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Royal College of Surgeons of England

Erano passati giorni dopo l'accaduto al teatro di Covent Garten e, dopo quella notte, la villa del conte di Lancashire era caduta nel più totale sconforto.
Entrambi i padroni di quel luogo combattevano e lottavano singolarmente contro la propria sofferenza e i sensi di colpa, inconsapevoli che sarebbe bastato parlare e affrontarsi a vicenda, per lenire l'uno le ferite dell'altra.
Ma il conte, ancora più sfuggente e tormentato di quanto già non fosse, sembrava voler passare ancora meno tempo nella propria residenza, vittima dei timori di incrociare Elaine e di dover affrontare quanto accaduto quella notte.

Viktor sapeva che la contessa era tornata a mangiare a stento, negandosi anche la sua giornaliera uscita al Bedford College. Aveva smesso di suonare, di uscire in giardino e di dipingere.
Aveva avuto persino momenti d'Isteria, scaraventando giù dal tavolo il vassoio della colazione per poi scusarsi piangendo, completamente annullata dalla situazione che stava vivendo.
Fu un caso, in quell'occasione, che il conte fosse proprio in casa, prossimo a uscire per recarsi al Lambeth Hospital.

Bastarono i rumori delle porcellane infrante e, dopo qualche istante di smarrimento, Viktor aveva risalito di fretta le scale che portavano verso le stanze di Elaine.
Sentiva la moglie singhiozzare disperata, scusandosi per quanto accaduto con la sua dama di compagnia che le domandava in apprensione se dovesse andare a chiamare il marito.
Un secco no bloccò Viktor di fronte alla porta, con già la mano poggiata sulla maniglia, pronto a entrare nella stanza, mentre al di là di essa sentiva Elaine pregare Nellie di non chiamare il conte o disturbarlo.

Quel rifiuto, quella scelta di non volerlo vedere, bastarono a far desistere il nobile del tutto.
Ciò che era da parte di Elaine solo un timore nel mostrarsi in quelle condizioni dal marito, ancora convinta che il suo sfuggire fosse unicamente dipeso da lei, fu di nuovo mal compreso.

Combattuto dalla vergogna dell'atto mancato e dalla colpa di essere scappato via quella notte dopo il teatro aveva infine scelto di temporeggiare; di attendere un momento migliore per poter finalmente parlare con sua moglie e chiudere per sempre con la sua amante.
Tuttavia nel sentirla rifiutarsi di volerlo vedere, fraintendendo quelle parole nel peggior modo possibile, avevano reso ancora più grande la voragine che li stava dividendo.

Consapevole di quanto errato fosse e di quanto Elaine in quel momento stesse soffrendo, provava per la prima volta un senso di vergogna che portava il suo disagio a imporgli solamente la fuga.
Tutta la sua brillante intelligenza e la sua perspicacia, grazie alla quale si dilettava a manipolare o giostrare situazioni a suo vantaggio, era venuta meno; si trovava confuso e distratto, impossibilitato a concentrarsi.
Era diventato scontroso e irritabile più del solito, persino quando si trovava a lavorare sui suoi pazienti e cadaveri, o quando si trovata al Royal college of Surgeon per esperimenti o studi personali.

A rendere ancora più nero il suo umore erano le voci che aveva iniziato a sentire su quanto accaduto a teatro. Nessuno degli uomini con cui aveva a che fare durante le sue ricerche gli aveva mai posto domanda al tale riguardo, sebbene sapesse che ne discutessero in sua assenza, ma trovava terribilmente fastidioso che fossero di nuovo al centro dell'attenzione; che la presunta sterilità di Elaine fosse sulla bocca di tutti.

Oltre a ciò, aveva ricevuto una lettera di Annice, la madre della ragazza, che chiedeva di condividere con lui e la figlia una cena o un semplice tè pomeridiano, considerando che da tempo non avevano più avuto notizie o occasione di vedersi.
Angustiato al solo pensiero, aveva declinato l'invito, chiedendo a Cody di trovare una scusa valida.

«Forse alla signora farebbe bene vedere la sua famiglia» ipotizzò il biondo valletto. Aveva cercato di tanto in tanto di far ragionare il suo signore, spingendolo a parlare con la moglie, pur notando l'astio e il fastidio che Viktor provava, ricevendo come risposta secchi dinieghi o silenzi piuttosto minacciosi.
Insistere non aveva portato a nulla, pur tuttavia iniziasse a provare pena per la giovane contessa e sperando che il suo padrone finalmente capisse.

