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Febbre

«Quindi partirete per il Lancashire? Tra quanto?» domandò l'americano, accendendosi una sigaretta, guardando di sottecchi la donna che aveva di fronte, ancora persa con lo sguardo verso il cortile, avvolto da una leggera foschia che quella sera stava diradandosi tra le vide londinesi, aumentando l'atmosfera lugubre e pesante della capitale.

Era passata più di una settimana dalla cena a casa della duchessa Maryrose, dalla quale Elaine era ritornata alla sua villa accompagnata da Jane e Cody, in quanto Viktor aveva lasciato da Lady Whitebury sia moglie che valletto.
Al suo ingresso la contessa aveva trovato la sua residenza vuota, sorprendendosi che il proprio marito non fosse tornato prima di lei, accettando poi le ipotesi di Cody sul fatto che si fosse recato in uno dei club privati per lenire la rabbia dovuta al pranzo a casa della duchessa.

Tuttavia lo staffiere era più che convinto che Viktor fosse andato dalla sua amante e non di certo a bere Brandy o Cherry al White's Club.
Era sempre così, ogni qualvolta qualcosa intaccava il sottile equilibrio del conte, andava a cercare rifugio in ciò che lui stesso condannava, senza però mai rinunciarvi.

Il rapporto che si stava evolvendo tra Viktor e Marjorie, a Cody non piaceva per nulla e sospettava sempre più che ci fosse qualcosa di pericoloso in tutta quella situazione. La donna non sembrava essere unicamente attaccata dai soldi, sebbene non gli fosse di certo dispiaciuto ottenere una propria abitazione in una delle zone più facoltose di Londra, ma mai l'aveva sentita chiedere o cercare di manipolare il suo signore per estorcergli denaro.

Le parole sibilate della meretrice, come quelle di una pericolosa vipera, le sembravano tuttalpiù ordite per uno scopo che ancora non riusciva a comprendere. Più di una volta aveva percepito i sussurri della donna, atti screditare Elaine e su ciò che davvero la moglie del conte provasse per il marito.
Viktor, pur restando sempre composto, in quelle occasioni lasciava di fretta l'appartamento, irritato da ciò che sentiva, ma sempre più indubbio sulla veridicità di quelle parole.

Inutili erano stati gli interventi di Cody, rischiando persino di vedere il suo stesso padrone al limite dal perdere il rigido contegno che lo contraddistingueva.
Per evitare di perdere il lavoro, per la lealtà verso il suo padrone e per il suo stesso quieto vivere, anche in quell'occasione, dove Elaine gli chiese dove suo marito potesse essere, Cody mentì.

Il girono dopo tutto era tornato alla solita quotidianità, con Nellie che svegliava la contessa con la colazione pronta e la casa priva della presenza di Viktor, uscito molto prima che Elaine aprisse gli occhi.
Solo il poter tornare all'istituto e incontrare Ben era stato l'attenuante al suo malessere, assetata di quelle attenzioni e gentilezze che il giovane americano le elargiva e di cui ormai non riusciva a fare a meno.

Con la scusa di lasciare libertà a Nellie, per concederle di passare del tempo con Padreig e Noel, Elaine si trovava sempre più spesso in compagnia di Ben, solitamente nel loggiato o raramente in qualche stanza scarsamente utilizzata dell'istituto, per quanto ciò la mettesse ancora a disagio e in imbarazzo, quasi vedesse la situazione come troppo compromettente.

Il ragazzo aveva sempre mantenuto le distanze, pur offrendosi a lei come suo amico, ascoltando in tacito silenzio e appoggiando ogni sua parola, per quanto la contessa avesse parlato dei suoi problemi coniugali decisamente poco.

Il raccontare quanto accaduto alla villa di Lady Whitebury era stata per lei la prima occasione in cui aveva davvero esposto il suo tormento senza nasconderlo, trovando nel suo novo confidente qualcuno cui dare la sua fiducia.
Ben non giudicò, né disse nulla riguardo Viktor, limitandosi in quel momento a farle solo da suo supporto.

