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Valutazioni

Il giorno successivo il tempo sembrò dare tregua a quella triste giornata funerea; niente nuvole minacciose di temporali e piogge, bensì un cielo limpido e azzurro, con un lieve alito di vento che trasportava un'aria fresca e frizzante.

Viktor aveva passato la notte faticando a trovare riposo, troppo occupato a districare la ragnatela di pensieri e decisioni che si era infittita durante la notte.
Anche la sua camera, dalla quale era stato lontano da tempo, non aveva aiutato a trovare il sonno sperato, troppo diversa e anonima rispetto a quella di Londra, pur sapendo che sarebbe stata una delle poche notti che avrebbe ancora passato lì dentro.
In quanto erede, gli sarebbe spettata la camera padronale di suo padre, la stessa stanza nella quale in quel momento giaceva il cadavere di suo padre, fatto che incideva ancora di più sul suo malumore.

Era sceso a fare colazione, vestendo gli abiti per il lutto: redingote nera, pantaloni e gilet abbinati del medesimo colore scuro, sopra a una camicia bianca. Persino il suo aspetto, emaciato e stanco, gli dava un aspetto ancora più cupo del solito.

«Non sembra che tu abbia passato una bella nottata, figlio mio» lo canzonò Deana, ancora stizzita dal dialogo avuto il giorno precedente.
«Sempre meglio della vostra passata a vegliare sul suo cadavere» replicò lui senza guardarla, riferendosi alla salma di suo padre, palesemente offeso e irritato.

La donna sospirò seccata, finendo di bere il tè e pulendosi distrattamente le labbra con un tovagliolo riccamente decorato, per poi rimettersi sul volto il velo da lutto. «Spero quantomeno ti si sia aperta la mente, Viktor. Quello che è accaduto dovrebbe farti capire che non avrai tutto il tempo a tua disposizione per sistemare le cose.»

«Sul serio volete parlare, ancora, di questo?» domandò l'uomo rialzando lo sguardo su di lei. «Credete davvero che non lo sappia? Ho a che fare con la morte tutti i giorni, madre...»
«Non nello stesso modo. Non hai mai avuto di fronte a te qualcuno a cui tu tieni veramente» replicò la donna con fare arcigno. «Sempre ci sia davvero qualcuno a cui tu tieni.»

Viktor non ribatté, tornando a dedicarsi alla sua colazione, preferendo chiudersi nel silenzio piuttosto che continuare ad aizzare quel discorso.
Deana sospirò, continuando a cercare di sistemarsi il velo e i guanti neri. «Se penso che dovrò tenere questa roba addosso per più di un anno...»
«Siete immorale, madre, oltre che irrispettosa verso vostro marito» la riprese lui senza guardarla.
«Da che pulpito, lui che non segue neppure una regola dell'etichetta. Farei volentieri a cambio, mettendomi anche io a giocare con i cadaveri...»
«Io non gioco con i cadaveri!» sbottò lui, ormai esasperato. «Datevi un contegno, il vostro comportamento è esecrabile.»

Si alzò dal suo posto, senza indugiare oltre o salutando per congedarsi, impossibilitato al nascondere la fretta di lasciare quella sala al più presto.
Palesemente in preda all'ira, dalla quale solitamente non si faceva mai sopraffare, riprese a camminare per la villa, diretto verso i giardini, mentre alle sue spalle Cody lo seguiva in silenzio, piuttosto preoccupato.

Raramente aveva visto Viktor tanto nervoso, abituato ad avere tutto sotto controllo o in situazioni che facilmente rendeva a suo vantaggio; tuttavia lì dentro sembrava fosse un animale in gabbia, frustrato nel non trovare una via di fuga da nessuna parte.

«Oggi ci sarà il funerale, Signore; domani vedrete il notaio e poi potremo finalmente tornare a Londra» tentò di tranquillizzarlo il suo valletto, nella speranza che l'idea di non dover stare a lungo a Whitesand's potesse giovare l'umore del nuovo conte di Lancashire.

