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Giochi di potere

Erano ormai mesi che Viktor corteggiava Elaine, senza troppi indugi e ben poca discrezione, esponendo il proprio interesse pubblicamente a ogni occasione possibile.
Non che fosse il solo che aveva tentato di avvicinarsi alla ragazza, ovviamente. Parecchi erano stati i contendenti che avevano cercato di attirare la sua attenzione, regalando fiori e oggetti di valore, accompagnati da lettere e richieste che andavano da una semplice passeggiata a inviti per un qualche tipo di festa o banchetto.
Sebbene potessero suscitare interesse agli occhi della giovane, tutto si eclissava di fronte a un mazzo di fiori mandato a nome di Viktor o di un suo invito in allegato a essi.

In più di un'occasione, all'arrivo del maggiordomo con un numero imprecisato di lettere, appartenenti ai suoi ammiratori, insieme a doni e fiori, Elaine andava a cercare con impazienza l'unico mazzo che le interessava, composto come sempre da due semplici rose bianche al centro di fiordalisi blu acceso.
Come tutte le donne dell'epoca conosceva il linguaggio dei fiori ed era a conoscenza del significato di una rosa bianca, legata a un sentimento affettivo e alla purezza, così come il fiordaliso ostentava la richiesta di un nuovo incontro. Infatti, ad accompagnamento a quel bouquet di boccioli candidi avvolti in un ventaglio ceruleo, non mancava mai un invito a un ballo, una visita a qualche luogo particolare, come a esempio la serra delle orchidee dei conti di Lancashire, o un semplicissimo incontro pomeridiano.
Solo Annice sospettava che quelle attenzioni non venissero direttamente dal visconte, ma piuttosto dai suggerimenti della contessa, madre di Viktor.

La Baronessa aveva accompagnato in più occasioni la figlia, accettando svariati inviti soprattutto dalle varie famiglie nobili più importanti, così da permettere a Elaine di mescolarsi e conoscere davvero quella che era la vita di una giovane appartenente al suo rango sociale.
Quasi a ognuna di quelle occorrenze Viktor non era mai mancato, di solito in compagnia di Deana oppure anche da solo, quasi a voler sottolineare il suo interessamento per Elaine, la quale accoglieva la sua presenza con sempre più letizia che non riusciva a nascondere.

Tuttavia il barone non era affatto d'accordo con quella frequentazione.
Inizialmente non se ne era dispiaciuto, visto che effettivamente il Visconte sembrava apparentemente un buon partito, ma l'atteggiamento dell'uomo, sempre più incline a non sottostare a certe regole e all'etichetta imposta dell'epoca, aveva lentamente fatto cambiare idea a Oliver.
Si era reso conto che quello che all'inizio sembrava poter essere un matrimonio vantaggioso, si sarebbe potuto sviluppare nell'esatto contrario, rischiando di far sì che Elaine si trovasse vittima di maldicenze e pettegolezzi che si sarebbero perpetrate poi alla famiglia Dietrich.
Insomma, il matrimonio con quell'uomo poteva in realtà diventare una pessima scelta, considerando che Viktor non sembrava neanche avere particolari rapporti con gli altri pari del regno, tanto da non partecipare attivamente alla politica britannica, rifiutando il suo posto nella Camera dei Lord.
Avrebbe dovuto prendere il seggio di suo padre, il Conte di Lancashire, assente dalla politica londinese per via del suo stato di salute cagionevole che lo aveva bloccato nella magione della sua contea.

Valutando quindi attentamente la possibilità nel lasciare Elaine in sposa a quell'uomo, si era reso conto che non ne avrebbe guadagnato né influenze particolarmente importanti, né uno status maggiore.
Viktor sarebbe diventato Conte e ostentava anche una certa ricchezza, ma al Barone sembrava che quell'unione sarebbe poi risultata sterile e forse persino infelice.
L'unica incertezza era dettata dalla palese ammirazione di sua figlia per quel nobile, sebbene non avrebbe dovuto tenerne conto, provava abbastanza affetto per quella ragazza da non volerle spezzare il cuore dicendole che non avrebbe potuto coronare il suo sogno.
Eppure era sempre più convinto che non fosse l'uomo giusto per lei.

