Thomas
Il giorno stava lasciando posto alla notte quando Ben raggiunse la cima della collina, irradiata dai tiepidi raggi del sole calante.
Si prese un momento per respirare, poggiando le mani sulle ginocchia e chinando appena il busto, nel tentativo di regolarizzare il proprio respiro prima di rialzare lo sguardo verso un punto indefinito di fronte a sé, osservando l'orizzonte espandersi a perdita d'occhio nei colori del rosso vivo e del verde boschivo più florido.
L'uomo voltò il capo in direzione delle Smoky Mountains, la catena montuosa al confine del Tennessee e del Nord Carolina, le cui cime svettavano oscure contro un cielo fattosi di fuoco, ricordando a Benjamin i bordi frastagliati di un foglio strappato.
«Maledetto ragazzino,» borbottò tra sé e sé guardandosi attorno, cercando di scorgere chi cercava tra le ombre dei pochi alberi presenti sulla collina «dove diavolo ti sei cacciato!»
Non era la prima volta che succedeva; quando Thomas si ritrovava a discutere con Elaine puntualmente lui si ritrovava a dover ricercare il giovane intorno alle pendici delle montagne, nella speranza che non lo avessero già trovato dei coyote, delle linci o magari un orso nero.
Riteneva che fosse sempre stato fin troppo fortunato a non fare brutti incontri, soprattutto in quell'anno dove le sue fughe erano aumentate.
Ripreso fiato, iniziò a scendere il lieve pendio in direzione del ruscello che serpeggiava verso il Little River, il fiume attraversante la valle, attorno al quale si stava lentamente espandendo un piccolo villaggio nato dai resti degli insediamenti dei nativi Cherokee.
Raggiunto l'affluente l'uomo si voltò in direzione del paese, osservandolo illuminarsi dalle luci di lanterne e candele, mentre la tenebra calava a seguito del tramonto.
In quegli otto anni che vivevano ormai stabili in quel luogo nel bel mezzo del nulla, a mezza giornata di cammino dalla cittadina più vicina, il villaggio si era allargato sempre di più, diventando una vera e propria comunità organizzata, fondata sulla produzione di legname.
Benjamin aveva iniziato subito a lavorare come bracciante e falegname, limitandosi a qualche viaggio verso Maryville o la più lontana Knoxville per il commercio.
Di rado si allontanava, non volendo lasciare quella che era diventata la sua famiglia troppo a lungo da sola, apparendo agli occhi della collettività come un bravo marito che si prendeva cura dei suoi cari, mentre Elaine si dilettava al ricamo, al cucito e a dare lezioni di tanto in tanto alla piccola pieve del villaggio.
Benjamin si era presentato come marito di Elaine Collins, benché consapevole di quanto fosse una dichiarazione falsa e potenzialmente pericolosa, ma necessaria per la sopravvivenza di entrambi e del piccolo Thomas.
Un nuovo mondo dall'enorme potenziale, dove iniziare una nuova vita e lasciarsi alle spalle ciò che era ormai un ricordo del passato. Era stata la speranza di entrambi, ma fu proprio la nascita del bambino a cambiare tutto, mandando in frantumi ogni proposito positivo.
«Thomas!» chiamò con voce secca l'uomo, camminando lungo la riva della sorgente dalle acque ormai nere. «Avanti, piccolo, esci fuori. Tua madre si sta già preoccupando,» tentò di chiamarlo guardandosi attorno fermandosi poi a poca distanza da una delle querce più vicine, sospirando con rassegnazione
«oppure preferisci passare di nuovo la notte qui fuori con orsi e Coyote?»
«Fa troppo freddo per gli orsi, ormai sono in letargo» rispose una vocina indispettita dall'albero al quale Ben si stava avvicinando.
«Giurerei di averne visti, invece, anche in questo periodo.»
L'uomo di fermò accanto al tronco, postando le mani sui fianchi e alzando il capo verso la figura nascosta al buio dei rami. «Non farmi salire, l'ultima volta mi sono quasi rotto un braccio.»
«Non è colpa mia se sei pesante e i rami si spezzano se ti arrampichi! Lasciami stare, va via!»
«Andiamo, ragazzino, lo sai che non posso ritornare indietro senza di te.»