«Due giorni di insopportabile convivenza con una donna al limite dell'isteria» rimbeccò l'uomo, uscendo finalmente dal palazzo e dirigendosi verso i giardini, prendendo un lungo respiro come se all'interno non riuscisse a respirare, soffocato dalle mura della sua stessa dimora.
«Credete che Deana sia stata colta dall'isteria? Che la morte di vostro padre le abbia tolto il raziocinio?»
«No, in realtà è sempre stata così...diretta, ma non con me. Non mi si è mai rivolta in questa maniera» spiegò Viktor dirigendosi verso la grande serra che si intravedeva sorgere tra gli alberi.

Il giardino era tenuto a regola d'arte, perfetto in ogni suo dettaglio, alla continua ricerca di qualcosa che potesse mantenere una bellezza costante nonostante il passaggio delle stagioni. Difatti, parecchi uomini erano intenti a prendersi cura del prato, dei roseti che delimitavano viali lastricati, degli alberi dalle svariate forme e tipologie e delle recinzioni impreziosiste da edere o piante rampicanti.
Statue elleniche ornavano piccole nicchie, in concomitanza con panchine o fontane anch'esse in marmo bianco o ghisa.
Un piccolo fiume artificiale si muoveva placido serpeggiando per tutto il parco, attraversato da sottili ponticelli in legno chiaro, pulito e levigato da dare l'aspetto di essere appena lavorato.

La serra, invece, era una grande costruzione in vetro e lamiere di metallo decorate di bianco; un enorme gabbia di ferro e cristallo attraverso il quale si potevano vedere centinaia di ombre appartenenti a piante tropicali che mai sarebbero sopravvissute al clima esterno.

Viktor non indugiò, entrando assieme al suo fedele assistente che si guardava attorno incuriosito.
Cody era abituato a vedere luoghi eleganti, bellissimi e raffinati ai quali l'aristocrazia poteva accedere, a differenza della classe più povera che non poteva concederselo o, semplicemente, non aveva tempo per dilettarsi in simili frivolezze; tuttavia a suo modo apprezzava di poter godere di quel piccolo mondo, pur potendo farvi parte solo come ombra dell'uomo per il quale lavorava.

Il ragazzo dai capelli color del miele rimase, tuttavia, piuttosto interdetto da ciò che trovò all'interno di quella costruzione.
La maggior parte delle piante erano tutte rinsecchite, aride e, con tutta probabilità, per lo più morte, situazione che sembrò sorprendere persino il suo signore che si guardò attorno stranito.
«Non mi aspettavo di trovare la serra in queste condizioni» osservò infatti Viktor con tono cupo, avvicinandosi allo scheletro di quella che in tempi migliori era stata una palma. «Mio padre amava la serra, ci passavo molto tempo assieme a lui, molti anni fa» spiegò con una nota di rammarico che a Cody non sfuggì.

«Volete che chieda ai giardinieri di rimetterla in sesto?» domandò il valletto sfiorando le foglie ormai morte e annerite di una pianta d'orchidea tra una moltitudine di vasi che, con tutta probabilità, un tempo contenevano gli stessi fiori. «Dopotutto ora siete voi il Signore di questo posto. Basta che mi dite cosa volete che faccia e me ne occuperò io stesso.»

«Cosa dovrei fare con mia moglie?» domandò in risposta senza guardarlo.
«Come prego?» chiese con evidente sorpresa a quella domanda. Era forse la prima volta in assoluto che Viktor metteva voce alle sue problematiche più nascoste.
Sapeva che avesse dei problemi con Elaine, così come era a conoscenza del rapporto con un amante, pur mantenuto con una certa discrezione e in assoluta segretezza per evitare che se ne parlasse all'interno della corte londinese.
Viktor non gli aveva mai chiesto nulla, né opinione o domanda che riguardasse lui personalmente; aveva sempre preso decisioni da sé, ignorando eventuali consigli o suggerimenti, da Cody stesso o da chiunque gravitasse attorno a lui.
Viktor non aveva mai ascoltato nessuno, agendo sempre di testa sua, ragionando unicamente con se stesso e non sentendo nessun altra voce se non la propria.

