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17: Il monte addormentato

Un bellissimo mare si scrutava all'orizzonte, il sole illuminava quell'acqua cristallina, innanzi a quello spettacolo della natura Pavel trovò conforto, da poco era giunto nella città del mare e già si trovava a suo agio.

Pavel vi trovò nuova linfa vitale, la gioia dei napoletani riaccese una luce da tempo spenta nell'animo del ragazzo, venne ospitato da un suo connazionale nella zona di Posillipo, Andriy Andreevič Tarasov un poeta ebreo emigrato in Italia per scappare alle persecuzioni contro il suo popolo, un ragazzo molto loquace, la sua peculiarità era d'esser afflitto da una bizzarra malattia che lo rendeva totalmente bianco, sia la pelle che i capelli.
Una stranezza che notò Pasha fu che non c'era traccia di figure religiose, fatto assai strano per un ucraino per di più anche ebreo come il suo benefattore (in seguito capì che il ragazzo era ateo).

Le giornate le passavano sorseggiando vino, parlando del più del meno oltre che dedicarsi alla pittura, vi si creò gran affinità tra i due che nel giro di poco mutò in forte amicizia.
Ai due si unì anche Nikolay che venne a trovarli (ovvero dopo un altro litigio con il padre, decise di fuggire via).
Le settimane passavano e il trio si destreggiava tra amori non corrisposti, bevute fino all'alba e alcuni piccoli furti, Pasha nonostante tutti i divertimenti, lo sfogo e un unione fraterna con Kolya e Andryusha (vezzeggiativi di Nikolay e Andriy) continuava a essere tormentato dagli incubi notturni che non gli davano tregua, minacciandolo che anche il suo nuovo amico avrebbe fatto la stessa fine di Iosif.

Pavel andò da chiromanti, medici, stregoni si fece anche leggere i tarocchi ma ciò non servì a nulla, era passato un anno e mezzo da quando aveva visto l'ultima volta la sorella, ella gli mancava terribilmente, più volte pensò di ritornare a casa ma venne sempre fermato dall'odio verso sua madre (era sicuro che se sua madre gli avesse additato la colpa di essere scappato da casa, l'avrebbe strozzata con le sue stesse mani).

Una sera mentre passeggiava sul lungo mare si sedette su un piccolo scoglio dove pensò a tutta la sua vita, l'infanzia, la sua gioventù, i problemi che lo attanagliavano, s'era perso totalmente tra i ricordi quando una si pose sulla sua spalla.

"Come stai?"
"Si va avanti, Kolya dov'è?
"Sta assieme a delle donne?
"Prostitute?"
"Certo, perché Nikolay lo hai mai visto assieme a delle nobildonne?"

Una risata fuoriuscì dai due ragazzi

"Andriy tu cosa pensi, rimarremo qui?"
"Finché l'affitto non aumenta stiamo tranquilli, quale pensiero t'affligge?"

Pasha rimase in silenzio ma poi disse

"La mia famiglia"
"Cose gli è accaduto?"
"Nulla che io sappia, ma ci son molti crucci tra i suoi componenti"

Rimase molto freddo nel nominare la sua famiglia, provava sempre un certo odio nel dover parlare ad altri.

Ma la "bella vita" trovò la sua conclusione nel dicembre del 1847, quando a Napoli scoppiò un'epidemia di colera che costrinse con immane sgomento a imbarcarsi per la Russia, dalla nave Pasha guardò la città che aveva dato una svolta alla sua vita (qualche settimana prima dell'epidemia, promise davanti al quadro di Svetlana che tornato a casa, avrebbe trovato una moglie e creato una famiglia, gettandosi alle spalle la vita mondana).

Dopo due mesi estenuanti di traversata, la nave entrò nel porto di Odessa, qui i tre amici si divisero per prendere ognuno la propria strada (promettendo di scriversi)
comprato un cavallo con i soldi che gli rimanevano, viaggiò fino ad arrivare tre giorni dopo davanti alla tenuta di famiglia, entrato nel cortile nel suo cuore egli disse:

"Finalmente sono a casa"

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