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Ma a rammaricarsi del proprio coraggio fu però il carceriere che, raggiunto prima allo sterno da una testata e poi all'inguine da una ginocchiata, finì raggomitolato in un angolo del corridoio. Poi un altro calcio si stampò in faccia al primo uomo, che andò a fare compagnia al suo compare.
Ananche rimase esterrefatto a contemplare il risultato di tanta violenza, ma non meditò oltre al dovuto su dove avesse trovato la forza per un tale gesto; ora doveva solo fuggire.
Il corridoio in cui si trovava non gli dava molta scelta: a destra terminava contro un muro, a sinistra proseguiva per una decina di metri e poi sfumava nell'ombra. Vedeva anche altre sette porte, ma erano sicuramente celle come la sua e scoprirne il contenuto non era affare che la sua coscienza si sentisse obbligata ad affrontare. Si lanciò verso l'oscurità salvo bloccarsi immediatamente: una stretta scala scavata nella pietra chiudeva l'altro capo del corridoio offrendogli la possibilità sia di salire, sia di scendere.
Doveva fare una scelta, e scegliere sotto pressione non gli aveva mai portato fortuna.
E adesso, dove si va?
- andiamo su (vai al capitolo 3)
- andiamo giù (vai al capitolo 27)
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