Il fatto che ora quell'uomo tanto chiuso stesse facendo una domanda diretta al suo uomo di fiducia mise Cody stesso in apprensione, incerto su cosa rispondergli e valutando l'idea che in realtà Viktor stesse parlando tra sé e sé; ipotesi che però venne accantonata nel momento in cui Lloyd voltò lo sguardo verso il ragazzo, aspettando una risposta.

«Non credo di essere in grado di poterle dare una risposta esaustiva, Signore» rispose infatti con evidente nervosismo. «Non avete mai voluto parlare di Elaine, non vorrei dire qualcosa che possiate trovare poco consono.»
«Mia madre dice che dovrei farla uscire più spesso, partecipando a balli, feste, e tutti quelli eventi nei quali io detesto prendervi parte» sospirò lui, guardandosi attorno infastidito. «Le ho già concesso di poter uscire per andare al Bedford College, per giunta da sola...»

«Potreste... beh, andare altrove con lei, o passarci del tempo assieme...» valutò Cody palesemente in difficoltà nell'affrontare con Viktor quel discorso, passando il peso da un piede all'altro, scalpitando. «Passeggiare, uscire da Londra, vedere il teatro... sapete, tutte quelle cose che possono piacere, le stesse che facevate durante il vostro corteggiamento.»

«Non ho intenzione di tornare a visitare persone di cui non mi interessa nulla quando posso stare con Elaine in casa mia, né tantomeno di andare a un ballo con il rischio che qualcuno possa volersi iscrivere sul suo carnet.»
«Provate a essere più presente, come vi ha consigliato il dottor Killmer» propose di nuovo il ragazzo, mentre Viktor in risposta sospirava seccato. «Potreste... insomma, valutare davvero l'idea di mettere al mondo un erede.»

«Un erede...» ripeté Viktor assottigliando lo sguardo. «Cody, avete idea di quante donne all'anno muoiano di parto?» domandò voltandosi di nuovo a guardarlo.
«No, signore, ma so che molte madri danno al mondo decine di figli. Io ho ben tredici fratelli e sorelle» rispose lui con un'alzata di spalle mentre Viktor sospirava più scocciato di prima.
«Elaine rischia al vita a mettere al mondo un figlio. Dovrei azzardarmi a tanto per avere un erede?»

Cody scosse il capo, stringendo le labbra. «Siete voi il medico, conte di Lancashire. Io non lo sono, ma mi avete chiesto consiglio; l'unica cosa che mi senti di dirvi, nonostante io nutra poche speranze che mi diate ascolto, è di chiedere a vostra moglie stessa.»

«Le donne non dovrebbero avere decisione nella vita famigliare» valutò Viktor passandosi una mano sul volto.
«Ma avete fatto scegliere a lei se sposarvi o meno, vorrei ricordarvi.»
«Sapevo già quale fosse la sua risposta alla mia domanda. Se non ne avessi avuto certezza, non gliela avrei mai posta.»
«Cosa vi costa parlargli e chiederglielo quando comunque la decisione di cosa fare spetterà a voi?» insistette il valletto, più per curiosità che per interesse vero e proprio nei confronti della sua signora.
«Già, non mi costerebbe nulla...» rispose Viktor osservando quello sterminio di fiori e piante morte di fronte a sé.

