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Conciliazione

«Non voglio ripetermi, Nellie; il Signore è stato chiaro: dovete prendere i vostri valori e andarvene da qui. Dopo aver parlato con lui, dovrò farvi uscire definitivamente da questa casa!» sentenziò Cody a braccia incrociate, fissando la cameriera personale della contessa con espressione imperturbabile.
La donna, invece, sembrava nervosa e titubante. Scuoteva impercettibilmente il capo a quelle parole, in evidente confusione.

«Io...io non capisco, Cody. Perché questo? Perché il conte ha deciso che io me ne debba andare?»
Il valletto sbuffò, evidentemente spazientito dal fingersi innocente della ragazza. «Credo che sappiate molto bene il perché, visto che in questi giorni vi ho seguita e ciò di cui sono venuto a conoscenza non è piaciuto né a me né tantomeno al Padrone.»
«Ma io non ho fatto nulla di male...»
«Non dite idiozie, donna! Avete assunto un comportamento indecoroso, trascinandovi dietro la contessa; avete permesso che si vedesse con quell'americano, per giunta aiutando lui e cercando di coprire i loro incontri» elencò il ragazzo, senza smuoversi dalla propria posizione.

«Ho solo fatto quanto mi era stato detto di fare, di seguire i desideri della mia signora e l'ho fatto...»
«Lo avete fatto nel modo sbagliato, senza contare che, con tutta probabilità, celate dell'altro dietro a tutta questa devozione nei confronti della contessa.»
Nellie scosse di nuovo il capo, sempre in apparente confusione, quasi non si capacitasse di quanto udito.
Era entrata con Elaine nella villa e, al pari della sua protetta, il sentire la voce del conte l'aveva raggelata sul posto.
Sapeva che Ben aveva chiesto a Elaine di andarsene e che lei avesse accettato, ma ora che Viktor era tornato, quella possibilità si era dissolta ancora prima di diventare concreta.

Inutilmente, aveva tentato di fermare la donna, sparita nella stanza con il proprio marito, cercando invano una soluzione grazie alla quale la contessa potesse ancora ottenere quella libertà sembrata tanto vicina, ma conosceva abbastanza Elaine da sapere che il solo rivedere Viktor avrebbe cambiato tutte le carte in tavola.
Cody era arrivato alle sue spalle, senza che lei neppure se ne rendesse conto, troppo coinvolta dai propri pensieri e paure per ciò che da quel intimo dialogo sarebbe scaturito.

Il valletto era stato diretto, severo e freddo quanto il proprio padrone nell'esporre alla donna quale fosse la decisione del conte in merito alla sua permanenza in quella villa.
Viktor voleva che se ne andasse, senza concedergli le referenze necessarie per cercare lavoro in un'altra famiglia. Inoltre, le era stato detto che prima della sua uscita il padrone di casa le avrebbe parlato di persona e alla donna quella situazione aveva iniziato a non piacere per nulla.
«Non ho dove andare, Cody. È notte fonda, non ho un posto dove stare...» tentò la ragazza in preda a un apparente angoscia.

«Sono certo che i due irlandesi con cui sembrate tanto divertirvi non sarebbero affatto dispiaciuti di farvi spazio nel loro letto, Nellie.»
La donna scosse il capo, cedendo alle lacrime che sembrarono però irritare ancora di più il valletto, turbato nel vederla in quelle condizioni, combattuto e incerto su quanto fosse attendibile quel piagnisteo.
Viktor era stato chiaro con lui: quella donna doveva lasciare la villa al più presto; la considerava pericolosa e forse era stata proprio lei ad avvelenare Elaine. Aveva, con tutta probabilità, rubato ed eliminato lettere e doni che il conte aveva spedito e portato alla contessa.

L'accusa di furto e avvelenamento aveva portato Cody a suggerire di avvisare Scotland Yard, come da prassi, ma Viktor, con la scusa di non voler dare preoccupazioni o dettagli spinosi a Elaine, aveva invece dato direttive per cacciare definitivamente la domestica. Aveva però anche avvisato Cody che non avrebbe dovuto perderla di vista una volta lasciata la villa.