«Così da iniziare a discorrere su quanto successo? Lasciando che il barone faccia notare a sua figlia che aveva ragione?» domandò Viktor scontroso.
«Credo che vostra moglie abbia bisogno di distrarsi, signore» insistette il ragazzo, mentre raggiungevano in carrozza il famoso istituto reale nel quale venivano istruiti i nuovi medici, dove aveva preso accordi con un altro chirurgo per analizzare alcuni cadaveri affetti da tubercolosi e scorbuto.
«Mia moglie non desidera neanche vedermi. Non so cosa possa volere, con tutta onestà, ma di passare una serata con la famiglia Dietrich al momento non ne sento proprio la necessità» replicò Viktor piuttosto frustrato da quella situazione.

Cody fece per ribattere, convinto che tutto quello che stesse accadendo fosse quantomeno assurdo. Era certo, così come anche il resto della servitù, che Elaine amasse Viktor e che solo quest'ultimo non se ne rendesse conto.
Così come gli altri membri della servitù della villa, non riusciva a capire il comportamento del suo signore, tuttavia tra la scelta di ritrovarsi senza lavoro e cercare di far ragionare il conte mostrando i suoi dubbi era ricaduta sulla propria salvaguardia.
Viktor, Cody lo sapeva fin troppo bene, non amava essere messo in discussione e nulla avrebbe impedito al conte di licenziare il proprio maggiordomo ritenuto troppo invadente.

Il chirurgo rimase qualche istante a fissare il proprio valletto, come se si aspettasse di sentirlo insistere nell'accettare quell'appello, ma Cody sospirò, cercando di nascondere il proprio disappunto. «Troverò una scusa valida per declinare l'invito» proferì, annuendo impercettibilmente e chiudendo definitivamente la questione.

Il "Royal college of Surgeon of England", sito lungo la Lincoln's Inn Fields, possedeva un ingresso sobrio, di fronte al quale si stagliavano sei colonne in stile ionico.
Famoso per gli studi che permetteva, era anche celebre per il museo contenente la collezione di John Hunter, nel quale si potevano trovare svariati esemplari anatomici utilizzati a scopi di studio e ricerca.
Si trattava di una sorta di biblioteca, se non fosse stata composta interamente da resti animali sezionati; scheletri, sia umani che animali; bacheche contenenti organi, ossa, teschi e alambicchi di varia grandezza e forma, adibiti a esperimenti di varia natura.
Vi era persino una ricostruzione in gesso di un uomo proveniente dall'Africa.

La sala principale era vasta e ampia, illuminata a giorno dalle finestre poste sul soffitto, che permettevano l'ingresso dei raggi del sole in tutto l'arco della giornata.
Lungo i lati dell'esposizione erano posti, sopra dei piedistalli, decine di scheletri animali, antichi e moderni, al centro, posto in fondo alla sala, i resti di un enorme elefante.
Si potevano contare esseri di ogni tipo, persino animali ormai estinti e presunti fossili di dinosauro.
Altri tre piani si alzavano in gallerie contenenti vetrine ricolme di oggetti, animali impagliati, libri anatomici con annotazioni, strumenti medici antichi e moderni e infine svariati boccioni di vetro contenenti animali conservati nell'alcol.

Viktor entrò nella sala come se fosse di casa, senza prestare attenzione a ciò che era allestito nel museo del college. Ormai erano anni che frequentava quei luoghi e la maggior parte di quello che c'era lì dentro lo conosceva perfettamente.
Aveva passato anni a studiare ciò che veniva esposto, arrivando persino ad aprire dei dibattiti e ad ampliare personalmente quelle questioni attraverso le sue ricerche e le critiche.
Era stato per anni a osservare e sperimentare su resti animali e umani, ovviamente sempre defunti, trovando estremamente intrigante e affascinante la perfezione del corpo umano.
Poteva apparire macabro, tuttavia la sua curiosità verso l'eccellenza del corpo di un essere vivente l'aveva portato a scoprire dettagli rilevanti, grazie ai quali era riuscito a salvare decine di vite, laddove suoi colleghi non c'erano riusciti.

Chiunque lì dentro lo conosceva, non solo perché era uno dei pochi aristocratici titolati, ma per il suo interesse legato alla vita, alla morte e al proprio approccio scientifico.
Tra i medici e i chirurghi, così come gli studenti del college, c'era chi lo apprezzava e chi, invece, lo detestava, sia per i suoi modi arroganti e sprezzanti, quanto per quei metodi che in molti gli contestavano.

Ovviamente a Viktor non era mai importato nulla, né delle maldicenze né delle voci che giravano su di lui; tuttavia, l'ansia e il suo essere inquieto per quanto accaduto durante quelle settimane lo avevano reso maggiormente scontroso e irascibile.
Sperava solamente di riuscire a distrarsi per qualche ora, riuscendo magari a fare un po' di chiarezza nei suoi pensieri, tra un esperimento e l'altro.

