Lividi
Avrebbe dovuto chiamarlo "Mister Collins", in maniera meno informale per un uomo che appena conosceva; tuttavia in quell'istante la sua mente pesò a tutto, tranne a cosa fosse corretto o meno.
Era a terra con l'abito sporco e macchiato, priva del velo e con i capelli scarmigliati da quella piccola lotta avuta con l'uomo che ora giaceva sul manto asfaltato con il volto coperto dal sangue, dovuto da un probabile naso spaccato.
L'espressione di Elaine era sconcertata, come se non riuscisse ancora a razionalizzare quanto le fosse successo fino a pochi istanti prima.
Le urla, le grida e il fumo che si espandevano attorno a lei creavano un ambiente grottesco, fatto di figure che si muovevano confuse tra le luci delle fiaccole, dandole l'impressione che stesse vivendo un sogno, o per la precisione, un incubo.
Sentiva il cuore scoppiarle in petto dal terrore, percependo il pericolo che le si era avviluppato addosso come un grosso serpente, scivolando poi via con l'arrivo di Ben; unico viso conosciuto che le permise di ritrovare a stento un briciolo di lucidità.
«Milady, state bene?» domandò il ragazzo, mentre le si inginocchiava di fronte, osservandole il volto sul quale era ormai comparso il rossore dovuto allo schiaffo del sudicio individuo giacente a terra.
«Sì...sì, sto... bene» farfugliò lei toccandosi il viso ancora in stato di turbamento «Nellie, dove è Nellie?» domandò spaesata guardandosi attorno.
«Padreig e Noel se ne stanno occupando, non vi preoccupate» mormorò Ben aiutandola a rimettersi in piedi.
«Signora! Signora state bene?» domandò la voce gracchiante del cocchiere della carrozza, ormai anche lui libero dai folli che avevano assalito il mezzo, apparendo come un grigio fantasma a poca distanza dai due.
Elaine però non ci fece caso, troppo impegnata a cercare con lo sguardo la sua domestica, stringendosi quasi istintivamente contro Benjamin, in una muta richiesta di soccorso e protezione da quello che stava succedendo attorno a loro.
Non aveva la percezione del suo corpo che tremava, né del suo respiro affannato e irregolare, terrorizzata all'idea di quello che poteva essere successo alla ragazza che le viaggiava sempre accanto.
Solo quando la vide, tra i due irlandesi che si facevano spazio tra le figure indistinte, sentì le forze venir meno, come se tutta l'energia che il corpo le aveva donato dopo quanto accaduto le fosse stata risucchiata via, obbligando il ragazzo accanto a lei a sostenerla.
«Signora!» esclamò la domestica liberandosi dei due ragazzi che stavano discutendo tra loro, fermandosi entrambi da quello sproloquio nel vedere la loro protetta allontanarsi, raggiungendo assieme a lei Ben ed Elaine.
«Nellie, state bene? Quell'uomo vi ha fatto del male?» domandò l'aristocratica abbandonando il fianco sicuro del ragazzo accanto a lei, avvicinandosi alla donna che l'abbracciò di slancio.
«Signora, avevo così paura che le accadesse qualcosa di brutto!» esclamò la giovane, lasciandola poi subito. «Sto bene, Podraig e Noel sono intervenuti.»
«Io prima,» chiarì Noel «Podraig è arrivato dopo.»
«Ma che stai dicendo, canaglia, sono arrivato praticamente assieme a te!» lo riprese il ragazzo dai capelli ramati.
«Io l'ho salvata...»
«Basta, smettetela tutti e due!» tuonò Benjamin facendoli zittire all'istante, rivolgendo l'attenzione verso il cocchiere che era rimasto accanto alla sua vettura, spaventato e incerto sul da farsi.
«Credo che sia meglio che andiate via, qui è pericoloso» valutò il ragazzo, avvicinandosi a Elaine e Nellie.
