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17

Pioveva. Sentiva il rumore di grosse gocce esplodere sulla terra. Ma la pioggia era fuori, e anche la terra. Il luogo dove si trovava adesso era asciutto, o almeno non era zuppo, e c'erano mattoni sotto il suo corpo, neri di muffa ma più puliti di una pozza di fango. Ce ne doveva essere parecchio, là fuori, di fango.

Ananche provò a mettersi in piedi ma la testa era tanto pesante da trascinarlo nuovamente giù. Quello strano sogno gli vorticava ancora nella mente, e impresso davanti agli occhi aveva quel volto scheletrico, terribile eppure rassicurante.

Poi tutto svanì oltre la memoria. Gli restava solo la sensazione di essere stato prigioniero. Fece uno sforzo per mettersi seduto e focalizzare ciò che lo circondava: a prima vista si sarebbe detta la cella di una prigione.

E anche un secondo sguardo lo confermava: pochi metri quadri di superficie, un pertugio largo un pugno appena sotto il soffitto come unica finestra, una pesante porta di metallo a chiudere l'ingresso.

Per Babuz, era davvero in una prigione!

L'ultima immagine di cui aveva memoria era la carrozza che era venuto a prenderlo per portarlo al banchetto. Poi era solo buio. Cos'era successo? Perché lo avevano arrestato? Aveva forse esagerato alla festa?

Si mise in piedi solo con l'aiuto del muro, e con passi stentati s'avvicinò al tizio che divideva con lui la cella. Era un volto familiare e dal puzzo doveva essere stato anche lui alla festa: forse ricordava qualcosa e valeva la pena svegliarlo.

Ma una voce da oltre la porta venne a interrompere i suoi propositi.

Cosa farà Ananche?

- fingerà di dormire (vai al capitolo 4)

- sveglierà comunque il compagno (vai al capitolo 7)

- aggredirà chiunque dovesse aprire la porta (vai al capitolo 11)

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