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Astuzia e nobiltà

«Elaine, volete sposarmi?»

La domanda giunse alla ragazza ovattata e distante come se stesse sognando e per un attimo fu proprio ciò che lei credette.
L'espressione di Viktor era una maschera indecifrabile, quasi che quel quesito, e la risposta a esso annessa, non avesse per lui importanza.
Lei seguiva i suoi passi per inerzia, mentre il visconte la conduceva con grazia, alla pari sincronia delle coppie attorno a loro, mescolandosi e fondendosi attraverso le note di quell'arte antica.

Elaine dischiuse appena le labbra, incapace nel celare l'espressione scombussolata per quell' imprevedibile richiesta che mai si sarebbe aspettata di ricevere da quell'uomo dopo gli ultimi accordi.
Nondimeno, aveva fantasticato spesso su quella possibile scena, ricreandola nella sua mente, accompagnando quel pensiero con un sospiro di speranza che le era sempre rimasta addosso, nonostante l'ormai obbligo di matrimonio con il Marchese di Hastings.

«Elaine...» la richiamò in sé Viktor, vedendola tergiversare e senza capire il motivo dell'assenza di quella risposta che agognava di udire, come se avesse dato per scontato cosa lei avrebbe proferito, senza porsi ulteriori preoccupazioni.
Solo l'accenno di una vaga perplessità, nell'alzare un sopracciglio, lasciava intendere il suo smarrimento per quelle mancate parole.

«Io...visconte...» farfugliò lei a fatica, tentando di tenere a freno la sensazione che le si stava attorcigliando in petto, ghermendola con ferocia dopo aver sentito la domanda di Viktor.
La sua carnagione pallida come porcellana sembrò, per quanto fosse possibile, diventare ancora più chiara, ma l'istante successivo le guance di Elaine assunsero un colorito roseo sempre più vivo.

«Sì, certo che voglio sposarvi!» esclamò con emozione, fissando incantata il suo cavaliere per quella danza che sembrava ormai averla letteralmente rapita.

Viktor affilò un sorriso, palesemente soddisfatto dalla risposta della donna, leggiadra e danzante tra le sue braccia, muovendosi a un ritmo lento, classico per lo stile inglese di quel ballo nato lungo le rive del Danubio, lasciando che l'ampia gonna di lei scivolasse sui marmi levigati del pavimento, aprendosi a ogni movenza della proprietaria, mostrando i vari strati di pizzo e taffettà.

Elaine era completamente attonita, con un sorriso ancora esterrefatto sul volto che durò qualche istante, prima di diventare cupa in un battito di ciglia. «Ma mio padre... lui non vuole che mi sposi con voi, mi ha già promessa a un altro uomo» sussurrò in aggiunta la giovane, perdendo nello stesso istante tutto l'incanto nato in lei poco prima.

«Non ha importanza quello che vuole vostro Padre, Elaine. Quello che mi premeva sapere è se voi volete ciò che voglio io. Lasciate a me il resto» spiegò il visconte con il solito sorriso enigmatico, assieme a un'espressione soddisfatta.

Elaine rimase interdetta, mentre in un ultimo pivot terminava il brano che i due stavano ballando.
Tenendola per mano Viktor accennò un inchino di ringraziamento che Elaine ricambiò in una riverenza, riportandola quindi verso i genitori che li stavano fissando, insieme a diversi curiosi che li avevano osservati durante tutta la danza.

«Scrivete sul vostro Carnet di nuovo il mio nome. Tornerò da voi tra non molto per un secondo ballo» ordinò lui ostentando superbia, mentre si chinava per l'accenno del baciamano, sotto gli occhi attenti e iracondi di Oliver.

Proprio su quest'ultimo Viktor riportò l'attenzione, mentre la giovane lanciava uno sguardo alla madre che fece un cenno di diniego, intimandogli tacitamente di non accettare la richiesta di Lord Lloyd riguardo la prenotazione per la prossima danza.
Erano contrari entrambi e Annice aveva l'impressione che quell'occasione fosse stata architettata appositamente dal visconte; tramava qualcosa e le sembrava più che evidente.
L'atteggiamento sicuro e spavaldo che sciorinava lasciava intendere che avesse tutto perfettamente sotto controllo, minimamente turbato dal fatto che in più di un'occasione avessero negato a lui la loro figlia.