Tuttavia dopo alcuni giorni alla residenza Lancashire di Londra giunse la notizia in cui Deana chiedeva al figlio e alla nuora il ritorno alla magione di campagna. Tale richiesta era tornata a destare ansia e angoscia alla giovane.
Elaine era stata avvisata da Nellie quella mattina e nemmeno da Viktor stesso, come al solito assente.

«Sembra che domani dovrò partire, esatto» annuì la donna in risposta al quesito dell'americano, tornado a sua volta a guardarlo.
«Mi dispiace; per quanto dovrete assentarvi?» domandò lui terminando la sigaretta e buttando a terra il mozzicone rimastogli.
«Non lo so, dipende tutto da Viktor e da cosa intende fare, ma... io...» rispose con un sospiro, stringendosi addosso la mantella leggera che le copriva le spalle, per quanto il clima di fine agosto si trascinava gli strascichi di una calura torrida.

«Ma voi cosa?» incalzò il ragazzo, poggiandosi al muro e infilando le mani nelle tasche dei pantaloni logori.
«Non vorrei andare, quantomeno questo sarebbe il mio desiderio. Mio marito non credo voglia la mia compagnia e ho il timore di incorrere nella frustrazione dovuta alla mia presenza per tutto il viaggio che dovremo fare assieme» spiegò la contessa con un sospiro, senza ammettere che l'altro motivo per cui l'entusiasmo venisse meno fosse dovuto al mancato appuntamento quotidiano con il suo attuale amico.

«Allora voi non andateci. Non credo che sia così complicato trovare una scusa per evitarlo.»
«Ma è il mio dovere, non posso esimermi nell'andare con mio marito da sua madre» rispose lei prontamente, scuotendo il capo. «Di certo non sarebbe corretto, oltre che potrei comunque infastidire Viktor anche chiedendogli di restare. Oltretutto che scusa potrei mai trovare? Non ho vincoli di nessun tipo ai quali io possa aggrapparmi.»

«Beh, avete l'impegno qui al Bedford College...»
«Non credo che Viktor ritenga che sia un impegno, quantomeno non inderogabile.»
Ben sbuffò, accarezzandosi il mento chiazzato da una sottile e ispida barba poco curata. «Questo è un male. Mi troverei costretto a rapirvi prima che partiate!» esclamò con serietà, senza guardarla.

Elaine rimase a fissarlo a bocca aperta per qualche istante, per poi chiuderla di scatto cercando di riprendersi dalle parole appena sentire. «Perdonate, credo di non aver compreso bene ciò che avete appena detto; la stanchezza, temo, deve avermi giocato un brutto scherzo. Potete ripetervi?»

L'americano sorrise ironico e divertito, per poi annuire. «Venite via con me, Elaine. Posso portarvi via da qui se volete, prendere oggi stesso una nave e portarvi via, in America o dove voi vogliate» spiegò lui con tono calmo e lievemente ironico, tanto da lasciare la ragazza di fronte a sé interdetta e incerta sulla veridicità di quanto proposto.

La contessa sbuffò una risatina imbarazzata, distogliendo lo sguardo. «Vi state prendendo gioco di me, lo so. Quello che proponete è infattibile e lo sapete» replicò, tornando a guardarlo. «Non potrei mai lasciare Viktor, benché lui possa provare per me odio o rimuginare sul nostro matrimonio.»
«Certo, forse quello che ho detto è solo per scherzo, ma se fosse vero, perché non prenderlo in considerazione?» la provocò sempre con un sorrisetto di scherno.