«Lasciate almeno che veda Elaine, fatemi parlare con lei, ve ne prego.»
«No, il conte è stato abbastanza chiaro anche su questo. Avete il tempo di prendere i vostri valori, parlare con lui e poi mi vedrò costretto a farvi uscire da qui, volente o nolente.»
Il valletto addolcì appena il proprio tono di voce, facendosi meno duro di fronte all'espressione disperata, delusa e triste della donna.
Il nobile lo aveva ragguardato di fare attenzione e non cedere alle menzogne cui certamente Nellie avrebbe fatto uso, tentando di fingere un'innocenza che il conte era convinto non avesse; tuttavia Cody tentennò, domandandosi se davvero la ragazza che aveva di fonte fosse tanto maligna come il suo protetto sembrava credere.

«Almeno lasciatemela salutare, si domanderà il motivo del perché non ci sarò più» insistette la donna. «Vi prego Cody, ci deve essere qualcosa che io possa fare. Ho solo cercato di aiutare Elaine, null'altro. Ho sbagliato, è vero, volevo solo che fosse felice. Quello che ho fatto è stato solo per il suo bene.»
Il ragazzo scosse il capo, passandosi una mano tra i capelli, evidentemente nervoso. «Sono spariti molti effetti personali della Signora, doni e lettere. Sono accadute molte cose stravaganti e il conte non ha più intenzione di tollerare la vostra presenza in casa sua» spiegò in un tono più cortese. «Dovete andarvene, Nellie. Anche volendo, non potrei intercedere per voi. Quando Viktor prende una decisione è inflessibile.»

«E chi si prenderà cura della Signora quando non ci sarò più?»
«Sapete benissimo che non sarà più vostra responsabilità occuparvi della contessa. Non è più una vostra incombenza» spiegò il ragazzo, facendole cenno con una mano indicandogli le scale. «Coraggio, vi accompagno nella vostra stanza.»
«Il conte vi ha ordinato persino di venire a controllare mentre prendo le mie cose?» domandò la ragazza assumendo un tono astioso, sebbene non smettesse di singhiozzare, ricevendo in risposta un sospiro frustrato da parte del giovane.
«No, volevo solo accompagnarvi. Vi chiamerò appena che il signore avrà deciso di parlarvi.»
La donna fece per ribattere, ma evidente fu il mordersi il labbro per replicare alle parole di Cody. Rimase in silenzio, sotto lo sguardo tornato austero del valletto che la fissava a braccia conserte, seguendola poi con lo sguardo mentre risaliva le scale.

Solo quando Nellie sparì alla sua vista, il ragazzo sciolse l'incrocio delle braccia, tornando a guardare verso la porta dietro la quale Viktor ed Elaine ancora stavano discutendo.
Ne sentiva le voci ovattate, a differenza di poco prima dove il tono di Elaine di era fatto chiaro e deciso nel rispondere al proprio marito.
Non aveva seguito con attenzione ciò che aveva udito, troppo impegnato a occuparsi di Nellie, e ora che i toni sembravano essersi di nuovo sopiti non riusciva a non domandarsi cosa oltre quella porta stesse accadendo.

Non era descrivibile, o quantomeno non lo sarebbe stato con facilità.
Nella luce soffusa di quella stanza scarsamente illuminata tutto sembrava essere mutato attraverso un'atmosfera di tenebre calde, avvolgenti e protettive. La figura vestita di scuro del conte abbracciava quella chiara della moglie, come due contrasti legati dal bisogno di unirsi, affamati entrambi dell'ombra e della luce, l'uno dell'altra.
Quel bacio leggero datogli dalla donna aveva sancito per lui il perdono richiesto e l'abbraccio iniziava a ricucire, seppur con lentezza, gli stappi dell'anima ferita della ragazza che ora Viktor tornava a stringere tra le braccia, con sempre maggior trasporto.

