20. Nuvole bianche
Le notti a Londra potevano essere tante cose.
Potevano essere interludi di svago, con migliaia di proposte diverse, in base ai propri interessi. Spettacoli teatrali, pub, musica dal vivo, concerti; la città era un'amica con cui ci si sarebbe divertiti.
Potevano essere pigre passeggiate lungo le rive del Tamigi, vicino alla Torre di Londra, o ad ammirare il London Bridge; la città allora sarebbe stata una cornice pittoresca per serate emozionanti, mano nella mano.
Potevano essere tenere effusioni d'affetto posate delicatamente sull'epidermide del proprio amante addormentato; la città sarebbe allora svanita nei retrovia della propria mente, ora palcoscenico dei propri sogni più reconditi, dei propri desideri più nascosti, mentre ogni carezza portava con se una nuova domanda. O una nuova esigenza.
Jo rientrò in casa a mezzanotte passata; fece piano, per non svegliare Louis, anche se sapeva che l'amico non si svegliasse nemmeno con le bombe a mano, quando era così stanco. Si spaventò non poco, passando davanti alla camera di Louis spalancata,nellos corgere Dominic nel letto del ragazzo, semisdraiato, con Louis bellamente addormentato su di lui ed avvolti dal solo lenzuolo.
-Non ho cuore di svegliarlo- sussurrò Dom, continuando ad accarezzare lievemente la spalla di Louis.
Jo fece per chiudere la porta della camera, imbarazzata; il biondo invece la richiamò con un gesto. La ragazza distolse lo sguardo, mimandogli un " in cucina" e chiuse, arrossendo suo malgrado. Louis era sempre stato molto largo di vedute, ma trovarlo a letto col suo amante sforava il limite della privacy.
Dom la raggiunse qualche minuto dopo, con indosso i jeans e la camicia, che stava riabbottonando.
-Jo, mi spiace che Louis ti abbia chiesto appositamente di uscire- esordì il ragazzo, sedendosi al bancone sullo sgabello. Jo aggrottò la fronte:
-Perché me lo dici? Non è un problema-
-Senti, ti volevo chiedere una cosa...- esitò lui. -Louis... come dire... è libero? Tipo, non è impegnato...?-
-Io vorrei sapere perché lo chiedi a me- ribattè lei. Dom arrossì, a disagio:
-Beh, ecco, tu sei la sua migliore amica... io non vorrei farlo sentire sotto pressione...-
-Dom, appunto perché sono sua amica non dovresti chiedermelo. E poi perché ti fai questi problemi? Non avete messo in chiaro cosa volete dalla vostra relazione?- Buttò fuori Jo, a disagio nell'essere coinvolta nei loro affari.
-Oh, sì, lo so che lui vuole solo una storia di letto. Però, mi chiedevo perché non voglia altro. Ha qualcuno in mente?-
Jo pensò velocemente a cosa rispondere. Cosa poteva dirgli? Poteva confidargli il suo timore, cosa di cui non aveva mai parlato nemmeno con Louis stesso, cioè che fosse impercettibilmente diverso, dopo l'estate scorsa?
- A sentir lui, no. Però ti prego, parlane con lui. Non voglio mettermi in mezzo alle vostre faccende personali-
Alla ragazza parve di scorgere l'ombra del dubbio nei suoi occhi; abbassò lo sguardo sul bancone, notando il cellulare di Louis. La lucina delle notifiche pulsava, e subito il pensiero corse ad Harry. Dannato Harry.
-Gli parlerò. Sai, Jo... lui mi piace. Veramente- le confidò il ragazzo, scivolando giù dallo sgabello ed andando a recuperare la giacca.
L'avevo capito, pensò la ragazza. Ed ho paura che tu sia arrivato tardi.
Il mattino seguente, Louis si destò al suono della sveglia. L'aveva puntata in automatico, quando in realtà avrebbe potuto dormire fino a tardi, ma aveva un sacco di cose da fare prima di rientrare in servizio per la notte. Cercò di fare piano; aveva dimenticato i turni di Jo e non era certo che fosse fuori casa. Sbirciò nella camera della ragazza: dormiva. Sorrise tra sè, la mente proiettata alla sera precedente. Dominic lo aveva sorpreso, sul serio. Era stato fantastico.
In cucina accese la macchinetta del caffè e staccò il cellulare dalla presa. Sicuramente Jo rientrando glielo aveva messo sotto carica; era una ragazza premurosa e le voleva un gran bene. Lo schermo illuminato mostrava la notifica di un messaggio. Aggrottò la fronte, mentre l'ansia gli attanagliava lo stomaco. Era della sera prima.
