Vestiti
Non sapevo per quanto tempo avessi continuato a urlare, ma a un certo punto mi accasciai per terra, stringendo le gambe al petto tra le braccia.
Mi sentivo completamente vuota.
Il terrore, il dubbio, la solitudine persino lo sconforto...ogni sensazione che ero abituata a provare era scomparsa, fuori uscita dalle mie labbra con la mia stessa energia.
Lasciandomi lí, inerme, su quel pavimento di roccia gelata, con ciò che mi restava della camicia da notte a coprirmi e gli occhi fissi al soffitto freddo e buio.
Non sapevo cosa fare per tirarmi fuori di lì, non sapevo neppure dove fossi finita. E non volevo attirare ulteriori attenzioni.
Cercai di capere che ore fossero.
Se fosse notte o giorno, ma mano a mano che passavano i minuti e il tempo la luce rimaneva sempre desolatamente quella soffusa e fredda che veniva emanata dagli specchi stessi.
Potevano essere trascorsi pochi minuti o diverse ore quando percepii qualcosa. Uno spostamento d'aria quasi inpercettibile, una specie di spiffero gelido che mi accarezzava la schiena. Mi voltai e incrocia lo sguardo con quello di una strana creatura.
Un essere grosso come un mio pugno, dalla pelle grigiastra e le membra sottili. I suoi occhi erano due pozzi neri che mettevano i brividi.
E sebbene fosse davvero minuscola, mi fece scattare in piedi cercando di allontanarmi con terrore.
Terrore.
Era questo che avrei dovuto provare per il resto della mia vita? Paura di ogni cosa che strisciasse e si introducesse in modo inconcepibile nella mia nuova camera?
No.
Non potevo lasciare che mi distruggessero così facilmente, non potevo starmene lì inerme e subire ciò che Hajime mi avrebbe fatto. Mi aveva già marchiate e non ero disposta ad essere violata in nessun altra maniera.
E proprio mentre prendevo questa decisione sentii qualcuno afferrarmi per le spalle, immobilizzandomi con un solo gesto. Voltai la testa di scatto e mi ritrovai a fissare un volta meraviglioso.
Il fiato mi si bloccò in gola, mentre lo fissavo e un leggero sorriso divertito si allargava sul suo viso.
La pelle pallida risaltava ancora di più gli occhi rossi, eppure questi ultimi a differenza di quelli di Hajime non sembravano affatto vuoti. Il volto era incorniciato da folti ciuffi di capelli scompigliati candindi come la neve che gli ricadevano sulla fronte e su un occhio, velandolo.
Aveva i tratti del viso delicati e dolci, perfette ma senza l'inquietudine che Hajime trasmetteva ogni volta che lo vedevom
Era una bellezza gentile, non violenta come quella che traspariva dal demone che mi aveva rapita.
-Vi prego di non urlare, non di nuovo...Sentirvi è stata una tortura- persino la sua voce era normale, neppure esageratamente melodiosa.
-Chi sei?- mormorai, osservandolo ancora, mentre mi lasciava andare.
-Sono Alexander, mi occuperò di voi seguendo gli ordini che il mio Signore mi ha dato.- fece un profondo inchino, per poi chiamare a sé la creatura di prima che saetto sulla sua mano per poi essere assorbita dalla sua pelle, come un tatuaggio strisciante -E lui era Nessuno. Mi spiace vi abbia spaventata, stava solo eseguendo ciò che gli avevo chiesto.
Quel tono che aveva usato con me.
Quel modo di rivolgermi la parola dandomi del "voi".
Persino quel inchino.
Non sapevo come interpretare tutto ciò.
Avevo la gola secca e le mani che sudavano per l'ansia improvvisa che mi era salita addosso non appena aveva detto che stava seguendo gli ordini del mio aguzzino. Avevo sperato di trovare un viso amico, sebbene quegli occhi rossi erano simbolo evidente e lampante del fatto che lui fosse della stessa razza di Hajime, ma le sue parole avevano fatto crollare nuovamente le mie esili speranze.
-Cosa siete venuto a fare?- decisi di addottare anch'io quel modo di rivolgermi, anche se mi sentivo stupida e maldestra, avevo rischiato di dargli nuovamente del "tu".
Improvvisamente scomparve.
Non era più di fronte a me, ma di fianco e stava sollevandomi un lembo della camicia da notte, analizzando la stoffa tra le dita sottili e abili. Cercai di allontanare le sue mani da me, facendo un passso indietro, ma la sua presa su un mio braccio mi fece fermare.
-Sono qui per riparare a questo errore.
E con quelle parole prese anche l'altro lembo del vestito e tirò. La stoffa si lacerò in un istante, scivolando a terra mentre io lanciavo un urlo, cercando di coprirmi:
-Ma voi siete pazzo! Anzi, siete un maniaco! Lasciatemi!
La sua presa si allentò immediatamente, mentre il suo viso veniva solcato da un dispiacere che pareva reale. Un secondo dopo la sua giacca andò a coprire la mia nudità, mentre lui si dirigeva verso una valigetta che non avevo notato prima.
-Mi dispiace di avervi dato una cattiva impressione, ma è da molto che il mio Signore non ha ospiti e quando mi ha mandato da voi non ci potevo credere!- estrasse da lì un lungo pezzo di stoffa pregiata e sottile di un nero lucido, per poi avvolgermelo sui fianchi per un breve secondo -Sapete, voi avete una pelle molto delicata e questa stoffa è ideale per coprirvi. Era da molto che non confezionavo un abito da donna!
Lo guardai fare gesti molto rapidi e troppo veloci per i miei occhi umani e stanchi dai troppi avvenimenti.
Strappò la stoffa con le mani e poi la cucì con maestria.
Nell'arco di poco tempo posò sul letto un abito perfetto, semplice, dalla lunga gonna nera che cadeva larga e a cui era attaccato un lieve strascico in pizzo. Il collo era alto e aveva delle decorazioni in rilievo, non sapevo come, ma pensai che avesse capito che la vista di quella ciccatrice mi facesse orrore.
I lacci del corpetto nero erano troppo lunghi e non sapevo come volesse che li portassi. Li avrei sporcati tutti.
-Permettetemi di vestirvi.- chinò il capo, con la voce dolce -Sono altre mani che vi svestiranno, io avrò solo l'onore di coprirvi.
Tenetennai, ma infine annuii.
Sebbene fosse stato gentile e mi avesse chiesto il permesso, sapevo che negargli qualcosa sarebbe stato un grosso errore. Avevo bisogno di alleati se volevo uscire da lì e per ora lui mi pareva l'unica speranza.
Mi infilò l'abito con delicatezza per poi stringere il corsetto e i lacci avvolgerli lungo le mie braccia, come delle catene.
Perché quel abito nuovo gli era stato ordinato da Hajime.
Mi specchiai nella moltitudine di specchi e rabbrividii.
Non sembravo neppure io, avevo un viso pallido e smarrito, mentre Alexander sorrideva soddisfatto.
-Siete bellissima, Sora.
Non mi sentivo in alcun modo bella.
Mi sentivo in catene.
Catene morbide e setose, ma pur sempre catene che mi negavano la libertà.
Una lacrima, una sola, solcò il mio viso.
E sarebbe stata l'unica, giurai a me stessa.
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