Baci leggeri si fecero famelici, in un affanno d'impazienza di riavere quell'unione che per anni lui aveva negato a sé stesso e a lei in maniera stolta e incoerente, contro ciò che aveva voluto davvero.
Le dita di Viktor si strinsero sulla seta che rivestiva Elaine, bramando di toglierle ciò che lo teneva lontano dal toccare nuovamente la pelle nuda della donna, in quel momento anelante di lui senza remore alcune.
Entrambi, già con il respiro affannato, erano specchio di sé stessi e di ciò che volevano davvero, in un cercarsi e desiderarsi sempre più irrequieto e facinoroso, con mani ardite atte nel tentativo di togliere ciò che ancora li divideva.
Fu il rumore dello strappo dell'abito di Elaine a fermare quel momento di ribellione dalla ferrea etichetta, ridando consapevolezza della situazione alla coppia, frenando l'impeto di Viktor che si riscosse dal bacio riportando l'attenzione sulla veste strappata della donna all'altezza della spalla, dando voce alla sua frustrazione attraverso un soffocato ringhio infastidito.
Tergiversò un attimo, valutando di strapparle via per davvero tutto l'abito, corsetto, vesti, sottovesti, sottane e gonne annesse.

Elaine però fu più celere, spostandosi da lui prima che il marito rendesse reali i suoi pensieri, stracciandole di dosso ogni cosa.
«Vorrei...vorrei che mi raggiungeste nelle mie stanze, Viktor» chiese la ragazza abbassando per un attimo lo sguardo, prima di tornare a guardarlo con ancora il cuore che le scoppiava in petto e il respiro accelerato.
In risposta il conte annuì, traendo un lungo respiro a calmare lo spirito inquieto, aprendosi poi maggiormente il colletto quasi gli mancasse l'aria. «Sì, ... direi che possiamo andare subito, nelle vostre stanze.»
«Mi faccio preparare da Nellie...»
«Non serve che vi fate preparare da nessuno» sentenziò lui, scuotendo il capo e passandosi una mano tra i capelli. «Sono capace di togliervi io stesso quello che avete addosso» replicò serio, non curandosi di quanto quelle parole potessero risultare indecorose, alle quali, difatti, Elaine arrossì, mantenendo un sorriso velato dall'emozione.
Viktor rimase a guardarla qualche istante, ammirandone la figura e i lineamenti dolci del volto, quasi come se nei suoi ricordi tutto si fosse con il tempo sbiadito, perdendo di consistenza.
Ne accarezzò di nuovo le gote, lasciando scivolarvi le dita lungo il collo, scendendo verso la spalla e il braccio, andando alla ricerca della sua mano per poi richiuderla nella propria.
Null'altro venne espresso, lasciando che pensieri non detti, e l'aspettativa incatenata all'impazienza, aumentasse il desiderio che da lì a poco sarebbe finalmente stato appagato da entrambi.
Il conte portò con sé la donna, uscendo finalmente dalla stanza testimone di un litigio che avrebbe dato una svolta definitiva a una situazione in stallo ormai da anni.

Cody, posto ancora a guardia della porta, si spostò appena nel vederli finalmente uscire, limitandosi ad assumere la solita postura distinta con le mani dietro la schiena, faticando però a nascondere l'espressione incuriosita e al contempo preoccupata con la quale fissava i due Signori Lancashire di villa Lloyd.
Elaine seguiva Viktor a capo chino, ancora incredula di quanto successo, pur lasciando visibile un lieve sorriso e le guance arrossate che spiccavano sulla pallida carnagione. Viktor, invece, lanciò solo un'occhiata al suo valletto, arrestandosi di un passo per poi volgere lo sguardo verso la scala, incerto nell'indecisione se dare qualche ordine oppure mantenere il silenzio.
Fu proprio quest'ultima soluzione che adottò, ignorando la faccenda della domestica che l'aveva attanagliato da che aveva rimesso piede nella sua dimora, ma con di nuovo accanto a sé Elaine e poteva chiudere quella porta attraverso la quale si erano sempre celati incubi travestiti da sogni; altro non voleva che poter perdersi in lei e cedere a quel desiderio che li aveva consumati e logorati fino a quel momento.