«Non voglio salire su quella carrozza» rispose con tono basso la contessa, palesemente spaventata, scuotendo il capo «ma mi trovo d'accordo con voi che questo non sia un luogo sicuro» farfugliò cercando di darsi un contegno che in quel momento non possedeva.
«Signora, non possiamo tornare alla villa a piedi» insistette Nellie, cercando di farla ragionare, consapevole della sua incertezza e paura.
Elaine era da sempre vissuta al sicuro, lontana da tutto ciò che potesse essere avvisaglia di possibile pericolo; per quanto avesse letto libri di racconti avventurosi, o di storie che narravano fatti simili, non era affatto preparata ad affrontare situazioni analoghe. Aveva paura e si trovava completamente inerme nel cercare di trovare una soluzione su ciò che avrebbero dovuto fare.
La domestica se ne era già accorta fin da subito cercando di prendere in mano la situazione. Si voltò verso i due ragazzi che la stavano fissando in silenzio, portando la sua attenzione infine verso Ben. Rimase a fissare quest'ultimo qualche istante con sguardo dubbioso, per poi accennare un sorrisetto.
«Potreste accompagnarci voi?» domandò, guardando poi Elaine senza aspettare la risposta dal ragazzo. «Stareste più tranquilla se venissero anche loro in carrozza?»
«Tutti quanti?» domandò quest'ultima, palesemente confusa, cercando di trovare una risposta adeguata a quel quesito; ma la parte emotiva agì d'anticipo sulla logica. «Sì, con loro va bene»
«Fantastico! Ci facciamo un giro in carrozza» sghignazzò Noel, tirando di gomito all'amico.
Ben rimase a guardare qualche istante Elaine e Nellie, passandosi nervosamente una mano tra i capelli, come se non sapesse che fare, alternando lo sguardo su di loro per poi guardare l'uomo accanto alla carrozza che ancora attendeva ordini.
«Per voi è un problema se salissimo anche noi?»
«No, signore» rispose frettolosamente, deciso ad andare via da lì il più presto possibile, con i cavalli sempre più nervosi dalle grida, urla e fiamme che emettevano rossi bagliori tra le forme indistinte e confuse del fumo.
Nellie trascinò la sua signora con sé, fino alla porticina del veicolo, aiutandola a salire per evitare che si inciampasse nelle vesti, per poi seguirla.
Ben si fermò alla porta, lanciando un'occhiata ai due. «Voi state fuori, assieme al cocchiere.»
«Come? Perché?» domandò Padreig chiaramente contrariato.
Benjamin non rispose, salendo anche lui nella carrozza e chiudendosi quindi la porticina alle spalle, sedendosi dalla parte opposta alle due donne strette tra loro come due cerbiatti spaventati e tremanti.
Elaine alzò lo sguardo su di lui, incrociando gli occhi dalle iridi di un caldo color miele del ragazzo, sorridente nella sua espressione tornata calma e tranquilla, come se non fosse successo assolutamente nulla.
Forse fu proprio quel sorriso, la serenità scaturita da quell'uomo, che permise all'aristocratica di riprendere un po' del suo contegno, accantonando per qualche istante le sensazioni di pericolo e paura che l'avevano attanagliata.
«Vi ringrazio dell'aiuto, Mister Collins» sussurrò in tono basso e un accenno di timido sorriso.
«Non dovete ringraziarmi, Lady Lancashire. Non potevamo certo non intervenire» rispose lui tenendo lo sguardo su di lei.
«Ci avete salvate! Siamo in debito con voi!» esclamò perentoria Nellie, mettendosi in mezzo. «Poteva andarci male, molto male. Quegli uomini non avevano affatto belle intenzioni»
«Cosa stava succedendo, Mister Collins? Perché stavano...litigando?» domandò Elaine, non trovando un termine migliore per riferirsi a quanto aveva visto.