Avrebbe potuto cercare di superare alcuni bigottismi per amore di sua figlia, ma il venire a sapere certi atteggiamenti da parte di Viktor, rasentanti la sua totale ingerenza, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Annice era stata ben attenta a nascondere i dettagli degli incontri con il Visconte, dalla prima visita nella sua villa, dove era riuscito a restare da solo con Elaine, così come in altre occasioni di feste, cene o semplici passeggiate.
Erano piccolezze, sottigliezze che solitamente un gentiluomo non avrebbe fatto durante il corteggiamento, pur restando al limite del consentito per quella che era buona educazione; il mantenere l'attenzione insistentemente, l'osare anche solo sfiorare la ragazza o dire qualcosa di indelicato in momenti meno opportuni. Questo il Barone non lo riusciva più a tollerare.
Inutile dire che dopo qualche mese di ferreo corteggiamento, le voci e soprattutto le maldicenze, avevano iniziato a passare di bocca in bocca, irritando sempre di più la pazienza di Lord Dietrich.

«Non esiste!» tuonò il Barone, con un'intensità che non ammetteva repliche. «Quell'uomo non avrà mia figlia, per nessuna ragione!»
«Oliver, vi prego, calmatevi,» mormorò Annice in preda a una crescente ansia «il Visconte non ha ancora chiesto formalmente il fidanzamento a Elaine. Lei si è molto legata a lui e ne soffrirà se le impedite di vederlo» ipotizzò Annice di fronte a un marito piuttosto iracondo quanto frustrato. «Come pensate di dirglielo?»
«Spiegandole che è per il suo bene; il suo e per quello della nostra famiglia. Capirà e se ne farà una ragione» sbottò lui in risposta, senza guardare la donna. «Dopotutto le è sempre stato spiegato che la scelta non sarebbe spettata a lei.»
«Quindi volete accettare la richiesta del Marchese?» domandò la baronessa con un sospiro, osservando il marito che si versava un bicchiere di Brandy, per poi berlo d'un fiato.
«Paulyn è un candidato migliore del Visconte Lloyd» spiegò lui tornando a guardarla. «Ha molte più influenze, ed è un gentiluomo.»

La lettera del III Marchese di Hastings era giunta quella mattina stessa, con l'invito formale per una cena nella dimora Londinese utilizzata in quel periodo dalla famiglia, assieme a un elaborato aforisma atto a lodare le doti della giovane figlia del Barone, quasi avesse realmente perso la testa per lei, pur tuttavia non avendo mai avuto la possibilità di poterla incontrare.

«Elaine accetterà il corteggiamento del Marchese e smetterà di corrispondere al Visconte» sentenziò Oliver, rimettendosi a sedere dietro la scrivania del suo studiolo.

La ragazza non prese bene quella notizia, anche se dovette suo malgrado acconsentire; anni d'indottrinamento a quello che era il ruolo della donna, le rendeva ben chiaro quale fosse il suo posto e la consapevolezza che lei non avesse assolutamente modo di potersi sottrarre a quello che sarebbe stato il suo destino.
Era consapevole di quanto fosse difficile anche per la sua stessa famiglia accettare la situazione, e di certo non voleva neanche dare adito a quelle voci che tanto infastidivano suo padre.
Tuttavia faticava ad accettare l'idea di non dover più vedere Viktor, pur sapendo che i sentimenti quali l'amore e l'affetto, di cui tanto aveva letto nei libri e nei romanzi, fossero un lusso che i nobili raramente potevano permettersi.

Ma Viktor non era della stessa idea.
Si accorse che qualcosa fosse cambiato quando Elaine mancò a uno dei suoi inviti e, ovviamente, non ne fu affatto compiaciuto.
Si sarebbe dovuta trattare di una semplice passeggiata all'interno dell'Hyde Park, in compagnia ovviamente di una chaperon che tenesse d'occhio la giovane, anche se era solito venisse accompagnata direttamente dalla madre.
Non aveva più chiesto di restare da solo con lei, non perché non lo volesse, ma perché sua madre lo aveva avvisato più volte di fare attenzione a come si stesse comportando, in quanto sarebbe potuto succedere che i Baroni cambiassero idea sul suo conto e di non fargli più vedere Elaine.

Quel pomeriggio, mentre passeggiavano, il cattivo umore del Visconte era più che palese, al pari dell'ambiente circostante del parco, ingrigito dal maltempo che minacciava pioggia. Non parlava, anche se non era mai stato uno di molte parole, tanto che spesso anche in compagnia della giovane passava il tempo ad ascoltare piuttosto che perdersi in chiacchiere.