«Con permesso, barone» salutò l'uomo chinando il capo con educazione, per poi fare altrettanto rivolto a Elaine e sua madre. Infine si voltò, dirigendosi verso Alberto e Vittoria che stavano conversando con altri ospiti.

La ragazza, intanto, aveva ignorato la silenziosa richiesta della madre, prendendo dalla borsetta in seta ricamata una matita meccanica dal portamine in argento lavorato, scrivendo rapidamente il nome di Viktor sul suo blocchetto appeso al polso.
«Cosa stai facendo!» La rimproverò seccato suo padre. «Non devi ballare con lui. Cancella il suo nome!» sbottò avvicinandosi a lei. «Che cosa ti ha detto mentre ballavate? Ho visto la tua espressione, bambina.»

«Mi ha... mi ha chiesto se lo voglio sposare...» sussurrò lei con un filo di voce mentre il viso tornava ad assumere una colorazione più pallida, in contrasto con il rossore dettato dalla rabbia che si vedeva colorare il volto di suo padre.

«Cosa gli hai risposto?» sibilò a bassa voce, avvicinandosi ancora di più a lei che aveva iniziato a faticare ad articolare le parole per potergli rispondere.
«Che sono già promessa al Marchese» chiarì con incertezza appena percepibile e chinando lo sguardo, timorosa che il barone potesse leggervi la verità omessa a quelle parole.
«Elaine, vorrei che ti fosse chiaro...» iniziò a spiegarle con tono più tranquillo, ma deciso, suo padre, impedito però da un uomo che li aveva raggiunti.

Si presentava con un sorriso gentile, capelli scuri con due lunghe basette ai lati del viso, un accenno di baffi e due grandi occhi scuri. Indossava una divisa nera da alto ufficiale militare dal taglio estero, non di certo britannico. Il portamento risultava austero pur reso cortese dalla sua espressione gioviale.
Oliver stesso ci mise qualche istante a capire che si trattava di una divisa tedesca, simile a quella che il principe consorte Alberto spesso aveva sfoggiato. Capì chi si trovava di fronte, o almeno lo suppose, dopo un iniziale smarrimento.

Il Duca, Ernesto II di Sassonia, fratello del marito della regina, si chinò educato, rivolgendo l'attenzione su tutti e tre gli ospiti. «Buonasera, signori» salutò con un inglese dal quale si percepiva il forte accento tedesco, rivolgendosi poi ad Elaine. «Posso chiedervi questo ballo, milady?» domandò porgendo la mano verso di lei con l'intento di invitarla al centro della sala.

«Certamente...» rispose la ragazza, senza sapere davvero chi avesse di fronte, alzando la mano verso quella del Duca.
«Lord Ernesto di Sassonia, sono sorpreso di vedervi qui.» Intervenne il padre della ragazza, attirando l'attenzione dell'uomo che aveva preso la mano della figlia, forse più per suggerire a Elaine chi le avesse appena chiesto di ballare, che per una sua indiscrezione. «Credevo foste impegnato in guerra, contro la Danimarca.»
Ernesto annuì, allargando un sorrisetto genuino. «Dite bene, barone, ma non potevo mancare al genetliaco di mio fratello, non mi avrebbe di certo perdonato.»

Elaine capì, finalmente, con chi aveva accettato di danzare, imbarazzata e al tempo stesso inibita nell'intrattenersi con persone di tale calibro.
Ovviamente non era la prima volta che avesse a che fare con un Duca, ma quell'uomo faceva parte della Famiglia Reale e per giunta ospite proveniente da un altro paese. A livello sociale era terribilmente più in alto di lei, tanto da rendersi conto che lo stesso suo padre aveva appena errato d'etichetta, rivolgendosi a lui per primo senza che il Duca lo interpellasse. Infatti Annice era rimasta in tacito silenzio, limitandosi a una rinverza di cortesia.
Fortunatamente Ernesto non sembrava essersene interessato, attirato molto di più dall'idea di trascinare Elaine sulla pista da ballo al centro della sala. «Con il vostro permesso, vi porterei via vostra figlia.»

