Tormento
Fu portato del vino, ampiamente sorseggiato da tutti e cinque, assieme ad altri bicchierini di gin e pinte di birra.
Solo Elaine si impose un limite, contrariando goliardicamente il resto del gruppo, non incline lei al vizio di Bacco e poco interessata a degustare tali bevande, ritenendole dal sapore troppo amaro.
Tuttavia, restando padrona di sé stessa, si permise di rallegrarsi lucidamente alle battute e le chiacchiere dei due irlandesi che in poco tempo avevano già iniziato a risentire del livello alcolico.
Avevano fatto a gara di chi bevesse più rapidamente il gin, con il solo scopo di attirare ovviamente l'attenzione di Nellie.
Erano volate imprecazioni, parole che Elaine non aveva mai sentito nominare e di cui dubitava di saperne il significato; Noel aveva persino fatto cadere addotto a Padreig mezza pinta di birra, ma i due erano talmente alticci che dopo le prime battute di minacce di morte erano entrambi scoppiati a ridere di gusto, versandosi tra loro la birra rimasta per pareggiare il quantitativo delle due bevande, per poi riprendere a ridere e scherzare come se nulla fosse.
Era una serata calda, per quanto una leggera brezza, che passava leggiadra per le vie, portava frescura ben accetta da chiunque si stesse rilassando e sfogando dopo una lunga giornata di lavoro.
Elaine si accorse di trovarsi in mezzo a gente del volgo, tra operai di fabbrica e uomini di media ricchezza che chiacchieravano in maniera sbiascicata di arte e poesia.
C'era chi giocava a dadi, in un angolo nascosto del giardino; chi fumava sigari e pipa avvolti da una sottile coltre di fumo grigio; vi erano profumi e odori che Elaine mai aveva sentito.
Quel mondo non le era appartenuto e mai avrebbe potuto immaginarsi, un giorno, di trovarsi in una situazione del genere e di viverla a pieno come se fosse una di loro.
Fin da piccola aveva sognato balli in abiti eleganti e raffinati; serate di feste e teatro insieme a gente del suo rango, parlando e chiacchierando di tutto ciò che accadeva nella corte londinese, e ora era solamente lontana da ciò che aveva sempre sognato di vivere.
Eppure si sentiva bene, allegra e felice come lo era stata poche volte. La vicinanza di Benjamin e l'ironia dei suoi due amici, assieme alla compagnia di Nellie, stavano assorbendo i dolorosi ricordi di Viktor, per quanto fosse ancora là, isolato in un angolo della mente della contessa, pronto a tornare a galla in qualsiasi momento.
Forse per questo motivo Benjamin non le diede tregua un attimo, conscio della titubanza della donna che accompagnava e gratificato dall'espressione che non mostrava più i segni di una malinconia avversa. Elaine appariva ai suoi occhi rinata, radiosa nella sua semplicità quasi in maniera abbagliante, priva dell'ombra del marito che aveva oscurato quasi totalmente quella parte che aveva voluto tenere egoisticamente solo per sé stesso.
Fu un attimo invitarla a ballare, in una danza popolare ben diversa da quelle che lei conosceva, dai ritmi più rapidi e veloci, ignorando le distanze abituali che dovevano essere considerate per il decoro.
Volteggiavano celeri al ritmo scandito dal Bodhran, il tipico tamburo irlandese, lasciandosi alle spalle ogni altro pensiero, accaldati dai movimenti affannati e dall'effetto dell'alcol.
Elaine rideva e sorrideva, catturata da emozioni mai assaporate prima grazie a quel contesto magico.
Anche i due ragazzi irlandesi e Nellie si lanciarono sulla pista, riprendendo il ballo di gruppo assieme alla coppia che si era già lanciata nella frenesia della danza, tutti con la mente ben lontana dai problemi che gravitavano attorno a loro e dell'unico testimone che osservava passivo tutto quanto, nascosto ai loro occhi.
Cody, con in mano il terzo bicchiere di gin quasi finito, osservava pallido i cinque ragazzi che danzavano e si divertivano come chiunque stesse loro attorno, conscio che quello che aveva dinnanzi agli occhi avrebbe portato a guai e problemi molto più grandi di lui.