Il bambino si affacciò appena, osservando il suo inseguitore. Benjamin, per quanto non lo riuscisse a vedere in viso per via del buio, era certo di quale espressione seccata e infastidita avesse in volto, minacciosa, sotto certi aspetti, per quanto potesse apparire tale un ragazzino dagli otto anni appena compiuti.
«Tanto alla mamma non importa che io torni indietro. Si arrabbia sempre!»
«Ancora? Lo sai che non è vero, smettila di fare il bambino e scendi da quest'albero!» ordinò Ben con tono seccato.
«Io sono un bambino...»
«Smettila... non sei divertente!»
Il ragazzino si zittì, raggomitolandosi ancora di più contro i rami, intestardito a non scendere dall'albero, quasi quello fosse il suo rifugio più sicuro.
Ben sospirò frustrato, osservandolo per qualche istante prima di sedersi a terra, con la schiena contro il tronco dell'albero. Prese una scatolina in metallo, dal quale estrasse il tabacco necessario per prepararsi una sigaretta, accendendola con uno zolfanello.
«Perché non vai via?»
«Tua madre mi uccide se torno senza di te, lo sai» rispose l'uomo con tono calmo «e poi è una bella serata, solo un po' fredda; l'autunno sta per finire,» osservò alzando lo sguardo verso il ragazzo «ma tu non hai freddo, vero?»
«Non ho freddo» borbottò Thomas con tono deciso, quasi volesse darsi un aria da adulto che non possedeva.
«Immaginavo, e non avrai di certo fame. Pensare che Elaine ha preparato una zuppa davvero invitante e io ho portato diversi dolci da Knoxville.»
«Quali dolci?» domandò dopo qualche secondo quella vocetta improvvisamente incuriosita.
«Ah beh, se vuoi sapere quali sono dobbiamo tornare a casa, ma se preferisci stare su un albero tutta la notte, al freddo e senza cena, fai pure» valutò l'uomo, finendo la sigaretta e spegnendola nel terreno per poi alzarsi in piedi, iniziando a incamminarsi.
«Dove vai?» chiese con tono perplesso il fuggitivo.
«A mangiare, ovviamente. Se tu non ci sei, avrò una doppia porzione. Trovato ti ho trovato e non ho intenzione di pregarti di scendere. Mangerò anche la tua parte» lo provocò Ben con tono divertito.
«Mamma ti uccide se torni senza di me, lo hai detto tu, quindi stai solo tentando di convincermi con il cibo» replicò scocciato il ragazzino.
L'americano sospirò di nuovo, togliendosi il berretto e passandosi una mano tra i capelli. «Allora qual è il problema? Hai litigato con gli altri ragazzini del villaggio? Hai di nuovo provocato il tuo maestro dandogli dell'ignorante?»
«Non è colpa mia se lo è, l'ho spiegato a mamma, ma come al solito si è solo arrabbiata e non mi ha ascoltato. Mi ha ignorato e neppure si è girata a guardarmi.»
Un altro sospiro dettato dalla frustrazione dell'uomo ai piedi dell'albero fece seguito alle parole appena udite. Ben sapeva il vero motivo dell'atteggiamento di Elaine, ma non poteva spiegarlo a Thomas e mai avrebbe voluto farlo.
«Dai, scendi, Tommy» lo richiamò di nuovo con tono addolcito. «Stare qui non risolve la situazione, ma la peggiora soltanto. Tua madre ha i suoi motivi per comportarsi in questo modo» spiegò alzando lo sguardo verso il ragazzino. «Cercherò di parlare con lei appena torneremo, te lo prometto, ma adesso scendi, per favore.»
Uno sbuffo seccato in risposta, prima che il rumore di rami e frasche in movimento lasciasse intendere la discesa del ragazzino il quale, appena toccato terra, si voltò a guardare l'uomo di fronte a sé, alzando appena il visetto nella sua direzione.
Benjamin osservò il bambino, ricambiando lo sguardo rivoltogli e intravedendo iridi chiare color del ghiaccio, per quanto la poca luce ne celasse il colore definitivo ben differente da quello dei suoi occhi.
«Scusami, papà» borbottò Thomas, distogliendo lo sguardo e cercando di celare la mortificazione, perdendo tutta la prepotenza e arroganza mostrata poco prima e senza notare il sorriso forzato dell'uomo a quelle parole.