«Va pure a dormire, Cody; altre questioni possono aspettare, per questa sera» concesse il conte, lanciando un'altra occhiata alla moglie, la quale gli sorrise con velata timidezza che tanto bastò a far comparire qualcosa di analogo sul volto del nobile, in risposta alla donna.

Il domestico annuì chinando il capo, mantenendo il solito atteggiamento distaccato e servile, per quanto anche lui, di fronte ai suoi protetti e nel vederli di nuovo l'uno accanto all'altra, non riuscì a celare la propria approvazione, seguendoli poi con lo sguardo, mentre risalivano le scale per raggiungere le loro camere.
Il valletto sospirò, dopo averli guardati sparire oltre il corridoio che portava in direzione delle stanze di Elaine, stiracchiandosi rasserenato dopo la tensione accumulatasi in quel lasso di tempo in cui Viktor era tornato, chiedendo a lui un dettagliato resoconto di quanto accaduto.
Si era lasciato vincere dall'ansia, temendo di come il conte avrebbe potuto reagire a quanto successo nei giorni di sua assenza, considerato che per tutto il tempo in cui aveva parlato Viktor non aveva espresso parola o cambiato espressione, limitandosi a guardare il fuoco del camino, rimuginando su ogni parola da lui detta.
L'aveva visto di certo più sereno nell'uscire con Elaine da quella stanza, tuttavia nutriva qualche dubbio riguardo alla risoluzione tanto facile di tutta quella storia. Era certo che non sarebbe bastato il riappacificarsi dei due per allontanare dai pensieri del conte quanto sentito.

Uno sbadiglio, accompagnato da un brontolio dello stomaco, lo allontanò da quei pensieri, mentre sonno e fame richiamavano un'attenzione ben più necessaria e primordiale.
Le cucine, a portata di mano rispetto la stanza da letto situata ai piani più alti della villa, resero facile la scelta da prendere, lasciando al giovane dai capelli color del miele la possibilità di ricercare qualcosa da mangiare ora che lo stomaco, rimasto chiuso dall'agitazione provata fino a poco prima, sembrava richiedere nuovamente attenzione.
Ci trovò Hester, impegnata a sistemare la cucina per la notte, ormai del tutto ripulita e resa immacolata dai domestici impegnati in quei locali.
La governante rivolse un'occhiata guardinga al ragazzo, fermatosi alla porta nel vedere la donna.
«Scusatemi, Hester, sono passato solo per vedere se era rimasto ancora qualcosa da mettere sotto i denti.»
«Ci sono degli involtini di crema al burro; sono stati preparati per domani mattina» specificò la donna indicandogli uno dei vassoi coperto da un telo di lino bianco, per coprire le pietanze poste sotto di esso. «Nessuno dei Signori ha toccato cibo.»
«Magari domani faranno colazione assieme» osservò il valletto, sedendosi al lungo tavolo di legno usato per la preparazione dei pasti, sorridendo allo sguardo dubbioso della donna.

«Credete che...»
«Sono saliti assieme. Forse, e dico forse, le cose cambieranno» spiegò il giovane mentre la donna prendeva un piattino in porcellana sopra al quale vi pose il dolce.
«Ho una brutta sensazione» rispose però Hester, porgendogli la pietanza.
«Oh, per favore! I Signori sono finalmente saliti in camera da soli, assieme, e voi avete una brutta sensazione? Fatevela passare, per Dio! Abbiamo già avuto abbastanza dilemmi in questi anni!» borbottò stancamente il ragazzo stizzito, iniziando a mangiare il dolcetto, mentre la governante sospirava senza ribattere.
Nessuno di loro, impegnati a rimuginare sui propri pensieri, sentì la porta d'ingresso venire aperta lentamente, lasciando che una sottile figura l'attraversasse, facendo bene attenzione di non fare nessun rumore. Si chiuse l'uscio alle sue spalle prima di sparire tra le ombre della notte.
Solo qualche tempo più tardi, Cody si sarebbe accorto dell'assenza di Nellie, trovandone la stanza completamente vuota.