Nessuno dei genitori ebbe da ridire a riguardo e la giovane si ritrovò accanto alle altre dame pronte per iniziare una danza sulla musica di una quadriglia.

Oliver era stralunato, come se non capisse cosa stesse succedendo e sua moglie era lo specchio della sua stessa estraneità a ciò che accadeva attorno a loro.
Avevano scoperto che Viktor aveva contatti e simpatie con Alberto in persona, nonostante l'apparente nomea che aleggiava attorno al medico, dettaglio sgradito e grazie al quale la sua fama, all'interno delle famiglie altolocate londinesi, non vantava consensi e apprezzamenti.

Quantomeno questo solo all'apparenza. Tuttavia all'Almak le stesse Patronesse richiedevano con insistenza la sua partecipazione e ben più di una donna aveva cercato di avvicinarsi a lui, anche se lo scopo di tale interesse e intenzione era, con tutta probabilità, legata al patrimonio di famiglia di Viktor.
Alle spalle del visconte tutta Londra parlava di lui con disappunto, ma a trovarselo di fronte, quelle stesse persone, si presentavano con sorrisi affabili, tentando di avvicinarsi a lui che, ad ogni modo, ostentava solo disprezzo e irritazione.
Oliver era convinto che quell'uomo fosse più pericoloso di quanto desse a vedere e quel suo atteggiamento particolare, inconsueto nei modi e al limite del cortese e dell'etichetta, portava a una serie infinita di domande a cui il barone non riusciva a dare risposta.

Annice guardava con attenzione la coppia che danzava assieme alle altre, in un tipico ballo differente e più informale rispetto al valzer.
Fu la madre ad accorgersi che persino Viktor stava osservando i due con uno sguardo diverso e con palese disappunto, nonostante il fratello di Ernesto fosse accanto a lui, intento proprio a parlare al visconte in maniera apparentemente divertita, ben differente da quella contrita e infastidita di Lord Lloyd.

La danza terminò e con essa i saluti di rito tra inchini e riverenze delle svariate coppie. Il Duca riprese la mano di Elaine per riportarla verso i genitori. «Vostra figlia balla davvero divinamente» osservò Ernesto mentre si fermava con Elaine di fronte ai baroni che accolsero la coppia con un sorriso un po' meno teso.
«Un vero peccato che non possa fermarmi a lungo a Londra» aggiunse quindi tornando a guardare la ragazza che, a quelle parole, non poté fare a meno di arrossire.

«Temo che la tua dama sia già promessa, Ernest» intervenne una voce seria e autoritaria alle spalle del quartetto, sebbene quello stesso torno di voce lasciasse trasparire un certo divertimento.
Alberto aveva un aspetto regale, dal fisico asciutto, spalle larghe e vita sottile; i capelli erano scuri con due basette appena accennate, mentre gli occhi blu, intelligenti e attenti, risultavano quasi magnetici.
Salutò chinando il capo con rigore ed educazione, mentre Elaine e sua madre allargavano appena le proprie gonne con le dita, chinandosi in una riverenza più accentuata delle altre, in presenza di uno dei due reggenti. Oliver si inchinò, a sua volta in maniera più incisiva in rispetto al principe.

«Un vero peccato» rispose Ernesto, osservando la giovane che non osava parlare né alzare lo sguardo sul di loro.
«Piuttosto, Lady Elaine, permettetemi di farvi i miei più vivi auguri per il vostro fidanzamento, augurandovi che si svolga sotto i migliori auspici» si complimentò il principe osservandola, mentre lei alzava lo sguardo su di lui, lievemente interdetta. «Mi ha sorpreso sapere che un uomo come Viktor potesse finalmente decidere di sposarsi» aggiunse, con un tono rasente lo scherno, guardando Viktor che si affiancava a lui in quel momento, con un sorrisetto sarcastico in volto, fissando Oliver.