«Signor Collins, ho giurato di fronte a Dio che sarei stata fedele, di onorare e rispettare mio marito, e non potrò mai venire meno a questo giuramento» rispose piuttosto turbata.
«Ovviamente, Milady, la mia era solo una battuta per tentare di alleggerire i vostri pensieri. Non volevo di certo turbarvi» chiarì subito il ragazzo avvicinandosi a lei, la quale però scosse il capo, facendo un passo indietro.
«Una battuta ben poco inadeguata, Signor Collins. Ora scusatemi ma temo che sia ora che io torni in villa» replicò, voltandosi con l'intento di allontanarsi e di chiudere definitivamente la questione.

Ben però fu lesto ad afferrarle il polso, intenzionato a non lasciarla andare via. «Se vi ho offesa allora vi chiedo scusa... vi faccio le mie scuse... insomma, mi dispiace» farfugliò l'americano, incerto sulla formula più corretta da utilizzare in quel momento. «Non sono abituato ad avere a che fare con gente del vostro rango e spesso penso troppo tardi alle mie parole.»

Elaine stringe appena le labbra, scuotendo il capo. «Quindi, era solo sarcasmo?»
«Ero ironico, certo; alle volte dimentico che voi siete una contessa e io solo un semplice operaio. Chiedo perdono se ho osato trattarvi al pari delle altre.»
L'espressione del ragazzo rimase seria, lasciandole poi il polso e facendo un passo indietro.

Elaine, invece, addolcì la sua espressione, scuotendo il capo. «Sono io che devo porvi le mie scuse. Nessuno mi tratta da pari, tranne voi, Mister Collins.»
Ben ricambiò il sorriso, rilassando le spalle «Eppure continuate a dimenticare che potete chiamarmi semplicemente Ben.»
Lei scosse il capo, nuovamente serena «Non è...»
«Non è adeguato, certo, lo ripetete sempre» rise lui, mentre dalla porta dell'istituto Nellie faceva la sua comparsa, avvicinandosi a loro.

Rapido il ragazzo tornò a guardare la sua interlocutrice, tornando serio. «Quindi non vi vedrò per chissà quanto tempo?»
«Spero il più brevemente possibile, Signor Collins» mormorò Elaine, tornando a guardare la sua domestica che tornava trafelata.

Il viaggio di ritorno fu reso vivo solo dal vociare di Nellie, che parlava di Padreig e Noel e dell'imminente partenza del giorno dopo per Whitensand's Hall, continuando a saltare da un argomento all'altro senza logica.
Tuttavia Elaine non l'ascoltava, persa nel ricordo della proposta di Ben, per quanto lui avesse sottolineato si trattasse solo di una battuta, le era impossibile non pensare a come sarebbe stato fuggire realmente da quella vita che, negli ultimi tempi, sentiva soffocarla sempre di più.

L'arrivo alla propria villa ne segnò definitivamente il suo scontento, mentre scendeva dalla carrozza sospirando frustrata dall'incombenza del viaggio del giorno seguente.
«Non ho molta fame, Nellie» mormorò la ragazza con tono basso, vinta da ciò che le accadeva attorno.
«Oh, qualcosa dovete mangiare, mia signora, anche solo per gratificare il lavoro di Lorelai. Sapete quanto amore e cura ci mette in ciò che cucina per voi» tentò di convincerla la domestica, conoscendo ormai i punti deboli della propria protetta.

«Certo, hai ragione» valutò lei con un sospiro, entrando in casa e guardandosi attorno mentre si spogliava della mantella. «Viktor immagino non sia tornato» ipotizzò, rivolgendosi a Hester, la governante, che era venuta ad accogliere la padrona di casa.
«Sì, mia signora. Lord Lancashire non è ancora tornato, ma ha dato disposizioni per organizzare il viaggio di domani. Partirete nel primo pomeriggio. Stiamo già organizzando tutto il necessario» spiegò la donna in maniera impeccabile.

Elaine distolse lo sguardo, cercando di mascherare il disappunto provato per quel viaggio, osservando poi Nellie. «Chiedete a Lorelai pochi assaggi. Andrò a dormire appena terminato il buon pasto» dispose, per poi dirigersi verso le scale. «Verrò a mangiare tra qualche minuto, chiamatemi appena sarà pronto.»

