Inaccettabile
L'anno 1859 era ormai volto al termine da qualche mese, lasciando al suo successore l'inizio di uno nuovo ciclo, dettato dal trascorrere inesorabile del tempo.
In quella fredda stagione invernale appena nata l'atmosfera della residenza dei Lancashire era cambiata: il ritorno di Elaine aveva trasformato tutto, rendendo l'ambiente molto più vivo e vissuto, cancellando la decadenza ormai annidata in quel luogo negli anni. Tuttavia per Viktor era stato l'arrivo del suo erede a mutare il suo mondo.
Thomas aveva raggiunto la capitale britannica da qualche settimana, in compagnia di Cody, ignaro di cosa avrebbe scoperto in quanto il valletto era stato ben attento a non rivelargli nulla, come da istruzioni.
Per il maggiordomo era risultato piuttosto difficile convincerlo, spiegargli che fosse un amico di sua madre e suo padre, senza specificare a chi davvero si stesse riferendo. Aveva fin sa subito notato le somiglianze dei tratti delicati di Elaine e al contempo le similitudini caratteriali ed espressive del suo signore, da lui conosciute ormai a memoria.
C'erano voluti diversi giorni, spiegazioni e chiarimenti, per riuscire a superare lo scoglio del sospetto, ma alla fine l'idea di tornare da sua madre aveva prevalso sulle sue incertezze.
Altrettanto difficile era stato convincere il prete, dubbioso su chi fosse e cosa volesse lo straniero arrivato a reclamare il ragazzo, sebbene alla fine era riuscito a persuaderlo e ottenere la sua fiducia.
Per quanto la diffidenza avesse prevalso alla partenza, appena raggiunto il mare l'atteggiamento del ragazzino era del tutto mutato, lasciando spazio a una fremente eccitazione durata per tutto il viaggio in nave e nell'attraversata dei territori inglesi.
L'euforia era poi svanita nel varcare l'ingresso della residenza di Whitesand's Hall, incapace di nascondere il disagio di trovarsi in un luogo nel quale mai avrebbe pensato di mettere piede.
Vissuto per anni immerso nella natura e in un mondo ben lontano da quello che si trovava davanti, la paura aveva preso il sopravvento sull'entusiasmo del viaggio. Gli eleganti domestici in livrea, impettiti e pronti a elargire inchini, avevano angosciato ancora di più il giovane, convincendolo di trovarsi nel posto sbagliato e permettendo alla sua fantasia di correre a valutare le peggiori ipotesi possibili.
Solo l'arrivo di sua madre aveva spazzato via i dubbi, cancellando le domande sul motivo per il quale si trovasse in quel luogo e perché tutti lo fissassero con viva attenzione.
Ignaro di essere osservato anche da Viktor, rimasto ben distante e restio ad affrontare il figlio così presto, il ragazzino non aveva perso tempo a chiedere spiegazioni su cosa stesse accadendo e soprattutto su dove Benjamin, suo padre, fosse.
Affrontare la verità fu estremamente complicato per tutti: Elaine aveva cercato di spiegare dall'inizio quanto accaduto, le sue origini e chi fosse in realtà, ma appena la questione si era spostata sull'americano la reazione di Thomas era stata terribile.
La rivelazione sul suo vero genitore aveva innescato il lui solo cieca furia, dando fuoco a uno spirito ribelle atto solo a negare con fermezza la verità. Non riusciva ad accettarlo, nonostante la vicinanza e le parole della madre.
Per tutto il tempo Viktor non si avvicinò, né si fece vedere, preferendo aspettare un momento migliore per incontrarsi con il ragazzino, terrorizzato dal confronto e al contempo frustrato per il rifiuto nell'accettarlo.
Fu però il male di Elaine a obbligarli a quell'incontro.
La tisi aveva iniziato a farsi sempre più aggressiva, sebbene la contessa altalenasse momenti di piena salute a crolli repentini, svenimenti e tossi spaventose.
All'arrivo di Thomas aveva nascosto il pallore dietro al trucco e cipria, cercando di apparire al suo meglio e lasciando Cody a occuparsi del figlio quando il corpo reclamava riposo, riuscendo per giorni a celare il suo male. Solo quando Thomas dormiva, sotto lo sguardo attento del valletto diventato ormai suo tutore, si vedeva con Viktor, cercando di mediare la situazione e lasciando che si prendesse cura di lei.
