Capitolo 15
Lentamente apro gli occhi e devo sbattere le palpebre un paio di volte prima di riuscire a mettere a fuoco ciò che mi circonda.
Non sono più a Palazzo bensì in mezzo alla foresta in cui ho camminato quando sono giunta su questo pianeta.
Com'è possibile?
Il mio cervello elabora la risposta: bracciale.
Credo che le persone che mi stanno fissando in questo momento mi abbiano salvata grazie a un braccialetto temporale, identico a quello che posseggo io.
Senza proferir parola, continuo il mio esame e mi soffermo su quello che dovrebbe essere il "padre": è più alto di me e possiede lunghi capelli biondi che tiene legati in una treccia, anche se qualche ciocca è sfuggita e ora gli incornicia il volto.
Viso che pare giovanissimo, quanto il mio, eppure...
I miei occhi scrutano nei suoi, chiari e affabili, e capisco che, pur non appartenendo alla stessa specie, siamo simili.
Anche lui, come me, ha l'aspetto giovanile e un'anima antica.
《Provi dolore?》È la prima domanda che mi pone quell'uomo. Al mio segno di diniego, schiude le labbra in un sorriso tirato ma genuino e si presenta.《Io sono il professor Kirok e questo è mio figlio Thorne. Siamo felici che tu stia bene.》
Sulla veridicità della sua affermazione non ho alcun dubbio però non mi sfugge il modo in cui il figlio ha alzato gli occhi al cielo, come se non sopportasse le buone maniere del padre.
《Ovvio che sta bene. Le ho iniettato solo un tranquillante》commenta in tono sardonico Thorne, facendomi indispettire.
《Tranquillante che non serviva》ribatto indignata dal suo atteggiamento.
Mi metto a sedere mentre il padre scocca un'occhiata ammonitrice al figlio che sbuffa. Mi porto una mano alla tempia e scopro che la ferita si è sanata egregiamente: ora devo solamente andarmene da qui.
Più facile a dirsi che a farsi...
Distolgo la mia attenzione dai due uomini che mi siedono affianco e il mio sguardo spazia sugli alberi che ci circondano come un manto protettivo.
《Che ci facciamo qui?》domando, incuriosita.
I due si guardano un attimo e poi sospirano all'unisono.
《Quando abbiamo assaltato il Palazzo, non avevamo in programma di salvare qualcuno》mi spiega schiettamente Thorne.《Ma l'occasione è capitata e ora tu ci sei debitrice.》
《Ma che dici?》esclama il professor Kirok, sorpreso dalle parole del figlio.《Tu non sei affatto in debito con noi, ragazza. Ti abbiamo tratta in salvo perché potevamo. Su un punto mio figlio ha ragione: oggi non volevamo salvare i prigionieri del Collezionista. Noi volevamo uccidere lui e il suo fabbro.》
Seduta a terra, tra fango ed erba umida, assimilo le informazioni con un'espressione confusa stampata in volto: forse dovrei sentirmi offesa, in un certo qual modo, dalle loro parole eppure...
Loro si esprimono con sincerità e schiettezza, due qualità che apprezzo moltissimo.
《Indipendentemente dalle vostre motivazioni, vi sono grata per avermi salvato vita. Senza il vostro provvidenziale intervento sarei ancora sotto vetro》dico in tono accorato, premendomi una mano sul petto.《Se posso ricambiare in qualche maniera, non esitate a chiedere. Anche se...》Arrossisco quando mi accorgo che non ho nulla da offrire loro.《Non ho né oro né preziosi da darvi...》
Inaspettatamente Thorne scoppia a ridere: un suono avvolgente e caldo che mi entra dentro, facendomi rabbrividire.
Che cosa strana...
Zittisco le mie stupide sensazioni per passare a cose più serie: probabilmente sono affamata e ancora scombussolata dalla cattura.
《Vedi, padre?》commenta Thorne con quel suo tono saccente e odioso.《Lei ci tiene ad aiutarci. Chi siamo noi per rifiutare?》
Il professor Kirok sospira, forse per evitare di tirare il collo al proprio figlio, e distoglie lo sguardo da me per rivolgerlo alla foresta.
《Comunque sia, dobbiamo andarcene di qui. Sicuramente il Collezionista avrà sguinzagliato i suoi uomini migliori per scovarci》afferma, alzandosi e tendendomi una mano.
L'afferro senza indugi e mi ritrovo in piedi in un battibaleno. Barcollo per un istante prima di ritrovare l'equilibrio, ma la rassicurante stretta del professore mi dà l'appoggio che mi occorre.
《Grazie》dico, un po' incerta, ritraendomi da lui.
L'uomo mi sorride gentilmente, ricordandomi Plasus, e un dolore al petto mi mozza il fiato: mi manca Ardana.
《Se avete finito, dovremmo andare》commenta, spazientito, Thorne.《Non so se ve lo ricordate, ma siamo in fuga.》
Prima che io possa rispondergli male, il padre intercede e annuisce con un cenno del capo. Si allontana di qualche passo da noi e si ferma accanto ad un piccolo cespuglio verdognolo: allunga la mano e inclina un rametto, sotto il mio sguardo curioso.
Immediatamente, il cespuglio si sposta di lato e si spalanca una buca nel terreno come se fosse una grande bocca pronta a mangiarci.
《Ehm... Non ditemi che dobbiamo andare... lì...》mormoro, indecisa su cosa fare.
Di certo non voglio fare un salto nel buio.
《Mi spiace per il disagio però... Sì, dobbiamo scendere.》Il tono del professore è contrito e mi sento in colpa per tutto il tempo che sto facendo perdere però...
《L'accompagno io》s'intromette Thorne con voce stranamente dolce.
L'uomo scambia una veloce occhiata col ragazzo e poi scompare senza esitazione nell'oscurità della buca.
《Evidentemente siamo partiti con il piede sbagliato...》esordisce il ragazzo che è rimasto con me.《Non vogliamo farti alcun male. E mi scuso se ti ho trattata un po'...》Si blocca, interdetto, forse per scegliere la parola giusta.
《Scortesemente? In maniera villana? Rude? Sgraziata?》Vado in suo aiuto in modo molto gentile, sorridendo beffardamente.
《Ehi!》esclama lui, incrociando le braccia al petto, indispettito.《Così mi fai sembrare maleducato...》
《Beh, lo sei》osservo io, candidamente, prima di scoppiare a ridere.
Accanto a Thorne mi sento protetta e sicura, anche se ad ogni parola che pronuncia vorrei strozzarlo. È una sensazione che non saprei definire: mi sento accaldata, emozionata, confusa, felice.
Ho provato più emozioni in questi due viaggi spazio-temporali che in tutta la mia vita su T'Val.
Quella considerazione spegne le mie risate e il mio buonumore svanisce come cenere nel vento.
《Che succede?》domanda Thorne, accorgendosi del mio cambiamento.
Lo fisso a lungo, incerta su quanto raccontargli, ma scuoto la testa e abbasso lo sguardo.
《Nulla...》
Non posso dirgli nulla per quanto io brami il conforto e l'abbraccio rassicurante di qualcuno: tutto ciò mi è precluso.
Il mio Destino è segnato.
E non posso accollare questo fardello a nessuno.
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