Viktor invece lo avrebbe saputo molto più tardi, irritandosi alquanto nel sapere di quanto accaduto, sebbene durante quella notte nulla sarebbe importato a lui, fuorché di sua moglie.
Era entrato con lei nella sua stanza, accesa di tenue luce proveniente dal camino, anch'esso acceso per i primi freddi di quella stagione.
Non si lasciò trasportare dalla bramosia, benché la sentisse ruggire dal suo stesso animo, desiderosa di ottenere la sazietà che agognava e che, nonostante avesse tentato di ottenerla in altro modo, mai si era sopita.
Aveva sempre desiderato Elaine, solo lei. Marjorie era stata un falso rimpiazzo che aveva tentato di usare per risanare quell'assenza, in realtà inesistente; vittima di sé stesso e delle sue paure e incertezze, mai come in quel momento se ne stava rendendo conto.

Ogni sensazione era diversa, dal sentimento, l'eccitazione e il desiderio. L'appagamento voluto era rivolto a ciò che vedeva in lei e non al mero piacere carnale legato all'atto fisico.
Era il sorriso di Elaine, le sue carezze, i suoi sospiri e i suoi brividi che ne ravvivavano la pelle al suo tocco; era ogni reazione ed espressione di quella ragazza che lo gratificava, a differenza di ciò che aveva provato con colei che gli era stata amante e che mai aveva riempito davvero quel senso di assenza e necessità da sempre provato.

Viktor l'aveva spogliata di tutto, mitigando la sua impazienza nello scioglierle ogni lascio del corsetto, sfilandogli ogni parte del suo abito con lentezza, tra un bacio e una carezza ricercata da lei o da lui. Persino l'osare della ragazza nel volergli togliere gilet e camicia, bottone dopo bottone, fu per lui un piacere inaspettato.
Non serviva parola, richiesta o domanda; le mani cercavano da sole ciò che desideravano l'uno dall'altra come se sapessero perfettamente cosa fare.

Tra le fresche lenzuola di lino riaffiorarono i ricordi che il tempo aveva reso lontani, di sensazioni dimenticate ed emozioni mai sopite.
In una danza che sapeva di antico, il conte e la contessa si riappropriarono di ciò che era mancato e stato negato, per stoltezza e per timori infondati.
Viktor non mancò nel suo dovere ed Elaine dimenticò tutto ciò che l'aveva angustiata in quegli anni non appena lui fu di nuovo in lei, uniti dopo un tempo sembrato interminabile.
Il conte si lasciò andare in sensazioni che aveva da sempre ricercato ma mai ottenuto per davvero. L'odore, i sospiri e la voce di Elaine davano sensazioni ben differenti da quelle provate con un amante attraverso la quale si era aggrappato in un ricordo che nulla aveva a che fare con la realtà.
Elaine, finalmente, colmava quel vuoto e solitudine che da anni l'avevano tormentata e che invano aveva tentato di sedare attraverso la compagnia di Benjamin.
Entrambi avevano cercato una via di fuga dalla paura e dalla solitudine, sbagliata da parte di Viktor; necessaria da parte di Elaine per la sua stessa sopravvivenza.