«Forse i vaniloqui che affollano i salotti sono giunti alle orecchie di Lord Dietrich» valutò Deana che passeggiava accanto a lui, coprendosi con un ombrellino scuro, nonostante la pessima giornata che sembrava raffigurare il malumore di Lord Lloyd.
Era ormai quasi metà agosto e, nonostante il cielo macchiato da nuvole gonfie che ne coprivano totalmente la visuale, la calura iniziava a farsi insopportabile, assieme all'umidità che ne derivava.
Viktor non rispose, soppesando le parole di sua madre chiuso nel suo abituale silenzio.
«Forse la ragazza ha avuto un malore» insistette la donna, cercando di carpire dall'espressione del figlio cosa stesse pensando, senza riuscire nel suo intento. Era un enigma intricato riuscire a comprenderlo persino per lei.
«Domani andrò da loro per accertarmene» rispose risoluto lui.
«Credo che sia meglio che ci vada io, piuttosto che tu» valutò lei, fermandosi guardandosi attorno. «Non so come il Barone potrebbe prendere una tua visita senza preavviso. Per una donna è diverso.»
«Lord Dietrich sa che ho interessi verso sua figlia» insistette lui.
«Così come sa che non sei un gentiluomo...» rispose Deana, osservando l'espressione infastidita apparire sul volto del figlio. «Lascia che vada io. Risolverò la situazione.»
Il Visconte sospirò seccato, come se quella situazione gli stesse dando decisamente un fastidio eccessivo. «Va bene, a ogni modo domani sarei stato impegnato.»

Il giorno dopo Deana mandò un messaggio ai Baroni, avvisandoli che sarebbe passata nel pomeriggio per salutare Elaine e Annice.
Al suo arrivo la Baronessa l'accolse con un sorriso di circostanza che non fuggì all'attenzione della Contessa.
«Lady Lancashire, è un piacere averla come ospite.»
«E per me è un piacere venire a trovarvi, carissima Annice.» La salutò la donna, con atteggiamento cortese ed elegante.
La madre di Elaine aveva preparato una delle sale, senza lesinare su tè, pasticcini e dolci, sapendo quanto Deana amasse quel genere di prelibatezze.
«Elaine non ci delizierà della sua presenza oggi?» domandò osservando la domestica che le versava il tè, prendendo un pasticcino dopo un'attenta scelta.
«Purtroppo no, oggi è stata invitata a una festa in casa dei Marchesi di Hastings,» spiegò Annice sorridendo a disagio, prendendo a sorseggiare il suo tè «Il giovane Marchese Poulyn sembra intenzionato a chiederle la mano.»

A Deana per poco non andò di traverso il secondo dolcetto che aveva appena iniziato ad assaggiare, voltandosi poi a guardare la sua ospite. «Come prego?»
Annice aveva smesso di guardarla, sempre più in difficoltà. Non era di certo un discorso che voleva affrontare. Sarebbe stato un attimo creare attriti con la famiglia del Lancashire e lei di certo non aveva intenzione di dare vita a un focolaio di contrasti con qualcuno di rango sociale più elevato del loro.
«Il giovane rampollo le ha scritto più volte...» iniziò a spiegare Annice, mentre Deana sbuffava seccata.
«Oh, per carità, è forse anche più piccolo di vostra figlia; presumo stiate stringendo accordi con i Marchesi. Cosa vi hanno offerto?» domandò seria la donna.

Di solito non era il modo corretto per sostenere un discorso, quantomeno non in maniera così diretta, ma era quasi più di un anno che il Conte di Lancashire non riusciva più a muoversi dalla sua contea e Deana aveva imparato a districarsi come poteva nella ragnatela della società londinese senza il suo aiuto, arrivando spesso dritta al punto senza giri di parole.
Annice invece non ne era abituata. Tutto era deciso da suo marito e lei aveva da sempre lasciato a lui piena gestione delle situazioni, non potendo fare altrimenti; per questo ora si sentiva decisamente in difficoltà.
«Credo che dovreste parlarne con Lord Dietrich di questo, Contessa» rispose cercando di sviare il discorso.
Deana sospirò, riprendendo a sorseggiare il suo tè, impensierita da quella situazione.
Viktor non ne sarebbe stato affatto lieto.