Viktor gli aveva illustrato i suoi dubbi prima di partire, preoccupato per la salute di Elaine e timoroso della fedeltà dei propri domestici. Aveva dato il compito al suo valletto di investigare, seguire Elaine e fare attenzione a chiunque si aggirasse in casa e fuori dalla residenza, restando lontano da occhi e orecchie che avrebbero potuto accorgersi di lui.
Aveva seguito Elaine al Kew garden, restando sorpreso e incredulo nel vederla assieme all'americano, per quanto fosse certo che fra loro non fosse accaduto nulla, quantomeno non ancora.
Si era nascosto nelle vicinanze di villa Lloyd, scorgendo Marjorie, palesandosi poi a lei mostrandole tutta la sua irritazione per quello che aveva fatto, combattuto se minacciarla di portarla a Scotland Yard con qualche scusa o limitarsi a renderla consapevole che lui era al corrente di quanto successo, scegliendo infine la seconda opzione.
Aveva seguito le domestiche di villa Lloyd: Lorelai, Nellie, Hester e Lauren durante i loro giorni liberi, senza però notare nulla di particolare o sospetto. C'era chi era andata a fare compere al mercato, chi a trovare la famiglia, chi i propri ragazzi e chi ad acquistare nuovi abiti con il proprio salario.
Solo su Nellie aveva iniziato ad avere qualche dubbio, dopo averla vista civettare con i due irlandesi amici dell'americano che aveva puntato la contessa.
Oltre a trovare il comportamento della domestica irriverente e malizioso nei confronti dei due ragazzi, aveva osservato con disappunto l'incoraggiamento della ragazza nei confronti della sua protetta, spingendola verso quello che gli sembrava un rozzo garzone di porto, che nulla aveva a che fare con il rango che Elaine e Viktor ricoprivano.
Il solo fatto che lei gli parlasse come pari era inaccettabile; che lei gli stesse tanto vicina era inaccettabile; che lui l'abbracciasse e l'accarezzasse era inaccettabile.
Lo staffiere terminò il gin, prima di voltarsi per ordinarne un altro, evitando di guardare per qualche istante ciò che vedeva sotto di lui, attraverso la finestra oltre la quale si nascondeva, mentre nella sua mente vagava la domanda che in quei giorni continuava ad assillarlo e a cui non trovava risposta.
Cosa avrebbe detto al suo padrone una volta tornato? Come avrebbe reagito Viktor nel sapere quanto lui aveva visto?
Temeva quella risposta, senza sapere cosa potersi aspettare dal conte una volta messo al corrente di tutto ciò che lui aveva potuto osservare in quelle settimane.
Cody afferrò il bicchiere di Gin, il quarto, per poi tornare a guardare fuori dalla finestra per cercare nuovamente chi stava ormai pedinando da giorni, ma si sentì gelare il sangue nel constatare che in quei pochi secondi in cui aveva ordinato da bere sulla pista da ballo, al centro del giardino, erano rimasti solo i due ragazzi e Nellie.
Di Ben ed Elaine non c'era traccia.
Benjamin aveva afferrato la ragazza appena terminata la canzone, stringendole la mano e trascinandola ancora allegra e ridente fuori dal giardino, appena fuori dalla locanda e nascosti dalla tenebra serale.
L'aveva baciata con ardore e trasporto, senza ormai riuscire più a trattenersi dallo stare lontano da quelle labbra che aveva desiderato per tutta la sera, così come aveva anelato stringere il corpo di Elaine, volendone percepire il contatto quasi come se ne fosse dipendente.
Il desiderio si era fatto brama impellente e le mani del giovane erano scivolare smaniose sul corpo snello della donna ambita che ricambiava quel bacio con la stessa impellenza, frastornata dalle molteplici emozioni provate.
«Elaine...» sussurrò lui ponendo momentaneamente fine a quel bacio. «Venite a casa mia. Lasciamo Padraig, Noel e Nellie qui. Non hanno certo bisogno di noi per trovare la via di casa.»