Poco tempo dopo Hester apparve nella sala della musica, dove Elaine suonava distrattamente il pianoforte, cercando in quella musica conforto e un modo di allontanare pensieri confusi che si accavallavano, giocavano e litigavano tra loro nella sua mente.

«Signora, in sala da pranzo è tutto pronto» l'avvisò la donna, lasciando che la sua signora finisse di suonare e la seguisse di sotto, nella fredda e solitaria stanza dove ormai consumava i suoi pranzi e colazioni da sola da troppo tempo.

L'assenza di Viktor in quel momento venne percepita da Elaine più forte che mai.
«Il conte ha detto che impegni avesse questa sera?» domandò, rivolgendosi a William, il maggiordomo della villa che, sorpreso da quella domanda, si voltò a guardare stranito la donna.

Nellie, nel frattempo, poggiò di fronte a Elaine il vassoio, sopra il quale spiccavano vari piatti dai profumi invitanti, comprendendo una zuppa dal colorito aranciato e della carne ben cotta, ma che la contessa neanche degnò di attenzione.
«Io... non lo so, signora. Posso ipotizzare che si sia fermato al White's Club, al Royal college of Surgeons, o all'University College di Londra. Solitamente è la sera che... operano, no?» domandò in difficoltà, cercando aiuto con lo sguardo da Nellie, la quale neppure lo stava guardando.

«Signora, volete acqua?» domandò invece la domestica, versando quindi da bere alla donna che annuì, prendendo a guardare distrattamente il bicchiere, persa nei propri pensieri.
«Quanto sarà lungo il viaggio?» chiese, prendendo tra le dita il calice, prima di iniziare a sorseggiarne il contenuto.

«Qualche giorno, se il tempo rimarrà stabile» spiegò Nellie restando accanto a Elaine.
La contessa annuì, sospirando stancamente, per poi iniziare a consumare senza voglia il cibo, concedendosi di esso solo qualche cucchiaio.

Era ormai piuttosto tardi quando la padrona di casa rientrò nelle sue stanze, seguita come un'ombra dalla domestica che si mise subito al lavoro per liberarla da tutti gli strati di abiti, corsetti e crinoline; le sciolse i capelli e glieli sistemò, spazzolandoli come ogni sera prima che la ragazza andasse a dormire.
Come al solito la domestica non mancò di chiacchierare animatamente, come se avesse sempre il pieno di energie, ma anche in quel momento Elaine non l'ascoltava.

Si sentiva stanca e con la testa pesante, desiderosa solo di mettersi a letto e di riposare. Quando finalmente Nellie terminò il suo lavoro Elaine sospirò felice, agognando il letto.
«Vi serve altro, Lady Lancashire?» domandò la domestica con garbo, ricevendo un no appena accennato da un gesto del capo, mentre la contessa si infilava sotto le coperte.
Solo quando Nellie fu alla porta però, Elaine la richiamò.
«Portatemi dell'acqua, per favore, ho la gola arsa e temo che la sete possa venire a disturbarmi il sonno.»

La domestica annuì con un sorriso gentile. «Certo, mia signora, vi porterò subito quanto richiesto» dichiarò, prima di sparire dietro la porta, lasciando cadere Elaine tra le braccia di Morfeo.

La contessa di svegliò a notte fonda, con la gola secca e assetata di acqua. Lo sguardò vagò al buio, confuso e appannato, riconoscendo a stento i lineamenti dei mobili.
Tentennante allungò il braccio verso il comodino posto a lato del letto, trovandolo sprovvisto dell'acqua richiesta.

Si alzò a sedere lentamente, colpita nell'azione da un violentissimo mal di testa che le fece accrescere un forte senso di nausea. Lo sguardo vagò sulla stanza avvolta nelle tenebre, scorgendo quella che le sembrò la brocca d'acqua posta sul tavolino della stanza.