«Non litigavano, Mia Signora, ma si stavano ribellando, contrari ai provvedimenti del parlamento nei riguardi della carestia irlandese. Per questo eravamo presenti anche noi. Padreig e Noel volevano assistere» spiegò lui con tono calmo, seduto sulla poltroncina della carrozza con ben poco garbo.
«Ma perché quegli uomini ci hanno attaccate?» domandò Nellie, intervenendo nella conversazione.
«Gli uomini sono arrabbiati con i nobili, e probabilmente si erano accorte di voi»
«Avrei potuto essere una qualsiasi benestante; questa non è neanche la carrozza personale della mia famiglia» valutò Elaine, iniziando a ragionare su quanto accaduto, per poi portarsi una mano in volto, sgranando gli occhi. «Il mio velo!» constatò, rendendosi conto solo in quell'istante di aver perso parte dell'indumento da lutto che la rivestiva.
Di fronte a quell'imbarazzo e consapevolezza improvvisa Ben si lasciò sfuggire una bassa risata, senza nascondere di esserne divertito, ritrovandosi poi lo sguardo confuso di Elaine addosso.
«Cosa avete da ridere?» domandò senza capire il perché di quel gesto.
«Oh, nulla, Mia signora» si affrettò a correggersi Ben. «La vostra abituale aria da nobile sembra svanita e ho trovato divertente il fatto che vi stiate preoccupando per il velo. Avete avuto una faccia, che...» Si fece pensieroso, come a cercare un termine adatto.
«Che faccia avrei fatto?» incalzò la ragazza «Vi state prendendo gioco di me?» domandò sulla difensiva.
Ben tornò a guardarla, inarcando un sopracciglio dapprima perplesso, per poi ridacchiare di nuovo, scuotendo il capo. «No, affatto, Lady Lancashire. Vi trovavo solo...» disse nuovamente in difficoltà, guardando poi Nellie in cerca d'aiuto, conscio di essersi messo in una situazione possibilmente pericolosa. «Non sono molto bravo con le parole.»
«Credo che vi abbia trovato... insolita, Signora. Senza malizia, s'intende» intervenne la domestica in aiuto al ragazzo. «Giusto, Mister Collins?»
«Insolita? Sì... insolita. Assolutamente senza intenzione disonesta!» rispose lui annuendo con decisione e il solito sorrisetto da schiaffi sul volto. «Mi siete sembrata meno rigorosa, Mia Signora; meno...aristocratica, se non vi offendono le mie parole» finì di spiegare con tono gentile.
«Non mi avete offesa» rispose lei distogliendo lo sguardo con imbarazzo.
«O forse siete ancora troppo turbata per offendervi, Lady Lancashire» la provocò lui, ricevendo l'ennesima occhiata sospettosa e incerta da parte della contessa, sotto lo sguardo attento della domestica che li osservava con un lieve sorrisetto divertito.
Nellie vedeva la sua padrona in un atteggiamento del tutto differente dal solito: Elaine appariva ancora spaventata per quanto successo, confusa e imbarazzata nei confronti del suo giovane salvatore, il quale dialogava con lei persino con innocenti provocazioni.
La ragazza valutò se l'atteggiamento del giovane fosse dovuto al fine di stemperare la tensione della contessa, o semplicemente se fosse il carattere naturale di Ben a essere tanto incline a quell'allegria, capace di alleggerire persino la donna per la quale lavorava in una situazione come quella.
La carrozza raggiunse la villa non molto tempo dopo, lontana dai rumori di quella piccola ribellione consumata lungo una delle tante vie della città, insurrezione che con tutta probabilità era già stata sedata dai Bobbie's; agenti di Scotland Yard prontamente intervenuti.
Noel fu il primo ad aprire la porta della carrozza, anticipando il furioso amico arrivato secondo in quella perenne competizione che vigeva goliardicamente tra i due.
«Prego, madame...» sorrise serafico il ragazzo dai capelli scuri, porgendo con enfasi la mano a Nellie per aiutarla a scendere di fronte alla porta principale di Casa Lancashire. La domestica ridacchiò con leziosità, facendosi aiutare a scendere, divertita da quell'inusuale corteggiamento giocoso dei due irlandesi.