"Ciao, Louis. Sono Harry. Come stai? Spero bene. Volevo chiederti se potremmo parlare. Ho bisogno di dirti una cosa. Fatti sentire. Ciao XX"
Col cuore in gola, bloccò lo schermo. Perché quest'ansia? Perché un semplice messaggio lo turbava tanto? E perché dopo quattro mesi di silenzio il ragazzo era tornato a farsi sentire?
Sussultò quando Jo lo abbracciò per salutarlo; non l'aveva sentita arrivare.
-Ciao. Dormito bene? Dom deve essere molto noioso a letto, visto che quando sono tornata eri riverso su di lui a russare spudoratamente- scherzò la ragazza.
-Credimi, è tutt'altro che noioso- ribattè a tono lui.
-Bene. Un altro punto a suo favore-
Louis, suo malgrado, sorrise:
-Sentiamo, passerotto, quali sono gli altri punti a suo favore?-
La ragazza si sedette davanti a lui posando cereali e yogurt, ed iniziò ad elencare sulla punta delle dita:
-E' molto bello. E' divertente. Non è permaloso, anzi ride alle tue pessime battute. E poi...- Jo si interruppe.
-E poi non è Harry. Sbaglio?- Concluse Louis.
Jo annuì, improvvisamente seria.
-Posso farti una domanda, Lou?-
Il ragazzo annuì.
-Perché con Harry è stato così diverso? Voglio dire: ti conosco da poco più di un anno, e ti ho visto passare senza problemi da una storia all'altra senza remore. Cosa c'è stato di diverso, con lui?-
-Non è stato diverso-
-Dai, non mentirmi. Non sei capace. Eri sconvolto, quando siamo tornati dall'Italia-
-Lo eri anche tu. Hai più sentito Luca?-
Jo si adombrò.
-Lo sai che non l'ho sentito. Solo qualche e-mail generica. Ma non paragonare la mia situazione con la tua. Tu provavi qualcosa di diverso, per Harry- tornò sul discorso lei.
-A cosa serve rimuginarci su? Ha detto chiaramente che per lui era una storia di letto, e ti ricordo che se ne è andato di punto in bianco, senza preavviso. E comunque: lupus in fabula- fece Louis, facendo vedere lo schermo del suo cellulare all'amica. Lei lesse.
-Perché annuisci?-
-Perché me lo aspettavo. Finalmente sei sereno, finalmente trovi qualcuno che ti apprezza veramente, finalmente inizi a guardare avanti, e di colpo tutto torna fuori di nuovo. Non si può mai stare tranquilli- ragionò lei, versando i cereali nello yogurt. Louis li guardò, disgustato:
-Come fai a mangiare quella roba? Diventano subito viscidi. Bleah-
-Disse quello che mangia la pizza con le fette di ananas sopra-
-Beh, ma che c'entra. L'ananas ha un suo perché, signorina Solo In Italia Si Mangia Bene-
Il telefono di Jo suonò proprio mentre lei cercava di forzare un boccone di cereali e yogurt nella bocca serrata dell'amico, che la spingeva via, mentre si sporcavano e ridevano come due scemi.
-Smettila! Mi stai sporcando i capelli!- Protestò Jo, mentre Louis aveva la meglio facilmente.
-Vai a rispondere. Magari è Luca- la prese in giro lui, ottenendo una linguaccia in risposta mentre Jo correva verso la camera.
La ragazza tornò indietro col telefono in mano, silenzioso, seria.
-Chi è morto? I fiori li abbiamo già- Esclamò lui, osservando le gerbere di Dom dentro al vaso.
-Era davvero Luca-
Louis la guardò:
-Beh, cosa aspetti? Richiamalo-
-Deve essere successo qualcosa- mormorò lei, richiamando.
Louis le trovò un biglietto aereo col primo volo disponibile di Ryanair, per quello stesso pomeriggio, mentre Jo riempiva alla rinfusa un trolley. Poi Louis aveva cercato il passaporto della ragazza ed aveva telefonato a Miguel, per avvertirlo del viaggio della figlia, mentre Jo, incredula, sentiva freddo dentro al maglione di lana spessa e si scaldava le mani gelide con una tazza di pessimo the che le aveva preparato Louis.
Alle tre, il ragazzo le prese le mani e la costrinse a guardarla:
-Passerotto ascoltami, Luca ti verrà a prendere al Marco Polo. Non preoccuparti. Andrà tutto bene. Io ti raggiungo appena possibile; devo trovare il responsabile e chiedere di poter sospendere il tirocinio. Mi raccomando, hanno bisogno di te-
Jo annuì. Louis aveva ragione: doveva essere forte. Rosanna era come una mamma, per lei. Capiva che non le avesse detto niente per non farla preoccupare, ma era arrabbiata lo stesso, e spaventata, e sopraffatta. Si malediva di non aver colto nessun segnale, nelle rare telefonate che avevano avuto: nel suo egoismo, aveva pensato solo a Luca che la rifiutava, e non aveva visto altro. Ripenso' alla telefonata di quel mattino stesso, che era arrivata come un fulmine a ciel sereno.