Tentò si alzarsi, mentre un altro giramento di testa la colpiva, costringendola ad aggrapparsi ai pilastri del letto a baldacchino per rimanere in piedi.
Non riusciva bene a focalizzare quello che le stava accadendo, al perché il corpo stesse facendo tanta fatica a seguire ciò che lei comandava; al perché vedeva tutto annebbiato e poco definito; al motivo del dolore che le martellava la mente. Aveva solo sete e il bisogno insostenibile di bere, come se solo l'acqua fosse stata in grado di ridarle stabilità e lucidità.

Mosse due passi, barcollando, arrancando al terzo e perdendo al quarto l'equilibrio, franando bruscamente contro il tavolo, dal quale la brocca cadde a terra con un sonoro rumore di vetri infranti che rimbombarono nel silenzio dell'intera abitazione, assieme al tonfo del corpo della contessa in preda a una tachicardia sempre più veloce, ignara e disorientata da quanto le stesse accadendo.

Viktor era rientrato già da tempo, fortunatamente già nelle sue stanze e prossimo a lasciarsi andare a un sonno che sperava fosse ristoratore, quando il rumore del vetro frantumato proveniente dalla camera di Elaine lo aveva fatto sussultare e messo in allerta.
Aveva tergiversato giusto un paio di istanti, prima di dirigersi a passo sicuro verso il passaggio che univa le loro due stanze, superandolo per entrare in quella della moglie, trovandola riversa a terra.

Si era avvicinato celere, accucciandosi di fianco a lei per rigirarla e cercare di capire cosa le fosse successo, trovandola ansante, bruciante al tocco e madida di sudore.
«Elaine...» mormorò lui spostandole i capelli dal viso, tradendo nella voce la preoccupazione nel vedere la moglie in quello stato, tenendo poi la mano sulla fronte bollente.

La prese in braccio, rialzandosi in piedi e avvicinandosi al letto, sentendola farfugliare frasi sconnesse e deliranti per via della febbre altissima cui era vittima.
La rimise sul proprio giaciglio, prima di tornare alla porta e richiamare a gran voce il proprio valletto, svegliando, di conseguenza, l'intera villa.

Cody, ancora praticamente in camicia da notte, volò letteralmente giù dalle scale, spaventato per il richiamo di Viktor. Mai era capitato che lo chiamasse nel cuore della notte e a quel modo.
Ancora più confuso apparve nell'aprire la stanza da letto del padrone di casa, trovandola vuota, domandandosi cosa stesse accadendo e se quello che stesse vivendo fosse un incubo, ma l'apparire del conte dalla porta d'ingresso alla stanza di Elaine mise chiarezza al suo dubbio.

«Cosa... cosa succede?» domandò con un farfugliare tipico di un uomo appena svegliato.
«Elaine sta male, venite, ho bisogno di voi» rispose, sparendo all'interno della stanza, mentre Cody si apprestava a seguirlo.
«Accendete le candele, prendetemi dell'acqua e aprite le finestre; potrebbe trattarsi di qualche miasma presente nell'aria» ordinò serissimo, affiancandosi di nuovo accanto alla donna che continuava a muoversi nervosamente e con il respiro irregolare.

Cody non se lo fece ripetere due volte e fu lesto a fare quanto indicatogli, a sua volta preoccupato dalla situazione in cui si era praticamente risvegliato.
«Avete idea di cosa l'abbia colpita?» domandò lo staffiere, senza nascondere l'angoscia del momento. Aveva visto malati e moribondi stando a stretto contatto con il conte, girando per le corsie di vari ospedali e sale operatorie.

Spesso si era trovato di fronte a uomini in pessime condizioni, la maggior parte dei casi dopo aver superato un'operazione a una frattura, una ferita o altri simili infortuni.
Negli ospedali si contavano centinaia di persone affette da malattie o lesioni di ogni genere, ma nonostante le cure dei medici quel sovraffollamento portava a un lento degenerare della condizione di salute dei pazienti, fino alla loro morte.
Una delle motivazioni, legata alla poca sopravvivenza degli infermi, si ipotizzava fosse legata alla scarsa qualità dell'aria, convinti che i miasmi presenti in essa contagiassero i moribondi, portandoli a una lenta e dolorosa agonia.