Il barone a stento si contenne nel sentire pronunciare le parole di Alberto, impossibilitato nel proferire parola dal panico che lo aveva trascinato nella più totale confusione, mandandolo in uno stato di turbamento da non riuscire neanche ad articolare una frase, così come per la moglie al suo fianco.

Elaine invece riportò lo sguardo su Viktor, senza riuscire a celare un sorriso, dischiudendo appena le labbra sorpresa, prima di tornare a guardare il principe. «Sì, grazie, Vostra Altezza» farfugliò timidamente con un filo di voce dalla quale era più che percepibile l'imbarazzo e le la timidezza.

Il reggente tornò a guardare Oliver che iniziava ad avere un colorito sempre più roseo, stringendo le dita guantate attorno al suo fidato bastone da passeggio, laccato di nero e dal pomolo in argento elaborato, rappresentante una testa di Greyhound, il levriero inglese usato per la caccia o come semplice animale da compagnia.

Lo sguardo di Alberto cadde proprio su quel dettaglio, accennando appena un sorriso divertito. «Amate anche voi i Levrieri, barone?» domandò incuriosito, mentre Lord Dietrich cercava di ritrovare il dono della parola.

«Il principe adora la razza» specificò Viktor atono.
«Capisco, sì, mi piace la razza» rispose con un cenno del capo, piuttosto cupo.
Che cosa avrebbe dovuto fare, o dire? Prendersi l'onere di spiegare che era tutto un malinteso o che non c'era nessun matrimonio tra il visconte e sua figlia? Una tale opposizione avrebbe creato diatribe con il Principe che avrebbe chiesto spiegazioni, considerando, inoltre, che fosse palese che Lloyd li conoscesse piuttosto bene.
Inoltre lui era un barone, Viktor un visconte che con tutta probabilità avrebbe preso il rango di suo padre alla sua ormai prossima dipartita. Gli era inferiore di rango e contestare le sue parole avrebbe potuto creargli non pochi problemi.

«Ma non vedo un anello a ornare le dita di questa dama, Viktor» lo riprese Ernesto, fissando la ragazza che istintivamente andò a coprire una delle mani guantate con l'altra.

«Non volevo darle l'anello questa sera, è la vostra festa e non credo sarebbe cortese nei vostri confronti attirare l'attenzione su di noi» spiegò con sufficienza il visconte, tornando a guardare Elaine.

«Come se la cosa vi importasse!» borbottò Oliver, che dal nervoso si era girato a prendere tra le dita un calice di Brandy, buttandolo giù in un solo sorso.
Viktor, assieme agli altri astanti, si voltarono a guardarlo accigliati e con evidente perplessità, pur non sembrando toppo interessati alla cosa.

«Vado a parlarne con la mia Königin; sono certo che non avrebbe nulla in contrario. Con permesso.» Si congedò Alberto, ignorando Oliver e riferendosi alla Regina con un termine della sua lingua natia.
«Io torno a cercarmi un'altra compagna per la prossima danza, visto che al momento Lady Elaine, presumo, sia occupata.» Ernesto si chinò con grazia alle due donne, al barone e al visconte, che ricambiarono il suo commiato con il solito garbo ed educazione, prima di voltarsi per andare a cercare la prossima ragazza da trascinare in pista.

Viktor prese con sfacciata disinvoltura uno dei bicchieri che gli porgeva uno dei domestici in livrea reale, prima di tornare a guardare in direzione della famiglia Dietrich.
«Annice, andate a darvi una sistemata assieme a Elaine, prima che arrivi la Regina» borbottò Oliver livido di rabbia, tenendo lo sguardo fisso sulla figura di quell'uomo, a cui avrebbe volentieri voluto spaccare in faccia il proprio bastone, togliendogli dal viso quel sorriso scaltro e impertinente che gli rivolgeva senza alcun ritegno.