Il tutto accadde durante una fitta nevicata, talmente fredda da impedire persino ai camini accesi di scaldare le gelide mura della residenza.
Elaine si era messa al piano suonando, mentre Thomas ascoltava a occhi chiusi perso nei ricordi ridestati da quelle note. Si era quasi appisolato su uno dei divanetti, rilassato dalla melodia, quando la donna si era interrotta improvvisamente, scossa da forti colpi di tosse e respiri rantolanti, destando all'istante il ragazzino e lasciandolo ammutolito a guardarla.
Impietrito dal terrore, non aveva detto nulla neppure quando Viktor era apparso assieme a Cody. Aveva capito subito chi fosse, conscio della presenza di quell'uomo all'interno della villa, ma senza la volontà di dire o fare nulla.
Il conte, dal canto suo, si era solo fermato qualche istante a guardarlo nervoso, prima di rivolgersi al suo maggiordomo. «Prendete il ragazzo e portatelo nelle sue stanze» aveva ordinato con fermezza, rivolgendo poi la sua attenzione a Elaine.
Qualche ora dopo fu obbligato a recarsi dal figlio, combattuto da mille pensieri e sfinito dalle condizioni sempre peggiori della sua famiglia. Elaine si sgretolava lentamente, consumata da un male per il quale non esisteva una cura, mentre suo figlio non lo considerava come genitore.
Avrebbe di gran lunga preferito non affrontare Thomas, ma quanto accaduto lo aveva reso tanto agitato da obbligare Viktor a intervenire di persona.
Ovviamente la situazione si era risolta nella maniera peggiore, con l'accusa di colpa da parte del ragazzo nei confronti del suo vero padre.
«La mamma sta male da quando è tornata qui; sei tu la causa!» aveva esordito, prima di fuggire rapido dalla stanza seguito da Cody, lasciando Viktor ad assaporare l'amaro sapore del disprezzo.
Dopo quel giorno il conte non l'aveva più cercato, lasciando spazio al tempo e negando qualsiasi richiesta di Elaine al riguardo.
Fu dopo diverse settimane, da quando Thomas aveva scoperto la verità sullo stato di salute di Elaine, che la contessa tentò un approccio più diretto, facendo appello a tutta la sua volontà e decisione, facilmente sgretolabile in presenza del marito.
L'orologio a pendolo aveva già battuto le ore della mezzanotte, annunciando l'inizio di un altro giorno, avvolto in una tenebra nella quale il vento giocava assieme a leggiadri fiocchi di ghiaccio, in una danza ipnotica e spettrale.
Nella camera padronale di Elaine, seduta a letto e con espressione preoccupata, Viktor camminava nervoso avanti e indietro con passo claudicante, guardando di tanto in tanto dalla finestra osservando la fitta nevicata, chiaramente irritato.
«Non dovreste prendervela con lui...» mormorò stancamente Elaine «è solo un ragazzino, ha bisogno di tempo per accettare tutto questo.»
«Non intendo forzare nulla» rispose con tono basso il conte «e capisco benissimo la difficoltà, ma sta iniziando a diventare un problema» spiegò prima di voltarsi a guardarla, avvicinandosi a lei. «Questa settimana è già la terza volta che tenta di scappare, oggi persino di notte.»
«È sempre rimasto nella tenuta, non è mai uscito all'esterno» giustificò la donna «Dove lo hanno trovato questa volta?»
«Nelle cantine, nascosto dietro alle botti di vino. Cody è dovuto passare in spazi tanto stretti da rimanerci incastrato per tirarlo fuori.»
La contessa chiuse gli occhi, poggiando la testa al cuscino. «Domani gli parlerò...»
«Non mi pare che sia servito a qualcosa, in tutto questo tempo...»
«Dovreste provare anche voi. Non risolverete nulla se continuate a evitarlo» insistette, facendolo voltare nella sua direzione. «È comunque vostro figlio. Io posso parlarci, spiegargli e tentare di convincerlo, ma finché non entrerete nel suo mondo come pensate possa accettarvi? Thomas è cresciuto con Benjamin. Il suo ideale di padre è di una persona a lui vicina, non che lo eviti.»