Il Visconte attese due giorni per recarsi alla residenza dei Baroni, senza avvisare del suo arrivo, ma semplicemente presentandosi là di persona.
Arrivò a cavallo, in sella a uno splendido stallone roano dai crini neri e delle balze con il medesimo colore, dal quale scese con eleganza mentre uno dei domestici se ne prendeva carico.
«Avvisate Lord Dietrich della mia presenza e ditegli che devo parlargli urgentemente» ordinò secco, mentre un altro dei maggiordomi si inchinava facendolo entrare e prendendo il suo soprabito senza celare la sua apprensione.
Viktor attese l'arrivo del suo ospite mentre si guardava attorno, nuovo in quel contesto casalingo che non fosse il suo.

L'abitazione dei Baroni apparteneva a una delle case a schiera presenti in Kings Road del quartiere di Chelsea, probabilmente utilizzata unicamente come dimora provvisoria per i periodi di stanziamento nella capitale britannica.
I colori erano più cupi e scuri rispetto a quelli della sua villa a Mayfair, ma nonostante la differenza di rango sociale nulla lasciava intendere una discrepanza sulla ricchezza ed eleganza delle due residenze.
L'ingresso era più piccolo, con un'ampia scala che portava ai piani superiori e alcune porte laterali chiuse, creando una sorta di ambiente al limite del claustrofobico.
L'attenzione del visconte scivolò sul corrimano della scalinata dove vide affacciarsi la figura di Elaine che si era bloccata nel vederlo, senza nascondere la sorpresa.

«Milady» la salutò, togliendosi il cappello a cilindro con educazione, tenendolo poi tra le mani.
La ragazza sembrò riscuotersi al suo saluto, rimembrando nella sua mente quali fossero le regole di benvenuto e subito chinò appena il capo in un cenno di reverenza, scendendo le scale verso di lui.
«Lord Lloyd, sono... felice di vedervi. Non mi aspettavo una vostra visita.»
Elaine aveva un'espressione incerta e titubante, all'oscuro del reale motivo del perché Viktor fosse lì e, per quanto non avesse nessuna colpa riguardo gli affari dei propri genitori con i Marchesi di Hastings, non riusciva a fare a meno di sentirsi mortificata nei suoi confronti.
«Non sono venuto per voi; devo parlare con vostro padre» le rispose con tono affilato, senza volerlo né rendersene conto, alzando lo sguardo verso la figura alle spalle della ragazza che stava scendendo le scale, fissandolo con un'espressione che tentava in tutto i modi di nascondere il fastidio nel trovarsi di fronte quell'uomo.
La ragazza invece era raggelata, percependo il tono distaccato del Visconte.

Oliver passò accanto alla figlia, poggiandole una mano sulla spalla. «Torna nelle tue stanze, Elaine» le disse calmo, sebbene nascondesse un certo tono seccato.
La ragazza annuì, distogliendo lo sguardo da Viktor che solo in quel momento tornò a portare la sua attenzione su di lei, guardandola risalire le scale.
«Cosa vi porta a concederci la vostra gradita presenza nella nostra umile dimora, Visconte?» domandò con tono garbato il Barone, passandogli accanto e accennando con una mano di seguirlo oltre una delle porte dell'ingresso, precedendolo appena di un passo per accompagnarlo verso quello che era il suo studiolo.

Il medico rimase in silenzio fino a raggiungere la stanza, guardandosi attorno senza un vero e proprio interesse e senza lasciar trasparire nessuna emozione in particolare, irritando ancora di più il padre di Elaine.
Il padrone di casa prese due bicchieri, riempiendoli di Brandy per poi porgerne uno a Viktor che accettò con garbo.

«Ho la necessità di parlarvi, Barone. Riguarda vostra figlia Elaine» iniziò a spiegare con tono neutro e distaccato, come se la cosa avesse poca importanza.
Oliver annuì, conscio di quale sarebbe stato l'argomento di quella discussione che sentiva diventare sempre più spinosa e soffocante, tanto da pungerlo con sempre più frequente fastidio. Si portò due dita al colletto, come se faticasse a respirare e la camicia gli risultasse troppo stretta.
Viktor lo metteva a disagio e in quel momento se ne sentiva quasi schiacciato, ma non aggiunse nulla, volendolo lasciar continuare, immaginando perfettamente dove quel dialogo sarebbe andato a parare.
«Intendo chiedervi ufficialmente di prendere in sposa vostra figlia» dichiarò con il medesimo tono, per poi bere distrattamente dal bicchiere di cristallo riempito dal liquido ambrato.

