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Conti in sospeso

«Whitesand's Hall?» domandò Elaine, osservando perplessa Viktor.
Il conte di Lancashire era seduto dietro la sua scrivania d'ebano, impegnato a scrivere in uno dei registri contabili delle sue proprietà. Fermò il suo listare, tergiversando un istante a rileggere quanto scritto dalla china nera che vergava elegantemente le pagine bianche, prima di alzare lo sguardo sulla moglie.
«Sì, pensavo di partire per la tenuta tra massimo tre giorni» spiegò con tono indifferente, quasi si trattasse di una decisione qualsiasi.

Erano passate tre settimane da quando la coppia si era rappacificata, tornando a condividere il proprio talamo e ogni angolo della villa in cui abitavano.
Viktor aveva lesinato il tempo delle sue uscite, limitandosi a quelle obbligate all'University of London, al Royal college of Surgeon e al White's Club, per quanto in quest'ultimo ci fosse passato sporadicamente per avere accesso a eventuali notizie o informazioni di suo interesse.
Il dedicare attenzioni a Elaine e passare del tempo con lei era diventata necessità, sia per lui che per la contessa stessa, rifiorita in quei giorni come se avesse assunto la migliore delle medicine che il marito potesse somministrarle.

Gli spazi erano stati finalmente condivisi: lo studio, dove da sempre Viktor aveva imposto che nessuno oltre sé stesso avesse accesso, era diventato il luogo dove entrambi i nobili trascorrevano il tempo insieme, dopo pranzo. Mentre lui leggeva o si dedicava a qualche ricerca e scriveva lettere, Elaine rimaneva seduta su uno dei divanetti a ricamare o leggere di fronte al camino, ormai sempre acceso, come silenziosa compagnia.
Viceversa, quando la contessa suonava o disegnava, Viktor era sempre presente nel grande salone della musica, anche solamente nell'ascoltarla.
Accettò persino di posare per un ritratto abbozzato dalla moglie, pur disapprovando palesemente la situazione, ma arrivando poi lui stesso a proporre a Elaine di posare per un vero dipinto, con l'intenzione poi di sistemarlo su una delle pareti del proprio studio.

Commissionò a John Everett Millais, cofondatore della giovanissima Confraternita dei Preraffaelliti, un ritratto che costò al giovane pittore due giorni di presenza alla villa, impegnato ad abbozzare il disegno su tela sulla quale avrebbe poi lavorato diversi mesi nella propria bottega.
Ritratto che però Elaine non avrebbe mai visto completato.
Quel pensiero e gesto, tuttavia, aveva galvanizzato la giovane aristocratica, rinata in una nuova vita decisamente differente da quella in cui aveva arrancato in quegli anni.
Il cambiamento di Viktor, o quantomeno i suoi tentativi di essere più presente e meno algido, aveva giovato alla donna in maniera palese, tanto da permettere a egli di rendersene conto, soprattutto per la scelta condivisa da entrambi nel volere finalmente una discendenza.

In quelle poche settimane nelle quali avevano iniziato a ricucire gli strappi di una vita, erano usciti dalla loro residenza in passeggiate in Hyde Park, all'interno di una cornice autunnale dai toni del rosso, arancione e giallo.
Viktor aveva accettato persino di partecipare a qualche serata mondana e di tornare a teatro, senza più negare nulla di quanto richiesto dalla donna. Tuttavia, il fastidio e irritazione di trovarsi in determinate situazioni diventava piuttosto palese anche per Elaine, tanto da centellinare le uscite sempre più gradualmente. Era chiaro che Viktor accettava quanto lei chiedesse, pur non apprezzando quel genere di attività.

