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Borghesia

Erano passati mesi da quando Viktor ed Elaine si erano sposati e, nonostante ciò, spesso si sentiva qualche pettegolezzo sussurrato nelle feste o ritrovi mondani a cui dignitosi e dignitose personalità partecipavano.
Il motivo era anche dovuto alla poca apparizione dei due nelle serate organizzate dai vari ricchi, o da qualche nobile di turno che voleva dar sfoggio al proprio sfarzo o alla propria ricchezza.
Viktor non aveva mai amato o apprezzato simili ricorrenze ed era raro per lui parteciparvi, tant'è che la sua stesa presenza all'Almack, dove aveva incontrato Elaine, era stata di per sé un'eccezione.
Il suo essere pragmatico e concreto contrastava con quella che era la superficialità e la frivolezza delle classi agiate londinesi, gradendo di più dedicarsi a dialoghi più profondi o che potessero stuzzicare il suo interesse.

Per quanto scettico e distaccato dagli usi dell'epoca, il Visconte si poteva considerare una persona dai gusti raffinati ma terribilmente restio alla superficialità di quei discorsi a suo parere sterili, che riscontrava in quegli incontri dove raramente trovava appagamento.
Viktor aveva svariati interessi, che andavano dallo studio della sua materia preferita a tutto ciò che potesse essere necessario conoscere.
Amava la perfezione, in qualsiasi modo essa fosse, dalla forma di una donna alla ineccepibilità di un corpo umano che trovava, ad esempio, nello studio medico e dell'imprevedibilità della vita. Tuttavia non disdegnava discorrere di politica o qualsiasi altro argomento noto di cui un uomo del suo rango dovesse essere a conoscenza.
Non gli piaceva particolarmente, ma non era uno sprovveduto e sapeva quanto certe nozioni e informazioni fossero necessarie.

Ciò nonostante il suo interesse principale riguardava lo studio della chirurgia e della medicina.
Sapeva cosa fosse la vita e aveva visto la morte con i suoi stessi occhi in migliaia di casi, attraverso persone che avevano cercato proprio in lui la speranza di una possibile cura da una malattia o la salvezza da un incidente mortale.

Aveva dato e tolto la vita a suo piacimento, più per studio personale che per carità verso chi ne avesse bisogno, nonostante perseguisse meticolosamente il proprio lavoro qualora gli venisse richiesto.
Era considerato uno dei migliori medici e chirurghi di tutta Londra, probabilmente per il semplice fatto che, a differenza di molti dei suoi colleghi, il suo approccio era più scientifico e meno "religioso".
Di fatto la maggior parte dei suoi pazienti guariva, o quantomeno difficilmente spirava, sempre ammesso che lui avesse realmente intenzione di guarirli e non semplicemente studiare i loro casi clinici.

Era affascinato dalla medicina fin da quando era bambino e stranamente suo padre non gli aveva impedito di sviluppare tale interesse fornendogli lui stesso i mezzi per aumentare la sua curiosità.
Studiò al collegio di Eton, nel Berkshire, e successivamente al King's College di Cambridge, per finire i propri studi al Royal College of Surgeons, a Londra.
Durante gli anni viaggiò spesso per l'Europa, visitando l'Italia, la Francia, la Spagna, l'Austria, l'Ungheria e la Germania, dove fece la conoscenza di Alberto, il Principe Reggente, e suo fratello Ernesto.
Ciò che aveva studiato fin da piccolo lo aveva reso riluttante a quelle feste o agli incontri sociali, ai quali spesso veniva invitato o costretto dai genitori a parteciparvi prima di sposarsi.

Era a conoscenza, purtroppo, che in alcuni casi non avrebbe potuto rifiutarsi, come ai Gran balli della Corte Reale o eventuali inviti di personalità di status maggiore al suo.
Per quanto disprezzo, noia o fastidio provasse, sapeva che per quieto vivere avrebbe dovuto partecipare a quelle serate per l'immagine sua, della sua famiglia e del suo status, così da evitare dicerie e pettegolezzi inutili.

Un'altra questione importante riguardava la Camera dei Lord, alla quale avrebbe potuto presenziare per diritto ereditario non appena avesse preso il posto di suo padre; ma la politica, per quanto risultasse brillante nel parlarne e appoggiasse il Partito Conservatore, non sarebbe mai stata di suo principale interesse.