«Io... non ne sono capace, Elaine» sospirò avvilito, chinando il capo. «Non ho mai avuto a che fare con bambini o ragazzini e mai avrei pensato che sarebbe accaduto. A questa età dovrebbe già essere a scuola, frequentare il college, e in queste condizioni per lui è impossibile.»
«Viktor, non è priorità pensare alla sua istruzione» tentennò la donna. «Bisogna prima che accetti tutto questo.»
«Dovrà farlo, non ha alternative. Thomas è l'erede della casata, è già visconte. Se non imparerà a controllarsi dovrà navigare in un mare di squali che non vedranno l'ora di farlo a pezzi. Non può pensare di lanciare un libro contro il suo genitore e credere che non ci siano ripercussioni.»
«L'avete fatto anche voi? Da giovane avete preferito chiudervi in voi stesso piuttosto che lasciarvi comandare dal vostro istinto? Il suo carattere ribelle dovrà pure averlo ereditato da me o da voi» ribatté sempre più stanca, per il dialogo quanto per il suo stato di salute, ignorando il richiamo a uno degli ultimi episodi dove padre e figlio si erano trovati l'uno di fronte all'altro.
«Certi caratteri vanno sopiti se si vuole sopravvivere nella nostra società. Gli atteggiamenti di Thomas sono inaccettabili sotto qualsiasi punto di vista.»
«Voi pensate all'atteggiamento, ma non al benessere di vostro figlio. Riflettete su ciò che sarà il suo futuro, senza però domandarvi cosa gli possa piacere, quello che desidera e ciò lo renderebbe felice.»
«Io desidero che stia bene e che non soffra in futuro, voglio che capisca quello che l'aspetta e che sia pronto ad affrontarlo» ribatté nervoso, senza guardarla e avvicinandosi di nuovo alla finestra.
«Lui ha bisogno di un padre che si prenda cura di lui...»
«E io non ne sono capace!» sbottò secco zittendola, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo, chiudendo gli occhi.
Prese qualche istante di tregua, riflettendo, prima di tornare a guardare fuori dalla finestra. «Non sono neppure riuscito a prendermi cura di voi in passato. Ho fatto degli errori e ho colto i frutti amari di quanto seminato. In guerra ho creduto di aver espiato le mie colpe, ma solo quando vi ho ritrovata ho capito che non fosse affatto così.»
Volse nuovamente l'attenzione di lei, poggiandosi alla parete accanto alla finestra. «Siete tornata malata, debole e già questo è per me fonte di enorme preoccupazione, se non il primo pensiero. Perdonatemi se la vostra salute ha la priorità rispetto ai capricci di Thomas e se penso al suo futuro piuttosto che al tempo da passare con lui.»
«Invece è quello che dovreste fare, Viktor» sussurrò Elaine, senza guardarlo «Non sono tanto sciocca, mi sono resa conto che la mia condizione sta peggiorando. Questo deve essere un motivo per avvicinarvi a lui, non il contrario.»
«Non è ciò di cui stavamo parlando» replicò piccato. «Sto ancora studiando, non è detto che non ci sia una cura. Spesso si riscontrano casi dove il recupero è pressoché totale.»
Elaine scosse il capo, affilando un sorrisetto stanco. «Anche se riuscissi a trovare una cura, non posso non pensare a cosa accadrebbe nella peggiore delle ipotesi...»
«Non ci sarà nessuna delle peggiori ipotesi...» sentenziò deciso, fissandola severo, come se volesse sottolineare quanto appena detto.
«Voi potete pensare al miglior futuro per vostro figlio, ma dovete tenere presente la possibilità che io in quel futuro non ci possa essere.»
«Ci sarete, invece!»
La donna fece un altro cenno di dinego, stringendo il lenzuolo tra le dita e morsicandosi le labbra dall'angoscia, prima di tossicchiare sommessamente.
Il conte non aggiunse altro. Sospirò nuovamente, chinando il capo con fare stanco.
Dopo qualche istante di silenzio si avvicinò a lei, porgendole il bicchiere colmo d'acqua, poggiato sul comodino accanto al letto.
«I vostri primi pensieri devono essere rivolti a voi stessa, prima di tutto. Thomas è al sicuro, mi preoccupa, è vero, ma è al sicuro...»
