Capitolo 29 parte 2
Althea pov's
La sensazione del fiato corto è una di quelle che sto allenando di più da quando sono in missione con Caleb.
Una volta fuori da quella boscaglia ci sdraiamo a terra per riprendere fiato dopo la corsa più lunga e problematica della mia intera esistenza.
<<Sei stata...brava.>> dice con l'affanno. Deglutisce a fatica e la voglia di strangolarlo mi sta salendo dal profondo dello stomaco.
<<Brava, un cazzo...potevamo lasciarci le penne tutti e due. Ringrazia che mio padre era un Sirase migliore di te.>> mi rimetto in piedi e lui scatta di fianco a me, nonostante la fatica.
<<Cosa vorresti dire?>> mi chiede con una punta d'odio nella voce.
<<Che forse non sei così bravo come tutti credono...la prossima volta che decidi di prendere una scorciatoia, per favore, mettimi al corrente perché stavolta farò il giro lungo.>> lui mi spintona.
<<Detto da colei che si è vestita da uomo entrando in un mondo che non le appartiene solo per sentirsi a posto con la coscienza.>>
<<Quella che si è vestita da uomo, come dici tu, ti ha salvato il culo per l'ennesima volta Caleb. Prima la scalata di dieci metri, dove la prima ad essere salita in avan scoperta sono stata io. Poi le cave, dove mi sono beccata una freccia per te...ed ora un Rapax? Seriamente? Non hai scorciatoie migliori in quella tua mappa mentale?>> lui trattiene una risata.
<<Sei incontentabile come tutte le donne.>> alzo un sopracciglio.
<<E tu un fifone del cazzo...>> lui sgrana gli occhi.
<<Tu dovevi rimanertene a casa a filare come tutte le donne...non dovevi essere qui...forse tuo fratello non è tornato perché si era stufato di te e delle tue bugie.>> gli mollo uno schiaffo sulla guancia, il secondo da quando lo conosco ed il primo da quando sa che sono una donna.
Questo gesto, stavolta, lo ferisce molto di più, solo l'idea di essere preso a schiaffi da una donna, gli fa male.
<<Sei un coglione. È per la tua paura che ci ha trovato il Rapax, perché la sentiva...lo percepivo anch'io...quando parli di mio fratello sciacquati la bocca, perché so essere anche peggio di un Rapax.>> rimetto lo zaino in spalla e proseguo lungo la strada. Caleb mi ha raggiunta dopo una manciata di secondi, mentre io sento ribollire nel mio sangue le sue parole. Sento le ombre uscire da me sotto forma di piccole fiamme scure. Non mi interessa, ormai sa che sono una donna e controllarle mi richiederebbe uno sforzo ulteriore ed inutile.
Essere una ragazza mi è sempre pesato, sia a scuola che durante lo sport, ero sempre fuori luogo, sia in mezzo ai maschi che tra le femmine. Mia madre mi aveva ammorbata con l'idea che fossi un fiore raro, la verità è che io non mi sono mai sentita un fiore, mi sentivo una piantina insulsa, una di quelle che sboccia in mezzo agli ortaggi e alle piante da frutto, una di quelle che devi estirpare cosicché non tolgano nutrimento a quelle più importanti per la sopravvivenza.
Sentire che anche Caleb, infondo, la pensava come tutti gli altri mi aveva aperto una ferita che non credevo potesse essere così profonda. Sapere che nonostante i sacrifici e gli sforzi per farmi vedere come qualcosa in più, gli altri mi percepiranno sempre come una dolce donzella in attesa di aiuto, mi fa imbestialire.
I miei genitori, prevalentemente mia madre, dicevano che tutte le creature presenti sulla faccia della terra sono qui con uno scopo preciso, anche le più ripugnanti come i Rapax. Forse l'incontro con lui serviva per farmi aprire gli occhi sul mio compagno di viaggio, o semplicemente per spegnere dentro di me quella luce che mi motivava, e farmi capire che infondo non sono mai stata abbastanza.
Le ombre si fanno sempre più scure, causa del senso di vuoto che sento dentro. Li mi ha aiutata in questi mesi a non perdere la ragione, a ricordare in ogni singolo istante quale fosse il mio compito e perché fossi lì, cosa stavo sacrificando per mio fratello. Ora, invece, sono da sola.
Devo proteggermi da sola finché non tornerò da lui.