«Non fa nulla, Tommy» rispose lui con tono gentile, portando una mano tra i capelli corvini del giovane, scompigliandoglieli. «Adesso torniamo a casa, prima che tua madre esca a cercarci lei stessa per l'apprensione.»
Elaine li aveva accolti con un sospiro di sollievo, per poi riprendere severamente il ragazzino per la sua fuga, intimandogli decisa che non avrebbe mai dovuto ripetersi, di scusarsi l'indomani con il maestro Phelipe o che sarebbe andato a letto senza cena.
Solo intervento di Ben aveva raffreddato gli animi che iniziavano a ribollire e prima che il piccolo tentasse un'altra fuga per difendersi dalla rabbia della propria genitrice, per quanto fosse in realtà spaventata più che arrabbiata.
Avevano mangiato in silenzio, senza che madre e figlio si guardassero in volto e faticando a buttare giù cucchiaio dopo cucchiaio, ma non volendo al contempo sprecare il cibo.
L'uomo aveva poi messo a letto il ragazzino, crollato nel sonno dopo pochi secondi, per poi tornare nella cucina dove Elaine stava sistemando e ripulendo i resti della cena, dandogli le spalle.
Si erano costruiti assieme la piccola capanna che ora abitavano, con l'aiuto di chi viveva là prima di loro; una casa semplice, fatta per lo più di legno e pietra, abbastanza grande per tutti e tre. La cucina veniva usata tra le altre cose come sala generica, dove mangiavano o svolgevano lavori giornalieri e che dava su una stanza da letto divisa da loro due, infine il sottotetto dove dormiva Thomas. All'esterno si accedeva a una piccola stalla con un cavallo che aveva visto probabilmente troppi inverni; un magazzino per la legna e una latrina, freddissima d'inverno e insopportabile durante i mesi più caldi.
Benjamin si sedette al tavolo con un sospiro stanco, togliendosi il berretto e osservando in silenzio Elaine che finiva di sistemare le ultime stoviglie, fingendo di non essersi accorta di lui.
«Non dovresti essere tanto dura,» iniziò a tastare il terreno l'uomo «lo sai che è solo un ragazzino.»
«Lo so, ne sono consapevole, ma... è difficile» mormorò Elaine con un sospiro, poggiandosi al lavello in pietra appena ripulito.
«Devi smetterla di fartene una colpa, Elaine. Il tuo atteggiamento si riversa su di lui che non ha commesso nessun peccato. Lo sente e cerca solo le attenzioni di sua madre.»
La donna emise un verso tra uno sbuffo e un sospiro scoraggiato, per poi voltarsi a guardare l'uomo con cui condivideva la propria vita da otto anni.
«Lo so, Thomas è la mia benedizione e quanto ho di più caro al mondo,» iniziò a spiegare osservando Benjamin e avvicinandosi a lui «ma al contempo è anche ciò che mi ricorda di aver rotto una promessa fatta di fronte a Dio» spiegò sedendosi accanto a lui.
«Hai scelto di vivere un'altra vita, Elaine, e Dio non può essere stato tanto crudele...»
«Invece lo è stato, a ragione, probabilmente, dandomi ciò che avrei amato per tutta la vita e che ho sempre desiderato, ma che mi avrebbe ricordato il mio peccato per il resto dei miei giorni.»
Ben scosse la testa, afferrandole le mani. «Non è Viktor, né lo sarà mai. Ha me come esempio di padre e con me crescerà. Non sarà mai la stessa persona. Devi lasciarti alle spalle il passato, soprattutto per il suo bene» mormorò baciandole poi le mani prima di trascinarsela tra le braccia.
«Andiamo a letto» mormorò poi lei dopo un lungo momento in cui si perse in quell'abbraccio e nel calore dell'uomo, tornando poi a guardarlo. «Sarai stanco, visto il viaggio di oggi.»
Lui sorrise affabile, dandole un leggero bacio «Non sono mai stanco per te, lo sai» sussurrò in risposta, osservando il lieve sorriso apparire sul volto di Elaine, che annuì prima di riabbracciarlo.
Si coricarono assieme, cercando il silenzio e l'intimità della loro stanza, ignari che sopra di loro Thomas si era risvegliato già da un bel pezzo.