I soli luoghi nei quali accettava di trascorrere parte del suo tempo erano i club privati come il White's o il Boodle's, rigorosamente per soli uomini, dove era usuale trovare suoi pari intenti a discutere di ben altre questioni, ben poco moraliste e superficiali.

Il White's, conosciuto anche come "La casa della cioccolata", era un locale raffinato ed elegante, dove già dall'ingresso si poteva percepire l'odore dei sigari che gli astanti consumavano insieme a un bicchiere di brandy, seduti a chiacchierare su comode poltrone, giocare a carte o a biliardo.
In quel club di soli gentiluomini si poteva trovare il meglio di Londra, regolato da rigide norme di comportamento ed etichetta dove i signori potevano rilassarsi in un ambiente informale parlando dei più svariati argomenti, giocando d'azzardo e soprattutto consumando prodotti di svariata qualità, come il cioccolato proveniente dall'America.
Uno dei dettagli più famosi del White's era il libro delle scommesse, nel quale si annotavano diverse sfide tra gli uomini frequentatori del locale con puntate economiche sempre più alte.
Tutto poteva rientrare nella scommessa, dalla vincita di una gara, dalla riuscita di una conquista di una debuttante o da quanti figli un uomo potesse ottenere da una donna.
Persino Viktor, di tanto in tanto, si era lasciato trascinare in qualche sfida che aveva reputato interessante.
Inutile dire che su quel libro erano state scritte più scommesse che riguardassero il matrimonio del Visconte ed Elaine. Qualche stolto aveva persino puntato alla disfatta di Viktor, fallendo miseramente e perdendo centinaia di ghinee.

L'unico dettaglio che agli occhi del Visconte stonasse in quel luogo, era la presenza di alcuni uomini della classe borghese.
Viktor non tollerava l'ignoranza e soprattutto la mancanza di educazione ed etichetta. Chiunque non avesse modestia o decoro, per quanto ricco poteva essere, urtava terribilmente la sua persona. Sopportava, però, alcune personalità della borghesia qualora queste risultassero ai suoi occhi interessanti, arrivando persino ad accettarle e, in alcuni casi rari a parlarci da pari.

Per quanto Viktor fosse spocchioso e arrogante, teneva sempre un atteggiamento educato e rispettoso nei confronti di coloro che facevano parte dell'alta società; era, invece, intollerante verso quasi tutti coloro che aumentavano sì la ricchezza del paese, ma a discapito dell'ignoranza e della maleducazione, per quanto potessero far parte dell'aristocrazia.

Si potevano trovare uomini indigenti che avevano fatto la fortuna grazie alla corsa all'oro negli Stati Uniti D'America e che con esso avevano comprato palazzi o attività di vario tipo, oppure giovani borghesi ereditieri di terreni.
Nel malaugurato caso in cui Viktor incontrava qualcuno di essi, semplicemente li ignorava come se non fossero mai esistiti.
Tutti tranne uno: Sir Mortimer Krane.

Mortimer era di origini scozzesi, divenuto ricco grazie all'oro rinvenuto da suo padre, uno dei primi a trovare il prezioso metallo nelle Americhe intorno al 1848 e ora era capo di ben più di un'attività in svariati quartieri londinesi.
Tra i due non era mai scorso buon sangue, anzi, l'astio da parte di Viktor nei suoi confronti era risaputo da tutti e reso palese ogni volta che si incontravano.
Lo stesso valeva per Krane, invidioso del ricco e celebre primogenito di casa Lloyd.

Raramente si incrociavano nel Club e ancor più di rado nelle feste o ricorrenze dove, a differenza del Visconte, Mortimer era molto più attivo e ormai conosciuto, per quanto non vantasse affatto una buona reputazione.
Infatti in molti lo giudicavano insolente e violento, imputando tali atteggiamenti a quella che era stata la sua vita precedente da classe abbietta.

Fu un caso che i due si incontrarono al White's Gentlemen's Club, ormai dopo svariati mesi che Viktor era ufficialmente dichiarato sposato.
Il Visconte era già all'interno del locale, seduto a uno dei tavolini con alcuni colleghi del Royal College, sorseggiando distrattamente un bicchiere di Cognac caldo e ascoltando in silenzio il discorso che gli altri tre uomini stavano avendo.
Si sentiva già abbastanza annoiato per come stava andando la serata mentre gli altri chiacchieravano distrattamente di politica e delle ultime scelte di John Russel, il primo ministro, tanto che nella propria mente stava valutando l'idea di tornare alla magione dove sapeva che Elaine lo stesse aspettando.
Un lieve sogghigno gli si formò sulle labbra, che prese a mordicchiarsi nervosamente senza neppure rendersene conto, al solo pensiero.