«Non posso non pensare a cosa succederà a mio figlio se non dovessi più esserci. Mi chiedo davvero se è questo che lui vorrebbe e se questa vita lo renda davvero felice» spiegò rifiutando il bicchiere, con il capo chinato e senza guardare Viktor in viso, conscia di aver detto qualcosa di estremamente inappropriato e ne ebbe conferma nel vedere il corpo del conte irrigidirsi.
«E cosa pensate sia meglio allora, per vostro figlio?» domandò freddo Viktor, con un tono di voce che nulla lasciava presagire «Che stesse meglio in un villaggio dimenticato da Dio? Cresciuto come un selvaggio da un uomo che si è finto per anni suo padre?»
«Almeno però quell'uomo per lui c'era. Voi non tentate nemmeno di avvicinarvi a Thomas» sussurrò lei a fatica, senza il coraggio di guardarlo, come se mettere a nudo i suoi pensieri e paure di fronte a lui le costasse fin troppa volontà.
Il conte poggiò il bicchiere senza replicare, torvo in viso. Rimase qualche istante a fissare il liquido cristallino visibile in trasparenza, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta, offeso.
«Viktor, aspettate...» mormorò Elaine, ricevendo in risposta solo un ennesimo sospiro rassegnato.
«Lo so che vi ho ferito, che vi hanno urtato le mie parole, me ne rendo conto benissimo, ma non posso fare un confronto a come Thomas stesse prima e come sta ora.»
«Voi avete dimenticato a che classe sociale apparteniamo, Elaine» rispose lui voltandosi a guardarla. «In otto anni passati con quell'uomo ora ragionate anche voi come loro. Credo non serva rimembrare che noi non accudiamo i nostri figli, ma se ne prende cura un tutore e un precettore si occupa della loro istruzione. Non si vedono bambini o ragazzini nell'alta società, sapete benissimo che il rapporto con il genitore è minimo e un uomo al posto mio lo avrebbe già punito severamente per il suo atteggiamento. Non sono mai intervenuto come si converrebbe, proprio perché so quale sia la situazione, ma sono stanco di giustificarlo.»
«Thomas non è cresciuto nell'alta società, non ha idea di cosa sia. I primi giorni neppure riusciva a dormire sul suo letto, ricordate? Cody lo ha trovato raggomitolato a terra tra le coperte. Nostro figlio si è trovato strappato dalla sua realtà, da quella che era la sua vita. Lo abbiamo trascinato in un mondo completamente diverso dicendogli che l'altro era falso e sbagliato, obbligandolo a seguire regole a lui sconosciute.»
«Ma non l'ho scelto io!» rispose quasi sibilando, velenoso. «Potete accusarmi di tutto, del male che vi ho fatto, dei miei errori in quegli anni, ma non giustificate l'atteggiamento di Thomas cercando di sensibilizzarmi e accettare la situazione. Io non ho avuto nessuna scelta!» sottolineò rabbioso, tanto da vederla impallidire, incapace di sostenerne lo sguardo. «Avete preferito vivere con quell'uomo per otto anni, con un figlio non suo, lasciandomi all'oscuro della sua esistenza. Dell'esistenza di mio figlio!»
«Io credevo a ciò che avevo visto...» sussurrò lei trattenendo il respiro accelerato.
«... e non ve ne faccio una colpa difatti, Elaine, visto che siete vittima quanto me di quanto accaduto quella notte. Tuttavia mi indigna che alla nascita di Thomas voi non siate tornata. Era un mio diritto sapere! Thomas è mio figlio e voi avete lasciato che crescesse accanto a qualcun altro; questo è il risultato.»
La contessa non replicò, restando a fissare le lenzuola di lino pulito che stringeva compulsivamente tra le dita di una mano, mentre con l'altra si copriva la bocca soffocando i lievi colpi di tosse, nascondendo dietro ad essi il lieve tremore del corpo e il respiro affannato.
Viktor si passò nervoso una mano tra i capelli, restando a guardarla. «Adesso è meglio che riposiate. Siete stanca e queste discussioni di certo non vi fanno bene. Torneremo sull'argomento domani, quando sarete in grado di poterne parlare» mormorò in tono più calmo, senza però riuscire del tutto a nascondere quanto fosse seccato da quella discussione.