Dietro di lei scese Elaine, con i capelli sistemati e un aspetto un po' più decoroso grazie alla sua cameriera personale che aveva cercato, durante il viaggio, di dargli un'aggiustata per evitare domande sgradevoli o chiacchiere al suo rientro.
«Dunque a domani, Lady Elaine» la salutò Ben, sorridente e irriverente nel chiamarla con il suo nome.
Tuttavia quel saluto venne ricambiato con uno sguardo incerto, come se la possibilità di incontrarsi i giorni seguenti fosse per lei improvvisamente in dubbio. Qualche attimo si prese per sé, prima di rispondere.
«Certamente, Mister Collins, a domani. Avete tutta la mia gratitudine per aver aiutato me e la mia domestica» rispose lanciandogli un'ultima occhiata.
«Dovere, Mia Signora!» esclamò Benjamin, chinando il capo e portandosi una mano al cappello, mentre anche Padreig e Noel salivano all'interno del veicolo.
Nellie ed Elaine rimasero ferme di fronte all'ingresso della villa, osservando la carrozza riprendere a muoversi per uscire dalla proprietà del conte di Lancashire, lasciandole da sole.
«Va tutto bene, Contessa?» domandò Nellie, notando l'espressione della donna che si era fatta malinconica nel guardare allontanarsi i ragazzi.
Elaine sospirò, chinando il capo afflitta. «Viktor non mi lascerà più andare all'istituto appena verrà a sapere ciò che è appena accaduto» mormorò, voltandosi per poi iniziare a salire le scale.
«Già...» osservò Nellie, riportando l'attenzione alla porta che veniva aperta da un'altra domestica, pronta a ricevere la padrona di casa.
Quest'ultima rivolse lo sguardo sulla nobildonna e la sua accompagnatrice, evidentemente interdetta dal loro aspetto piuttosto scarmigliato.
«Non una parola, Lauren; non è successo nulla di sconveniente» chiarì rapidamente Nellie, prima che la sua pari facesse qualche domanda fastidiosa. «Abbiamo avuto una questione da risolvere al collegio riguardo gli abiti,» continuò lei sospirando teatralmente «difatti, temo che una delle ragazze abbia preso possesso del velo, nascondendolo da qualche parte.»
Elaine osservò di sottecchi Lauren per carpirne la reazione a quella strampalata spiegazione, cercando di nascondere dietro una ciocca di capelli il livido presente sul viso; già di per sé il fatto che non avesse la cuffia a coprirle il capo e i capelli disordinati era decisamente inusuale.
«Oh, certamente, capisco» rispose la ragazza, non del tutto convinta di quelle parole.
«Lauren, potete prepararmi un bagno? Sono piuttosto stanca e infreddolita. Se la cena è pronta gradirei dedicarmi alle mie abluzioni, prima di coricarmi» intervenne Elaine con voce più sicura, troncando sul nascere quel dialogo che avrebbe potuto prendere un percorso spinoso.
La servitrice chinò il capo, accennando a una piccola riverenza «Certo, Contessa. Avviserò subito di portarvi il pasto in sala. Quando avrete finito il bagno sarà pronto» rispose con educato rigore.
Lauren era impeccabile, come chiunque lavorasse in quel luogo, del resto.
Viktor non ammetteva errori e non amava che qualcosa fosse fuori posto; carattere che chiunque, in quella casa, conosceva molto bene.
«Credo che prima sia meglio darvi una sistemata e recuperare un altro velo, Milady» propose Nellie.
Elaine annuì alla sua cameriera personale, concordando in silenzio che le servisse un abito pulito e magari meno formale. Si sentiva stanca, ormai priva di ogni energia.
Nei suoi alloggi si sedette di fronte alla specchiera, gremita di oggetti per la sua toeletta personale.