L'aristocratico era rimasto invece sorpreso dalla reazione della donna nel visitare l'Hunterian Museum del Royal College of Surgeon.
Viktor, in quanto membro rilievo del club privato del college, era riuscito a permettere alla moglie di entrare, nonostante il museo fosse ufficialmente chiuso alle donne e accessibile ai soli uomini.
Dopo un lungo e combattuto dibattito con i suoi colleghi del club, del tutto contrari alla violazione della regola, alla fine li convinse permettendo alla moglie di passare qualche ora con lui all'interno dell'esposizione.
Nessun altro visitatore fu presente quella notte, visto l'orario serale in cui raramente qualcuno frequentava quei locali, lasciando che i conti di Lancashire potessero godersi la loro solitudine nella cornice cupa e lugubre del museo di anatomia, scarsamente illuminato dalle luci a gas.
Sebbene Elaine fosse stata dapprima titubante e dubbiosa sull'accettare l'uscita proposta da Viktor, si rivelò, invece, curiosa e interessata a ciò che il conte le mostrò. Dopo un primo momento di turbamento alla vista delle bestie impagliate, rese ancora più ostili dalle ombre notturne, all'ascoltare silenziosa le spiegazioni di Viktor la donna prese agio e sicurezza, pur restando stretta al suo braccio.

La contessa aveva ascoltato in silenzio, ponendo qualche timida domanda che però al conte risultò apprezzabile e ingegnosa, accorgendosi con sua sorpresa di quanto poco, in realtà, avesse davvero conosciuto sua moglie, rimuginando nuovamente sui suoi errori e su quanto scioccamente avesse perso tempo dietro a un insensato dubbio.
Elaine non era solo affascinante per lui, ma, si accorse, possedeva anche intelligenza e intraprendenza che l'avevano resa fin dall'inizio tanto attraente. Taluni lati della sua personalità erano sempre stati tenuti rigorosamente nascosti, inopportuni per una donna, scandalosi sotto molti punti di vista; ma non per Viktor.
Elaine possedeva qualità che lui in una donna non avrebbe cercato, ma che sorprendentemente, si accorse, erano state fondamentali per la sua stessa scelta.

In quelle settimane i momenti di separazione tra i due erano stati relativamente pochi: nelle uscite della contessa per andare a trovare personalità di un certo spicco, come la duchessa Maryrose Majon Whitebury, o visite alla propria famiglia dopo mesi e mesi di assenza.
In tali occasioni Viktor aveva preferito declinare gli inviti, facendo accompagnare Elaine da Cody come suo Chaperon.
In mancanza di una cameriera personale, il conte aveva deciso di mettere accanto alla moglie la persona di cui più si sarebbe fidato. Con il valletto come accompagnatore era sicuro che nessuno si sarebbe avvicinato alla ragazza, o quantomeno Cody sarebbe subito intervenuto per sedare qualsiasi tentativo di adescamento.

Difatti, nelle tre settimane, di Nellie o Ben non si vide neanche l'ombra.
Da Marjorie, invece, Viktor si trovò ad affrontare una situazione ostica e complicata.

L'aristocratico le aveva mandato svariati messaggi attraverso Cody, senza recarsi mai di persona per evitare di vederla o di cadere in qualche suo scaltro giochino, consapevole di quanto ella fosse abile nell'arte della manipolazione con la quale lo aveva condizionato per due anni.
Tuttavia non c'era stato modo di convincere la donna a lasciare la residenza in cui lui le aveva permesso di alloggiare.

Somme di denaro, proprietà fuori Londra o l'assicurare nel tempo una certezza economica, non avevano portato a nessuna soluzione. Marjorie non voleva andarsene da quella casa, se non dopo aver parlato personalmente con Viktor.
Colei che fu l'amante del conte di Lancashire risultava essere l'unico problema che ancora il nobile faticava a risolvere e per cui in nessun caso voleva cedere. Nonostante tutto ciò che lui le proponeva attraverso la parola del maggiordomo, lei prontamente declinava quanto offerto, sostenendo di volerlo vedere, accrescendo così il malumore del conte.

L'idea di tornare a Whitesand'Hall, dove alloggiava la madre convalescente, era stata da giorni ponderata anche per tale questione, prima di essere espressa con sufficienza alla moglie, poiché Viktor era certo di sapere quale sarebbe stata la reazione sorpresa della donna.
Voleva allontanarsi il più possibile da Londra assieme a Elaine e dimenticare una volta per tutte quanto successo fino a poche settimane addietro, sperando che la testardaggine di Marjorie sarebbe venuta meno e che lei finalmente se ne sarebbe andata una volta per tutte dalla sua proprietà.
Era consapevole, inoltre, che la contessa era da sempre curiosa di vedere i possedimenti e la villa di famiglia, della quale in quei giorni le aveva persino parlato, raccontando delle varie ali del palazzo, dei boschi e dei giardini.
Elaine, con la sua reazione all'annuncio, rese palese che poco si aspettasse la probabilità di viaggiare verso Preston o Blackpool e di scoprire finalmente il palazzo che da tempo sognava di vedere e che si era solo potuta immaginare attraverso i racconti del marito o dei dipinti, all'interno di villa Lloyd, che lo ritraevano.