Il vedere Elaine nelle stesse condizioni di quegli uomini o donne prossimi alla morte, aveva portato sia Cody che Viktor in uno stato di allarme e forte preoccupazione, tanto che il giovane ragazzo faticava ad accendere le candele con mani tremanti.

Il conte invece non sembrò perdere la calma, nonostante il forte timore che si accresceva inesorabile, domandandosi cosa fosse successo e quale fosse la causa di quel male.
Conosceva abbastanza la medicina da valutare delle ipotesi, ma quella che poteva sembrare un'influenza non era proprio il suo campo, inoltre non vedeva Elaine da giorni e non sapeva se avesse già avuto qualche sintomo durante quello stesso pomeriggio.

«Non ho idea di cosa possa avere, chiamatemi Nellie appena avete finito e poi correte dal dottor Killmer; avvisatelo che è estremamente urgente.»
Cody non se lo fece ripetere e dopo aver portato l'acqua e aperto le finestre trascinò Nellie giù dal letto, farfugliando frasi sconnesse riguardo a Elaine.

In un caotico viavai di ansia e paure, tutta la villa si risvegliò, destati dai rumori, dal grido del conte e i passi frettolosi di Cody su e giù per le scale.
Nellie apparve nella stanza di Elaine quando il valletto aveva appena lasciato la villa per andate a recuperare il medico di loro fiducia.

«Cosa ha fatto ieri Elaine? Aveva qualche sintomo insolito? Stanchezza o dolori?» domandò, cercando di guardare il volto della donna che teneva gli occhi chiusi e tentava di sottrarsi al tocco delle dita di Viktor, continuando a mormorare frasi deliranti.

«No, Signore. Ieri siamo solo stati all'istituto e poi siamo tornate in casa. Non mi ha detto nulla riguardo al suo stato di salute.»
«Ha la febbre altissima e il battito accelerato» spiegò lui, forse più a sé stesso che a lei. «Avete mangiato qualcosa di particolare al Bedford college? Dove è Lorelai? Chiamatemi la cuoca!» ordinò seccato, rivolgendosi a William che a sua volta era entrato nella stanza, preoccupato.

«Non abbiamo mangiato nulla, conte» ribatté la ragazza torcendosi le dita con palese preoccupazione, osservando in ansia la sua protetta.
«Immagino che quello che le è stato dato ieri sera sia stato lo stesso che ho assaggiato io e il resto dei domestici, giusto?» domandò, volgendo lo sguardo verso Hester che annuì.
«Sì, Conte. Abbiamo mangiato tutti la stessa cosa» chiarì la governante.

«Non può essere solo un malessere?» azzardò Nellie, sempre più spaventata dallo stato di salute di Elaine.
«Può essere, ovviamente. Tuttavia mi sembra strano un decorso così rapido, ma non è da escludere» mormorò.
«Acqua.... ho sete» sussurrò con voce fioca la contessa, il cui marito la teneva semi seduta e poggiata a sé.
Non servì neppure che Viktor chiedesse, che Nellie fu lesta a portagli subito un calice ricolmo.

L'acqua sembrò dare qualche beneficio, sebbene la tachicardia permanesse e lo sguardo, appena socchiuso, restasse opaco e stanco.
Elaine tossicchiò, poggiando poi la fronte sulla spalla del marito, ignara di quello che attorno a sé accadeva e chi avesse realmente vicino.

Passò quasi un'ora prima che Cody facesse ritorno con il medico.
Trovarono la stanza di Elaine occupata solo dal conte, sempre accanto alla moglie e intento a prendersene cura, tergendo con un panno imbevuto di acqua tiepida il volto della donna, senza togliergli gli occhi di dosso.