Era in legno e avorio, decorata con i bordi d'oro e con otto cassetti contenenti spazzole, unguenti, profumi, e centinaia di altri oggetti che usava quotidianamente.
Nellie si mise subito a districarle i capelli, lunghissimi e lucenti grazie ai balsami con i quali venivano ogni giorno curati con attenzione, guardando di tanto in tanto l'espressione avvilita della contessa, riflessa nell'ampio specchio d'argento al centro di quell'intarsiato mobile che sapeva di antico.
«Signora, so che non dovrei dirvelo, ma... è proprio necessario che il Conte sappia di quanto è successo oggi?» domandò in tono basso la ragazza, osservando attentamente l'espressione della sua protetta farsi perplessa e poi contrariata.
«Non posso nasconderglielo, Nellie. Non posso omettere una cosa simile a mio marito!» rispose scuotendo il capo. «Sarebbe terribilmente irrispettoso nei suoi confronti.»
«Signora, lo so che non volete deludere o offendere il conte, ma nessuno è a conoscenza di quanto accaduto, se non voi stessa, la mia persona e i tre ragazzi del collegio. Nessun altro sa chi siete» insistette, continuando a pettinarle i capelli con una spazzola d'argento, lavorata con un decoro a sbalzo ritraente una scena di caccia.
«Il cocchiere lo sa, ci ha portati qui.»
«Sì, ma non ha la certezza di chi siete, inoltre quante possibilità ci sono che Lord Lancashire scopra che noi eravamo presenti in quella schermaglia?»
«Non lo so, Nellie; non mi sembra una buona idea. Inoltre sul mio viso è palese l'ombra di quanto accaduto» replicò in tono basso e rattristato, posando le dita sulla guancia arrossata.
«Domani sarà già diminuito il rossore, Milady. Il resto lo coprirò con la cipria. Nessuno si accorgerà di nulla, ve lo garantisco» perseverò, tentando di riuscire a intaccare quel muro di timore reverenziale della contessa nei confronti del marito.
«Non gli ho mai mentito, Nellie» farfugliò Elaine chinando il capo. «Mentire non va mai bene. Io non vorrei che lui mentisse a me.»
«Volete dunque rinunciare a passare del tempo al Bedford college? Ormai stavate iniziando a trovarvi bene. La vostra stessa salute ne ha giovato» osservò la domestica, iniziando ad acconciarle i capelli in una pettinatura semplice in previdenza del bagno e della notte.
«Già, anche se mi basterebbe poter stare di più con Viktor, forse otterrei lo stesso effetto.»
«Tuttavia lui ha preferito partire per il Lancashire da solo, Milady.»
Elaine si zittì, guardando l'immagine della propria domestica con un'espressione seria, per poi alzarsi. «Basta così, non serve che continuiate, Nellie.»
«Signora, scusate...io» mormorò la ragazza assumendo un'espressione mortificata. «Perdonate, ho parlato senza pensare.»
«Va tutto bene, ma gradirei essere lasciata sola per un po'» chiede la nobildonna, avvicinandosi alla finestra. «Gentilmente, potreste andare a vedere se la cena è pronta?»
«Certo, Signora» sussurrò amareggiata la donna, inchinandosi per commiato e apprestandosi a uscire dalla stanza. «Vi chiedo ancora perdono, Milady. Mi dispiace solo tornare a vedervi triste» spiegò facendo per chiudersi la porta alle sue spalle. «Un vero peccato.»
Elaine sospirò, sfiorandosi la guancia lesa e guardando fuori dalla finestra con un'espressione abbattuta.
Gli mancava Viktor, non solo in quel momento, ma da sempre negli ultimi mesi. Le mancava averlo accanto, nel suo letto; percepirne il suo profumo o un suo gesto d'affetto; le sue carezze, i suoi baci, le sue parole e i suoi rarissimi sorrisi.