«Non volete venirci?» domandò Viktor constatando quanto la notizia avesse lasciato interdetta la donna e sapendo quanto ne fosse contenta.
«No, nel senso...» rispose lei troppo velocemente, schiarendosi poi la voce e mettendosi più composta. «Sarei decisamente felice di poter andare a Whitesand's con voi. Credo che voi sappiate quanto desideri recarmi in quei luoghi. Me ne avete parlato così tanto, dopotutto.»
In realtà il conte era consapevole del desiderio di visitare la tenuta dapprima che egli gliene parlasse. Avrebbe voluto andare con lui già alla morte di suo padre o quando gli arrivò la notizia dell'infortunio di sua madre, e a quel pensiero la consapevolezza di quanto fosse stato stolto a non accorgersi degli sbagli lo investì nuovamente.
Sospirò accennando un sorriso stanco, stupendo la moglie per quel suo fare poco comprensibile.
«Non siete... sicuro di volermici portare?» domandò Elaine fraintendendo i gesti del marito e temendo la peggiore delle spiegazioni possibili.

Viktor scosse la testa, tornando a guardarla. «No, sono certo di volervici portare e credo che sia più che giusto farlo. Avrei solo dovuto farlo molto prima, conscio che voi desideravate recarvici.»
Elaine sembrò rilassarsi alla risposta, che ne dissipò i dubbi. «Allora, quindi, dovrò organizzare tutto per la partenza.»
«Come voi desiderate» annuì lui, divertito, benché non lo mostrasse, del trepidante atteggiamento della moglie a quella notizia.
La contessa si alzò, volendosi congedare dalla stanza per iniziare i preparativi, ma non prima di essersi avvicinata a Viktor.
Gli prese una delle mani, baciandone il dorso e mantenendo la stretta delle sue dita con quelle del perplesso marito. «Grazie, Viktor.»
Il conte sorrise spontaneo al ringraziamento, perdendo un po' della sua freddezza. «Di nulla, Elaine.»
La guardò uscire dalla stanza, con il solito passo leggero e le vesti che frusciavano sul pavimento marmoreo.
Non si erano quasi mai chiamati per nome con tale confidenza e sebbene nelle ultime settimane stesse diventando tutto molto più famigliare e abituale tra i due, sentirsi chiamare a quel modo dalla moglie continuava a risultargli bizzarro.

I suoi pensieri vennero però distratti dall'ingresso del valletto, di ritorno da una delle uscite atte a convincere l'ex amante del conte a lasciare la sua proprietà.
Il piacere e la quiete provata poco prima da Viktor sparirono all'istante nel constatare, dall'espressione di Cody, che neppure quell'occasione avesse portato al risultato sperato.
«Ancora non se ne vuole andare?» domandò difatti piuttosto alterato.
«No, signore. Ho cercato di parlarci ma non ne ha voluto sapere nulla. Ha ripetuto che fino a che non parlerà con voi di persona non se ne andrà mai dà la dentro.»
«E non è mai uscita in questi giorni? Non può stare lì dentro le intere giornate!» sbottò chiudendo il registro che teneva ancora aperto di fronte a sé. Ogni volontà di catalogare o contabilizzare era letteralmente sfumata.

«Credo che abbia qualcuno che gli porti da mangiare, signore. Non ci sono altre spiegazioni» osservò il ragazzo, dispiaciuto di portare cattive notizie al suo protetto. «Ho tentato di minacciarla, anche se voi non volevate.»

