Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Parte 8 - Lev, violenza

Disclaimer: in questo capitolo sono presenti scene di violenza
LEV

Mi passo una mano sulla fronte, sento il sudore che appiccica i capelli alla pelle. Sollevo lo sguardo e incrocio quello della mia compagna di lavoro, una giovane intenta a raccogliere meloni succosi, che pendono appena dai rami e si adagiano sul terreno. Quanto tempo è che sono qui? Credo tre settimane, ma lei non mi ha mai rivolto la parola. Ha paura, lo sento, e sono sicuro che su di lei si siano posate le luride mani del governatore.

Da quella sera non mi ha più mandato a chiamare, eppure non mi sento tranquillo. Vivere in questa fazenda è come camminare su un filo sottile sospeso sull'oceano. Posso cadere da un momento all'altro. Da un momento all'altro i flutti possono avvilupparsi al mio corpo e trascinarmi via.

Il rumore sordo di una frusta sul terreno mi riscuote. La terra che si è sollevata irrita i miei occhi e la mia gola. Sul terreno si stende l'ombra tozza di Ramon.

«Più veloci, non abbiamo tutta la giornata».

Il sole in quest'isola prossima all'equatore tramonta verso le sei del pomeriggio e questo ci salva dai lavori all'aperto. Prima di ritirarci, però, ci vengono assegnati altri compiti meno gravosi e ugualmente noiosi: rammentare lenzuola e coperte, intrecciare robuste foglie di una pianta locale per creare sedie, lucidare gli stivali di Ramon. Ogni volta che ci sputo sopra, immagino di sputare sul suo viso, sulla sua barba unta, sul suo naso dritto.

È da lui che mi devo guardare. Lo so, lo sento, e il modo in cui anche adesso mi sta guardando mi dà il voltastomaco. Si sofferma sulle mie labbra, sulle mie mani, poi sul fazzoletto di pelle che la camicia lascia scoperto, e che mi affretto a richiudere. Non posso permettermi che scorga il mio segno e che corra a dirlo al governatore. Immagino quanto sarebbero felici di tenermi in casa Francisco e suo nipote, come un animale ammaestrato da esibire nella loro cerchia di amici, come l'incubatrice che darà la vita alla loro discendenza.

Cerco con lo sguardo Kal. Lavora a petto nudo, lascia che il sole renda dorata la sua pelle chiara. Qui è l'unica persona che possa chiamare amico, l'unica per cui il mio cuore abbia mai battuto. Aspetto la notte, il momento in cui ci incontreremo sotto la palma per sentire la sua voce, per illudermi di non essere uno schiavo degli alfa.

«Sta sbiadendo», mi dice Kal quella sera, fuori dalla mia capanna, quando gli altri si sono sdraiati e sono troppo stanchi per badare a noi. Sfiora la mia spalla, ma non osa infilare le dita sotto la camicia, toccare la mia pelle.

«L'unguento è finito, e con le erbe che ho raccolto non riesco a preparare nulla di simile e di altrettanto efficace», replico, la testa e la schiena contro il tronco dell'albero.

L'aria è umida, fragrante di salsedine e orchidee selvagge. Ne crescono tante nei dintorni così come l'Abutilon, il fiore cremisi che tante volte Kal ha paragonato alle mie labbra. Avverto una strana vertigine, ma mi dico che deve essere la fatica a cui non sono abituato e la mancanza di libertà che, più di tutto, abbruttisce il mio animo. E poi c'è mia madre, da sola, disperata.

«Per quanto tempo saremo costretti a stare qui?», sospiro.

Gli occhi di Kal si accendono. Un lampo veloce che poi svanisce come era apparso. Kal, al contrario di me, ha sempre saputo dissimulare i suoi sentimenti.

«Quando i fiori del cacao si trasformeranno in frutti, forse saremo liberi».

«Cosa vuoi dire?»

Kal scuote la testa. «Avrai il tuo alfa per allora, chissà...», cambia discorso lui, sibillino.

Ricaccio indietro le lacrime che minacciano di affogare le mie iridi. «Volevo te...», trovo il coraggio di dire.

Kal mi sorride. «Volevi me perché sono l'unica cosa che tu abbia mai conosciuto».

«Gli alfa mi disgustano. Dopo quello che ho visto qui, poi».

«Ma non saremo sempre qui. Te lo prometto». Mi accarezza il viso, con un gesto fugace. «Va' a dormire ora, ricordati di prendere sempre le erbe contro il calore», si raccomanda prima di lasciarmi andare.

Stanotte non mi dirigo nella solita capanna che condivido con gli altri. A rotazione un omega dorme nella capanna più vicina al cancello della fazenda per controllare che non entrino animali selvatici. È una capanna spoglia, il cui unico giaciglio non è altro che un pagliericcio, ed è pericolosamente vicina alla capanna di Ramon. A terra c'è un catino colmo di acqua fresca, da cui sono attratte zanzare e mosche, le scaccio via e mi bagno i polsi, poi passo al collo, al viso. Inizio a sentire caldo, e non ne capisco il motivo. Stanotte l'aria è sopportabile, il vento spira tra le fronde e si mescola ai richiami degli uccelli notturni.

Ripasso mentalmente la mia giornata. Mi sono alzato con tutti gli altri poco prima che l'alba esplodesse nei suoi colori sgargianti, poi il pasto veloce, la strada sul carro fino alle piantagioni, le erbe che ho masticato contro il calore. Sì, le ho prese, ne sono sicuro. È il mio primo pensiero, perché l'idea di ritrovarmi vulnerabile e preda dei miei istinti in questo posto mi terrorizza.