Il conte scese di sotto, seguito da un silenzioso Cody, ancora perso nei pensieri che riguardavano la famiglia che serviva.
La parte sottostante dell'istituto era allestita per i cadaveri, tenuti in un ambiente più fresco anche se poco areato, per evitare che i corpi marcissero più in fretta.
Il terreno era ricoperto di segatura per assorbire il sangue dai corpi studiati in modo meticoloso, creando al contempo un silenzio innaturale nel quale neppure i propri passi venivano percepiti.
L'odore era ovviamente insopportabile, per quanto non così terribile come l'olezzo che infestava gli ospedali o all'University College Hospital, tanto che gli stessi medici descrivevano gli odori che ammorbavano i sanatori con l'espressione: "la cara, vecchia puzza d'ospedale".

Sopra a quelle che erano in origine cantine, rese poi simili a sale operatorie, vi stava il museo, le aule studio e delle stanze da lettura munite di librerie, usate inoltre per esami o conversazioni leggere che solitamente venivano accompagnate da un Brandy o dello Cherry.
Non era raro vedere il conte fermarsi in quegli ambienti, sentendosi molto più a suo agio che in altri luoghi di gozzovigli e noiosi ricevimenti; era anzi un assiduo frequentatore di quel college a cui era tanto legato, per quanto non lo frequentasse più come studente.

Non aveva mai voluto cimentarsi nell'insegnamento, contrariato dal mettersi a dare spiegazioni che riteneva non venissero poi comprese o condivise, visto l'ostracismo dei colleghi. Preferiva dedicarsi allo studio e alla sperimentazione, attirando, nonostante la contrarietà dei professori e medici del college, la curiosità di diversi studenti.

Il fatto che Viktor fosse un chirurgo a cui raramente la morte portava via i suoi pazienti, o cavie, come dicevano alcuni cuoi colleghi calunniosi, attirava l'attenzione di quei ragazzi che volevano intraprendere tali studi, cercando spesso di poter vedere di persona ciò che il nobile facesse.
Viktor sembrava differente da molti di quegli uomini che ostentavano l'arroganza di poter sapere tutto sul corpo umano, privi di buonsenso e decoro.
Anche l'essere ossessionato dall'ordine, dalla pulizia e l'attenzione sibillina che l'aristocratico aveva su ogni cosa infastidiva quei medici che invece lavoravano negli ospedali; simili, come spesso il nobile li dichiarava, a dei "macellai di maiali", sporchi di sangue e resti dei loro pazienti che avevano in cura.

Viktor non aveva mai avuto problemi con il sangue o ciò che si trovasse nel corpo di un essere vivente, vivo o morto che fosse; tuttavia non sopportava che, una volta terminato il lavoro, tutto non fosse pulito.
Solo uno dei ragazzi più giovani, ma brillanti e ossessivi quanto il conte nei suoi stessi studi, aveva notato quel dettaglio, valutando quanto la fissazione e precisione di Viktor potesse essere l'incentivo grazie al quale quell'uomo, cupo e aspro, riuscisse alla fine a far sopravvivere gli uomini o le donne che finivano sotto le sue cure.

Joseph Lister era solo uno studente di 23 anni, ma già aveva iniziato ad apprezzare ciò che il conte faceva, tanto da esserne affascinato e volerlo come suo mentore, e per quanto Viktor non amasse chi non condivideva il suo stesso status, vedeva in Lister uno studente ossessionato dalla medicina e dalla chirurgia tanto quanto lui, non potendo fare a meno di riconoscerne il genio.
Era uno dei più brillanti studenti dell'istituto, con il quale si trovava a parlare alla pari, pur non essendo un nobile e neanche un chirurgo affermato.

Era ormai abituale per i due trovarsi per sperimentare qualche idea o ipotesi su cadaveri o animali, discutere di teorie, disegnare o scrivere di parti anatomiche con patologie particolari o soffermarsi solamente a discorrere di scoperte e pubblicazioni di qualche altro loro collega.

«Conte, ben arrivato» lo salutò il ragazzo dai capelli neri, ben pettinati su un lato. Aveva un aspetto ordinato e pulito, un volto severo sul quale spiccavano due intelligenti occhi scuri e curate basette che gli contornavano i lati del viso.
Viktor lo salutò con un cenno, togliendosi la giacca e cappello e lasciandoli a Cody, per poi sistemarsi le maniche della camicia bianca arrotolandole fino ai gomiti, restando solo con un gilet nero sopra di essa.

«Mi aspettavo un cadavere umano. Cosa è questo scherzo?» domandò il nobile, avanzando verso il tavolo che utilizzavano per lavorare sui cadaveri, sul quale una forma indistinta piuttosto minuta era coperta da un telo bianco di lino.
Joseph sorrise a quella domanda, divertito dall'astio del conte. «Credo che sia, per l'appunto, uno scherzo di qualche vostro maldisposto collega» spiegò il giovane studente, spostando il lenzuolo per mostrare a Viktor una scimmia perfettamente conservata e passata ormai a miglior vita.