«Domani mattina vorrei stare con Thomas» chiese Elaine, sempre senza guardarlo e riprendendo il bicchiere per iniziare a sorseggiarne lentamente l'acqua.
«Avviserò Cody di accompagnarlo da voi, dopo la colazione.»
«Potrebbe farla assieme a me, sarebbe d'aiuto.»
Lo sguardo severo del conte rimase qualche istante a fissare la donna, ancora impegnata a guardare altrove, per poi acconsentire dopo qualche secondo.
«Buonanotte, Elaine» salutò lui, prendendo il suo bastone e aprendo la porta, accingendosi a uscire.
«Ricordate solo una cosa, Viktor...» mormorò Elaine, osservando il proprio bicchiere e parlando con una voce tanto ferma da lasciare interdetto persino il conte, voltatosi verso di lei. «Quando io morirò, e sapete che non manca molto, Thomas non avrà più nessuno. Se non gli sarete vicino prima di allora lo perderete per sempre» spiegò in tono basso, voltandosi a guardarlo seria. «Non commettete lo stesso errore che avete fatto con me.»
Il conte non replicò, limitandosi a guardarla qualche istante prima di chiudersi la porta alle spalle.
Il mattino successivo una spessa coltre bianca aveva ricoperto ogni cosa, rilucendo al sole come se fosse stata composta da migliaia di piccoli diamanti. Il risultato era di un vivido e brillante luccichio, tanto da far male persino agli occhi di colui che guardava.
Cody aveva dato solo una sbirciata fuori dalla finestra, prima di distogliere lo sguardo dall'abbaglio della neve, spostando poi la sua l'attenzione sul ragazzino di fronte a lui.
Persino i vestiti erano stati un dilemma per Thomas, abituato ad abiti meno sofisticati ed eleganti. Le prime camice e pantaloni forniti erano durati pochi giorni e il povero maggiordomo, ora promosso tutore del nuovo erede, si era ritrovato a buttare abiti costosi irrimediabilmente strappati e macchiati.
Dopo diverse discussioni e spiegazioni da parte dell'uomo dai capelli color miele, la cui pazienza sembrava infinita, finalmente era riuscito a sensibilizzare il piccolo visconte sul cercare di evitare di rovinare i suoi nuovi abiti, nel rispetto di chi, al posto suo, non poteva permetterseli.
Thomas aveva esordito specificando che quegli abiti poteva regalarli a quei ragazzini sfortunati e che a lui sarebbero bastati i vecchi vestiti e la coppola che Ben gli aveva regalato, ora sparita, ma alla fine aveva ceduto.
Contrariato e con un'espressione infastidita aveva finito di prepararsi, alleviato dalla notizia che quella mattina avrebbe fatto colazione con la madre, osservando poi il proprio tutore in attesa che approvasse come si fosse vestito.
«Incredibile, siete riuscito a vestirvi tutto da solo» osservò Cody con un tono lievemente sarcastico.
«Non sei divertente...»
«Non siete; ricordatevi come parlare e cercate di fare attenzione» lo corresse, osservando il ragazzino sbuffare annoiato e alzare gli occhi al cielo.
«Ok, va bene, non siete divertente» l'apostrofò con tono canzonatorio, guardandolo maligno.
«Andiamo, vostra madre vi sta aspettando» concesse il valletto, con un sorrisetto divertito.
Per quanto fosse difficile stare dietro ai ribelli capricci di Thomas Cody si era affezionato fin da subito, accettando di buon grado la richiesta di Viktor di occuparsi di lui, benché alcune volte avesse pensato fosse meglio strangolarlo, come la notte precedente.
Al giovane era bastato sentire parlare il padre e la madre, dopo cena, per diventare sempre più irrequieto, fino a che la rabbia aveva raggiunto un livello per lui intollerabile, spingendolo a fuggire.
Non era la prima volta che lo faceva, e ormai l'uomo aveva capito che quelle evasioni fossero solo un pretesto per stare solo e non essere visto da nessuno. L'aveva trovato quasi sempre lui, nascosto o rintanato in qualche angolo, in lacrime.