Il Barone gonfiò il petto per prendere aria, versandosi altro liquore, prendendo poi a centellinare il proprio bicchiere, osservandolo qualche istante prima di tornare sul Visconte. «Immaginavo aveste un forte interesse verso mia figlia, ma mi rincresce terribilmente avvisarvi che Elaine si sposerà con il terzo Marchese di Hastings.»
«Se state parlando di Paulyn Rawdon è poco più di un puerile ragazzino, considerando persino l'età inferiore a vostra figlia. Sono inoltre al corrente che sia cagionevole di salute, tanto da essere costretto a letto» rispose lui piuttosto freddo. «Non potrà sposarsi se non tra un anno, con tutta probabilità, ma suppongo di capire il motivo della vostra scelta.» Fece una pausa, tornando a lanciare un'occhiata attorno a sé con fare distratto e senza cenni di irritazione o nervosismo. «Tuttavia, sarei curioso di capire il perché avete declinato la possibilità di lasciare fidanzare Elaine con me. Non credo si tratti unicamente del rango sociale» aggiunse con disinvoltura, riprendendo lentamente a bere il suo Brandy.

«Non vorrei mancarvi di rispetto per nessuna ragione, ovviamente. Penso solo al bene di mia figlia e a quello della mia famiglia» spiegò lui senza guardarlo. «Mi dispiace dirvi che non circolano voci benevole sul vostro conto e non dimostrate di avere sufficienti influenze che mi possano garantire che voi possiate essere il miglior partito per Elaine.»
A quelle parole Viktor assottigliò lo sguardo, pur affilando le labbra in un sorriso sghembo. «Ma davvero?» domandò sarcastico.
Oliver, di fronte a quella reazione inarcò un sopracciglio, sorpreso. Si sarebbe aspettato un gesto irritato, oltraggiato dalle sue parole, per quanto avesse cercato di essere più delicato possibile per evitare di offendere il Visconte, eppure lui invece aveva sorriso, quasi divertito.

«Quindi non vi è nulla che io possa fare per cercare di convincervi che sarei, invece, il miglior candidato?» domandò terminando di bere il Brandy «Considerato anche il semplice fatto che vostra figlia vuole me e non il Marchese di Hastings?»

«Sapete bene che non spetta a Elaine decidere» rispose il Barone iniziando ad infastidirsi di quell'atteggiamento ambiguo. Sembrava quasi che non gli importasse assolutamente di ciò che gli aveva detto.
«Ne sono consapevole, Lord Dietrich, stavo solo cercando di farvi ragionare con attenzione su ciò che avete detto» rispose lui sempre con quell'espressione indefinibile, prima di alzarsi. «Magari in questi giorni avrete modo di valutare con attenzione quale sia il meglio per vostra figlia.»

Oliver si alzò, osservandolo cupo in volto, senza togliergli lo sguardo di dosso mentre quell'uomo tornava a indossare il cappello, segno che stava per accomiatarsi. Non si sentiva affatto sereno dopo le parole di Viktor; non che fossero state minacciose, eppure non riusciva a cogliere quale fosse il vero significato.

«Con permesso, Barone, credo che ci vedremo presto» salutò il medico, chinando appena il capo verso di lui, sfiorando la punta della visiera del cilindro con le dita.
«Presto?» domandò perplesso il barone, mentre uscivano dal suo studio e lo accompagnava alla porta.
«Certamente,» rispose Viktor, mentre si fermava di fronte all'ingresso, tornando a guardare il barone nell'attesa che gli venisse portato il suo cavallo «sono stato invitato al compleanno del Principe Reggente  e ho chiesto alle mie influenze di farvi pervenire un invito» spiegò senza particolare emozione, di fronte all'espressione sorpresa di Lord Dietrich che era rimasto senza parole.

«Buona serata, Barone» aggiunse con lo stesso cenno di riverenza di poco prima, voltandogli le spalle e dirigendosi verso il cavallo che uno dei maggiordomi tratteneva per permettergli di salire.
Viktor montò con agilità, rivolgendo poi un'ultima occhiata verso Oliver e poi verso le finestre della residenza, soffermandosi a guardare Elaine che aveva scostato appena le tende, osservandolo da dietro il vetro.
Non la salutò né sorrise, mantenendo il suo sguardo distante come suo solito, prima di voltare il cavallo e allontanarsi lungo Kings Road.

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