«Una scimmia?» domandò perplesso il chirurgo, osservandola stranito, senza capire.
«Una scimmia con lo scorbuto» specificò Lister.
«Con lo scorbuto?»
«Esattamente!»
«E cosa me ne faccio di una scimmia con lo scorbuto?» borbottò seccato Viktor, afferrando per una zampa l'animale e alzandolo, guardandolo con cipiglio perplesso.

Joseph ridacchiò sottecchi, mentre Cody osservava con l'espressione della perplessità stampata sul volto, a debita distanza dal tavolino. Ormai era abituato alle stravaganze del suo signore, ma a differenza di quest'ultimo non amava giocare con i corpi umani.

«Presumo sia una provocazione, Lancashire» spiegò lo studente, poggiando entrambi le mani sul tavolo e osservando la scimmia che venne lasciata cadere sul tavolo da dissezione.
L'animale appariva come deperito e smagrito, con le labbra arricciate e le gengive in vista, gonfie e violacee, segni palesi della malattia.
«Non sapevo neanche che una scimmia potesse avere lo scorbuto. Non capisco, che razza di provocazione è?» domandò perplesso, senza capire.
«Credo che sia inerente al significato della malattia, conte» spiegò con calma Lister, con il sorrisetto ancora a increspargli le labbra. «L'essere scorbutico, difficile, scontroso...» chiarì mentre Viktor alzava lo sguardo su di lui, accigliato.

«Non sono difficile né scontroso» replicò infastidito, tornando a guardare la scimmia, ignaro dell'espressione scoraggiata del proprio maggiordomo alle sue spalle, che alzò gli occhi al cielo trattenendo un sospiro rassegnato.
Joseph scosse appena il capo, lanciando un'occhiata a Cody prima di tornare a guardare il proprio interlocutore. «Siete, piuttosto, alquanto distratto ultimamente» spiegò, cercando di cambiare argomento.

«Avete mai sezionato una scimmia, Lister?» domandò invece Viktor, glissando la domanda del ragazzo e iniziando a sistemare con attenzione il corpo dell'animale sul tavolo.
«Con tutta onestà, no, non l'ho mai fatto» ammise lo studente, mentre il chirurgo prendeva gli arnesi utilizzati per quel tipo di attività.
«Molto bene, sembra che i miei colleghi, o gli altri allievi, vi abbiano dato questa possibilità» replicò serissimo e palesemente irritato, porgendogli il "bisturi". «Sono certo che lo troverete divertente, soprattutto per il puzzo selvatico che emanano animali di questo genere» spiegò serio, pur essendo palesemente ironico.
Non aveva affatto apprezzato quella provocazione.

Note dell'autrice:
Il capitolo questa volta è decisamente corto, ma di passaggio; dopotutto il protagonista è un chirurgo e un minimo volevo parlare della medicina e chirurgia dell'epoca, una vera e propria macelleria di corpi.
Partiamo dal presupposto che sull'argomento ci sarebbe da parlare pagine intere, visto che la professione medica era davvero terrificante. Basti pensare che il tasso di mortalità era altissimo, soprattutto per la poca igiene dei medici che passavano dai cadaveri ai loro pazienti, portando germi e parassiti.
Gli ospedali erano sporchi, maleodoranti e affollati, erano considerati "anticamera della morte". Se qualcuno magicamente sopravviveva a un intervento chirurgico (senza contare il trauma dell'intervento in sé) andava incontro alla morte per infezione il più delle volte.
Anche la mortalità delle madri o dei nascituri era altissima (motivo della paura di Viktor nell'avere un erede, almeno una delle sue paure)
Joseph Lister: alzi la mano chi ne ha sentito parlare! Joseph Lister fu un famoso chirurgo dell'epoca vittoriana, tanto che ebbe in cura anche la regina Vittoria. Fu il propugnatore del metodo antisepsi, ovvero prevenire l'accesso a microorganismi patogeni e non; praticamente fu lui a capire il rischio proveniente da germi e batteri e che fosse meglio lavarsi le mani prima di avere a che fare con i pazienti.
All'epoca aveva circa 23 anni (si laureò con lode a 25 anni, al Royal college of Surgeons) e quindi era coerente che conoscesse Viktor e che ci andasse d'accordo, visto che condividevano la stessa ideologia scientifica.
Sulla chirurgia e la medicina vittoriana potrei fermarmi a scrivere pagine e pagine, ma spero che al momento questo possa bastarvi.
Fonte: L'arte del macello, Lindsey Fitzharris

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