beli fu colpito e non poté reggere l'affronto della keimerina: si distolse dal soldato e scagliò i suoi colpi infuocati contro la fata, Flora si scansò e continuava ad attaccare, ma poi il gigante fu aiutato da Musa che scagliò un colpo contro la fata. Per difendersi alle sue spalle, Flora distolse lo sguardo dal gigante che la colpì in pieno. La keimerina cadde a terra violentemente.
"FLORA!" Esclamò Brandon vedendola colpire il suolo, sciogliendosi da quei nemici roteando la spada, ma in quel momento Beli si voltò e lo trafisse. Il soldato sgranò gli occhi, non emise alcun suono, si limitò tremante ad abbassare per un secondo lo sguardo per vedere la spada bronzea del gigante trapassare il suo addome. Con la bocca rimasta aperta, il suo sguardo fu per la sua fata, che corse da lui. Ma quei secondi sembrarono interminabili, con Icy che la fermò, i loro sguardi cercavano di non distogliersi. La spada gli cadde di mano, la bocca gli si riempì di sangue che scivolò lungo il suo mento in un rivolo sottile. Beli sfilò via la spada e Brandon cadde. Fu come se i suoni fossero diventati per tutti lontani, le urla di Flora chiamandolo e sperando che si alzasse. La keimerina riuscì a raggiungerlo, lo prese fra le sue braccia, ma lui non si mosse, con gli occhi chiusi e le membra del corpo abbandonate, mentre il sangue usciva da quella ferita. Lei, con le lacrime agli occhi, gli prese il viso.
"Ehi, amore, svegliati." Gli disse allarmata, provò a curare la sua ferita. "Apri gli occhi. Per favore, apri gli occhi." La sua mano era avvolta da una luce verde, cercando di fermare quel sangue. Ma poi la terra tremò, i nemici si smaterializzarono e Flora si ritrovò le braccia vuote, inginocchiata davanti alla terra bagnata di sangue.
"Dobbiamo fare qualcosa! Dobbiamo raggiungerli!" Esclamò Flora, allarmata. "Nikolai, portami oltre le montagne! È ferito! È ferito, perché l'hanno portato con loro?!" Esclamò ancora, con le mani nei capelli, preoccupata, camminando smaniosamente. Nikolai ed Helia si avvicinarono, si guardarono capendo. "Nikolai, che aspettiamo?! Non mi importa della magia oscura, loro..."
"... Flora." La fermò suo padre, Vymarna era davanti alla sua quercia e teneva lo sguardo su di lei. Flora lo guardò, in attesa, tremando.
"Non andrai lì." Disse Vymarna severa, la keimerina, con rabbia, si rivolse a Lei avvicinandosi:
"Tu non sei nessuno per dirmi cosa fare! L'hanno ferito ed io non me ne starò qui ferma! Nikolai?!" Chiese aiuto a suo padre, disperata. Ma il dio guardò Vymarna, che annuì e disse:
"Diglielo tu, altrimenti io sono sempre quella cattiva. Diglielo tu perché una mia foglia è caduta."
Davanti a quelle espressioni e a quelle parole Flora spostò lo sguardo dall'uno all'altro, confusa.
"... cosa? Ma cosa dite?! Smettiamola di perdere tempo e..."
"Non andremo oltre le montagne." Dichiarò Nikolai, serio. Sua figlia lo guardò allibita. Davanti alla sua espressione, e all'inabilità di Nikolai, Helia si avvicinò a lei e le mise una mano sulla spalla.
"Flora," Disse con lo sguardo triste, lei non capiva. "mi dispiace così tanto."
"Perché? Perché ti dispiace? Cosa...?" Chiese la keimerina inciampando nelle sue parole.
"Flora, non l'hanno ferito, l'hanno ucciso." Rispose Helia, calmo, cauto, col viso scuro e l'aria compassionevole. La keimerina assottigliò gli occhi, fece un passo indietro sciogliendosi dalla presa del suo amico.
"Cosa?" Mormorò confusa, allibita. "Siete impazziti? Quello che dite non ha... non ha senso. Come potete anche solo...?" Biascicò, ma gli sguardi che le rivolgevano non cambiavano. Respirare divenne più faticoso. "Non è..." Deglutì ma la bocca già era impastata. "Brandon non è morto, state dicendo una sciocchezza. Come potete dire...?"
Vymarna tenne lo sguardo su di lei con una certa sufficenza, poi con un gesto della mano fece arrivare tra le sue mani una foglia con una folata di vento. Lei la guardò.
"Ecco come te lo posso dire. Fatti coraggio, Flora, i tuoi nemici non usano mezze misure." Dichiarò la Natura. Flora guardò quella foglia che aveva tra le mani: la Natura sapeva, lui le apparteneva. Gli occhi le si riempirono di lacrime, alzò lo sguardo verso Helia.
"Helia..." Mormorò tremando. "... Helia, Brandon è morto?"
Il bach si sentì straziato per quello sguardo che gli veniva rivolto, si schiarì piano la voce. Annuì.
"Sì, Flora, mi dispiace tanto."
La giovane strinse quella foglia, scosse la testa. "No, non è vero." Dichiarò mentre le lacrime cominciarono a scendere.
"Flora..." Provò a dire Helia e si avvicinò a lei ma la fata fece un passo indietro per non farsi toccare. Le lacrime scendevano e il suo pianto divenne più forte.
"Non è... non è giusto!" Esclamò tra i singhiozzi. Urlò dal dolore, il suo pianto e la sua pena furono così forti che si piegò e poi cadde in ginocchio. Pianse disperatamente. Gli altri assistettero alla scena senza avere il potere di fare nulla. Un tuono squarciò il cielo e cominciò a piovere, ma la fata non si mosse e restò lì a terra a piangere, mentre ogni parte di lei tremava, anche il cuore.
Il suo soldato non c'era più.
Ehilà dolcissimi germogli! Come state? Un capitolo intenso, non credete?
Io non mi sbilancio, non me la sento neanche... aspetto di sapere cosa voi ne pensate. ❤
Voglio ringraziarvi per come state continuando nella lettura di questa storia e per tutto l'affetto che mi dimostrate, vi voglio bene!
Ci vediamo presto con il prossimo capitolo che credo sia più che necessario!!
Vi strAmo,
xoxo Florafairy7
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