La contessa non aveva idea di come fare per poter riempire il vuoto causato da quell'assenza. Aveva sete di lui, una sete tale da diventare una necessità che urlava di essere dissetata.
Quella verità avrebbe chiuso definitivamente le porte della villa attorno a lei, peggiorando il suo stato di salute e probabilmente allontanando ancora di più suo marito, quantomeno era quello che Elaine temeva; mentirgli, invece, non sapeva a cosa avrebbe portato, ma faticò a non domandarsi se la conseguenza potesse essere peggiore di quella legata alla verità.
La proposta di Nellie era attraente, seducente nel non dover dire nulla, nascondendo quel fatto come una cosa di poco conto, non degna di nota. In fondo, si disse Elaine, non era successo nulla di grave; sia lei che Nellie stavano bene e l'incontro con i ragazzi, le chiacchiere con Ben, erano solo state casuali.
Non si sarebbero mai ripetute.
Una bugia che avrebbe permesso a Elaine di sopravvivere, permettendole di approfittare ancora della compagnia di tutte le donne del Bedford college.
Quel suggerimento si avviluppò a lei come una possibile soluzione per non cadere di nuovo nella disperazione, senza dover di nuovo incorrere a quelle tristi e dolorose sensazioni vissute in solitudine a casa Lloyd.
«Viktor, dove sei?» sussurrò con tristezza verso il nulla che vedeva da quella finestra, sperando che suo marito raggiungesse in fretta la sua casa e sua moglie.
Voleva rivederlo, anche solo guardarlo e salutarlo, sentendone la mancanza in quel momento mai come allora.
Il Conte raggiunse la sua residenza il giorno successivo, di primo pomeriggio, accolto con sua sorpresa da un inconsueto sole che aveva dissipato un po' del grigiore Londinese.
Aveva viaggiato attraversando i territori britannici sotto una pioggia battente, alternatasi con una fastidiosa nebbia che aveva rallentato e reso difficile il viaggio, durato quindi molto più a lungo.
La sua pazienza, già piuttosto limitata per via del suo soggiorno a Whiteshand's, era ormai agli sgoccioli, per quanto fremesse di mettere finalmente piede a casa sua e rivedere Elaine.
Visto l'orario, sospettava di trovare ancora la moglie in casa, ormai quasi pronta per recarsi all'istituto e sentiva l'impellente desiderio di arrivare da lei al più presto possibile per non rischiare di trovare la villa assente della sua padrona di casa.
Quando la carrozza attraversò la cancellata che portava verso la residenza Lloyd, Viktor accolse quell'arrivo con un debole sospiro, felice, a modo suo, di essere finalmente a casa.
«Siete stanco, Signore?» domandò Cody lanciandogli un'occhiata, sedutogli di fronte.
«Decisamente, Cody; decisamente stanco» rispose in tono basso, osservando dal finestrino mentre la carrozza interrompeva il suo movimento, bloccandosi di fronte alla scalinata d'ingresso.
Fiacchi, i cavalli chinarono entrambi i musi vero il basso, rilassando il collo e le membra stanche e sudate per il lungo viaggio.
William, il maggiordomo, era già all'ingresso, sceso dalle sale superiori come aveva visto entrare la carrozza nella proprietà, avvisando Hester dell'arrivo del Padrone, lasciando a quest'ultima l'onere di avvisare Elaine, occupata a prepararsi per la sua uscita pomeridiana.
«Signora, il Conte è arrivato. William ha appena visto la sua carrozza» la informò la donna, dopo essere entrata nella stanza in maniera circospetta, timorosa di disturbarla.
Elaine restò a guardarla per qualche istante, prima di alzarsi in piedi di scatto, con un'espressione tra il sollevato e il raggiante, evidentemente appagata da quella notizia.
«Grazie, Hester» si affrettò a ringraziare la governante, prima di uscire dalla stanza trafelata, con i capelli sciolti che ancora le ricadevano lungo le spalle e oltre metà della schiena, scivolando leggeri sulla seta nera dell'abito da lutto, ignorando il fatto di essere senza il velo o di sembrare irriverente nel suo atteggiamento ben poco composto.