Fu la voce inconfondibile di Krane che lo riportò bruscamente alla realtà attirando così tutta l'attenzione di Viktor e assieme a lui anche degli altri quattro gentiluomini seduti al suo stesso tavolo.
Il Visconte sorrise perfido assottigliando lo sguardo nell'osservare l'avanzare spavaldo del borghese dai capelli rossi che salutava alcuni dei commensali prima di accorgersi della presenza del Visconte, rivolgendogli uno sguardo stizzito carico di fastidio.

«Oh, a quanto pare questa sera il Lord Visconte ha voluto farci grazia della sua presenza» lo salutò lo scozzese con un tono chiaramente ironico e lievemente minaccioso, osservandolo, però, con un'espressione seria e infastidita.
«Mortimer, mi sorprende sempre vedere uno come voi in questi luoghi» gli rispose mellifluo Viktor, riportando alle labbra il bicchiere di Cognac come se stesse amabilmente parlando con chiunque.
«E come sempre, vedo che voi mi mancate di rispetto omettendo il mio onorifico»
Il tono di Kane stava già iniziando ad alterarsi e di sottofondo iniziava a sentirsi il brusio preoccupato di alcuni dei commensali.

Viktor finse di sospirare annoiato, nonostante il sarcasmo gli si leggesse in faccia «Un titolo onorifico lo si ha per diritto di nascita o perché si è guadagnato un tale rispetto e, sinceramente, voi non mi sembrate possedere nessuna delle due cose» replicò sempre con tono falsamente accondiscendente, come se stesse spiegando una cosa ovvia a un bambino incapace di comprendere.
Mortimer, infatti, iniziava a dare sempre di più segni di impazienza, conscio del gioco che il Visconte stesse giocando «Mi state insultando, Lloyd?»
Viktor ridacchiò scuotendo il capo. «Lord Lloyd! Se permettete, e no, non vi sto insultando, ma puntualizzo solo l'ovvio» terminò quindi con un'alzata di spalle, come se la cosa non gli desse nessuna soddisfazione.
Era una mancanza di rispetto sottile, che restava sul limite dell'offesa e dell'educazione.

Krane lo sapeva e quell'atteggiamento lo rendeva livido di rabbia. Non era la prima volta che si trovava in una situazione simile, con quel maledetto bastardo che lo umiliava di fronte a tutti e che chiaramente di divertiva terribilmente nel farlo.
In più di un'occasione, per evitare di attaccarlo al muro o dargli una bella lezione aveva lasciato la sala, ben sapendo che se avesse perso la calma avrebbe fatto il suo gioco rischiando poi delle serie ripercussioni su quelle che erano le sue attività locali.

«Che c'è, Mortimer, avete già perso la parola? O forse vi siete reso conto che se ve ne state zitto magari potreste apparire più intelligente di quanto in verità voi non siate?» domandò Viktor tornando a sorseggiare con eleganza il proprio liquore, sfoggiando un sorrisetto vittorioso.
«Il mio titolo mi è stato dato per ciò che ho ottenuto, Lloyd! E lo sapete benissimo» ringhiò il rosso, osservando poi il medico poggiare sul tavolino il bicchiere vuoto alzandosi poi dalla poltroncina dirigendosi verso di lui e fermandosi di fronte senza il minimo timore, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Il vostro non è un titolo ma un'onorificenza che non vi spetta. Potete anche comprarvi un titolo, ma non sarete mai un pari del regno, Krane» iniziò a spiegare a bassa voce Viktor con tono chiaramente provocatorio. «Vostro padre ha trovato l'oro nelle Americhe e non voi che tanto vi osannate come uno dei nuovi ricchi di Londra. Potete essere pieno di soldi, ma se non ricordo male, la vostra famiglia di occupava di cosa? Bestiame? Maiali?» domandò inarcando un sopracciglio e osservando l'irritazione del proprio antagonista salire sempre di più, ormai prossimo a esplodere.
In sottofondo, invece, si percepivano delle risatine soffocate per quel battibecco, per molti giudicato divertente.