«Scusate se vi disturbo, Signore, ma sono arrivati gli ospiti.»
La voce gracchiante e greve di Arthur attirò l'attenzione dei due uomini, chiudendo quel discorso e spostando i pensieri di Lloyd su un'altra questione della quale iniziava già a sentirsi lentamente soffocare: l'idea di vedere centinaia di persone vestite di nero e dalle false espressioni tristi e piangenti lo rendeva restio a dover fare ciò che andava fatto, ma non poteva di certo rifiutarsi.
«Arthur, date ordine di rimettere in sesto la serra. Se mio padre fosse vivo non avrebbe sopportato di vederla in questo stato. Mi auguro che prenderai i dovuti provvedimenti» dispose Viktor mentre gli passava accanto, uscendo quindi dalla serra per dirigersi verso la tenuta.

Il funerale si svolse all'interno della magione, in una sala apposita, mentre il feretro veniva visitato da poche persone alla volta che portavano i loro omaggi.
Molti degli invitati, la maggior parte sconosciuta del tutto a Viktor, fecero le condoglianze tentando un approccio verso quello che sarebbe divenuto il nuovo conte di quelle terre, tentando inutilmente di aggraziarselo in qualche modo.

Viktor rimase educato e attento, pur evitando di dare confidenza e non nascondendo il proprio livore per quell'evento, soprattutto nel vedere tre prefiche che piangevano a dirotto e innalzavano lodi al suo defunto padre che probabilmente non avevano mai conosciuto né visto.
Anche quello faceva parte di quel teatro e di certo le tre donne erano state pagate per tutta quella scena, per piangere in maniera straziante la morte di un uomo di cui non sapevano assolutamente niente.

Deana non gli rivolse la parola, standogli lontano e parlando con ogni ospite presente, con gentilezza e calda educazione, nascosta sotto i suoi strati di vesti e teli neri che lasciavano intendere la sua appena iniziata vedovanza.

Dopo ore che a Lloyd sembrarono non finire mai, la bara venne portata di sotto, facendo aumentare i pianti e i lamenti delle prefiche e al contempo mettendo alla prova la pazienza già quasi del tutto esaurita del conte. Difatti sospirò contrariato, di fronte a tutta quella recita drammatica a cui avrebbe fatto volentieri a meno.

Fuori dalla magione attendeva una carrozza elegante, completamente nera e dai legni intarsiati in argento, trainata da quattro cavalli morelli anch'essi bardati per l'occasione con pennacchi neri sopra il muso, tirati a lucido per l'occasione.
Su di essa venne depositato il feretro del vecchio conte di Lancashire, insieme ai portantini e centinaia di fuori che avrebbero adornato la bara durante tutta la processione.

Viktor, invece, salì sulla stessa carrozza di sua madre, a seguito del marito che veniva trainato verso l'ultimo luogo in cui avrebbe riposato per l'eternità.
Per la felicità del nuovo conte, Deana questa volta rimase in silenzio, senza guardarlo e fissando un punto indistinto dal vetro della vettura.
Suo figlio le lanciò di tanto in tanto qualche occhiata dubbiosa, come se si aspettasse di sentirle dire da un momento all'altro qualcosa, ma il volto della donna era coperto, nascosto agli occhi azzurri dell'uomo che tentava di capire a cosa lei stesse pensando.

Solo arrivati al cimitero, dove Cedric sarebbe stato poi depositato nella tomba monumentale di famiglia Lancashire e Lloyd, Deana tornò a guardare suo figlio.
«Vorrei che permettessi a Elaine di venire qui a Whitesand's per qualche mese. Credo le farebbe bene, così come ne trarrei piacere io stessa» propose la donna con tono lievemente accondiscendente.
«No, Elaine non si sposterà da Londra» rispose Viktor atono, portando a sua volta lo sguardo verso l'esterno, guardando il corteo di persone che li seguiva in silenzio e a capo chino.
«Viktor...»
«Cercherò di occuparmi di più di mia moglie, ma non ho intenzione di separarmene, madre» le rispose, tornando a guardarla. «Inoltre non ho intenzione di lasciarvi Elaine solo per il senso di solitudine che vi attanaglia.»