La giovane fremette per quella richiesta e per i brividi dovuti al bacio quanto alle mani ardenti che le accarezzavano il corpo, scosso dal respiro accelerato.
Acconsentire a quella richiesta avrebbe portato a lasciarsi completamente andare a lui, consapevolezza resa ancora più certa dal suo respiro carico di desiderio, percepibile dal tono rauco della voce dell'uomo e lei esitò, combattuta dall'accettare quella proposta.
Voleva cedere, lasciar vincere il desiderio di rivalsa e concedersi al ragazzo che le baciava il collo con lentezza, mandandole a fuoco il corpo e la mente, accompagnandola passo dopo passo lungo una via dal quale non sarebbe mai più potuta più tornare indietro.
Sentiva il corpo urlarle di accettare, ma la mente gridare di non farlo.
«Non... non posso...» farfugliò senza però sottrarsi a quelle anelate attenzioni e a quel tocco che la faceva rabbrividire.
«Nessuno si accorgerà che manchiamo; saremo soli senza che qualcuno ci veda. Nessuno lo saprà» le sussurrò lui all'orecchio, sospirando poi con impazienza. «Non sapete quanto vi desideri e che tormento sia non potervi avere.»
Offuscata dall'eros, ma frenata da un dovere coniugale quasi del tutto lacerato, la contessa scosse il capo, arretrando con difficoltà, lasciando vincere la propria volontà, trattenendola dal lasciarsi andare al richiamo della libido.
Debole d'imposizione verso il proprio marito, ma inespugnabile se si trattava dei propri ideali, Elaine percepiva e sentiva che andare con Benjamin fosse quanto mai sbagliato e temeva quelle che sarebbero state le conseguenze di tale gesto, consapevole che concedersi all'americano avrebbe dato sì il tanto desiderato appagamento, ma al contempo l'avrebbe macchiata per sempre come fedifraga e traditrice.
Benjamin la sentì scivolare via dalle dita, irrigidendosi per l'ennesimo rifiuto, frustrato dalla tenacia della donna. Si passò una mano tra i capelli, cercando di calmare il respiro irregolare che da eccitato si era fatto nervoso, scivolando nella rabbia dovuta alla negazione.
«Credete che a lui importerebbe? Pensate che quando Viktor tornerà si dimenticherà della sua amante e tornerà a frequentare il vostro letto?» domandò seccato e senza lesinare in sarcasmo e provocazione, colpito nell'orgoglio.
«Non vi offendete, vi prego. Non fraintendete il mio negarmi a voi. Quello che mi offrite è un sogno irrealizzabile e pericoloso che può trasformarsi in un incubo, per voi quanto per me. Non c'è futuro, e lo sapete. Posso cedere al desiderio per una notte, forse due, ma una volta che mio marito sarà tornato non potremmo più stare insieme e il volervi vedere, quanto lo stare con voi per sottrarmi al mio fardello, diventerà insopportabile» rispose lei scuotendo il capo. «Venire con voi può rivelarsi talmente avvenente per me da non poterne più fare a meno. Tutto questo diventerà solo un sogno che potrò unicamente ricordare nelle mie notti in solitudine.»
«Preferisco vivere di questi istanti, piuttosto che nel rimpianto di non averlo fatto, Elaine.»
«Invece io desidero che non vi accada nulla, Ben. Con me non potreste avere nulla, né una famiglia, né dei figli» spiegò lei affievolendo la voce alla fine della sua frase e distogliendo lo sguardo. «Voi siete giovane e potete avere tutto questo, ma non con me. Non è possibile!»
Lui l'afferrò per le spalle, stringendole appena ed evidentemente in stato piuttosto alterato. Non che apparisse minaccioso, ma chiara era la sua delusione e il fastidio.
«Non mi interessa avere nessuna, possibile che tu non lo capisca?» domandò, passando a un tono ben più confidenziale del solito.