Lloyd affilò lo sguardo, compiaciuto «Potete avere trovato l'oro, comprare vestiti costosi e fingervi un gentiluomo. Con tutta probabilità potreste anche riuscire a sposare una nobildonna se la famiglia avesse dei problemi economici, ma pensate che tutto questo possa cancellare l'odore di sterco che aleggia attorno a voi?» domandò chinando il capo di lato, sempre usando un tono cortese ed educato in contrasto con le offese appena espresse.
Kane reagì, ormai fuori controllo dalla rabbia, afferrando Viktor per il colletto della camicia con fare minaccioso, trattenendo a stento la voglia di prenderlo a pugni.

In tutta risposta il ghigno del Visconte si allargò, evidentemente divertito e per nulla preoccupato dall'azione dello scozzese. «Avanti, Mortimer. Fate vedere a tutti che ho ragione» sussurrò provocandolo con calma disarmante, alzando appena il capo senza distogliere lo sguardo da quello di Krane.
Il borghese ringhiò frustrato, lasciandolo andare e facendo alcuni passi indietro. «Ve la farò pagare cara, Lloyd. Quanto è vero Iddio, mi vendicherò di tutte queste vostre umiliazioni, potete starne certo!» minacciò quindi, prima di voltarsi e prendere a camminare verso l'uscita della sala con passo rapido.

Viktor lo seguì con lo sguardo soddisfatto di quella piccola vittoria. Prese un altro bicchiere di Cognac per godersi fino in fondo quel momento, riprendendo a conversare come se nulla fosse.
Quando tornò alla villa era sera inoltrata e si sentiva stanco dalla lunga giornata. Era raro che si fermasse nei club dopo lavoro, anzi, di solito preferiva tornare alla propria magione, dedicandosi ai propri studi e, soprattutto, a Elaine.

Il pensiero di lei gli provocò un brivido di piacere che come al solito si sorprese di percepire ogni volta che ci pensava. Nonostante fosse passato del tempo non se ne era mai stancato, anzi, era come se non gli bastasse mai e dopo il litigio avuto con Mortimer sentiva ancora più forte il desiderio di possederla.
Aveva terribilmente voglia di lei.

Appena entrò in casa lo investì la dolce melodia del pianoforte nonostante l'orario fosse già tardo, ma non se ne stupì più di tanto.
La ragazza aveva dimostrato di saper suonare in maniera eccellente il piano e la prima sera che tornando l'aveva sentita era salito silenziosamente nella sala della musica, restando in silenzio a guardarla per lungo tempo, ascoltandola rapito.
Da quel giorno nell'entrare in villa percepiva sempre la solita melodia risuonare per le sale come se volesse accogliere il suo ritorno e ovviamente quella notte non cambiava dalle altre.

Ignorando totalmente i domestici, Viktor risalì in silenzio i gradini fino alla sala da dove proveniva la musica, soffermandosi a guardare la ragazza che ancora non si era accorta di lui.
Come sempre rimase a fissarla per qualche istante, godendo di quella bellezza perfetta, dopodiché prese a camminare verso di lei fermandosi alle sue spalle e rivolgendo l'attenzione sulle sue dita che, rapide ed eleganti, volavano sui tasti del pianoforte.
Posò le mani sulle braccia di lei che a quel tocco si fermò all'istante irrigidendosi e voltando il capo verso di lui. Non le lasciò neppure il tempo di salutarlo né di dire nulla che si gettò con impeto su di lei cercando le sue labbra in un bacio ardente, trascinandola poi in piedi prima di stringerla a sé quasi di forza, senza che lei facesse ovviamente la minima resistenza.

Elaine ricambiò dopo un attimo di smarrimento lasciandosi, poi, trasportare dall'eccitazione del momento, abbracciandolo a sua volta dato quell'inaspettato suo gesto e stringendosi a lui con il cuore che le martellava incessantemente per l'emozione.
Lui a stento si trattenne dal farla sua direttamente nella stanza della musica, tale era ormai cresciuto il suo desiderio. Interruppe il bacio affiancando il proprio volto a quello di lei sfiorandole la guancia con la propria e avvicinandole le labbra all'orecchio.
«Vi aspetto nelle mie stanze» le sussurrò, stringendo lievemente i suoi fianchi «Vi voglio! Adesso!» terminò poi in un sussurro senza guardarla, lasciandola e voltandosi di spalle, uscendo poi a passo veloce dalla sala con lei che, ancora stordita, lo guardò chiedendosi cosa gli fosse successo.
Poi ovviamente lo seguì.   

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