Cody, tuttavia, non poté fare a meno di notare l'espressione rabbuiata del suo signore, sospettando che la situazione fosse peggio del previsto.
Nellie era sulla porta, visibilmente spaventata da quanto accaduto e incerta su cosa potesse fare lei stessa per la sua signora.

«Dottor Killmer, grazie di essere venuto e perdoni il disturbo in tale orario, ma temo che sia davvero una situazione urgente» lo salutò Viktor, lanciando all'uomo uno sguardo rapido, prima di tornare a guardare Elaine che di tanto in tanto si muoveva a disagio, quasi come se l'abbraccio dell'uomo che le stava accanto le desse solo fastidio.
«Lasciateci soli» annuì il medico, rivolto ai due domestici rimasti alla porta. Rivolse loro un sorriso, quasi a voler cercare di apparire tranquillo e sollevare le loro paure, per poi chiudere la porta, restando da solo con Viktor ed Elaine.

Il dottore uscì dalla stanza all'alba, parlando in tono basso con il conte, a suo seguito.
«Se non dovesse avere dei miglioramenti entro un paio di giorni avvisatemi. A ogni modo credo che non sia nulla di grave; non dovete preoccuparvi.» «Grazie, Dottor Killmer» rispose atono Viktor, rivolgendo poi l'attenzione verso Nellie e Cody. «Nellie, accompagnate il nostro ospite, per cortesia.»

Il giovane domestico osservò la scena, mentre la ragazza accompagnava di sotto il medico, tornando infine a guardare il suo signore. «Quindi sta bene? Si è ripresa?»
«La febbre è ancora molto alta, ma sembra stare meglio. Dovranno passare alcuni giorni per vedere se la situazione possa migliorare.»
Cody sospirò, alleggerito dal peso dell'ansia provata per quasi tutta la notte. «Una buona notizia, quindi.»

Viktor non rispose, restando a guardare verso la scalinata che portava di sotto. «Qualcosa mi sfugge: Killmer dice che si tratta di un malanno temporaneo, forse qualcosa nell'aria, magari al Bedford college. Tuttavia credo che non si tratti di qualcosa di simile. Alcuni effetti mi sembrano gli stessi di certi medicinali usati per cure e operazioni chirurgiche. Non riesco a capire.» valutò, tornando a guardare verso la stanza di Elaine.

«Capisco, mio signore. Volete che dia indicazioni per annullare il viaggio a Whitesand's?» domandò, non sapendo bene come rispondere a ciò che aveva appena valutato il conte.
«Lo vorrei, ma mi vedo costretto a doverci andare. La lettera che mi è arrivata parla dello stato di salute di mia madre. Appena Elaine si sarà stabilizzata e avrò certezza della sua salute, partirò per il Lancashire.»
«Non porterete la contessa con voi?»
«No...» mormorò in risposta Viktor, abbassando il capo.

Cody restò interdetto, scuotendo il capo contrariato. «Conte, perdonatemi ma non posso esimermi questa volta dal dirvi che è una cattiva idea. Cosa credete che penserà vostra moglie nel vedervi andare via senza di lei.»
«Lei non vuole...» replicò lui.
«Non lo credo possibile, perdonate.»

Viktor si voltò, tornando a fissare il suo valletto con un'espressione stanca. «Me lo ha urlato in faccia, mentre parlavo con William. Voi eravate andato a recuperare il dottor Killmer e non eravate presente. Ho chiesto al maggiordomo di ritardare la partenza di qualche giorno e di mandare una lettera di avviso a mia madre» spiegò, distogliendo lo sguardo e avvicinandosi alla donna che dormiva con un respiro lievemente più regolare. «Mi si è rivolta contro con rabbia e mi ha gridato di non voler venire con me a Whitesand's Hall» spiegò con tono basso e controllato, per quanto Cody ne poté, invece, percepire con chiarezza il suo dolore.

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