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25

Non c'era altro da fare: aprì la prima porta e si lanciò in una corsa disperata.

Salì altre scale, imboccò altri corridoi, infilò altre porte, seguendo di volta in volta il percorso che gli sembrava più luminoso, baciato da raggi solari provenienti da un qualche dove.

Nel petto il cuore martellava come un maniscalco pazzo, allo stesso ritmo con cui gli pulsavano le domande, dentro un cervello che mai aveva sentito tanto piccolo. Delle risposte non riusciva a formulare neppure la prima sillaba, riusciva solo a correre.

Poi finalmente una stanza con una finestra su un cortile soleggiato. Il tempo di rendersene conto e l'aveva già aperta e con un balzo era fuori.

Rotolò malamente sul selciato, l'altezza esterna era decisamente superiore a quella interna, ma non si fermò: quasi a carponi si gettò verso l'erba ancora intrisa di pioggia del prato, verso una libertà che sentiva passare dall'aria dentro di lui, come nuova energia.

Non ricordava d'essere mai stato così felice.

Ma durò un attimo, giusto il tempo di rendersi conto dell'alto muro che circondava quel cortile interno al palazzo. E delle decine di persone lì immobili, in piedi, la testa rivolta malamente al cielo, i piedi affondati nel fango.

Il primo istinto fu fuggire, poi un breve pensiero riuscì a prendere forma nella sua mente: forse erano prigionieri anche loro, forse insieme potevano trovare una via per la libertà.

Si accostò a quegli insoliti personaggi, di cui non vedeva i volti perché tutti gli davano le spalle, ma nei quali intuiva la scomoda postura, l'innegabile sciatteria, la stravaganza di quello sguardo immobile rivolto al timido sole.

Se si fosse concesso il tempo di un pensiero in più, avrebbe probabilmente anche notato le mosche che numerose li tormentavano, gli abiti zuppi d'acqua, il colorito e l'odore malsano dei loro corpi.

Ma neanche con tutto il tempo del mondo avrebbe immaginato ciò che stava per vedere.

Quando la sua mano toccò il braccio dell'uomo più vicino, tutte quelle teste si abbassarono all'unisono e lentamente si voltarono a fissarlo: una schiera di volti marci, bocche putrescenti, orbite macilente.

Erano morti. Erano tutti morti ma erano lì come fossero vivi.

Ananche sentì un terrore tangibile avvolgerlo come un mantello e bloccargli ogni facoltà. E quando riuscì a scansarlo i morti già lo circondavano.

Fai una prova di DESTREZZA.

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