Nellie, ovviamente, la seguiva come fosse la sua ombra.
Tenendosi i lati della gonna e delle sottovesti per non inciampare, scese le scale con impazienza e passo svelto, fermandosi dopo la prima rampa nel vedere Viktor entrate in casa, seguito da Cody e accolto da William che si apprestava a recuperare giacca e cappello del quale il conte si era appena liberato, riportando la sua attenzione sulla moglie.
Elaine non poté fare a meno di sorridere come lui la vide, stringendo le dita sulla morbida seta e iniziando a scendere le scale con un po' più di contegno, con la schiena ben dritta e i passi silenziosi.
«Siete tornato» constatò lei con tono di voce che ne tradiva la contentezza, per quanto sul suo volto fosse più che leggibile quello che lei stesse provando.
Persino Viktor, finalmente di fronte a lei, sorrise appena. «Whitesand's ha richiesto la mia presenza più del dovuto. Mi dispiace di essermi assentato così a lungo» rispose lui con tono basso, allungando una mano per aiutarla a scendere gli ultimi gradini. «Nel vedervi, però, devo presupporre che voi stiate meglio» valutò guardandola con attenzione e minuzia. «Kilmer aveva ragione; sembra che il Bedford College sia un ottimo farmaco per voi»
«Mi siete mancato» rispose lei senza trattenersi e lasciandosi scappare un sospiro teso dall'agitazione, timorosa dell'effetto di quell'ammissione che, effettivamente, fece apparire un'espressione interdetta sul volto del nobile.
«Vi sono mancato?» domandò, palesemente sorpreso di quelle parole, come se non se le aspettasse minimamente; tuttavia l'istante successivo l'ombra di un sorriso tornò sul volto di Viktor. «Davvero?»
Non riuscì a nascondere il piacere nel sentirsi dire quelle parole, immaginandosi ben altra accoglienza da parte della donna, di solito ai suoi occhi molto più chiusa e sfuggente. Non poté fare a meno di pensare che forse, dopotutto, sua madre avesse ragione.
Come sempre.
«Sarete stanco, posso farvi preparare un Tè? Un Bagno caldo o qualcosa da mangiare?» domandò lei in tono gentile e servizievole, cercando di dimostrarsi il più disponibile possibile, acquistando coraggio nel vedere, finalmente, suo marito guardarla davvero.
«Non state andando all'istituto?» domandò lui prendendole una ciocca di capelli tra le dita, sfiorando la pelle della sua guancia, coperta da unguenti e ciprie, ma lei scosse il capo alla domanda, sorridendo.
Lui rimase a rimirarla, a guardare quel sorriso rinato, rivedendo in esso la sua Elaine, quella che aveva conosciuto più di un anno prima, con quell'innocenza e incanto che lo avevano portato a chiederla in sposa.
«Non è necessario che vada, se non volete. Posso... posso restare con voi, se ciò vi aggrada, marito.»
Viktor scosse il capo, allontanando la mano «No, non serve. Oggi pomeriggio ho alcune questioni da risolvere,» spiegò lui con un sospiro, vedendo il sorriso di Elaine spegnersi a quelle parole.
Cody, alle sue spalle, tossì.
Il conte gli rivolse un'occhiata, prima di tornare sulla ragazza che aveva timidamente riabbassato lo sguardo, senza nascondere la delusione. Il nobile, quindi, prese un lungo sospiro, socchiudendo gli occhi a disagio. «Tuttavia, Elaine, questa sera ho intensione di farvi una sorpresa» continuò, facendo riportare l'attenzione della ragazza su di sé.
«Una sorpresa? Di quale genere?» domandò lei, meravigliata da quelle parole.
Lui affilò un sorriso sfacciato e arrogante. «Se ve lo dicessi, mia Lady, non sarebbe una sorpresa.»
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