Non aveva sentito con chiarezza i discorsi fatti da sua madre e da suo padre, benché non fosse la prima volta che li udiva discutere dopo qualche sua bravata, ma senza coglierne il reale significato.
Sapeva che sua madre lo amasse e non mancava di dimostrargli affetto, attraverso un sorriso, un abbraccio o un gesto amorevole, ma alle volte la sua espressione mutava del tutto, come se il solo vederlo le provocasse dolore e sofferenza.
In quei casi si sentiva morire, domandandosi cosa avesse fatto di sbagliato, senza capire.
Aveva ancora in mente quando, mentre suo padre era a Knoxville e sarebbe rientrato solo due giorni dopo, di nascosto aveva sottratto dalle cose della mamma il suo quaderno di disegno contenente i loro ritratti.
Era come un ritornare al passato dei momenti più belli passati assieme, impressi da Elaine su carta. Rappresentavano per lo più disegni che lo raffiguravano, qualche volta in compagnia di Benjamin, oltre a qualche panorama delle Smoky Mountain e raffigurazioni degli animali che le abitavano.
Quel giorno però aveva trovato altro in quel quaderno di disegni, un ritratto di un uomo a lui sconosciuto che lo aveva lasciato piuttosto interdetto, considerando che mai lo aveva visto e che sua madre non vedeva molte altre persone all'infuori di loro.
Quella scoperta aveva creato non pochi problemi. La stessa sera aveva chiesto a sua madre chi fosse, con curiosità e innocenza, vedendola impallidire. Gli aveva strappato dalla mano il foglio, intimandogli di non guardare mai più tra le sue cose personali.
Lo sguardo di Elaine era stato talmente carico di minaccia da farlo fuggire di casa senza troppi ripensamenti, con sua madre in apprensione e successivamente impegnata nelle sue ricerche fin quasi a notte fonda, scusandosi in lacrime per quanto successo quando lo aveva trovato.
Il giorno dopo aveva sentito persino Benjamin discutere animatamente con Elaine per quanto accaduto in sua assenza, visto che il ragazzino aveva fatto scena muta fino al suo ritorno, ammettendo poi di aver trovato un disegno che aveva fatto arrabbiare la mamma.
Era stata la prima volta in assoluto che aveva visto suo padre e sua madre così arrabbiati, tanto da buttarsi lui stesso tra i due, in lacrime, attaccandosi alla gonna di Elaine e addossandosi una colpa non sua, sciogliendo l'astio tra i due litiganti.
Non avevano mai più fatto parola di quel disegno, sebbene sospettasse che sua madre non lo avesse buttato via, cosa che invece avrebbe voluto facesse suo padre, ma di tanto in tanto, come quella notte, il ricordo di quella persona che aveva visto disegnata su quel pezzo di carta tornava a bussare alla sua mente.
Thomas si addormentò a fatica, ormai a notte fonda, mentre nella stanza di sotto qualcuno ancora restava sveglio.
Benjamin non riusciva a prendere sonno, disteso a letto accanto a Elaine che invece si era addormentata subito dopo il loro momento di intimità. Solitamente era lei ad avere difficoltà a cadere nelle braccia di Morfeo, ma non quella notte.
L'uomo osservava pensieroso il soffitto, perso in altri pensieri da un certo punto di vista ben più gravi dei litigi familiari che lo aveva visto coinvolto quella sera, tra Elaine e Thomas. Problemi e notizie delle quali avrebbe voluto discuterne assieme alla donna che in quel momento gli dormiva accanto, ma dovendo sorvolare la questione spinosa per momenti meno tesi. Avrebbe aspettato la calma per discutere di una possibile catastrofe e proporre un improbabile soluzione, dando voce a un ricordo che avrebbe fatto ancora più male.
Era stato uno sciocco, di nuovo, e ora ne pagava le conseguenze.
I giorni seguenti ripresero come se nulla fosse, con Benjamin nei boschi e occupato in viaggi commerciali, mentre Elaine badava alla casa e a suo figlio, dedicandosi personalmente alla sua istruzione quando capitava, anche se il ragazzino frequentava la scuola del villaggio, tuttavia ritenuta dalla donna non abbastanza esaustiva.