«L'ho capito, ma non comprendo il perché!» rispose lei con più decisione, sottraendosi di nuovo a lui senza guardarlo in volto. «Con me non potete avere nulla. Ci sono donne che non vedrebbero l'ora di poter ricevere da voi le attenzioni che rivolgete a me. Con loro potreste costruire qualcosa che invece noi non potremmo mai avere. Quello che volete è destinato a finire prima ancora di cominciare» insistette la ragazza, scuotendo il capo. «Mi dispiace, ma è stato solo tutto uno sbaglio, dal bacio a... a tutto questo.» Allargò le braccia, indicando tutto ciò che le stava attorno, guardando poi verso il locale. «Credo sia meglio che io e Nellie torniamo alla villa.»
Benjamin tornò a passarsi le mani nei capelli, inveendo sottovoce tanto da non farsi comprendere dalla ragazza che tornò a guardarlo. L'americano riprese a respirare più lentamente e profondamente, come se tentasse di calmarsi.
Dopo un ultimo lungo respiro tornò a guardarla, vedendola distogliere lo sguardo come se non avesse la forza di sostenere il suo. «Allora vieni via con me. Non sto scherzando!»
Elaine rialzò lo sguardo stupito e perplesso, come se diffidasse di quelle parole. «Venire con voi dove?»
«In America, tra qualche giorno. Dammi solo il tempo di organizzarmi» spiegò lui afferrandole la mano per poi portarsela alle labbra. «Ti prego, Elaine. Se di una relazione clandestina hai paura, allora lascia che ti dia la possibilità di iniziarne una nuova lontano da qui, lontano dai pericoli che non vedi e da chi ti vuole solo fare del male» mormorò lui con voce bassa.
«Viktor non mi vuole fare del male...» rispose lei con un sussurro, stringendo le labbra per il rammarico. Nonostante tutto le era impossibile non difendere il conte.
«Ma non ti sta neppure facendo del bene» ribatté secco lui, serio in viso, accarezzandole poi la mano. «Un solo sì, e quello che hai vissuto questi giorni posso renderlo realtà per i tuoi giorni a venire, e non solo un sogno come tu dici.»
«Se fuggissi, lui...» tentò nuovamente lei, a fatica.
«Se tu fuggissi a lui non importerebbe nulla. Nasconderebbe la verità che tu te ne sia andata e probabilmente dichiarerebbe che sei deceduta, così da non avere problemi a prendere con sé la sua amante.»
Elaine deglutì, scuotendo il capo e tornando a sottrarre la mano sa lui. «Così quella donna otterrebbe quello che vuole? Mio marito e la mia casa?»
«Non volevo dire questo, che cazzo, Elaine!» sbottò lui facendola sussultare, non abituata a un tono tanto diretto e volgare.
«Io... io non lo so... non so neanche se sia possibile» rispose lei dopo qualche istante, confusa dalle informazioni, dalle parole di Benjamin e dalla sua stretta vicinanza che sentiva quasi come un peso addosso.
«Elaine...»
«Basta, Benjamin, non insistete, per favore...»
Lui la guardò, per poi sospirare sconsolato e poggiando la schiena stancamente all'albero alle sue spalle.
Passò un minuto intero, lasciando che i respiri dei due ragazzi si acquietassero, così come i loro animi disorientati.
La contessa, sempre più a disagio, si apprestò a voltarsi, senza dire nulla, intenzionata a dirigersi verso il locale e trovare Nellie per ritornare alla villa.
«Io mi sto innamorando di te, Elaine» sentì mormorare alle sue spalle l'americano con voce bassa, abbattuta e sfiancata.
A quelle parole la ragazza sentì il respiro spezzarsi e gli occhi inumidirsi, senza però trovare in sé il coraggio di voltarsi e affrontarlo dopo quanto udito.
Come poteva dopo una tale dichiarazione? E lei, si domandò, cosa provava per l'uomo alle sue spalle del quale sentiva i suoi occhi addosso in attesa di una sua reazione o risposta?
Il cuore prese a martellarle il petto in maniera incessante, come mai prima, portandola in una confusione mentale ancora maggiore. Elaine rimaneva immobile, respirando di nuovo con affanno rinnovato, lasciando che il silenzio tornasse ad aleggiare tra loro, cupo e pesante come non mai.
Ben sospirò con rassegnazione dopo qualche istante, per poi superarla, senza cercarne l'attenzione. «Venite, recuperiamo gli altri e poi torniamo. Si sta facendo tardi.»
La superò con passo deciso, sprezzante, tanto che Elaine dovette attingere alla propria volontà per stargli dietro, percependo il di lui livore come un macigno che le era franato addosso.
La sensazione di errore e sbaglio tornò a stuzzicare la sua mente, imponendole la colpa di quella situazione nuovamente come unicamente sua.
Chiusa nel suo silenzio e seguendo l'americano di fronte a sé, fissandogli con tristezza le spalle larghe a cui poco prima si era stretta e aveva accarezzato, non poté fare a meno di chiedersi se avesse sbagliato lei stessa a lasciarsi andare, ad aver creato un'aspettativa che avrebbe poi portato solo alla sofferenza di quell'uomo a cui si era innegabilmente legata.
Tuttavia alla sua domanda su quali fossero i suoi reali sentimenti non riusciva a darsi risposta, trovando sensazioni estremamente discordanti tra ciò che provava per Viktor rispetto alle emozioni datele dalla compagnia dell'americano.
Trovarono i ragazzi ancora intenti a ballare, ridere e scherzare, barcollanti e farfuglianti dall'alcol.
Benjamin fu drastico e diretto, seccato come mai si era visto in quei mesi, afferrando senza troppi preamboli i ragazzi per trascinarli fuori dal locale dopo aver saldato il conto delle ordinazioni.
Nellie, per quanto anche lei piuttosto allegra, sembrò tornare vagamente sobria nel notare l'atteggiamento della sua protetta, cupa e chiusa in sé stessa, e della rabbia imbrigliata di Benjamin che non le rivolgeva più neanche un'occhiata.
Chiusi nel silenzio, Benjamin ed Elaine rimasero in compagnia dei tre completamente in preda a un'euforia che, per quanto contagiosa, non mutò l'umore dei due giovani che insistevano a non guardarsi.
Nascosti dalle ombre della notte raggiunsero Mayfair e villa Lloyd, dove sia Padreig che Noel tentarono un approccio ben poco cavalleresco per convincere Nellie a farli entrare assieme a loro, suggerendo di poter dormire assieme a lei nelle sue stanze.
Mentre i due irlandesi tentavano invano di convincere la domestica, Benjamin si voltò a guardare nuovamente la contessa. «Elaine, promettimi che penserai a quello che ti ho chiesto» mormorò.
«Sarebbe strano il contrario, dopo quanto mi avete detto» replicò lei sempre senza guardarlo, rimanendo a osservare i tre che chiacchieravano tra loro ad alta voce, nonostante i richiami sussurrati di Nellie che chiedeva di tenere i toni bassi per evitare che qualcuno si accorgesse di loro.
«Aspetterò una tua risposta, domani. Puoi anche scrivermi una lettera se vuoi. Nellie me la farà avere»
«Io non lo so, Benjamin. Non so cosa fare. Mi state confondendo troppo» mormorò lei chinando il capo e con voce rotta. «E mi dispiace se vi sto facendo soffrire.»
Lui le accarezzò un braccio, risalendo sulla spalla e trattenendosi dall'abbracciarla per stringerla a sé, troppo esposti per le vie del quartiere per rischiare di essere notati da chi avrebbe potuto porsi delle domande. «Pensa a te stessa, a ciò che vuoi. Non a me o a tuo marito. Pensa a questo e poi valuteremo cosa fare. Voglio solo il tuo bene, Elaine. Non dimenticarlo.»
«Non siete arrabbiato?» sussurrò lei tornando a guardarlo, sentendo il fardello della paura sollevarsi nel vedere il sorriso genuino del ragazzo incurvargli le labbra.
«Non con te, non potrei mai» rispose, accarezzandole il volto. «Ora vai, prima che qualcuno ci veda e si chieda chi siate e cosa ci fate in nostra compagnia.»