Viktor rialzò gli occhi su Cody, accigliandosi. «Che cosa le avete detto?»
«Che l'avrei trascinata fuori dalla casa a forza, se non avesse smesso di prendersi gioco di noi. Chiedo venia, Conte, ma quella donna ha messo a dura prova la mia pazienza e non sono riuscito a trattenermi.»
Il maggiordomo aveva tentato quasi tutti i giorni di discutere con Marjorie, provando a rendere allettante ogni proposta, prontamente rifiutata con tanto di risposte scortesi e sarcastiche.
Marjorie si era accorta del fastidio e dell'intolleranza del ragazzo nei suoi confronti, iniziando a provocarlo in maniera sottile, senza mai eccedere, ma abbastanza da farlo uscire dalla sua freddezza e professionalità, riuscendo a prendersi gioco di lui.
«Come ha reagito alla tua minaccia?» domandò interessato Viktor.
«Si è messa a ridere, dandomi dello sciocco» commentò seccato Cody, distogliendo lo sguardo da Viktor. «L'ho trovato molto imbarazzante e per poco non l'ho trascinata fuori per davvero.»
«E perché non lo avete fatto?»
«Perché mi ha ricordato che se fosse successo davvero avrebbe fatto scoppiare uno scandalo, visto che chiunque in Belgravia avrebbe visto il valletto del conte di Lancashire trascinarla fuori da quell'abitazione e sbatterla sulla strada. Mi ha provocato di farlo, così che avrebbe fatto di tutto per far credere di essere ancora la vostra amante. Ha minacciato di far sapere a tutta Londra la verità, mostrando poi come il conte volesse sbarazzarsi di lei attraverso il proprio valletto.»

Viktor sospirò, passandosi una mano sul viso stancamente.
«Mi domando cosa mi sia venuto in mente di permetterle di stare in quel luogo. È stato uno sbaglio, uno dei tanti, ma che si è rivelato essere il peggiore.»
«Magari, come dite voi si tratta davvero di attendere fino a che lei si stanchi ed esca da quella casa. Non potrà stare lì dentro in eterno» ipotizzò il valletto.
«No, certo, ma è probabile che si inventi qualche altra idea sciocca per convincermi ad andare di persona. Cosa spera di ottenere, dopotutto?» si chiese scuotendo il capo, irritato. «Non cederei comunque alle sue lusinghe o parole. Gli ho promesso denaro e una vita agiata, basta che se ne vada dall'appartamento, eppure non abbiamo avuto nessun risultato» ragionò il conte alzandosi in piedi e camminando per la stanza con passo nervoso.

Quella situazione non gli piaceva affatto. Oltre a innervosirsi, avvertiva pessime sensazioni al pensiero della donna. Sentiva che ci fosse qualcosa di losco, forse persino pericoloso, che gli gridava di fare attenzione.
Forse fu proprio quella percezione a fargli valutare l'idea di andare davvero di persona da Marjorie. Se in tre settimane non era riuscito a risolvere nulla con ogni proposta possibile, forse la donna aveva in mente qualcosa di troppo avventato.

Non si preoccupava per lui, ma soprattutto per Elaine: voleva che quel problema avesse finalmente il suo epilogo, così da iniziare una nuova vita assieme a chi amava davvero. Viktor ormai considerava Marjorie una minaccia, più per sua moglie che per sé stesso, tanto da temere le ripercussioni che l'ex amante potesse avere sul loro matrimonio.
In nessun modo poteva permettersi altri errori, sebbene temesse che anche recarsi da lei lo potesse divenire.
«Non posso andare da lei, avrà in mente qualche carta da giocare o non insisterebbe tanto» ragionò il conte guardando in direzione del camino.
«E se... se fosse incinta?» suggerì Cody, altalenando lo sguardo tra il proprio padrone e la bottiglia di Brandy sulla scrivania, agognandone un sorso.

Viktor si voltò verso il valletto, notando l'attenzione del ragazzo per il pregiato liquore. Schioccò le labbra stizzito, come se quell'opportunità lo irritasse in maniera particolare.
«Impossibile, non può essere in stato interessante e soprattutto te lo avrebbe detto. Non lo terrebbe nascosto,» spiegò andando a prendere due bicchieri dalla vetrinetta dell'armadio accanto alla scrivania. Su di essa li posò e li riempì di due dita di distillato, porgendone uno al valletto. «Marjorie verrebbe a cercarmi per dirmelo di persona, probabilmente piombando in casa mia, anche solo per spregio nei miei confronti e per darmi problemi con Elaine.»