Solo la promessa di non rivelare mai di averlo scoperto in quelle condizioni riusciva a convincerlo a uscire, tranne nell'ultima occasione in cui era rimasto incastrato tra le botti, con suo sommo imbarazzo.
Almeno in quell'occasione Thomas aveva riso.
Attraversata l'ala del palazzo dove si trovava la sua stanza, lontana dalle camere padronali di suo padre e sua madre, Cody accompagnò un silenzioso piccolo visconte fino alla porta di Elaine, bussando con educazione, sotto lo sguardo attento del ragazzino.
Un sommesso "avanti" diede il permesso ai due di entrare, lasciando che per primo facesse il suo ingresso Thomas, un po' innervosito, tanto da iniziare a contorcersi le dita nell'avvicinarsi alla madre.
Era una caratteristica che aveva preso da lei, valutò il maggiordomo, ricordando quando la contessa faceva la stessa cosa, tormentandosi le dita, in presenza di Viktor.
Tuttavia appena Elaine sorrise al figlio, aprendo le braccia e sporgendosi appena nella sua direzione in un chiaro invito, tutto l'imbarazzo e incertezza svanì assieme a ogni contegno, spingendo Thomas a buttarsi in quell'abbraccio.
Elaine gli baciò i capelli, chiudendo gli occhi e godendosi quella stretta, sospirando paga e felice. Alzò appena il capo in direzione di Cody, sorridendogli gentile. «Potete lasciarci soli. Dite pure a Lynette di portarci la colazione. Voglio stare un po' da sola con il mio ragazzo» spiegò, allentando l'abbraccio e prendendogli il volto tra le mani, specchiandosi nell'espressione vivace del figlio.
Il valletto chinò il capo con reverenza, prima di chiudere la porta dalla quale non si era spostato, lasciando i due da soli.
«Allora, come sta il mio ometto?» domandò vezzeggiandolo, sistemandogli i capelli ribelli. «Mi hanno detto che ieri hai fatto incastrare tra le botti il tuo tutore.»
Thomas sorrise. «È stato divertente.»
«Non credo che Cody la veda in questo modo» valutò lei inarcando un sopracciglio perplesso.
«Beh... per me lo è stato» osservò lui alzando appena le spalle, incerto. «Non volevo che restasse incastrato, ovvio, ma lui ha insistito nel cercare di raggiungermi. Gli ho detto che non poteva passare.»
«Aveva il compito di recuperarti, non poteva di certo lasciarti là.»
«Ma mica l'ho obbligato io a farlo. Non è stato di certo un mio problema» spiegò lui osservandola sorridere, prima di tornare ad abbracciarla.
«Abbi pazienza con lui e presta attenzione a quello che dice. Lo fa per il tuo bene.»
Thomas rimase in silenzio qualche istante, lasciando che Elaine gli accarezzasse i capelli, prima di alzare rivolgere la sua attenzione su di lei. «Tutti mi dicono cosa fare per il mio bene, ma tutto quello che mi dicono di fare non mi piace»
«Davvero? Ho chiesto a Cody di insegnarti ad andare a cavallo. Tuo... ti... hanno preso un giovane puledro. Tutto tuo» spiegò la donna senza fare il nome di Viktor, sapendo che bastava solo nominarlo per irritare il ragazzino.
Fortunatamente la notizia di avere una cavalcatura rese particolarmente entusiasta il giovane visconte. «Posso avere un cavallo tutto mio? Andare fuori in passeggiata?»
La donna ridacchiò, annuendo «Certo, anche se prima presumo che dovrai imparare a stare in sella, poi potrai provare a uscire all'esterno.»
«E verrai anche tu, vero?» domandò lui con un sorriso rinnovato. «Appena starai meglio.»
A quelle parole Elaine si rabbuiò, stringendo appena le labbra e chinando il capo di lato.
«Se starò meglio, verrò sicuramente» sussurrò, benché il cambio di tono e dell'espressione della donna avesse allarmato nell'immediato il ragazzino.
«Che cosa c'è, mamma? Non stai ancora bene?»
Elaine fece per aprire le labbra e rispondere, ma all'ultimo sospirò, allargando un sorriso che tentò di essere più spontaneo possibile. «Sto meglio, non temere» mentì, sistemandogli distrattamente il gilet sopra la camicia. «Quando avrai imparato ad andare a cavallo verrò anche io.»