Non si erano dati tregua, riscoprendosi per ciò che erano stati in passato, cadendo infine esausti sulle coperte leggere e stropicciate, scivolarono nel torpore dell'appagamento reciproco senza lesinare in carezze e sospiri, abbracciati l'una all'altro.
Elaine si accoccolò contro il petto di Viktor, ancora con il respiro accelerato dopo l'atto appena consumato, accarezzando con lentezza il petto e l'addome del marito che a occhi chiusi si gustava le dolci attenzioni della propria moglie.
«Domani... domani restate qui. Non andate via» sussurrò Elaine a bassa voce, osservando le proprie dita passare leggere sul petto di Viktor che si muoveva ritmicamente, alzandosi e abbassandosi, ancora in maniera affannata.
«Andare via?» domandò lui chinando il capo e riaprendo gli occhi «Dove dovrei andare?»

La ragazza si puntellò sui gomiti, lasciando scivolare la cascata di capelli mossi e scuri libera da trecce e acconciature lungo la schiena e la spalla, attirando su di essa l'attenzione dell'uomo accanto a lei. «Non voglio svegliarmi da sola. Domani vorrei stare con voi» richiese lei osservandolo con attenzione pur sentendo l'onere di dover abbassare lo sguardo come da sempre le era stato insegnato.
Difatti, dopo qualche istante di silenzio nel quale Viktor non gli diede risposta, spostò lo sguardo, abbassando il capo, delusa di una mancata risposta immediata da parte sua che non tentò di nascondere a cui Viktor non sfuggì.
Delicato sfiorò il mento della ragazza, per farla tornare a rivolgersi a lui. «Vorreste venire con me domani? Al Royal College?»
L'espressione di Elaine, a quella domanda, si fece sorpresa. «Io... io non posso entrare là dentro» rispose subito, scuotendo il capo, mentre Viktor affilava un sorrisetto divertito.
«Le donne non possono entrare, è vero, tuttavia posso chiedere un permesso speciale per l'accesso al museo, sempre che voi vogliate vederlo. Sono molti gli uomini che dicono che una donna non può capire quello che lì dentro è esposto» valutò lui, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Non vi porterò nella sala operatoria, né al club del college, ma credo di riuscire a farvi passare qualche ora nel museo in mia compagnia.»
«Mi piacerebbe» ammise lei, annuendo, anche se, con tutta probabilità, avrebbe accettato qualsiasi luogo, pur di potergli stare accanto.

«Volevo anche dirvi che non farò più nulla per impedirci di avere dei figli» aggiunse poi carezzandogli il volto. «Se è ciò che volete, non farò nulla per impedirvelo, per quanti timori io possa avere a tale riguardo.»
Fu Elaine questa volta a restare in silenzio a quella dichiarazione, specchiandosi nelle iridi di un azzurro brillate del nobile, apparentemente tranquillo nonostante il discorso affrontato.
L'accarezzava stringendola poi a sé con l'altro braccio libero. La voleva sentire vicina, a stretto contatto, percependone la pelle contro la propria, il suo calore e il suo profumo che aveva quasi dimenticato.
«Siete ancora adirata?» domandò lui dopo qualche secondo che lei sembrava rimuginarci troppo, alzando appena un sopracciglio, più con fare perplesso che preoccupato.

«Quella vostra scelta mi ha fatto molto male» ammise lei prima di accarezzargli il viso. «Sono stata molto male.»
«Mi dispiace, Elaine» rispose lui tornando serio, per poi attirarla di nuovo a sé. «Sono stato uno stolto, sebbene sono consapevole che dirvelo o chiedervi perdono non cambierà ciò che avete provato» sussurrò in tono basso, affondando il viso tra i suoi capelli prima di respirarne a fondo l'odore.
«Non traditemi più, non lasciatemi più» rispose lei prendendogli il volto tra le mani per guardarlo attentamente. «Non ve lo perdonerei mai; non lo accetterei. Mi avete annullata una volta, e siete riuscito a riaccendere ciò che avete spento voi stesso, ma non sarei capace di rialzarmi una seconda volta» mormorò, lasciando poi un bacio delicato sulle labbra del marito.

«Non accadrà, ve lo garantisco» rispose lui stringendola di nuovo a sé, prima di approfondire quel bacio trascinando la donna su di sé, intenzionato a rendere quella notte molto più lunga del previsto.

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