Elaine spiccava tra le altre donne del villaggio, nei modi, nella grazia, nel dialogo e in ciò che sapeva fare. Che non fosse di umili origini era evidente a tutti e le voci spesso venivano sussurrate alle spalle di quella che sembrava una famiglia qualsiasi e perbene. Sorrisi e gentilezze da parte dei vicini non mancavano, per quanto si fosse consapevoli di quel cicaleccio tra donne tessitrici di ipotesi, ascoltate dai figli che puntualmente se la prendevano con il piccolo Thomas, facendolo reagire a quelle illazioni con rabbia.
A sua madre non diceva mai la verità, quando tornava a casa graffiato e contuso, orgoglioso di aver difeso Elaine, ma vergognandosi del litigio appena sostenuto. Con lei non riusciva a parlare e a fatica ci riusciva con Benjamin, mentre lo riportava a casa o quando l'uomo si faceva accompagnare a caccia o in semplici passeggiate attraverso i boschi.
Ciò che non imparava dalla madre, lo acquisiva da chi chiamava padre.
Passarono poco meno di due settimane, e tutto iniziò a cambiare.
Elaine era in casa da sola quando qualcuno bussò alla porta.
Suo figlio era ancora a scuola, sarebbe tornato a casa da lì a poco, mentre Benjamin era per boschi e avrebbe rincasato sicuramente più tardi.
La donna, difatti, non aveva idea di chi si potesse trattare e la sua confusione crebbe nel vedere un uomo ben vestito alla sua porta.
In abiti scuri e con un basso cilindro non mostrava meno di una quarantina d'anni. Fece un cenno di saluto alla signora di casa che gli aveva appena aperto, che rispose d'istinto con un cenno garbato.
All'esterno, stranamente, aveva iniziato a piovere.
«Perdonate, madame, cercavo il Sig. Collins. È in casa?» domandò con voce gentile.
«Mi dispiace, ma Benjamin non è ancora tornato. Credo che sarà qui entro un'ora, di solito rincasa abbastanza presto quando le giornate si fanno più corte» spiegò la donna, limitandosi a studiare l'uomo che aveva di fronte. «Posso sapere chi lo cerca? Con chi ho il piacere?»
«Oh, certo, perdonate, sono un maleducato» osservò lui imbarazzato, togliendosi il cappello, lasciando libera la testa per gran parte pelata, tranne per radi capelli spruzzati di grigio che gli contornavano i lati del capo in maniera curata. Di certo non era uno degli abitanti del villaggio, anzi, aveva tutta l'aria di un uomo di città.
«William Wood, per servirla» si presentò, abbassando il busto in un accenno di saluto formale non particolarmente ben fatto. «Sono del Tribunale di Nashville e cercavo suo marito.»
Elaine rimase in silenzio a guardarlo, cercando di nascondere il gelo che aveva sentito passarle lungo la schiena nel sentire tale presentazione.
Un Marshal; poteva significare molte cose, di solito per nulla positive.
La donna mostrò un sorriso forzato, annuendo e facendo un passo indietro. «Prego, permettetemi di invitarvi in casa. Il tempo sembra giocare a vostro sfavore e di certo non è educato lasciare attendere un uomo alla porta mentre fuori diluvia» lo invitò, mostrandogli la stanza con annessa la cucina. «Posso offrirle un tè, nell'attesa.»
«Mi avevano detto che eravate di origini inglesi, dai modi eleganti e raffinati» valutò lui entrando e guardandosi attorno, tornando poi su di lei. «Ora mi pare evidente che ciò che ho sentito non erano menzogne; a ogni modo sì, accetto volentieri una tazza di tè» acconsentì con un sorriso sincero, togliendosi il cappello e andandosi a sedere alla tavolata.
Elaine annuì, mettendo subito sul fuoco l'acqua per il tè e preparando l'infuso da metterci. «Dovrete aspettare diverso tempo prima che Benjamin torni dalle montagne. Siete sicuro di volerlo aspettare? La locanda più vicina dove passare la notte non è poi così distante, ma con il mal tempo e il buio...» propose la donna, tornando a guardarlo. «Potete dire a me, se volete. Anticiperò la questione a mio marito e domani potrà passare di mattina, con più calma» propose.
L'uomo si rigirò la tesa del cappello tra le dita. «Purtroppo temo di dover parlare solamente con vostro marito, visto che riguarda solo lui. Vi definite sua moglie, ma non ci sono documenti che attestano il vostro matrimonio» osservò con un tono più attento, guardandola mentre iniziava a preparare le tazze per il tè.