Apro la finestra e mi stendo sul letto. Mi sbottono la camicia per permettere alla mia pelle di essere accarezzata dal vento fresco della notte. Non serve a niente. Ricordo che una volta Nali mi ha descritto il momento che precede il calore e quello in cui esso esplode.

Vertigini, gola secca, un caldo insopportabile fino a quando non si viene toccati da un alfa, e poi un nodo allo stomaco, il calore che scende verso il basso, l'umidità tra le gambe.

Mi mordo le labbra, stringo il lenzuolo che copre il mio giaciglio. Non può essere, ho preso le erbe, le ho masticate fino all'ultima foglia, a meno che... A meno che qualcuno non abbia messo le mani tra le mie cose e le abbia sostituite con erbe simili ma del tutto inefficaci. C'è solo una persona che avrebbe potuto farlo. Tento di chiamare Kal, ma la voce rimane muta, incastrata tra le corde vocali e il cuore impazzito.

La porta della capanna si spalanca. C'è la luna piena, e prima di vedere chi si trova sulla soglia ne scorgo l'ombra. Ne sento il profumo. Tabacco, mate, sudore, e un odore pungente e sgradevole che mi dà la nausea. Non immaginavo che durante il calore potessi percepire gli odori in modo tanto prepotente.

La risata di Ramon riecheggia nell'aria. D'istinto mi metto a sedere, ma lui con un balzo è già sulla sponda del giaciglio, è già sopra di me. «Il governatore ti ha lasciato in pace, eh?», mi respira addosso.«Per tua fortuna ci sono io adesso, ti aiuterò».

«Bastardo», sibilo, mentre cerco di respingerlo con i palmi aperti sul suo petto.

Lui mi afferra i polsi. È forte, e il mio odore lo manda fuori di testa, rendendolo aggressivo. O, almeno, sono certo, che userà questa scusa se mai qualcuno dovesse chiedergli conto delle sue azioni: è stato provocato, non poteva fare altrimenti, si sa che gli omega vogliono questo.

La luna illumina il volto di Ramon, il suo ghigno soddisfatto. «Il governatore non si fa problemi a dividervi con me», ringhia.

«Le mie erbe...», mormoro, mentre la vista mi si annebbia.

«Le ho scambiate io», confessa lui, e affonda la bocca sul mio collo.

Il contatto mi disgusta, ma il mio corpo è spaesato e tenta di seguire l'istinto, spinto dal primo calore inaspettato che lo sta travolgendo. A ogni tocco di Ramon mi sento morire, ma i miei muscoli diventano deboli, le braccia cedono, le gambe si aprono per fare spazio all'alfa che vuole prendermi con la forza.

«No...», mormoro ancora.

Ramon ignora le mie preghiere, con un gesto rapido mi strappa la camicia, insinua le dita sulla mia pelle, afferra quanto può. Poi cattura le mie labbra, insinua la lingua nella mia bocca. Spinto dal disgusto mordo le sue labbra.

Si allontana da me, gli occhi spalancati. «Stupido omega», sibila.

Mi trascina per le braccia, fino a buttarmi a terra. Assaggio la polvere e il terreno. Mi sta trascinando fuori dalla capanna. Vuole uccidermi, penso, ma non sono abbastanza lucido da capire se l'idea mi faccia più o meno paura di quello che Ramon aveva intenzione di fare quando è entrato nel mio rifugio.

Ci fermiamo davanti alla sua capanna. «Ora vedrai», mi dice. Mi solleva, capisco che stiamo entrando nel posto dove lui dorme, il cuore sembra impazzito, proprio come Nali mi aveva detto tanto tempo fa quando mi ha spiegato cosa accade a un omega nelle mie condizioni. La pelle è calda, il mio corpo ha bisogno di qualcosa che la mia anima rifiuta.

Ramon è di nuovo sopra di me, questa volta le sue mani si insinuano nei miei calzoni, li strappa via, rimango nudo davanti a lui. Sento l'aria fresca della notte accarezzarmi, un brivido affiorare lungo il mio corpo. Cosa ne sarà di me?

«È così che volevo vederti», dice Ramon. Il sorriso increspa ancora le sue labbra, ma a me sembra un ghigno. I suoi occhi grigi sono accesi dal desiderio che non conosce ragioni, da una lasciva perversione che condivide con il suo padrone, chissà quanti prima di me sono passati da qui. Rimpiango di non aver spaccato la testa a Francisco, sette giorni prima. È colpa di Juan se non sono riuscito a farlo. Lo odio, odio tutti gli alfa e non permetterò a nessun altro di farmi questo ancora una volta.

Tento ancora di chiamare Kal, ma anche se la voce si decidesse a lasciare le mie labbra, so che lui non potrebbe sentirmi. Se solo fosse stato un alfa... da tempo sarei stato il suo omega e Ramon non mi avrebbe mai potuto toccare in questo modo con lui nelle vicinanze.

Sento il muro contro la mia schiena, le mani di Ramon che mi sollevano ancora, prendono i miei polsi e li legano a una catena, attaccata alla parete. Poi insinua ancora le sue mani sotto le mie cosce. Mi sta dicendo qualcosa, lo so, ma ormai non registro più il suono delle sue parole, il mio corpo freme, il mio cuore è straziato.

Sento la sua oscena erezione contro la mia apertura, la vista si annebbia ancora.

Un fascio di luce più forte invade la stanza, ma io ho chiuso gli occhi.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro