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Capitolo 18

MORALE

"Come può Sky avere anche un minimo dubbio?" Chiese Flora, dopo che Brandon le ebbe raccontato tutto ciò che era successo il giorno prima. Perplessa, tenne lo sguardo su di lui, alzandosi i capelli in uno chignon per rinfrescarsi. Su Linphea non c'era neanche un filo di vento e il cielo coperto di polvere rossa sembrava un coperchio che teneva chiuso tutto il calore. Brandon scosse la testa, appoggiato al piano della cucina e tenendo le braccia incrociate.

"Ah, non lo so... ma Carter sicuramente ha insinuato in lui qualche dubbio. È una persona molto intelligente, è scaltro..."

"... okay, ma ho una domanda." Disse lei, lui le fece cenno di proseguire. "E se queste persone che ti hanno fatto il suo nome mentissero? E se volessero incastrarlo perché invece è una brava persona?"
Lui la guardò indispettito, ma la fata alzò le mani. "Sono domande legittime e lo sai bene."

"Sì, è vero," Concesse lui. "ma come ti spieghi i documenti spariti? E come ti spieghi il trasferimento dei due dell'imboscata da parte dei servizi segreti? E ancora di più, come ti spieghi il suo tempismo disumano? Vuoi sapere come la vedo io? Io la vedo che Carter ha archittettato tutto questo per guadagnarsi la fiducia di Sky per poi agire indisturbato."

"Hai intenzione di confrontarlo?"

"Sì, ma devo pensare prima... non fare quella faccia, ogni tanto anch'io penso prima di agire, e in questo caso è davvero necessario. Se Carter è stato così scaltro fino ad ora andare da lui e... beh, confrontarlo non mi porterebbe a nulla, ne saprebbe uscire."

"Vuoi che ne parli con Bloom? Forse lei capirebbe." Propose la fata.

"No, meglio di no, a Sky non piace quando ci sono troppi passaggi di parole e crederebbe che voglio affossare Carter per un motivo personale, lo conosco."

"Beh, sappi che Sky si fida di te, quindi secondo me se gli parli con calma e gli spieghi le cose per bene capirà." Concluse la fata con convinzione.

"Già, si fida di me, ma ultimamente ho fatto una cosa che non gli è piaciuta e, conoscendolo, si starà tormentando."

"Che intendi?"

"Non gli ho detto di mio padre e Sky ci tiene a queste cose." Disse lui con un sospiro, affranto.

"Ne avevi tutto il diritto." Replicò la fata e lui alzò lo sguardo verso di lei. "Sei il suo scudiero, l'hai sempre protetto e non sei mai venuto meno, hai il diritto di tenerti per te una faccenda privata. Sky ha uno standard morale molto alto, e questo gli fa onore, ma non è detto che bisogna sempre fare a modo suo."

"Lo dici perché sono io, ma tu sei esattamente come Sky." Puntualizzò lui guardandola. La fata alzò le spalle.

"È vero... e allora?"

"E allora non vale!" Esclamò lui con un sorriso. "Per come sei fatta tu, Logan ieri sera non sarebbe uscito da quella porta."

"Questo non c'entra! Sky deve preoccuparsi su come lavori, e lavori bene, troppo bene, quindi..." La fata non poté continuare perché il cellulare di Brandon squillò.

"È Sky." Disse lui, lei gli fece cenno di rispondere. "Sì?" Sky parlava dall'altra parte, Brandon guardava Flora. "Venire lì?" Ripeté lui, Flora annuì energicamente. "Sì, certo, arrivo, dammi mezz'ora e sono a palazzo."

E, proprio come loro, anche Bloom e Sky stavano parlando. Le stanze del principe erano inondate di luce e Bloom era proprio lì accanto alla finestra lasciandosi accarezzare dal venticello più fresco. Sky le rivolse lo sguardo dopo aver riattaccato a telefono, quindi la principessa disse:

"Vuoi che ne parli con Flora?"

"No," Rispose lui. "no, per favore, odio questo tipo di cose, è una questione tra me e lui. Bloom, lo sai, mi fido ciecamente di Brandon, ma... ma forse io non lo conosco davvero, o almeno è questa la conclusione a cui sono giunto."

"Sì, ma non la vedo come Adrian: Brandon non ha contatti con la sua famiglia, se quel cacciatore è davvero suo padre non credo possa mai perdonargli ciò che ha fatto a Flora."
Sky sospirò.

"Non lo so, Bloom, e vorrei davvero sbagliarmi perché sai che gli voglio bene."
I due furono interrotti quando fu annunciato che Adrian Carter voleva parlare con il principe. Bloom salutò Sky con un bacio sulle labbra e lasciò la stanza permettendo ad Adrian di entrare e parlare con Sky.

"Buongiorno. Volevi parlarmi?" Chiese Carter risoluto. Sky annuì.

"Adrian, ieri ci siamo confrontati ed io ho riflettuto molto. Ho chiesto anche a Brandon di venire, voglio che questa storia finisca qui."

"Bene, perché io Brandon lo porto davanti alla corte." Dichiarò Adrian, Sky si accigliò, confuso. L'agente segreto spiegò tutto al suo principe, il quale ormai non sapeva più dove guardare, e poco dopo arrivò anche lo scudiero. Quando entrò, capì che il suo amico era profondamente turbato, lo conosceva abbastanza bene per capirlo senza troppi giri di parole.

"Sono contento che sia anche tu, Carter, perché credo che tu debba rispondere ad un paio di domande." Esordì il soldato, ma Carter non si lasciò intimidire.

"Direi lo stesso. Il tuo piano è saltato, Brandon." Gli disse e Brandon si accigliò, confuso, guardò per un attimo Sky che sembrava perso.

"Credi davvero di poter girare la situazione a tuo favore? So tutto: ho parlato con Molina, ed ora lo mandiamo anche a chiamare. E Karkov ha fatto il tuo nome. È finita la commedia, confessa adesso e ti risparmierai l'umiliazione."

"Karkov? Lo stesso che ieri hai ucciso?!" Replicò Adrian. Per Brandon fu come uno schianto sentire quelle parole.

"Non ti permettere di accusarmi di una cosa del genere."

"Le guardie hanno detto che sei stato tu l'ultimo a vederlo e stanotte l'hanno trovato morto ed era chiaramente stato percosso."
Brandon guardò subito Sky, come per cercare conferma nel suo sguardo che almeno lui gli credeva. Ma gli occhi blu del principe in quel momento per lui furono illegibili.

"Quando sono andato via era vivo ed io non supero mai limiti che non dovrei. Forse sei tu che l'hai ucciso, o forse quel poveretto sapeva a cosa sarebbe andato incontro per averti tradito e ha preferito togliersi la vita!"

"Hai qualche prova per avallare ciò che stai insinuando?" Chiese Carter calmo. "Eppure io a differenza tua ho dei testimoni: tu sei stato l'ultimo a vederlo. E poi, si sa, voi della riva ovest forse avete una concezione di limiti un po' diversa da quella delle persone per bene."

"Non ti ho dato tutta questa confidenza." Replicò Brandon, col viso duro. Guardò Sky, ma il principe chiese:

"È vero che frequenti la riva ovest?"
Brandon sgranò gli occhi, non poteva essere che persino il suo migliore amico dubitasse di lui.

"Perché mi fai questa domanda?" Disse lo scudiero, ma Sky sembrava amareggiato. "Sì," Rispose quindi. "ci vado spesso perché vado a cambiare i fiori sulla tomba di mia madre. Qualche altra domanda?!" Esclamò, guardando poi Carter. Ma fu Sky che ancora chiese:

"Sai dov'è Logan?"
Brandon lo guardò, assottigliando gli occhi. Sorrise appena, incredulo.

"Davvero, Sky? Davvero tanti anni di fedeltà nei tuoi confronti devono vacillare adesso così?"

"Non mi hai risposto, Brandon." Disse il principe, il suo viso esprimeva delusione, paura. Il soldato cercò di mantenere la calma.

"Non sono io quello che ti sta tradendo."

"Ma hai aiutato tuo fratello a scappare." Proruppe Carter, Brandon gli rivolse uno sguardo pieno d'ira.

"Mandiamo a chiamare Molina e poi vediamo."

"Non ce n'è bisogno: ho scoperto che Diego Vela ha rubato dei documenti importanti dall'armeria e che è entrato qui sotto falso nome, ho già fatto detenere lui e suo fratello." Rispose Carter, con aria tranquilla. Ma lo sguardo che rivolse a Brandon gli fece capire che, come un burattinaio, stava gestendo lui ogni cosa.

"Sky, devi fidarti di me." Disse Brandon, turbato, impaurito.

"Sono le stesse parole che mi hai detto tre anni fa su Whisperia, ma non hai mai risposto alle mie domande."
Davanti a quelle parole, Brandon affondò le spalle, come se una spada lo avesse trapassato. Si rivolse ancora al suo amico.

"Non ti farei mai del male. Non puoi credergli. Sky, ascoltami..." Prese un respiro. "... ho fatto degli errori in passato, ma questo non vuol dire che non puoi fidarti di me. Non ho ucciso io Karkov, puoi credermi. Lascia che lo esaminino, lascia che capiscano di cosa è morto, non sono stato io."

"Dov'è Logan?" Chiese ancora il principe, guardandolo. Brandon scosse la testa e accennò un sorriso per una frazione di secondo. "Hai contatti con lui?" Domandò Sky, il suo amico, sconfitto, annuì. Sky prese un respiro, attonito, ferito. "Mi aspettavo più integrità da parte tua."

"I compromessi che ho scelto di fare con la mia famiglia non hanno niente a che vedere con la mia fedeltà alla Corona."
Il principe scosse la testa, ma Brandon aggiunse: "Ho rischiato la vita per te, sono almeno dieci anni che rischio la vita per te, sai che puoi fidarti."
Sky passò lo sguardo da lui a Carter. Quest'ultimo quindi disse: "Chiamo le guardie."

"No." Lo fermò il principe, Carter si bloccò. Sky guardò Brandon. "Per ora va', su Linphea c'è la vita di un bambino che dipende da te, ma questa storia non finisce qui... sono molto deluso da te, Brandon, e ferito..." Lo scudiero provò a parlare, ma Sky non glielo permise. "... non me lo aspettavo, non dopo Meridian." Lo guardò negli occhi e Brandon capì. "Va', non voglio vederti, e quando sarà finita questa storia su Linphea risponderai di ciò che hai fatto." Gli fece un cenno, spazientito, e Brandon, abbassando la testa, lasciò la stanza.

"Perché l'hai lasciato andare? Sky, è una persona pericolosa!" Lo rimproverò Carter, ma il principe, col viso duro, replicò:

"Già, ma Flora si merita suo figlio. Quando questa storia assurda sarà finita, sapremo dove trovarlo. Ora, per favore, Adrian, lasciami, ho bisogno di stare un po' da solo."
Carter annuì e andò via ma, non appena ebbe chiuso la porta, Sky chiamò la sua amica.

Nel frattempo, Flora era con Nikolai praticando degli incantesimi che lui le mostrava. Linphea aveva già cambiato aspetto ormai e la keimerina lo sentì amaramente. Sentiva il silenzio, sentiva l'aria ferma, sentiva il vuoto. Nikolai fu sbalordito da lei: Flora maneggiò quella magia come se lo avesse fatto da tutta la vita. Lei stessa si sentiva potente come mai prima, come se fosse stata in attesa di quel momento da sempre.
"Riposati." Le disse Nikolai, trattenendo un sorriso.

"Non sono stanca." Replicò lei, suo padre la guardò.

"Lo so, ma devi riposare. A volte abbiamo bisogno di qualcosa anche se non lo sentiamo."
Flora annuì e quindi sedette sull'erba, Nikolai sedette di fronte a lei. "Mi piaci un sacco." Flora sembrò sorpresa da quell'affermazione. "Avrei voluto conoscerti prima."

"Ah, non fare preferenze, i papà non le fanno mai." Replicò Flora, prendendolo in giro. Lui distolse lo sguardo.

"Con le tue sorelle era diverso... le loro madri erano driadi, loro appartenevano alla natura, non erano soltanto mie." La guardò. "È stata Faragonda ad insegnarti la magia?"
Flora annuì e rispose:

"Sì, ho frequentato Alfea per molti anni, ho completato lì due cicli."

"Suona come non sia una cosa da tutti." Replicò Nikolai, soddisfatto.

"Beh, no, molte fate dopo aver raggiunto il loro Enchantix lasciano, mentre io e le mie amiche abbiamo continuato lì, lavorando per Faragonda e approfittandone imparando ancora da lei e dagli altri professori."

"Lavorando per lei? Perché, cosa è successo nell'universo magico in questi anni?"

"Un paio di cose cose..." Rispose Flora con un mezzo sorriso, poggiò dietro di lei le mani sull'erba. "... animali fatati in pericolo, l'Oceano Infinito sul punto del collasso, cacciatori di fate..." Abbassò lo sguardo, non si era resa conto subito di ciò che stava dicendo.

"Te lo porterai dentro per sempre, che ti piaccia o no." Dichiarò il dio, Flora tenne lo sguardo basso e disse:

"Lo so, e forse è la cosa che fa più male: il fatto di non riuscire a dimenticarlo."

"Bocciolo?" Flora lo guardò. "Il tuo umano ti fa sentire al sicuro?"
Flora accennò un sorriso e annuì.

"Sì, molto." Flora poggiò i gomiti sulle ginocchia. "Mi fa sentire protetta, mi fa sentire amata. Dove è lui mi sento a casa." Guardò suo padre, sapeva che Brandon non gli piaceva e infatti Nikolai strinse le labbra.

"Beh, suppongo che questo sia quello che ogni padre voglia per sua figlia."

"Perché Brandon non ti piace?" Chiese Flora, con lo sguardo curioso, e Nikolai sorrise, in quel momento si rivide.

"Perché... beh, perché..." Il dio sospirò. "... non lo so, può darsi che mi dia un po' fastidio che un umano sia tanto importante per te." Strinse le labbra.

"Come Rodols?"
Nikolai si sentì come smascherato, alzò entrambe le sopracciglia e replicò:

"Beh... può... può darsi." Cercò di tenere su il suo solito atteggiamento indisturbato, Flora sorrise.

"Sai, quando la mamma mi ha parlato di te per la prima volta, quando mi raccontò chi eri, i suoi occhi si illuminarono. Lei non ha mai smesso di amarti, mai. Ma ogni volta che lei e Rodols erano insieme, anche se erano in due lati opposti della stanza, chi era lì con loro si accorgeva che si amavano. Si appartenevano, si cercavano." Cercò lo sguardo di Nikolai e lui finalmente glielo rivolse. "Quando lessi l'ultima pagina del tuo diario mi sentii così triste, come se mi avessi lasciata per sempre, e fu allora che mi resi conto che, anche se non ti avevo mai conosciuto, ti volevo bene. Tu non riuscirai mai a capire quello che io e Rodols condividiamo, ma lui non potrà mai capire quello che condividiamo io e te. Per il resto, mi dispiace che le cose siano andate come sono andate per te."

"Che morte stupida per un dio." Replicò Nikolai scuotendo la testa.

"Avevi imparato ad essere un mortale."

"Mi piaceva Sakoma, mi trattavano con rispetto e non mi temevano."

"Tu e Jackson eravate molto amici, vero?" Chiese Flora, con un velo di malinconia nella voce. Nikolai sorrise.

"Sì... quel ragazzo era così tormentato e solo, e... sarebbe stato un buon re. Tu... tu gli hai voluto bene? Lui lo sapeva che gli volevi bene?"
Flora s'incupì.

"È morto difendendomi da suo padre, ma io avevo tradito la sua fiducia. Prima di tutto quello che successe su quella torre, prima che morisse, gli chiesi perdono, gli dissi che gli volevo bene, ma non so se poi alla fine ci abbia creduto davvero."

"Lui ti amava?" Domandò Nikolai, serio, profondamente attento.

"No, certo che no, ma mi voleva bene e si fidava di me. Aveva disperatamente bisogno di qualcuno che signifcasse davvero qualcosa per lui." I suoi occhi divennero lucidi, la fata con le mani li asciugò in fretta e disse: "Beh, riguardo i giganti? C'è qualcosa che possiamo aspettarci?"

"Sì." Rispose Nikolai annuendo, anche lui scrollandosi di dosso quelle emozioni. "Sicuramente attaccheranno, vorranno testare le nostre forze. Una cosa odiosa della magia dei giganti è che è completamente opposta alla nostra, è negativa, è il caos, ed è per questo che devi stare attenta. Non so se arriveranno fin qui o si fermeranno da Vymarna, questo dovremo fare in modo di capirlo, di sentirlo..."

"... Brandon lo sentirebbe?" Chiese la fata, come se sentisse dolore solo al pensarci. Nikolai annuì, costatando l'evidenza.

"Beh, sì... detto questo, saranno sicuramente o Beli o Ymir, Jotun li manderà avanti per sapere noi come siamo messi."

"E poi cosa succederà?"

"Durante la prima guerra combatterono uno ad uno contro di noi, prima Ymir, poi Beli e poi Jotun."

"Ma se non possiamo ucciderli come faremo? Utilizzeremo lo stesso incantesimo che hai utilizzato tu?"
Nikolai scosse la testa.

"Bocciolo mio, quell'incantesimo ti distruggerebbe... dobbiamo pensare a qualcos'altro..." Il dio si alzò. "... ma ora nel frattempo vediamo un po' come te la cavi, forza." Le fece un cenno e lei si alzò, pronta ad allenarsi con la sua nuova magia.

Quel pomeriggio, su Melody, Musa era perplessa. Seduta sul suo balconcino ripensava alla conversazione avuta con Javier la sera prima che ora cambiava tutte le carte in tavola.
Si era recata da Vymarna con i due cacciatori e la Natura si era rifiutata di dar loro la ricompensa che si aspettavano da Lei: per i due umani sarebbe stata magia della Natura, per lei sarebbe stato l'ibisco nero, un fiore magico molto particolare che finalmente avrebbe messo fine al suo tormento. Ma no, la Natura si era rifiutata di onorare i patti presi con loro, anche perché ormai non li necessitava più. A quanto pareva aveva altro a cui pensare adesso e non più alla keimerina. Musa aveva riferito ai due cacciatori della questione dei giganti, e fu allora che Javier si era proposto.

"Se c'è una cosa che ho imparato è restare sempre dal lato dei vincenti. Se i giganti la vogliono morta a noi toccherebbero le sue ali e forse qualcosa in più." Aveva detto l'uomo, a Barrera avevano brillato gli occhi, Musa si era mostrata scettica.

"Se c'è una cosa che ho imparato io invece è che loro non si arrendono mai. Brandon e Flora hanno intenzione di combattere e di vincere."
Javier aveva alzato gli occhi al cielo, scocciato.

"Brandon ha questa mania di eroismo che si porta dietro da sempre, ma non credo che tre giganti assetati di vendetta possano fare meglio di lui."

"Lo sottovaluti." Aveva replicato Musa, incerta.

"O forse sei tu che vuoi tornare dalla loro parte." A quelle parole Musa era rimasta impassibile, solo un sopracciglio arcuato aveva lasciato trapelare della rabbia.

"Non ho intenzione di rischiare."

"Credevo ormai non avessi niente da perdere."
E a quelle parole Musa pensava e ripensava perché doveva decidere se presentarsi al cospetto dei giganti oppure no. Ma non era incerta per il senso di colpa, no, anzi, trovava i suoi amici piuttosto stupidi nel voler rischiare così tanto e se mai avessero vinto era convinta che o Brandon o Flora ci sarebbero rimasti morti in quella guerra; era incerta perché se mai i suoi amici avessero vinto, lei avrebbe perso la sua occasione, e nel peggiore dei casi avrebbe condiviso il destino dei cacciatori di fate.

-

Flora aveva sentito le sue amiche quel pomeriggio. In una videochiamata interplanetaria le ragazze si erano consultate e avevano incoraggiato la loro amica, nonostante sui loro pianeti le cose non stessero andando esattamente bene, ci tenevano ad esserci per lei. Flora si era messa in salotto con la finestra aperta e la sfera di cristallo poggiata sul tavolino, vedendo tutte le sue amiche.

"State tranquille, immagino soltanto la confusione che avrete ognuna di voi in questo momento sui vostri pianeti." Le tranquillizzò Flora, quando si scusarono per non essere lì con lei. "Tanto Nikolai dice che per domani non abbiamo da temere: Jotun vorrà solo intimidirci, dice che non userà mai tutte le sue forze in una sola volta. Sono creature antiche."

"Perché non andate voi ad attaccare loro?" Chiese Musa, e la sua amica le spiegò che la magia dei giganti si era posata sulle montagne ed andare lì li avrebbe distrutti, lasciando stare il fatto che loro non potevano ucciderli e quindi se non avevano come fermarli era inutile e pericoloso.

"Aisha, hai visto Miele e mio padre? Sono venuti a palazzo?" Chiese la fata, la sua amica scosse la testa.

"Ho parlato con tuo padre e li ho invitati a palazzo, ma si è rifiutato, dice di non volere trattamenti speciali perché è un linpheiano come tutti gli altri."
Flora schioccò la lingua.

"Mio padre è l'esattezza fatta persona..." Borbottò la giovane. Le ragazze fecero altre domande riguardo i giganti, Flora rispose per ciò che poteva saperne e poi si materializzò Nikolai, che si unì alla chiamata.

"È tutta una questione di prospettiva." Disse il dio. "Sta di fatto che anche noi domani capiremo a che punto sono, quanta forza hanno e quali risorse."

Linphea quella sera era la quiete prima della tempesta. L'elettricità nell'aria poteva sentirsi sulla pelle, l'aria era ferma e la natura era silenziosa, come impaurita, sapendo di doversi preparare. Quella notte i giganti avrebbero riacquistato le loro forze e si sarebbero svegliati, alle luci dell'alba avrebbero attaccato, e probabilmente la Natura aveva più paura di quanto non dicesse.

"La senti, vero?" Chiese Flora, osservando suo marito mentre sembrava assorto tra i suoi pensieri. Lui la guardò.

"Sì, e credo che ci convenga andare da Lei, farci trovare lì. Per quanto assurdo, dobbiamo proteggerla."
Flora sospirò passandosi una mano fra i capelli.

"Non mi hai più detto come è finita con Sky."

"È finita bene, anche se ha ancora Carter a palazzo, ma ora io ho da fare qui, quindi va bene per tutti se non vado su Eraklyon."
Flora andò a sedersi di fronte a lui.

"Credi che ce la faremo?"

"Non lo so, ma almeno ci proviamo." Replicò lui. "Questa tua nuova magia è potente."

"E ho saputo che quella spada è stata forgiata appositamente per combattere i giganti." Aggiunse lei. Brandon la guardò e disse:

"Adam fra quattro mesi nascerà e lo farà con noi, e lo stringeremo, e andrà tutto bene. Voglio crederci." Flora sorrise.

"Adam?"

"Sì, beh, dobbiamo pur pensare a qualche nome, quindi iniziamo dalla A e vediamo quale suona meglio." Replicò lui con un sorriso.

"Adam Bravo." Tentò lei, si sorrisero, Brandon schioccò la lingua.

"No, direi di passare avanti."

"Andrew." Propose Flora, lui inarcò le labbra in un sorriso.

"Andrew Bravo non suona male, ma non sono proprio convinto."

"Abbiamo ventisei lettere." Disse la fata, divertita.

"E una guerra da vincere." Dichiarò lui, aprì le braccia. "Vieni qui, fata della natura, ho bisogno di te."
Si tennero stretti tutta la notte, non riuscendo a dormire, guardando fuori da quella finestra come se aspettassero la fine del mondo arrivare davanti ai loro occhi. Era poco prima dell'alba quando Nikolai si materializzò, Flora sussultò, forse un po' aveva ceduto alla stanchezza di quella magia tanto potente. Erano pronti, avrebbero raggiunto Vymarna. Aspettare era stato disumano, l'ansia era cresciuta dentro di loro secondo dopo secondo, ma sapevano che era necessario. Nikolai insisteva che la contrapposizione tra caos e ordine era reale, potente e pericolosa. Il cielo di Linphea prima dell'alba era tetro, come se lottasse sul decidere se fare o no spazio al sole di lì a poco. Faceva molto caldo e l'aria era piena di polvere: la natura di Linphea si stava ritirando. Raggiunsero l'antro di Vymarna, trovarono lì tutte le ninfe materializzate nella loro forma antropomorfa. La terra tremò leggermente quando Nikolai fece un primo passo avanti. Vymarna li guardò, poi posò lo sguardo sul dio.

"Sai che i tuoi poteri sono praticamente inutili, non hai più niente a parte qualche giochetto." Gli disse acida, Nikolai si strinse nelle spalle.

"Io sono già morto, ma almeno darò il mio contributo, quello che si spera anche tu farai. Non si scappa da questo, Vymarna."

"È colpa vostra." Replicò la Natura, guardandolo male, Nikolai stava per rispondere ma Flora s'intromise:

"Ora non importa di chi sia la colpa."
Dopo che pronunciò quelle parole, la terra tremò, prima piano e poi a scossoni sempre più forti. Brandon e Flora si scambiarono uno sguardo, la fata si trasformò. Il tremore veniva dalle montagne e diventava man mano più forte, mentre poco a poco l'oscurità svaniva e una fioca luce prendeva posto in cielo. Le ninfe di Vymarna si misero in guardia mentre la natura intorno fremeva, Vymarna stessa piantò bene i piedi a terra mentre dentro sentiva ciò che accadeva. Brandon si diede un'occhiata al sentire quella sensazione e notò che il segno sul suo petto brillava. Gettò un'occhiata alla Natura, che ricambiò il suo sguardo e che gli fece ben intendere che, se avesse voluto salvare la sua vita, avrebbe dovuto proteggerla. Sentirono i rampicanti muoversi e tutti ebbero un sussulto, ma si tranquillizzarono quando videro arrivare la melissa, il bach, e quell'umano testardo, coraggioso, ed acido a tratti. Flora andò subito ad abbracciare Martha.

"Grazie per essere venuta." Le disse, riconoscente.

"Scherzi?" Replicò la sua amica con un sorriso.

"Grazie ragazzi." Disse poi ai suoi amici, loro stavano per replicare ma non ce ne fu tempo.
Avevano creduto che avrebbero potuto anticipare ciò che stava per accadere, ma si erano sbagliati.
In una frazione di secondo l'antro di Vymarna fu invaso da un'orda di draugr, creature spietate, dall'aspetto poco piacevole. I loro corpi rigonfi e violacei di non-vita avevano un qualcosa di disgustoso, ma la loro forza era ciò che più di ogni altra cosa stupì. Sembravano morti che combattevano, con delle spade di ferro dell'Élivágar che sembravano poter tagliare persino la quercia di Vymarna tanto erano affilate. Nel giro di pochi istanti quella guerra ebbe inizio. Ormai non c'era più punto di ritorno. Helia e Riven combatterono insieme, guardandosi le spalle l'un l'altro, fermando quegli esseri infernali che sembravano non avere punto debole. Ad ognuno che cadeva un altro si rialzava. Helia col dominio del fuoco e della terra li annientava, mentre Riven li fermava a colpi di spada. Nikolai sostenne la melissa che, trasformatasi, combatteva con la sua magia, in quel momento al massimo della sua potenza essendo alle radici della Natura. Martha non si fermò neanche per riprendere fiato, mentre Nikolai cercava di proteggerla anche se, come aveva puntualizzato sua sorella, la sua magia, ombra sbiadita di uno splendore passato, poteva molto poco. Flora e Brandon combatterono spalla contro spalla tenendo testa alle numerose creature, mentre il cielo sopra le loro teste cominciò a borbottare e dei lampi lo squarciavano frequentemente. Il soldato non lasciò avvicinare neanche una di quelle creature che le decapitava, lasciava affondare la sua spada nei loro cuori fino all'elsa senza lasciar loro scampo. La keimerina rivoluzionò ogni cosa quel giorno e la Natura lo capì bene: la seiðr ora era parte di lei e la gestiva abilmente. Era completamente circondata da quell'aurea magica, le bastavano un cenno, pochi tocchi, per poter lanciare un incantesimo, un colpo mortale per quelle creature, che però sembravano ricomporsi. Fu estenuante per tutti. Le ninfe di Vymarna proteggevano la quercia e combattevano contro quelle creature con degli incantesimi naturali, ma riuscirono poco, mentre la Natura finalmente espresse la sua magia. Come Flora, anche Lei maneggiava la seiðr ma, a differenza della keimerina, Vymarna poteva gestirla alla perfezione. I suoi capelli intrecciati con cura si alzarono nell'aria ferma, mentre i suoi occhi verdi si accesero. Vymarna combatté, ma non senza riserve, sapendo che non le conveniva esporsi troppo, ma con gran potenza riuscì a dare il suo contributo. Quella battaglia andò avanti per quelli che parvero secoli: feriti, sporchi, stanchi, ma nessuno di loro pensò neanche minimamente di fermarsi. Ma come sentiva la sua stanchezza, Brandon sentì anche quella di Vymarna e una preoccupazione come in un lampo lo avvolse, un istinto che non credeva di avere gli mandò un allarme. Allora, in mezzo a quella confusione, voltò verso di sé la sua fata.

"Devi proteggere Vymarna, va' alle sue radici, non sappiamo se cedesse anche minimamente cosa potrebbe succedere al bambino!" Le disse, cercando di farsi sentire in tutto quel caos. La fata annuì subito ma, prima di volare via, poggiò la mano sul suo petto, all'altezza di quel segno, e una scia magica invase il giovane. "Cosa...?" Mormorò lui confuso, ma lei volò subito alle radici della Natura.

"Non dirmi che vuoi uccidermi proprio ora." Le disse Vymarna, notando che la fata si era inginocchiata accanto a lei. "Ti ho vista: maneggi bene la seiðr."
Flora stava per rispondere ma dei corpi di draugr furono scaraventati via davanti a loro dal dominio dell'aria del bach. Quindi la fata affondò le mani nel terreno e intorno a lei si creò un'aurea azzurrina.

"Terra Mora Vantis Quo Incandis, per Vasa Quo Errum Signos." Cantilenò la keimerina, mentre la quercia fu invasa di quella magia a partire dalle sue radici. "Ti proteggo, ma solo perché devo fare in modo che la mia famiglia stia bene." Le disse Flora, i suoi occhi verdi lasciavano trapelare del rancore. Vymarna accennò un sorriso.

"Qualunque sia il tuo motivo, ricorda sempre che sono la madre terra, alla fine dipendete tutti da me."
Flora si accigliò ma non replicò e, tenendo le mani affondate nella terra, continuò: "Terra Mora Vantis Quo Incandis, per Vasa Quo Errum Signos."
In quei secondi, Flora sentì un movimento nel suo ventre, poi, con le dita avvolte dal terreno, sentì quel battito. Veloce, ritmato, mentre le sue dita erano come radici in quella terra. La keimerina chiuse per un secondo gli occhi per non perdere la concentrazione e continuò con la sua nenia, ma niente ormai poteva più femarla. Sentiva dentro di sé una forza che non aveva mai provato e la seiðr non c'entrava nulla. Aveva sentito il suo bambino, non poteva lasciarlo andare, non poteva perdere. Quando terminò l'incantesimo riaprì gli occhi e Vymarna fu completamente circondata e rinvigorita da quella magia. La fata quindi, mentre una parte di lei desiderava con tutto il cuore strappare via con le unghie quelle radici, si destò e tornò alla battaglia.
Il cielo era rosso, sembrava una coltre di sabbia pervasa di elettricità. I lampi venivano seguiti immediatamente da tuoni, la terra sembrava instabile. Combatterono ancora e ancora, senza fermarsi, con le membra del corpo che iniziavano a diventare doloranti per la stanchezza e qualche ferita. Fu assurdo, nessuno di loro riuscì ad avere la cognizione del tempo, l'adrenalina impediva loro di fermarsi. Ma fu Helia che quel giorno stupì tutti e qualcuno dovette per forza fermarsi per guardarlo: riuscì a dominare insieme il fuoco e l'aria prendendo il controllo dei fulmini.
Nikolai, con quel poco di magia che aveva, cercava di aiutare Martha: la melissa lanciava incantesimi mentre di tanto in tanto gettava un'occhiata alla sua amica. Sentiva su di sé una certa responsabilità per lei e per ciò che stava accadendo e una voce nella sua testa la tormentava.

"Attenta!" Una lama si parò proprio davanti a lei, impedendo ad uno di quegli esseri spietati e instacabili, dal corpo rigonfio, di colpirla. A lei per un attimo mancò il fiato, poi guardò Riven e con un cenno lo ringraziò, per poi continuare a combattere.

Gli occhi bruciavano, un po' per il sudore e un po' per quella polvere che diventava sempre più fitta, sembrava come se di lì a poco sarebbe scoppiata una tempesta di sabbia mentre i lampi la minacciavano irrequieti. Erano tutti stanchi, fu per questo che, in quella battaglia infinita, tutto divenne inverosimile e gli amici tra di loro iniziarono a scambiarsi delle battute tra un colpo e un altro. Brandon e Flora andavano in sincronia, l'una con la magia, l'altro con la spada, le cui rune erano scintillanti e Nikolai se n'era accorto con fierezza. Si alzò finalmente il vento, asciugando quel sudore, ma era un vento caldo che portava con sé quella polvere rossastra.
Sembravano non riuscire ad avere la meglio, dopo ore di combattimento non sembravano poter mettere fine all'orda di draugr che veniva loro incontro. Poi, improvvisamente, l'aria si fermò, tutto cambiò in un secondo. Quei corpi rigonfi e infernali caddero al suolo tutti in una volta, come per un ordine. I ragazzi si gettarono tutti un'occhiata, confusi, ma Nikolai non ebbe il tempo di avvertirli perché l'antro di Vymarna fu mangiato dalle fiamme.

-

Su Eraklyon il principe Sky non aveva alcuna idea di ciò che stava accadendo su Linphea, ma era molto in pensiero e, mentre Tecna parlava, cercava di far fare pace ai pensieri. Erano nelle stanze del principe, seduti l'uno di fronte all'altro, ma con le tre grandi finestre aperte per permettere all'aria di passare e portare un po' di sollievo. Sky aveva abbassato lo sguardo, fissando un punto e tenendo due dita sulle labbra mentre pensava.

"Dove hai detto che è andata Bloom?" Chiese la zenithiana, riscuotendolo. Sky alzò lo sguardo verso di lei.

"Si sta occupando dell'accoglienza, io l'ho fatto stamattina ma... ma è meglio se del resto se ne occupa lei, ci sa fare con queste cose."
Tecna notò la sua espressione, poggiò i gomiti sulle ginocchia per avvicinarsi di poco a lui e disse:

"Guarda che non devi tormentarti così."
Il principe le rivolse i suoi occhi azzurri, quel giorno ancora più cristallini grazie al sole.

"Tecna, stai prendendo un impegno molto importante con Eraklyon. In tutto questo dimentica l'amicizia, deve restare solo la fedeltà. Giuramelo."
La giovane sentì la pressione, la gravità che lui mise in quelle parole, ma non tentennò e dichiarò:

"Te lo giuro."

Sky annuì, soddisfatto ma tremendamente tormentato.
La principessa Bloom tornò a palazzo poco dopo ma, prima che potesse raggiungere suo marito, fu convocata nelle stanze della regina. Fu annunciata e poi lasciata entrare. La regina Samara le rivolse un sorriso chiaramente freddo, fece cenno alla servitù di lasciare la stanza e Bloom sedette accanto a lei sul divanetto.

"Vostra maestà." Salutò la principessa, ma i suoi occhi azzurri fieri, sebbene un po' stanchi dopo quella giornata tanto intensa, erano pieni d'orgoglio.

"Bloom." Ricambiò la regina con educazione. "Com'è andata oggi? Sei riuscita a gestire tutti?"

"Sì, vostra altezza, quelle persone sono state accolte nel migliore dei modi e sono certa che conserveranno sempre tanta riconoscenza per Eraklyon."

"Molto bene." Assentì la regina, annuendo. "Bloom, ascolta, dopo la nostra ultima chicchierata credo si sia creato un po' di astio."

"No, vostra maestà, cosa dite? Sapete che vi rispetto molto." Replicò Bloom, forzatamente calma; Sky le aveva sempre chiesto di cercare di avere un buon rapporto con sua madre, sebbene le due avessero entrambe un carattere forte e tutto diventava un po' più difficile.

"Ma alla fine mi è sembrato di capire che non hai cambiato idea." Disse Samara, guardandola negli occhi, severa ma con l'aria di chi ne sapeva di più.

"È esatto." Confermò la principessa, senza abbassare lo sguardo.

"Hai anche la minima idea di ciò che questo possa comportare? Tra pochi mesi salirai al trono come regina e il tuo senso di responsabilità è del tutto assente!"

"Io e Sky abbiamo già preso la nostra decisione." Ribatté Bloom, alzandosi.

"No, tu hai deciso e mio figlio ti dà retta!" Esclamò la regina accigliandosi, ma Bloom non indietreggiò.

"Io e Sky abbiamo deciso insieme. Non siamo pronti, non è il nostro momento e non metteremo al mondo una vita solo per tenere a bada il regno!"

"Se erano queste le tue intenzioni allora non avresti dovuto sposare mio figlio."
Bloom sgranò gli occhi, certamente non si aspettava quell'affermazione.

"Io amo molto Sky."

"Ma lui sarà un buon re, e non credo che le vostre decisioni siano consone al volere del regno. Pensaci, Bloom, e ricorda: se non gli darai tu un erede lo farà una delle sue favorite e tu non diventerai che un'ombra, un fantasma."

"Sky non ha intenzione di avere favorite." Dichiarò Bloom, seria, arrabbiata. Samara sorrise.

"Non è difficile concepire un figlio, e se tu ti negherai si vedrà costretto. Sai, Bloom, credevo che col tempo saresti potuta essere una buona sovrana, ma a quanto pare mi sbagliavo..." Scosse la testa, gli occhi azzurri di Bloom la trapassavano.

"Perché mi parlate in questo modo?"
Samara tenne su un sorrisetto e rispose:

"Perché io sono una buona regina."

-

Su Linphea, invece, i ragazzi, che avevano creduto essere nei guai con quei mostri dell'oltretomba, ora sentivano di essere davvero all'inferno. L'antro di Vymarna era completamente avvolto dalle fiamme. Le naiadi quindi cercarono subito di mettere fine a quell'incendio, ma fu loro impossibile, anzi, il fuoco mangiava la loro acqua. Gli spiriti di Vymarna furono sopraffatti, le driadi cercavano di raggiungere i loro alberi che stavano prendendo fuoco, ma alcune di loro non riuscirono ad arrivarci. Flora si precipitò alle radici della Natura e con la magia creò uno scudo intorno a Lei per non permettere alle fiamme di arrivare alle sue radici, mentre Martha ed Helia cercarono di utilizzare la magia naturale per estinguere le fiamme. Ma quel fuoco non era naturale e il bach non poteva controllarlo, né la sua acqua poteva spegnerlo, tantomeno la privazione della sua aria. Nikolai gettò uno sguardo a Flora e le fece capire che era lei che doveva agire. Lei quindi chiamò subito Martha, chiedendole di raggiungerla.

"Proteggi Vymarna, ti prego." Le chiese, i suoi occhi erano quasi imploranti. La melissa annuì, quindi affondò le mani nel terreno mentre Flora volò via. La barriera intorno a Vymarna s'indebolì immediatamente e la Natura lo sentì, ed anche Brandon.

"Dimmi cosa fare." Disse Flora a Nikolai, mentre intorno a loro c'era il caos.
La fata seguì le istruzioni di suo padre, ma doveva concentrarsi sulla sua voce perché le grida delle ninfe intorno a lei la straziavano.
Per sua sorpresa, le parole che le disse Nikolai in linpheiano antico le furono comprensibili e rimasero nella sua mente come se le fossero appartenute. Al pronunciarle, però, sentì uno strano formicolio dentro, la mente le si annebbiò, e lei perse il controllo su di sé. Continuò a cantilenare quell'incantesimo, la terra iniziò a tremare a scossoni, seguendo i battiti del cuore dell'Inverno ancora non nato, mentre la barriera intorno a Vymarna iniziava a cedere. Brandon, come guidato dall'istinto, ma non il suo, si precipitò ai piedi della quercia.

"Che cosa significa?!" Chiese a Vymarna, che lo osservava calma.

"Che mi appartieni." Rispose la Natura. Brandon rimase ai suoi piedi, con le mani ferme sulle sue nodose radici, il simbolo sul suo petto iniziò a bruciare, mentre le fiamme avanzavano verso la quercia.
La keimerina, avvolta da una luce azzurra, pronunciava il suo incantesimo mentre il cuore di suo figlio batteva rimbombando in quell'antro e scie di magia si diradavano nella terra. Le fiamme furono prese da quella magia, divennero blu e poi si ghiacciarono, come grandi stalagmiti, e poi si frantumarono. Tutti dovettero coprirsi per non essere feriti da quel ghiaccio che esplose, mentre ci volle loro un secondo per rendersi conto che era tutto finito. I corpi dei draugr erano ormai scomparsi, inceneriti dalle fiamme. Ripresero tutti finalmente a respirare, Flora uscì da quella trance e cadde in ginocchio, ma il suo primo istinto fu di cercare Brandon. Lui lasciò subito Vymarna e la raggiunse.

"Ehi, stai bene?" Chiese lui, prendendole il viso tra le mani, sconvolto.

"Io sì, e tu?" Domandò lei, ancora turbata, notando il suo viso sporco di fuliggine. Brandon annuì e accennò un sorriso, guardandola negli occhi, e le disse:

"Sto bene. Felice anniversario, amore mio."
Lei sorrise, ma era distrutta. Con la mano provò a pulirgli un po' il viso e, con il suo solito tono dolce che non cambiava neanche un po' nonostante la stanchezza e la paura, replicò:

"Felice anniversario, tesoro."
Lui sorrise appena, rapito da quegli occhi verdi che sarebbero sempre stati il suo punto debole. "Ti amo tanto." Aggiunse lei.

"Ti amo anch'io." Replicò il soldato, pensando solo a loro per un istante, sperando che fossero soltanto loro per quell'attimo.

"Vi rendete conto, vero," Esordì Riven, avvicinandosi a loro mentre si ricomponeva, "che è questo fantastico amore la causa di tutto questo? Non sono nessuno per giudicare, ma forse troppo amore?" Disse rivolto a Brandon, il suo amico scosse la testa e tutti risero, mentre si rimettevano in sesto. Martha gettò uno sguardo a Riven, sorridendo appena, perché forse un po' stava iniziando davvero a capirlo, lui se ne accorse e le rivolse lo sguardo. Gli amici si guardarono intorno, facendo i conti con quanto successo. Nikolai fece cenno loro di avvicinarsi alla quercia e tutti si riunirono intorno alla Natura.

"Hai perso delle ninfe." Dichiarò l'Inverno, il viso di tutti si scurì, ma furono sorpresi quando la Natura scosse la testa.

"Beh, è il ciclo naturale, non avete nulla da compiangere né anime da pregare. L'importante è aver tenuto testa a Beli, perché lo sappiamo che è stato lui ad attaccare."

"Quindi ora cosa consigli di fare?" Chiese Flora, a braccia incrociate, cercando di tenere la guardia bassa mentre la Natura lo rendeva tremendamente difficile.

"Ti consiglio di capire come funziona la magia del fuoco e imparare a sopraffarla, Beli ci andrà giù pesante e l'ultima volta è stato tuo padre ad avere la meglio, non subito, ricordiamolo..." Nikolai alzò gli occhi al cielo. "... ora tocca a te."
Flora annuì, sospirò stancamente. "Keimerina," Flora la guardò. "Non si fermeranno fino a quando non ti avranno uccisa, e poi vorranno tuo figlio, e poi vorranno me. Riposati, questo non è che l'inizio."

Ed era vero, quello non era che una piccola parte di ciò che li aspettava. Il volto di Linphea ormai era completamente cambiato: i giganti erano svegli ormai e il caos aveva preso potere. Beli era stato il primo ad attaccare, quindi il primo a prendere possesso, ed era chiaro da quel caldo torrido che invadeva Linphea, il cielo rosso e l'intero Bosco di Betulle secco nel giro di poche ore. Oltre le montagne, i giganti avevano riacquistato le loro forze, anche se non completamente, o almeno non ancora. E fu lì che si aprì un portale magico, da cui ne uscirono due cacciatori e una fata oscura. I tre giganti, che erano nella loro forma di altezza d'uomo, si ingrandirono subito, triplicando le loro dimensioni.

"Fermi, fermi, veniamo in pace!" Si affrettò a dire Barrera, mettendo le mani avanti, cauto. Uno dei giganti fece un passo avanti.

"Sento magia, datemi un motivo per non uccidervi all'istante."

"Vogliamo uccidere anche noi la keimerina." Rispose Barrera, il gigante non si mosse.

"Di che razza siete?"

"Siamo umani. E lei è una fata." Rispose Javier, tenendo lo sguardo sul gigante. Quest'ultimo diede un'occhiata ai suoi simili.

"Continuo a non sapere cosa siete." Replicò, poi con un gesto stava per prenderli ma Musa si parò avanti ai due cacciatori.

"Fermo, fermo! Sono un essere magico, proprio come voi, e sono un essere del caos anch'io. È passato molto tempo da quando l'Inverno vi ha sconfitti, e siamo nati anche noi, ma siamo dalla vostra parte." Il gigante la osservò, poi, dopo un istante, si rimpicciolì, tornando alla forma d'uomo. Si avvicinò a lei, con un dito le alzò il mento per guardarla.

"Hai idea di cosa siamo noi? Sei un granello di sabbia in confronto." Disse il gigante, le sue labbra sottili si inarcarono appena. Gli altri due erano dietro di lui, enormi, e sembravano un tutt'uno con le rocce intorno a loro. Musa sostenne quello sguardo senza esserne intimorita e replicò:

"La mia magia è molto potente, abbastanza per combattere contro la keimerina, cioè, la figlia di Nikolai... Vymarna e Nikolai hanno i loro alleati, noi vogliamo essere i vostri."

"I giganti non si alleano con nessuno, noi siamo una famiglia, voi siete... esseri inferiori."

"Ma potete fidarvi di noi." Disse Musa, Barrera fece un passo avanti.

"Tutto ciò che voglio è finire il lavoro che ho iniziato, voglio le ali di quella fata e voglio ucciderla con le mie mani." Dichiarò il cacciatore, nei suoi occhi brillava una scintilla crudele. Beli passò lo sguardo da lui a Javier, poi disse a quest'ultimo:

"Uccidilo." E con la testa fece un cenno verso Barrera. Entrambi gli uomini furono sorpresi ma nessuno dei due lo diede a vedere. Beli alzò entrambe le sopracciglia, con un sorrisetto appena accennato. "Beh, cosa aspetti? Mostratemi che posso fidarmi di voi."
Musa si voltò e guardò Javier, i suoi occhi ambra erano gelidi, li abbassò per incrociare lo sguardo della giovane, poi gettò un'occhiata a Beli, che li sfidava con quel sorrisetto sicuro. Scosse la testa.

"Non lo ucciderò." Dichiarò l'uomo, ma non fu per umanità né per compassione, anzi. Beli guardò Barrera.

"Bene, allora uccidi tu lui." Ordinò il gigante. Barrera sfilò immediatamente la spada, Javier fece lo stesso e parò in tempo un colpo. Ma Javier fu costretto a fare un passo indietro quando si alzarono le fiamme: Barrera fu circondato dal fuoco, la sua spada divenne bollente e fu costretto a lasciarla cadere. Guardò il gigante.

"Ecco di chi non ci si può fidare, a quanto pare." Disse Beli, stringendo le labbra.

"Sono fedele a chi mi assolda, lo giuro!" Esclamò il cacciatore, ma Beli fece un piccolo cenno con la testa e le fiamme si alzarono, Barrera lanciò un grido per il dolore, poi il gigante chiuse il pugno e le fiamme si spensero. L'uomo era in ginocchio, con il petto e la schiena completamente ustionate.

"Tu," Disse a Javier, "per favore, finisci questo lavoro." L'uomo annuì, quindi puntò la spada e Barrera lo implorò con lo sguardo e gli disse:

"Non hai pietà."

"Mi avresti ucciso." Replicò tranquillo.

"Perché, tu no?" Ribatté il cacciatore, Javier sorrise. Poi si posò un dito sulle labbra e lo zittì. "Shh." Allora lo trapassò con la spada. Barrera gli rivolse parole molto poco carine in quegli istanti e poi cadde a terra con un tonfo. Javier ripulì la spada dal sangue proprio sui vestiti di Barrera e poi se la rimise nel fodero.

"Bene," Disse Beli guardando lui e Musa, "ora, alleati, ditemi cosa sapete."
Musa gettò uno sguardo a Javier che sembrava molto sicuro di sé, quindi seguirono il gigante.

-

"Il mio consiglio è di creare una sorta di torreforte. Un punto base." Disse Martha, mentre con gli altri era a casa di Brandon e Flora, ormai si era fatta sera. "Potrebbe essere la mia torre, se promettete di non toccare gli artefatti magici che ci sono, o le piante."

"Beh, qui abbiamo fatto anche un incantesimo di delimitazione, quindi saremmo più al sicuro, no?" Replicò Flora. "E poi c'è più spazio." Guardò Brandon, lui annuì.

"La privacy non esisterebbe più." Disse Riven causando il sorriso di tutti. "Scherzi a parte, è una buona idea. Oggi è stata dura ed era soltanto l'inizio, dobbiamo essere pronti in ogni momento e restare uniti."

"Tranquilli, stringendoci un po' c'è spazio per tutti." Dichiarò Brandon. "Martha, magari se porti qui libri importanti, utili, e le cose per gli incantesimi." Lei annuì.

"Sì, dopo vado alla torre e prendo tutto."

"Ora," Esordì Nikolai. "fuoco." Guardò Flora, lei affondò le spalle, scoraggiata.

"Intendi l'elemento più lontano in assoluto dalla mia magia?"

"Esatto! Bisognerà che impari a gestirlo, annullarlo, usarlo a tuo favore." Affermò il dio.

"Io e Bloom potremmo darti una mano. Dichiarò Helia, la keimerina annuì ma Brandon li fermò:

"No!" Tutti lo guardarono. "Cioè, tu puoi darle una mano." Disse ad Helia. "Bloom ha... cioè, Eraklyon è un casino e..." Si schiarì la voce e, deciso, aggiunse: "... insomma, Helia, sei il bach, dominatore del fuoco, quindi immagino tu sia in grado di allenare Flora. Giusto?"
Il giovane, perplesso, annuì, mentre Flora assottigliò gli occhi capendo che c'era qualcosa che Brandon non le stava dicendo.

"Ecco," Disse Nikolai, "quindi direi di venire a capo di qualcosa adesso."

"Nel frattempo io vado alla torre." Disse Martha, Riven si offrì di accompagnarla e lei non si rifiutò, Flora li seguì con lo sguardo accennando un sorriso.
Attraversarono la notte buia e silenziosa di Linphea e arrivarono al palazzo reale completamente deserto. Facendosi strada tra i corridoi, mentre i loro passi facevano eco battendo su quei corridoi ormai scivolosi per la polvere e la sabbia che si erano alzate per la tempesta, arrivarono alla torre. Martha con un gesto accese tutte le candele, facendosi luce. Riven si diede un'occhiata intorno, la fata invece si diresse subito alla libreria. Mentre Martha cercava tra gli scaffali, Riven si schiarì la voce ed esordì, osservandola:

"Essere la melissa è più dura di quanto si creda, no?"
Lei si voltò solo per un secondo, come se non avesse ben capito, e tornò alla libreria.

"Eh? ... Sì, cioè, la gente di solito pensa che ti limiti ad essere una messaggera, e invece quando i giganti attaccano devi restare su un pianeta deserto a combattere... diciamo che ci fai i conti."
Si voltò verso di lui una volta che aveva preso tutto. Le candele rendevano i suoi occhi violetti più chiari. "Immagino tu sia quello che alleggerisce la situazione quando diventa troppo pesante."
Riven accennò un sorriso.

"Di solito quello era Brandon, ma per come se la sta passando sono felice di prendere il suo posto, per troppo tempo ero io quello che la situazione la appesantiva."

"Sei un buon amico." Dichiarò Martha con un mezzo sorriso.

"Ti ringrazio." Replicò lui. Ci fu silenzio, ma sembrò come quei momenti furono più lunghi di quello che credessero, fu come non riuscissero a distogliersi e allora parlarono entrambi nello stesso momento.

"Martha, io..."

"... direi che possiamo andare."
Riven si bloccò subito a quelle parole e annuì.

"Certo, sì, andiamo." Le aprì la porta e prese alcuni dei libri che aveva lei in mano per alleggerirla. "E sai quante risate ci faremo nel vedere Brandon ed Helia che provano ad aver ragione!"
Lei ridacchiò, e il buio del palazzo deserto nascose le sue guance rosse.

-

Flora discuteva con Nikolai riguardo la magia, suo padre insisteva sulla riuscita di un incantesimo che lei sosteneva impossibile per i suoi poteri. Helia anche disse la sua, sostenendo il pensiero del dio, il quale apprezzò molto, mentre Brandon restava in silenzio ad osservarli. Poi, capendo che non aveva davvero idea di come poter dare una mano, andò in salotto e si occupò di aprire il divanoletto e organizzare un posto per i suoi amici. Quando bussarono alla porta andò ad aprire e Riven e Martha entrarono. La melissa lasciò tutto sul tavolino e, prima che lei potesse raggiungere Flora, Brandon la fermò.