Elaine sorrise per poi abbracciarlo di slancio, affamata delle sue braccia e del benessere che ne sarebbe derivato, ignorando chi li avrebbe potuti vedere e incoerente con i suoi stessi dubbi, ma sentendo il cuore dell'americano contro il suo petto accelerare al pari del suo.
«A domani» sussurrò lei con un filo di voce e un accenno di sorriso che rivolse a lui.
«A domani» ripeté Benjamin, osservando la donna che si spostava, in difficoltà se trattenerla o meno a sé, lasciandola infine andare.
Tra le lamentele borbottate dei due amici l'americano osservò le due ragazze sparire oltre i cancelli, sospirando stanco quanto preoccupato.
Fu solo nel voltarsi per riprendere seccato i due ragazzi ubriachi che notò l'ombra che di sfuggita si era appena mossa nelle tenebre di uno dei loggiati dei gradi residenze, immobile accanto a una colonna e intento a guardarli.
Benjamin strinse appena gli occhi, irritato, guardando i due accanto a sé che avevano iniziato a spingersi tra loro continuando a bisticciare su chi dei due Nellie preferisse.
«Andiamocene, non sapete reggere neanche un bicchiere di alcol, voi due. Siete senza speranza.»
«Credo di non sentirmi troppo bene...» farfugliò in risposta Noel.
«Non metterti a vomitare per le strade di Mayfair o ci arrestano!» replicò Padraig afferrando l'amico sotto braccio e osservando poi Benjamin, come se lo vedesse solo in quel momento. «Stai bene, amico?»
«Sto bene» chiarì lui, tornando a guardare la figura dell'uomo che li stava fissando a braccia incrociate. «Ma è meglio che ce ne andiamo.»
Cody li seguì con lo sguardo, avvolto nei suoi dubbi, domande e perplessità su chi quei tre fossero e che intenzioni avessero nei confronti della contessa di Lancashire.
Attese che sparissero alla vista, per poi a sua volta allontanarsi dirigendosi verso l'albergo dove in quel periodo soggiornava.
Appena entrato, nonostante l'orario tardivo, l'anziana donna proprietaria di quel luogo fece capolino da dietro il bancone d'accoglienza, salutandolo con un cenno del capo e fissandolo con sguardo arcigno, come ogni volta che lo vedeva rientrare.
Cody deglutì, in imbarazzo e disagio di fronte allo sguardo inquisitorio della anziana signora che lo fissava attraverso lenti spesse.
«Le è arrivato un messaggio oggi pomeriggio» biascicò con voce roca la vecchia, porgendogli con dita tremanti e callose una immacolata lettera sulla quale si leggeva stampigliato il monogramma del conte di Lancashire.
«Oh, grazie, siete gentilissima, Mrs. Goutrie» la ringraziò lui, prendendo ciò che la donna gli porgeva con un sorriso di cortesia che lei non contraccambiò.
Rigirandosi la lettera tra le mani attese qualche istante, come se non sapesse bene cosa dire per prendere congedo dalla sua ospite, incerto se gli dovesse chiedere altro. Dopo qualche istante di imbarazzo lui si schiarì la voce, aggiungendo un leggero sorriso e chinando il capo. «Beh, Buona notte, Mrs. Goutrie» salutò il più affabile possibile, ricevendo uno sbuffo seccato in risposta.
Lo staffiere aprì la lettera appena fu nella stanza, lasciandosi cadere stancamente su uno dei divanetti per poi leggere le poche righe che Viktor gli aveva scritto.
Con un sospiro rassegnato lasciò la lettera sul basso tavolino in mogano rosso, per poi prendersi la testa tra le mani e passarsi le dita tra i capelli, snervato.
Viktor sarebbe arrivato a Londra a breve, forse addirittura il giorno dopo o quello successivo, e Cody valutò che quella notte l'avrebbe passata probabilmente in bianco, valutando il come avvisare Viktor di tutto quello che era successo e di quale sarebbe stata la reazione del suo signore.
Non sarebbe stato affatto facile.
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