Cody ammirò incerto il liquore che Viktor gli aveva porto, come se non si aspettasse simile gesto.
Avvicinò il bicchiere alle labbra, gustandosene un sorso brevissimo. Non aveva molte opportunità di bere e da che ricordava quella era la prima volta in assoluto che il conte condivideva del Brandy con lui, motivo per cui teneva a degustarlo il più lentamente possibile.
«Perché non le lasciate la proprietà della casa?» domandò dopo qualche secondo il ragazzo, concentrato sul bicchiere che teneva in mano. «Le avete proposto un alloggio fuori Londra, somme di denaro, un'eredità a vita; capisco che a livello economico la villetta sarebbe una grossa perdita, ma a questo punto forse sarebbe la soluzione migliore per potervi sbarazzare di lei.»

Il nobile rigirò piano il contenuto del proprio bicchiere con un semplice movimento del polso, osservando il liquido ambrato. «Mi urta dover rinunciare a quella proprietà, ma credo che voi abbiate ragione» annuì valutando le parole del ragazzo. «Se non posso mandare via Marjorie da quel posto allora che se lo prenda.»
Viktor bevve d'un fiato il restante liquore, per poi poggiare il bicchiere sulla scrivania. «Lasciate che ponderi con attenzione questa soluzione. Domani, dovessi essere certo di tale decisione, vi manderò da lei un'ultima volta con le carte della villa in Belgravia

Il proposito rimase a lungo nella mente del conte, che stimò cosa avrebbe guadagnato e perso; considerò cosa Marjorie avrebbe fatto, se accettato l'offerta o insistito nel volerlo vedere. Pensarci fu talmente ricorrente da tenere sveglio Viktor persino la notte nel suo letto, accanto a un'addormentata Elaine, che invece dormiva serena accoccolata a lui.
Si alzò presto, alle prime luci dell'alba, senza svegliare la moglie nella speranza di poter tornare da lei prima che si destasse, non volendole far trovare il letto vuoto.

Poche firme e un'attenta rilettura di ogni dato o nota dell'atto di proprietà, deciso con quell'azione a chiudere quella storia, lasciando infine a Cody la cartellina di pelle contenente i documenti della residenza a Belgravia.
«Mi raccomando di porgerle i miei saluti e di augurarle una buona vita» sentenziò con sarcasmo, lasciò il valletto a occuparsi dei suoi affari e tornò nella sua stanza da letto a ricongiungersi con la moglie, alleggerito dalla decisione presa.

Tuttavia al ritorno del ragazzo dai capelli color miele nulla di quanto sperato avvenne.
Fu una fortuna, o sfortuna, che al rientro di Cody Elaine non ci fosse, uscita per dirigersi a trovare la propria famiglia per un tè pomeridiano.
Il valletto era stato via a lungo, troppo per aver risolto senza problemi la questione, il che suggerì al conte che le cose non fossero andate come previsto, e ne ebbe la certezza nel momento in cui vide rientrare il giovane.
Cody aveva un'espressione tra l'irato e il deluso mentre entrava nello studio del padrone e riponeva sulla scrivania la cartellina chiusa.
«Non ha voluto firmare la proprietà della villa. Ha iniziato a strappare i fogli e l'ho fermata a stento dal farlo con tutti. Ho messo in salvo quanto ho potuto,» spiegò alzando le spalle «credo avesse avuto un attacco d'isteria. Sembrava un demonio. Ha iniziato a urlare minacce sempre più gravi, tanto da farmi promettere che vi avrei parlato.»

«Che cosa ha detto?» domandò cupo Viktor.
«Che se non andrete là il prima possibile tutto il quartiere di Belgravia saprà che lei è l'amante del conte di Lancashire. Farà in modo che si venga a sapere fino a corte e che non le importa di creare uno scandalo che metta in mezzo anche Elaine» raccontò il ragazzo in tono basso. «Mi dispiace, signore. Credevo di avere avuto una buona idea.»
«Tu non centri nulla, Cody. L'idea era buona se, nell'effettivo, a Marjorie fossero interessati i soldi» rispose rabbioso il conte, camminando nervosamente per la stanza.
«Cosa intendete fare, adesso?»
L'incedere del nobile si bloccò, mentre lui manteneva fisso lo sguardo sul fuoco. «Non ho alternative, devo andare da lei.»  

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