«I documenti sono stati persi nella tratta in mare, quando abbiamo viaggiato dall'Inghilterra all'America» spiegò lei.
«E come mai non avete voluto farveli rifare? Il fatto che sono state perdute non implica che il vostro vincolo sia spezzato» spiegò lui passando le dita su una barbetta color pepe, ben curata.
«E un giuramento di fronte a Dio resta più importante di un pezzo di carta, Signore» rispose lei senza guardarlo, stringendo le labbra al suo steso verbo.
«Questo è vero,» annuì l'uomo «ma quanto ho da dire al signor Collins è piuttosto personale. La faccenda è delicata e forse è meglio che ne discuta con lui, piuttosto che con la sua donna» sottolineò, sempre cortese.
Elaine poggiò di fronte a lui una tazza, prima di prendere la teiera con l'acqua già in infusione, versandogliela. «Capisco...» rispose solo mentre lasciava cadere il liquido chiaro «allora vi consiglio di venire domani. Gli dirò che passerete, così che vi aspetti e possiate parlare» annuì lei alzando lo sguardo su di lui.
Il signor Wood assaggiò il tè, appagato, annuendo alle parole della donna. «Credo che ascolterò il vostro consiglio e tornerò qui domani. Vi chiedo solo la cortesia di aspettare che il tempo si plachi un po' e di poter apprezzare a pieno il vostro tè.»
Il Marshal se ne andò via dopo poco meno un'ora scarsa, prima del rientro di un affamatissimo Thomas, mentre la madre iniziava a cucinare il pasto serale, pensierosa.
Il ragazzino notò subito l'espressione assente e distaccata di Elaine, per quanto si trattasse di una situazione che spesso accadeva soprattutto quando si trovava sola con lui. Era però diversa dal solito, non persa nel passato ma preoccupata come non l'aveva mai vista.
Dopo un momento di incertezza, inquieto a sua volta, si avvicinò al suo fianco, cingendole le dita e poggiando il visetto sul suo grembo, richiamandola al presente.
«Scusa, Tommy, Ben dovrebbe essere qui a breve. Immagino che avrai fame» osservò con tono tenero, accarezzandogli la testa. «Abbi solo un po' di pazienza.»
«Stai bene, mamma?» domandò, alzando lo sguardo su di lei, che a quella domanda allargò appena il sorriso, prima di abbracciarlo. «Certo, va tutto bene.»
Il ragazzino sorrise a sua volta, per quanto altalenava nell'apprezzare effusioni, ricercandole e al contempo negandole, quella volta, invece, si strinse a lei con forza, come se sentisse ne avesse bisogno e lei gliene fu grata.
Riprese un attimo di serenità, nascondendo le angosce che avevano iniziato a sibilarle nella mente, ma che sarebbero uscite quella notte stessa, quando suo figlio era già sotto le coperte, ceduto a un sonno profondo, e il suo compagno ormai tornato da qualche ora.
Non aveva fatto menzione della visita del Marshal, timorosa di dare pensieri inutili al ragazzino, attendendo il momento opportuno per parlarne direttamente con Benjamin.
«Sei stata pensierosa spesso, questa sera» valutò l'uomo, mentre metteva via le ultime cose della stanza, sistemandola, ed Elaine invece rattoppava una camicia di Thomas con ago e filo.
«Oggi pomeriggio è passato il Marshal del tribunale di Nashville» spiegò Elaine senza alzare lo sguardo, ma intravedendo Ben fermarsi di colpo, immobilizzandosi.
La donna alzò lo sguardo verso di lui, osservandolo diventare rigido in pochi istanti e sentendo la propria preoccupazione crescere.
«Ben...» domandò lei poggiando di lato il suo lavoro, alzandosi dalla poltroncina sgualcita.
«Che cosa ha detto?» domandò lui passandosi una mano tra i capelli, con la voce che tradiva una certa angoscia.
«Nulla, ha detto che ne deve parlare unicamente con te» spiegò avvicinando a lui e poggiandogli una mano sulla spalla. «Cosa è successo?» domandò senza nascondere l'agitazione.
Lui sospirò, scuotendo il capo, avvilito, prima di voltarsi a guardarla. «Succede che ho combinato un casino!»
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