<<I Rapax sono creature nate dall'odio...vengono considerati dei demoni, alcuni sono stati salvati dagli dei, per utilizzarli a loro piacimento.>> mi volto di scatto verso la voce che ha parlato. Mi ero praticamente dimenticata della sua presenza. Lo percepivo solo per il battito del suo cuore e per quel respiro pesante che si stava ancora riprendendo dalla corsa per scappare dal Rapax.
<<Non credo che si possa definire salvezza...vivranno sempre nella consapevolezza che noi gli abbiamo fatto del male, si cibano della paura degli altri, del terrore. Non possono uscire fuori da quelle foreste.>> commento con una vena di cattiveria, non so perché ma voglio che senta quanto mi abbia fatto male vedere quell'essere. Voglio che sappia quanto mi ha ferita sentire i pensieri del Rapax che mi urlava di salvarlo e di aiutarlo, mentre il suo corpo voleva mangiarmi. Lui invece prende un respiro profondo ed annuisce appena. Lasciandomi di nuovo delusa. Ci sono dei momenti in cui mi illudo che anche lui senta le mie stesse emozioni. Ci sono degli istanti dove mi sembra di sentirlo. Probabilmente è solo la mia immaginazione.
Continuiamo sul sentiero ed è impressionante quanto sia repentino il cambiamento tra foreste e sentieri circondati da prati curati, dove l'erba è verde smeraldo, rigogliosa ed alta qualche centimetro.
<<Pensi che loro ne siano coscienti? Di quello che si perdono qua fuori?>> mi chiede, la voce è tornata ad essere quella dolce nota musicale di quando siamo soli. La stanchezza ha intaccato tutte le nostre difese, comprese le lingue taglienti come lame. Non saremmo in grado di reggere un altro battibecco come quello di qualche minuto fa. Uno spreco inutile di risorse.
<<Loro entrano nella testa degli altri, sentono la paura, le emozioni. Sanno cosa c'è qua fuori...quindi sì, ne sono coscienti, ma penso anche che non vorrebbero essere come coloro che gli hanno fatto del male. Pensaci. Tu uccideresti mai una persona solo per il gusto di farlo?>> lui scuote la testa prontamente e sento di nuovo l'ombra del generale dietro di me. Per un attimo quelle difese erano crollate e con me ha parlato solo Caleb, l'orfano, il ragazzo che è stato massacrato da bambino, quello che ha affrontato l'addestramento dei Sirase.
<<Mi reputi così nobile Al? Eppure entrambi abbiamo visto la morte e abbiamo ucciso.>> sospiro appena e sorrido di amarezza mentre quella frase che avevo letto centinaia di volte mi si annida nella testa, come un bozzolo da cui è appena uscita una farfalla, lasciata lì, indisturbata per secoli.
<<E la morte gli sorrise, lui accettò il patto, le strinse la mano e divenne il suo umile servo per tutto il tempo che lei avrebbe ritenuto necessario.>> è decisamente sorpreso dalle mie parola. Una frase che lo ha colpito più di un fulmine che squarcia il cielo.
<<È il passo di apertura del nostro codice..>> dice in un sussurro appena udibile, nonostante gli sia a qualche centimetro di distanza.
<<Ed anche la frase che è incisa sotto la statua di Alita Kan...lei non si ritrasformò più in donna perché aveva perso l'unica cosa che tiene i mutaforma attaccati a questo mondo.>> lui aggrotta le sopracciglia brune e continua a guardarmi mentre le farfalle si alzano in volo, ma non nella mia testa, bensì nello stomaco.
<<Cosa sarebbe?>> mi chiede ed io da brava incantamenti e mutaforma penso a cosa mi mancherebbe per tornare alla forma umana, se quel monstrum che mi abita dentro prendesse il sopravvento adesso.
<<Qualcuno che ti aspetti a casa, pronto a coprirti di quell'amore e sicurezza che il mondo là fuori non sa darti...- abbasso lo sguardo sulla ghiaia sotto i miei piedi -I Sirase viaggiano quasi in solitudine, ma quando tornate alla congrega non siete soli, avete qualcuno che vi aspetta. Tu hai Clark, mio padre aveva mia madre, Alec e me.>> riprendiamo a camminare dopo una pausa brevissima, mentre sento che il suo cuore ha fatto una capriola per le mie parole e stavolta non è stata la mia immaginazione.
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