Furono velenose quelle parole, forse più di quanto lui stesso volesse, ma era stanco dei giochi di sua madre e delle sue continue insinuazioni sul suo matrimonio e sua moglie.
Difatti Deana non replicò. Non lo fece più.
Per tutta la cerimonia la donna rimase in silenzio, osservando quel che restava di suo marito che veniva depositato all'interno del fatiscente monumento di marmo lavorato, sopra il quale un angelo dalle ali socchiuse pregava mesto.

Viktor non rimase indifferente di fronte al funerale e alle parole di addio a suo padre del prete anglicano. Non lo espresse visibilmente, senza trasmettere nulla dalla sua espressione o dalla sua postura, ma gli dispiaceva; infelice per la perdita dell'uomo cui aveva ancora chiari ricordi, vinto dalla rabbia per aver perso la sua battaglia personale verso quella malattia che lo aveva lentamente e inesorabilmente divorato senza che lui potesse fare nulla.

Inoltre, per quanto non volesse ammetterlo, i litigi con sua madre lo avevano sfinito, deluso e messo di cattivo umore.
Non aveva mai discusso con lei, anzi, avevano sempre tenuto un rapporto molto stretto, più di quello che aveva avuto con suo padre, di carattere più freddo e distaccato, simile sotto molti aspetti al suo.
Da Cedric non aveva mai ricevuto affetto, per quanto gli avesse sempre dato tutto ciò che gli servisse per continuare con i suoi studi e i suoi interessi, senza mai giudicarlo o lamentandosene.
Deana invece gli aveva sempre dimostrato un amore incondizionato, come madre al proprio figlio.

Quella sera il conte non pranzò, preferendo nascondersi nella stanza che suo padre usava come ufficio, facendosi portare dello Cherry, liquore che solitamente amava degustare Cedric stesso.
Fu quello il suo ultimo saluto, silenzioso e privato, che lui rivolse a quell'uomo che ormai aveva abbandonato definitivamente quella casa, uscendo per sempre dalla sua vita.

*

Dopo la partenza di Viktor, Elaine rimase in casa, vestita a sua volta con gli abiti da lutto per onorare la morte di suo suocero.
Scontenta, delusa e infelice per non aver accompagnato Viktor, si era chiusa nella sua solitaria frustrazione, smettendo di nuovo di mangiare se non il minimo indispensabile e perdendo totalmente interesse persino per il pianoforte.

«Signora, so che siete in lutto, ma credo che al Bedford College vi stiano ancora aspettando» la incoraggiò Nellie, lanciandole una silenziosa occhiata.
«Non posso andare da nessuna parte, ora che verto in queste condizioni, Nellie.»
«So che è vietato partecipare a cene, spettacoli e feste, mia signora, ma nulla vi vieta di potervi distrarre andando al college per qualche ora durante la giornata; anzi, credo che possa farvi solo che bene.»
«Viktor non sarebbe d'accordo.»
«Il Signore non è presente e non vi ha dato direttive in merito. Inoltre è stato lui a proporvi questa distrazione. Se non andate per paura di offenderlo potreste ottenere l'effetto contrario» valutò la domestica mentre gli porgeva la colazione, nonostante fosse già tardi.

Elaine guardò il tè e i pasticcini disposti come al solito sul vassoio d'argento, per poi annuire. «Forse avete ragione. Dopotutto non è un luogo sociale d'incontri e io avevo promesso la mia presenza e aiuto.»
Nellie gli sorrise, cercando di essere d'incoraggiamento, annuendo alle parole della sua signora. «Faccio preparare la carrozza, allora?»

Un'ora dopo il landò si fermò di fronte all'ingresso del Bedford college, facendo scendere la contessa Lloyd di Lancashire nei suoi abiti che rispecchiavano l'oscuro periodo che la famiglia stava attraversando.
L'abito di Elaine era interamente nero, chiuso e stretto, privo di pizzi o nastri ed estremamente rigoroso, con un velo di crespo abbastanza trasparente da poterne individuare la forma e il volto, oscurando appena la sua fisionomia.

