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19

Difficile dire quanto tempo fosse passato. L'unica certezza fu il dolore del risveglio, violento come un colpo allo stomaco. Forse era stato davvero un pugno allo stomaco, ne sentiva la nausea, e la vista era annebbiata da un velo che pareva avvolgere la realtà.

Davanti a lui un uomo arruffato stava armeggiando con una pentola, o forse un pitale.

Lo riconobbe immediatamente, anche se di spalle: era sempre l'individuo che li aveva invitati alla festa, il padrone di casa.

Si avvicinò di soppiatto, meditando di cogliere quel suo attimo di distrazione per vendicarsi della prigionia e di quel malessere che lo stringeva nelle viscere.

Ma era molta anche la curiosità nei confronti di quello strano rito che stava eseguendo. Così, invece di colpire la nuca scoperta, allungò il collo per sbirciare il contenuto della pentola.

«Lascia stare Ananche, e seguimi.»

La voce gli era giunta affilata come una lama arrugginita, provocandogli un tremito che lo paralizzò. Mai il suo nome gli era parso tanto estraneo.

«Fidati, è meglio così.»

Lasciò perdere il suo aguzzino e voltò lo sguardo alla sua destra. Non perché lo volesse davvero, ma non poteva farne a meno. E quando vide quell'alta figura incappucciata attenderlo nell'ombra ne capì anche il motivo.

«Forza, seguimi, ti condurrò per l'ultimo tratto.»

«Quindi sono...»

«Sì.»

«Ma così presto?»

«Forse avresti dovuto prestare più attenzione alle tue scelte.»

«Ma non è colpa mia.»

«Lo so, in effetti è colpa sua» e il dito ossuto di Morte si alzò a indicare un punto imprecisato alle sue spalle, quasi stesse accusando un osservatore esterno. Poi comprese che si riferiva al padrone di casa.

«E come è successo?»

«Fidati, non vuoi saperlo.»

«Invece sì» protestò guardandosi attorno in cerca di risposte, o ancor meglio d'una via di fuga. Trovò solo le prime, penzolanti lì a fianco. Non che fossero risposte molto esaurienti, non entravano ad esempio nel dettaglio della ragione per cui era stato appeso a testa in giù ad un gancio come un maiale, ma lo squarcio che gli segnava il ventre, dal quale uscivano ancora sangue e interiora, era in effetti una spiegazione sufficiente del perché si trovasse al cospetto di Morte.

«Avevi ragione, non volevo saperlo.»

«Ho ragione molto spesso.»

«Quindi ora che succede?»

«Mi segui verso quella luce.»

«Tutto qui? Non ho una seconda possibilità? Che ne so, ce la giochiamo ai dadi?»

«Vorresti giocare ai dadi con... me?»

Ananche cercò d'interpretare l'espressione sul volto di Morte. Non ci riuscì. «Era un'idea come un'altra...»

«Chissà, forse la prossima volta...» rispose Morte con la sua migliore interpretazione di un sorriso. «Ora seguimi.»

«E lui?» fece un ultimo tentativo rivolto al suo assassino.

«Seguimi e sta zitto» sbottò Morte prima che entrambi svanissero nella luce.


FINE

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