-Ciao Jo, scusa se ti disturbo... come stai?-
-Ciao, Luca. Sto bene, e tu?-
-Bene. Senti, ti chiamavo perché volevo parlarti di mia mamma-
-Cosa succede?-
-Credimi, sono sconvolto perché non ha detto niente a nessuno, l'ho saputo da poco anch'io, e la situazione sta rapidamente degenerando. Sai quel nodulo che ti aveva chiesto di controllare l'estate scorsa?-
-Oddio. Dimmi-
-Era un nodulo maligno, che hanno asportato, ma pare si sia propagato-
-Oh, no. Lei come sta? Cosa vi hanno detto?-
-Non molto; papà è sconvolto ed arrabbiato, perché non sapeva niente nemmeno lui. Lei non sta bene, Jo. Puoi venire, per favore?-
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Per le tre Louis accompagnò Jo in aeroporto, preoccupato e dispiaciuto per l'amica.
-Mi raccomando, chiamami appena atterri e poi chiamami quando arrivi in ospedale. Appena ho risolto col tirocinio ti raggiungo. Hai capito?-
Jo annuì distrattamente.
-Chiamami subito. Hai capito?-Insistette lui.
-Sì. Grazie, Lou. Non preoccuparti, ti chiamo appena arrivo-
Louis aspettò che si imbarcasse; uscì dall'aeroporto con un senso di inquietudine e di stanchezza enormi. Guardò il cielo: era ricoperto di nuvole bianche, ed era freddo. Aveva bisogno di un caffè. Il telefono squillò, e lui rispose in automatico, pensando che fosse Dominic.
-Louis, ciao. Sono Harry. Ho bisogno di parlarti. Possiamo vederci?-
Louis si fermò sul ciglio del marciapiede, davanti alle strisce pedonali, spintonato dal fiume di gente che stava attraversando. Qualcuno lo insultò, perché il semaforo pedonale era verde, ma lui non se ne accorse.
-Ciao, Harry. Dove sei?- Riuscì a rispondere.
-In aeroporto. Sono appena tornato da Venezia; c'è una cosa che devo dirti-
-Alt, aspetta. Ho appena accompagnato Jo in aeroporto. In quale sei?-
-Al London City Airport. Tu dove sei?-
Louis fece marcia indietro, andando a finire addosso ad alcune persone, senza scusarsi, tornando frettolosamente dentro l'ingresso alle sue spalle.
-Sono nell'area delle partenze. Fermo lì, ora arrivo-
Attraversò l'aeroporto correndo, un tumulto di emozioni nel petto, una sensazione di irrealtà.
Lo riconobbe da distante, perché era alto anche da seduto, perché aveva un vistoso cappotto di montone ed orribili stivaletti di pelle ai piedi, e poi perché era ancora più bello di come lo ricordava, e rallentò, per dar modo ai polmoni di riprendere fiato. Sentiva un enorme vuoto allo stomaco, ed i nervi a fior di pelle. Harry si voltò e lo scorse, sorridendogli. Louis si fermò, non sapendo bene come salutarlo; Harry era lì, davanti a lui, e la situazione era talmente surreale da fargli scuotere la testa.
Harry si sporse verso di lui, toccandogli un braccio, ora l'espressione preoccupata:
-Louis, stai bene?-
Il ragazzo si lasciò cadere sulla sedia più vicina, sentendosi esausto.
-Ho appena fatto le corse per accompagnare di tutta fretta Jo qui perché potesse andare da Rosanna. E' questo che volevi dirmi, vero?-
-Sì. Appena mi hai detto di aver accompagnato Jo ho capito che Luca mi ha preceduto. Sono passato a salutarlo due giorni fa; è terribile, lui ed Armando non sapevano niente. Rosanna non voleva nemmeno che chiamassero Jo, ma a me non sembrava giusto-
-Grazie. Hai fatto bene. Luca ha chiamato stamattina-
Harry annuì, triste. Louis pensò che fosse troppo bello per essere vero. Il suo profumo gli ricordava terribilmente quello di Dominic. Quello di Harry era solo meno dolce. Lo sentiva anche ad un metro di distanza.
-Possiamo prendere un caffè insieme, Louis? Ti devo delle spiegazioni-
Louis annuì. Harry gli posò una mano sulla schiena, per sospingerlo avanti, ed insieme raggiunsero il punto di ristoro più vicino.
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01/09/2016 spazio autrice
Gli argomenti affrontati in questo capitolo sono seri, lo so. Spero di essere riuscita a rendere non banale e non pesante la narrazione.
Grazie a tutti di leggere, votare e commentare questa storia!
Lu
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