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Tre!

Mirea era già lontana quando la seguii correndo.
Merda.
Pensai. Non avevo altre parole per descrivere ciò che era appena successo. Alle mie spalle, l'orso non si muoveva. Mi osservava soltanto. Era questo che faceva: Mi osservava e poi mi seguiva. - Corri Agata! Corri! - Urlò Mirea, mentre prendeva la sua bici che aveva appoggiato ad un albero limitrofo alla strada. Aumentai la velocità per quanto le gambe me lo consentissero. I polmoni mi bruciavano in petto, mente il cuore correva veloce insieme a me.
Aiuto.
Pensai. Tremavo dalla testa ai piedi, mentre mi imponevo di correre. Ancora una volta l'immagine del mio cadavere nelle fauci del mammifero mi pervase.
Non voglio morire.
Le mani continuavano a sudare, i piedi mi facevano male. Ci eravamo inoltrate troppo nella foresta.
Era piccola.
Era innocua.
Raggiunsi la mia compagna di classe quando lei era già montata in bici, aspettandomi terrorizzata. - Forza forza forza! - Urlava frenetica. Agguantai la bici e mi slanciai sul sellino. Pedalai come non avevo mai fatto prima. Il vento mi urlava contro, mente Mirea cercava di raggiungermi. Ero troppo spaventata per ragionare. Ero troppo spaventata per aspettarla.

In breve tempo la foresta venne sostituita dalla campagna, mentre il cuore non la smetteva di calciare ai polmoni stanchi. L'adrenalina mi aveva spinta a tal punto da aver superato il ponte senza accorgermene. La casa dalle due statue mi osservava la schiena già da tempo ormai, mentre Mirea mi chiamava. Mi fermai di colpo, sentendo le sue urla e mi voltai a guardarla, mentre frenava a sua volta. Aveva il fiato affannato scendendo dal sellino per avvicinarsi a me. - Sei veloce! - Esclamò scherzosa mentre mi affiancava. Ero troppo spaventata per sorriderle. Avevo bisogno di aria. Mi mancava ossigeno. Feci due respiri profondi e la guardai. Lei aveva già la Nikon D800 in mano, lo schermo impostata sulla fotografia appena scattata.

Un'immenso orso bruno si ergeva nella sua imponente stazza dietro di me, mentre leggermente più a sinistra rispetto a lui, i miei capelli malamente raccolti venivano scostati dal vento. Le mie labbra leggermente socchiuse, l'orso che mi fissava. Sussultai. Sembrava lo affiancassi. Sembravamo uniti da un muto accordo.
Due anime affini.

- Ho due nuove muse per le mie fotografie! - Espirò ridendo la mia amica. La osservai stupefatta. - Vi immagino già come coppia, se non fosse che lui è tre stazze più grosso di te e con una mandibola larga il doppio! - Rise. Non sapevo che dire. Non sapevo come comportarmi. Ero letteralmente terrorizzata.
Quell'orso mi ha sfiorata al fianco sinistro.
Poi alla mia memoria apparve un ricordo. Un'immagine. Mi sfilai la maglietta dai jeans. Il disegno di Leila Organa schiacciata dalla stoffa.

Presi frettolosamente il cellulare dallo zaino. Uno scatto, il flash della fotografia e la guardai. Sul mio fianco sinistro erano chiaramente raffigurate due mani che si reggevano.

Non era stato un sogno,
era tutto reale.

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