Risalì le scale facendo il suo ingresso, venendo quindi accolta da una donna piuttosto anziana, che la squadrò attraverso un paio di occhiali dalle lenti spesse. «Lady Lancashire?» domandò con un tono che non lasciava dubbi di essere certa su chi avesse di fronte.
Elaine annuì con un cenno del capo a quella domanda. «Sono io, chiedo perdono se non mi sono presentata in questi giorni, ma la mia famiglia sta affrontando un lutto» mormorò lei in tono basso. «Vorrei parlare con Mrs. Reid, se possibile.»

La donna, dall'espressione austera e arcigna, annuì appena, voltandosi e dirigendosi verso le scale che salivano al piano di sopra.
La donna dagli abiti di seta e taffettà neri come l'ebano, scivolò come un'ombra spettrale lungo i corridoi vuoti del college, a seguito della donna che aveva accolto lei e la sua dama che la seguiva in silenzio, guardandosi attorno curiosa.
Dalla maggior parte della stanza non un suono si percepiva, tranne quello della voce di una persona che raccontava o spiegava qualche materia o argomento specifico.
L'attenzione di Elaine cadde però su una voce maschile che percepì nitidamente dietro a una delle porte a cui passava accanto.

«Ci sono uomini nel college?» domandò allarmata, mentre la vecchia signora si voltava a guardarla con un sospiro, scocciata dell'essersi fermata.
«Abbiamo alcuni amici di Mrs. Reid che fanno lezione alle ragazze, più tre giovani che aiutano con le faccende più pesanti, come ad esempio sistemare il tetto che in questi giorni si è sfondato per colpa degli ultimi temporali» spiegò alzando l'indice verso l'alto, come a indicare la copertura del palazzo.

Elaine chinò appena il capo, pensierosa. Sapeva che Viktor non sarebbe stato affatto felice di quel dettaglio, visto che aveva detto esplicitamente che il collegio era di sole donne, valutando l'assenza di personale maschile.
Non si preoccupò tanto dei garzoni, considerando che la villa stessa di Viktor vantava svariati domestici non solo di sesso femminile, ipotizzando che con loro neanche avrebbe avuto occasione di parlarci, ma con questi altri uomini che avrebbe potuto benissimo incontrare per il college.

«Capisco» annuì la ragazza alla donna che la stava guardando perplessa, per poi riprendere a camminare verso l'ultima porta che avevano di fronte, al fine del lungo tappeto che stavano calpestando.
La donna, che si era presentata con il nome di Evette, insegnante di storia, bussò alla porta prima di entrare senza attendere oltre, annunciando Elaine e la sua domestica.

La contessa entrò in una piccola stanza, trovandosi davanti una scrivania di libri e fogli impilati, dietro alla quale una donna di mezza età, provvista da un paio di occhiali e un abito dai toni del viola scuro, la a fissava con evidente curiosità.

«Lady Elaine...» la salutò alzandosi in piedi e rivolgendogli un cortese inchino come da consuetudine per il suo rango. «Sono molto felice di fare, finalmente, la vostra conoscenza. Mi chiedevo giusto sta mattina quando sareste tornata» le disse facendo cenno di sedersi su una delle poltroncine presenti. «Innanzi tutto vi faccio le mie condoglianze per il decesso del conte di Lancashire» proferì, sedendosi e volgendo poi lo sguardo verso la donna che le aveva accompagnate, senza attendere risposta da parte della contessa. «Evette, facci preparare del tè; non siamo di certo al pari della famiglia reale, ma conosciamo anche noi l'etichetta»

La docente uscì con uno sbuffo seccato, alzando gli occhi al cielo e borbottando qualcosa che alle orecchie delle donne fu tipo "non sono mica una domestica", per poi chiudere la porta alle sue spalle, facendo sorridere Mrs. Reid.
La fondatrice del college era una donna all'apparenza gentile, ma con un sorriso di circostanza più che reale affabilità e gentilezza, reso ancora più severo da un'intricata ragnatela di rughe.