Lui sorrise, rinfrancato, per poi voltarsi a guardare verso la porta da dove Lynette aveva fatto il suo ingresso, con tra le mani un ampio vassoio per la colazione.
«Ti aiuto» si offrì subito Thomas allarmando la domestica, interdetta dal tono formale e dalla gentilezza del ragazzino sorridente che si era avvicinato subito a lei. Alzò appena lo sguardo verso la contessa, incerta sul da farsi, se accettare o meno l'aiuto del piccolo visconte.
Elaine annuì, sorridendo, osservando poi la donna rilassare i lineamenti del viso e abbassarsi verso Thomas. «Potete aiutarmi con la teiera, Signorino» acconsentì, lasciando che dal vassoio lui recuperasse quanto indicato.
Aiutò persino a disporre tutto sul tavolo, eccitato dalle ultime notizie appena giunte dalla madre, per poi avvicinarsi al letto quando la domestica chiese congedo, volendo occuparsi direttamente lui dei bisogni di Elaine.
La contessa si spostò le coperte, rabbrividendo leggermente nel sentire la morsa del freddo aggredirla.
Per quanto la stanza fosse riscaldata dal fuoco l'uscire dalle calde lenzuola fu quasi doloroso per la donna, sebbene Thomas fu celere a portarle una delle sue vestaglie in lana pregiata, ricevendo in cambio un altro sorriso di ringraziamento.
L'aiutò persino ad arrivare al tavolo, ignorando il corpo della madre che da snello si era fatto ancora più emaciato, scosso da lievi colpi di tosse sommessi.
La donna si sedette al tavolo, stringendosi nella vestaglia come se fosse una coperta, osservando il suo ragazzo iniziare a versare il tè nelle due tazze, per poi sedersi anche lui.
«Oggi possiamo uscire? La neve ha coperto tutto! Sarebbe bello se uscissimo e magari ti farebbe anche bene» valutò vivace, prima di fare un'ampia sorsata della sua bevanda per poi iniziare a prendere i vari dolcetti posti ordinatamente sul vassoio, tra cui spiccavano due piccole pepite di cioccolato avvolte in una carta argentata.
«Lo vorrei tanto, Tommy, ma temo che se uscissi starei solo peggio, per quanto sia una bella giornata» negò con tono rammaricato, sorseggiando a piccoli sorsi. «Ma penso che Cody possa venire con te, se vuoi fare una passeggiata. Puoi chiedergli anche di portarti a Preston o a Blackpool. Basta che non tenti di scappare.»
«Anche se scappassi, dove vuoi che vada, mamma?» rispose alzando lo sguardo verso di lei, accigliandosi.
«E allora perché lo fai?»
Thomas distolse lo sguardo, prendendo uno dei due cioccolatini, scartandolo. «Perché lui non mi piace. È cattivo.»
«Viktor non è cattivo» replicò Elaine accennando un sorriso, accarezzandogli i capelli. «Devi solo conoscerlo...»
«Lui non è mio padre» si intromise, voltandosi a guardarla. «Potete cercare quanto volete di convincermi, ma da quando siamo arrivati è tutto... tutto...» Le parole di Thomas di fecero tremolanti e prive della sicurezza con cui aveva iniziato a parlare. Distolse lo sguardo da Elaine, sottraendosi e cercando di ricacciare indietro lacrime puerili.
«Tommy...» sussurrò Elaine poggiandogli una mano sulla spalla. «Va tutto bene, stai tranquillo.»
«Mi manca il mio papà. Mi manca Ben» sussurrò senza guardarla.
«Lo so, manca anche a me...»
«E allora perché restiamo qui? Perché non andiamo via e lo cerchiamo?» domandò infervorato, rivolgendosi a lei con un'espressione decisa, per quanto il luccichio negli occhi tradisse la sua sofferenza.
«Non posso andare via da qui, e anche se potessi non lo vorrei, Thomas. Io amo Viktor e per quanto tu voglia continuare a intestardirti che lui non sia tuo padre devi accettarlo.»
«No!» sbottò, poggiando con un movimento deciso la tazza sul tavolo, facendone uscire il contenuto. «Lui non è mio padre!» Si alzò in piedi, con il respiro affannato e i pugni stretti. «Lui... lui ti ha avvelenata, ti ha fatto stare male, ti ha allontanata dal mio papà, ti ha convinta di cose non vere.»