«Andiamo, Elaine» sussurrò la donna, conscia di dover lasciare il marito in compagnia di quell'uomo che sembrava averli introdotti in una situazione sibillina dal quale difficilmente sarebbero usciti.

Rimasero in silenzio a lungo, limitandosi a lanciarsi occhiate fugaci mentre sorseggiavano dai loro rispettivi calici, Oliver con un'espressione ostile e Viktor apparentemente divertito.
«Siete davvero rivoltante e spurio» sibilò tra i denti, rosso in viso dalla collera.
«Barone, siete voi che mi avete offeso per primo, non dimenticatelo. Non sono persona che accetta questo genere di cose» spiegò freddamente il visconte. «Non provo avversione in molti casi, ma uno di questi è proprio l'atteggiamento che avete avuto nei miei confronti.»
«Dirò che si è trattato di un malinteso...»
«Davvero? E che motivazione darete di fronte alla Regina quando prima siete stato in silenzio? Non siete stato abbastanza solerte nell'avvisare che potesse esserci un fraintendimento e ora la famiglia reale è convinta che io mi sposerò con vostra figlia.» Rivolse lo sguardo verso gli anfitrioni del palazzo, imitato poi dal barone. 

«Non fareste di certo una buona impressione nella Corte Reale e un fatto del genere sarebbe sulla bocca di tutti in brevissimo tempo» continuò a spiegare Viktor come se la cosa fosse insignificante, tornando infine sull'uomo che stava allentando lievemente la cravatta, mentre perdeva colore dal volto, passando dal rosso acceso a un bianco pallido.

Le regole sociali erano chiare: bastava pochissimo per dare adito a uno scandalo e una famiglia, seppur nobile, poteva definirsi rovinata. Era sufficiente un dettaglio, un atteggiamento o una parola travisata e il prestigio ottenuto negli anni poteva scomparire in una manciata di secondi, perdendo tutte le possibili conoscenze e influenze.

Al visconte, di tutti questi giochi politici e sociali, non importava assolutamente niente e di fatto non aveva nulla da rischiare, essendo lui stesso un uomo di dubbia moralità, legato ai suoi studi scientifici e medici, infastidito dalla maggior parte delle persone che affollavano i salotti, gli eventi e le feste, risultando esecrabile sotto quegli atteggiamenti che ostentava in tutte le occasioni.
Alcuni arrivavano a giudicarlo folle quanto il suo omonimo Viktor Frankenstein, personaggio immaginario creato qualche decennio prima, a sua volta scienziato nobile di nascita.

«La vostra è un'ossessione...» insistette il barone. «Siete disposto a distruggere la mia famiglia per un vostro capriccio.»
«Ovviamente, perché non dovrei farlo per ottenere ciò che vogliamo sia io che vostra figlia?» domandò lui con una calma che sembrava innaturale, rispetto l'agitazione crescente di Oliver che iniziò a detergere il sudore dalla fronte con un fazzoletto bianco e immacolato, senza rispondere.
«Barone, a me interessa seriamente vostra figlia. Non è per un semplice capriccio come voi credete, ma non sono solito perdere, né mi piace quando ciò accade» continuò a spiegare Viktor. «Il matrimonio tra le nostre famiglie porterebbe soddisfazioni a entrambi e smettetela di provocare la mia pazienza.»
Portò il bicchiere alle labbra, per poi terminare il suo liquore mentre la coppia reale si avvicinava a loro.

Un inchino rigoroso precedette come da rito il loro arrivo in attesa che fosse la Regina stessa, o il Principe, a prendere parola prima di poter salutare o iniziare il dialogo.
«Lord Lloyd, Lord Dietrich» salutò Vittoria, usando un tono rigoroso ma al contempo femminile e gentile, accompagnato da un sorriso. «Sono davvero sorpresa. Credevo che non mi avrebbe mai raggiunta l'annuncio di un vostro possibile fidanzamento.»

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