«Annabelle mi ha detto che vi ha già mostrato l'istituto e parlato con voi di quello che potremmo chiederle per darci aiuto.»
«Si, è esatto» annuì la giovane donna, mettendosi nervosamente composta e giocando distrattamente con il bordo del velo da lutto. «Per ciò che concerne il mio contributo sono felice di potervi dare assistenza.»

Mrs. Reid annuì, pensierosa. «Vi è stato detto che questo collegio è principalmente frequentato da donne di alta e media borghesia e che non godiamo di una buona opinione pubblica?» domandò osservando la ragazza che annuiva senza ribattere.
«La maggior parte delle ragazze che sono qui hanno avuto pochissima preparazione e al massimo hanno studiato come governanti a domicilio. Noi forniamo, o meglio vogliamo, dare a queste donne la possibilità di avere una istruzione libera e non settoriale.» spiegò lei con tono serio, facendo sparire il tono remissivo tenuto poco prima all'ingresso della giovane in lutto. «Onestamente, Lady Lancashire, sono piuttosto perplessa che voi siate qui, considerando ciò che si dice di vostro marito. Il visconte...o meglio, il conte Lloyd di Lancashire è...diciamo famoso, per essere poco tollerante.»

«Suppongo che mio marito abbia i suoi motivi e sia ben conscio di quali siano per avermi voluto mandare in questo luogo» replicò Elaine, cercando di apparire il più serena possibile, come se le parole della donna che aveva di fronte non la toccassero minimamente.
Si era posta le stesse domande di Elizabeth Reid, non trovando una risposta esaustiva, per quanto immaginasse che dipendesse molto dal consiglio del dottor Killmer, ma ciò che aveva appena proferito la donna che aveva di fronte le fece dubitare che si trattasse solo di quello.

«Siete al corrente che vostro marito ha versato un ingente somma di denaro assieme alla proposta di far partecipare anche voi alle nostre attività?» incalzò l'interlocutrice della contessa, mentre questa restava sorpresa da quella notizia, per quanto celata dal velo che ne ricopriva ancora il volto.
«Certamente» mentii nel tentativo di apparire credibile, continuando a sfilettare il sottile e pregiato tessuto che teneva tra le mani.

Perché Viktor aveva fatto una donazione al college? Che significato poteva assumere un'azione simile da parte sua?
Domande a cui Elaine non trovò risposta, distratta poi dall'ingresso di Evette che portava un vassoio con tè e biscotti, mantenendo un'espressione scocciata e infastidita nel dover fare ciò che riteneva non essere di sua competenza.

Elizabeth Reid sorrise, tornando a mostrare l'espressione gioviale che aveva presentato all'ingresso delle sue ospiti. «Molto bene, vi do allora ufficialmente il benvenuto al nostro college e spero che sia per voi un piacere quanto lo sarà per noi, Lady Lancashire.»

Elaine attese che Nellie le versasse da bere, prendendosi lei l'onere di servire alla sua signora e alla sua ospite. La giovane aristocratica si spostò appena il velo dal volto, così da avere possibilità a sua volta di sorseggiare il tè, dopo mesi che non o faceva più in compagnia di altri tranne che sé stessa o, in rarissime occasioni, di Viktor.

«Vi ringrazio, Mrs. Reid; è un piacere per me essere qui più di quanto voi possiate immaginare» si concesse di ammettere, osservando il volto della donna sfoggiare un sorrisetto divertito e al contempo comprensivo.
«Forse, mia signora, ne sono consapevole più di quanto voi possiate credere» le rispose, iniziando a sorseggiare a sua volta il tè con fare disinvolto ed educato. 

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