"Martha, posso farti una domanda?" Chiese, la fata si fermò e si voltò verso di lui, annuì. "È... complicato, ma... credi che Vymarna possa controllarmi? Cioè, controllare le mie azioni, intendo." Brandon sembrava perplesso, leggermente turbato. Martha gettò un'occhiata a Riven e poi tornò sui suoi passi avvicinandosi al soldato. Alzò le spalle.

"Io... beh, è complicato, in effetti, ma in un certo senso sì. Non dovrebbe succedere, ma quando appartieni alla Natura tu... sei suo. L'hai sentita? Ti ha controllato?"
Brandon, prima di rispondere, guardò Riven, che era a qualche passo da loro e osservava la scena, nei suoi occhi lesse il dispiacere, quindi si distolse e si rivolse di nuovo alla melissa.

"Quando c'è stato l'incendio ho sentito di andare da Lei, ma non perché volessi e soprattutto non credevo servissi e non avrebbe avuto senso. Ma ho poggiato le mani sulle sue radici e ho sentito come... come..."

"... come se ti stesse tirando via l'aria dai polmoni?" Chiese la melissa, lui annuì. "Ti ha chiesto energia, tu sei suo e sei molto più di una ninfa. Loro sono nate da Lei, tu no, attingere da te è un pozzo praticamente." Martha lo guardò negli occhi e divenne seria. "Brandon, sta' attento, dico sul serio."
Lui, col viso scuro, annuì, e in quell'istante li raggiunsero gli altri. Il soldato rasserenò subito la sua espressione, Martha e Riven si gettarono un'occhiata.
Riven mise una mano sulla spalla di Helia e sorrise:

"Mi sembra di essere tornati a Fonterossa!"

"Già, e dovrò sopportarti russare..." Borbottò il bach, divertito. E così si organizzarono, con la casa protetta dall'incantesimo e la proprietà invalicabile da chi non fosse invitato ad entrare, e Riven ed Helia condivisero il letto, mentre Martha occupò la stanza libera al piano di sopra, che era una sorta di sgabuzzino pieno di dipinti e disegni di Flora e vecchi dischi, o almeno quelle erano le cose che erano rimaste da togliere prima che perdessero il bambino. Martha rassicurò Flora che sarebbe stata bene sul letto che avevano montato all'ultimo minuto e che non doveva preoccuparsi, ma solo riposare.

"Sai, mi sento come se fossi in una campana di vetro." Esordì Flora, raggiungendolo dopo aver fatto una doccia. Si era curata in fretta da sola le ferite marginali che aveva e aveva fatto lo stesso per Brandon. Lui la guardò, ma la sua espressione lasciava intendere che era perso tra i pensieri.

"Perché?" Chiese, Flora spense la luce e si mise seduta accanto a lui. Brandon le spostò i capelli dalla spalla gettandoli indietro.

"Sembra che tutti mi dicano di riposare, di stare bene, di non preoccuparmi... ma è colpa mia se sta succedendo tutto questo."

"Non è colpa tua." Le disse lui con dolcezza, guardandola. Flora scosse la testa, capendo che lui non cedeva con i giri di parole.

"C'è filo spinato intorno a questo cuore." Replicò lei, toccandogli il petto. "Dimmi che succede, smettila di tenermi fuori solo perché hai paura che potrebbe farmi male."
Brandon sorrise e si coprì il viso con le mani.

"E tu smettila di essere sempre così saggia!"
Flora lo costrinse a guardarla, con un sorriso.

"Te lo ricordi che cosa ti ho detto tre anni fa? Ti ho detto che sarei stata con te qualunque scelta prendessi, e che non avrei permesso mai che la paura prendesse il controllo del tuo cuore."

"Ti giochi la carta dell'anniversario?"

"Brandon..."

"... sono già tre anni..."

"Brandon, mi dici che succede?"
Lui sospirò e fu costretto a cedere.

"Beh... la presenza di Vymarna è forte, e la sento, e mi sembra tutto così strano. È come se oggi avesse preso il controllo, come se Lei avesse ordinato ed io avessi eseguito. Non credo di riuscire a gestirla, Lei... Lei è potente, è la Natura. Ha attinto dalla mia forza vitale oggi, senza che io potessi rifiutarmi."
Flora schioccò la lingua, dispiaciuta, impaurita. Gli occhi le divennero lucidi e sperò che nella penombra lui non lo vedesse.

"Ascolta, dev'esserci un modo per riprendere il controllo della magia del cuore della natura. Ha funzionato fino ad ora e credo che Nikolai possa darmi una mano. Lei non prenderà il controllo e tu non sarai certo una delle sue pedine. Non... non lo sarai."
Lo abbracciò, stringendosi forte a lui, sentendo quel timore crescerle dentro. "Ma non è solo questo, non è vero? Succede qualcosa su Eraklyon."

"Anche divinatrice adesso?" La prese in giro lui, mentre la teneva stretta a sé.

"Non farmi arrabbiare." Lo rimbeccò la fata, lui ridacchiò e poi, tornando serio, rispose:

"Devi promettermi che starai tranquilla e che ti fiderai di me."

"Mi fido sempre di te." Assicurò la fata, lui sorrise, scaldato da quelle parole.

"Su Eraklyon le cose sono complicate e... e a palazzo per ora non sono il benvenuto, e sul pianeta non sono il benvenuto. Tesoro, sono accusato di tradimento alla Corona e di omicidio."

-

"Puoi scegliere qualunque casa tu voglia, è un pianeta deserto, ti basta entrare e nessuno lo verrà a sapere." Disse Javier a Musa, mentre camminavano lungo i sentieri ai piedi delle montagne. La fata alzò lo sguardo verso di lui, acida.

"Odio questo pianeta ed ora sono bloccata qui."

"Beh, hai fatto un giuramento di sangue con dei giganti, mi sembra il minimo." Replicò il cacciatore alzando le spalle. Cielo, se le ricordava il suo amico quando faceva quelle espressioni!

"Sì, ma... ah, lascia perdere, non so neanche se ne valga davvero la pena, credevo fossero creature invincibili e invece questo qui non ha neanche il pieno dei suoi poteri."

"Stanotte riposerà e domani si nutrirà, non sappiamo cosa ne verrà fuori, io dico che sarà eclatante." Replicò Javier, Musa inarcò le labbra. Poi, come tormentata da quel pensiero, chiese:

"Tu sapevi esattamente cosa sarebbe successo."
Javier ridacchiò, lei però sembrava ancor più accanita. "Cioè, lo sapevi! Come...? Non hai ucciso Barrera perché sapevi che ti stava mettendo alla prova, ma... insomma, alla fine ci avevi già pensato, volevi togliertelo comunque di torno!"
Javier le gettò solo uno sguardo.

"Sei stata dalla parte degli eroi per troppo tempo, secondo me... certo che lo sapevo, e sapevo che il gigante mi stava anche dando l'opportunità di uccidere Barrera. Non è la prima volta che mi trovo davanti ad una situazione come questa, e a te conviene imparare. Non ci si salva la vita affezionandosi alle persone."
Musa sorrise, esterrefatta, mentre si toccò la fasciatura che aveva sull'avambraccio: ormai aveva giurato.

Ehilà!! Rieccoci con un nuovo capitolo e con il primo scontro! Come vi è parso? Vi piace? Nei prossimi capitoli vedremo la squadra al completo, anche se Riven e Martha ci danno tanto di cui parlare ed anche Bloom, Sky e Tecna... ma vedremo più avanti.
Come sempre, vi ringrazio per quanto siete fantastici, per come state leggendo questa storia, per i messaggi, i voti e i commenti.
Siete meravigliosi❤
Al prossimo capitolo,

xoxo Florafairy7

Ps. Se credevate fosse un errore di battitura, non è così🤭 i Draugr sono delle creature che appartengono alla mitologia nordica e sono fatti così:

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