«Non è così, Viktor non centra nulla con il mio malessere» replicò seria, trattenendo un colpo di tosse. «Tu non sai tutta la verità...»
«Non mi interessa della sua verità! Non mi interessa chi dite io sia. Voglio tornare a casa, a casa nostra, con Ben!» gridò quasi, osservando Elaine che a fatica si alzava in piedi.
«Thomas, siediti...» ordinò con tono basso la donna.
«No!»
«Pensi che facendo così risolverai qualcosa? Che puntando i piedi e arrabbiandoti le cose possano cambiare?» domandò con tono basso, calmo, poggiata alla sedia. «Per favore, Tommy, non mi aiuti se fai così.»
Guardò stancamente il bambino, ancora livido dalla rabbia, per poi spostarsi verso il letto a fatica. Si lasciò praticamente cadere sopra di esso, seduta, quasi i pochi passi dal tavolo gli fossero costati una fatica immensa.
«Non sto bene, Tommy, e ti assicuro che Viktor sta facendo tutto il possibile per potermi salvare. Per quanto non ti piaccia lui è un medico e conosce il male che mi sta consumando.»
«Ma tu non sei migliorata, mamma,» mormorò lui con la voce incrinata dall'angoscia «sei solo peggiorata.»
«Vieni» sussurrò in risposta, richiamandolo a sé in un abbraccio a lui rispose immediatamente, ricambiandolo e accoccolandosi contro di lei. La sentì ancora più fragile.
Le mani di Elaine passarono tra i capelli del ragazzino, carezzandoli in una coccola affettuosa, beandosi di quel dono che aveva tanto desiderato e atteso, ora fonte delle sue più grandi preoccupazioni.
Sperava che Viktor la salvasse, ma vedeva quanto di giorno in giorno la malattia avanzava, ormai impedendole persino di fare qualche passo.
Il conte aveva proposto persino una carrozzina per permetterle di muoversi, con l'aiuto di qualche domestica, ma per non allarmare Thomas non aveva accettato, preferendo di gran lunga cercare di sembrare di stare meglio.
Se fosse peggiorata di colpo, come spesso succedeva, forse non avrebbe neppure avuto il tempo di dirgli la verità, aggiungendo bugie su bugie già dette, ma se avesse accennato al suo reale stato di salute avrebbe distrutto le speranze che lei potesse riprendersi.
«Tu sei un bravo bambino» mormorò dandogli un bacio sulla fronte, vedendo gli occhi di lui farsi lucidi, «e sei quanto di più caro io abbia al mondo. Ho dovuto fare delle scelte, sbagliate o giuste che siano, ma non mi pento di esse. Sei giovane e molte cose non le puoi capire, benché tu sia convinto che non sia così. Lo capirai da solo, prima o poi, indifferentemente da chi ti starà al fianco e ti presterà aiuto lungo la strada che percorrerai. Ti renderai conto di tanti errori, decisioni sbagliate, di aver agito con il cuore anziché con la mente, la logica e la razionalità. Ti accorgerai di aver commesso uno sbaglio, o forse più di uno, ma di non poter più tornare indietro. Farai soffrire le persone a cui tieni, senza volerlo. Dovrai affrontare le conseguenze delle tue azioni e delle tue scelte, anche se avrai capito di aver sbagliato. Ti sentirai colpevole di aver fatto del male a chi ti è stato accanto e ti ha amato, benché tu non gli avevi chiesto nulla.»
Thomas rimase in silenzio, perplesso dal monologo della madre e senza riuscire a capire il perché di quelle parole, pur tuttavia percependole come pericolose, come se fossero portavoce di una brutta notizia. Percepiva qualcosa di non detto, come se la mente sapesse già cosa celassero e quale significato si annidasse in quelle frasi, ma non volesse accettarlo.
«Mamma, cosa stai dicendo?»
«Ti sto dicendo che ti voglio bene, Tommy» mormorò lei stringendolo a sé. «Voglio che te lo ricordi, a prescindere da tutto quello che può accadere. Ti vorrò sempre bene e sarò sempre al tuo fianco.»
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