Parte 19 - Juan, il marchio
JUAN
Lev ha le labbra turgide, ed è colpa dei miei baci. Sul suo collo affiora il segno dei miei denti, il marchio che dirà a tutti che lui appartiene a me. E lui, nonostante abbia permesso questo, terrà fede alla nostra implicita e muta promessa?
Il timore di perderlo mi invade, e so che mi basterebbe poco per guadagnare la sua stima: dovrei dirgli che non sono così diverso da Kal, che anche io sto lottando per scalzare mio zio e restituire a quest'isola la pace e l'armonia che aveva prima del suo arrivo. Potrei dirgli che mi sono innamorato della scogliera e della foresta e che non permetterò a nessuno di distruggerla. Ma sarebbe troppo pericoloso. Lev vorrebbe partecipare ai miei piani, vorrebbe sapere, soprattutto adesso che siamo legati dal marchio, e io non posso mettere a rischio la sua vita. E se nel suo ventre ci fosse già il frutto del nostro legame? No, non potrei mai metterlo a rischio.
Sono ancora sopra di lui, le nostre iridi incapaci di allontanarsi. In questo momento siamo l'uno il mondo dell'altro, e persino i problemi dell'isola sono lontani. Mi sdraio sulla schiena, e Lev geme infastidito per il nostro distacco, allora lo porto sopra di me, fino a fargli sentire la mia eccitazione. Ho ancora bisogno di lui, e lo stesso vale per Lev, a giudicare dalla sua lubrificazione.
Lo vedo posare i palmi sul mio petto. In silenzio comincia a muoversi, mentre reclina la testa all'indietro. Consumiamo ancora il nostro amore, poi Lev, stanco, posa la testa sulla mia spalla.
«Non ricominciare a darmi del voi», gli dico per rompere il silenzio che è calato nella stanza.
Lui mi accarezza distrattamente. «No. Non potrei anche se volessi».
«Sei pentito, Lev?»
Si solleva su un gomito. «Può un omega pentirsi dopo aver fatto questo?»
«Puoi fare tutto quello che vuoi, io non ti costringerò». La mia voce è amara, e lui posa un dito sulle mie labbra.
«Lo so. Ho capito. Ora ascoltami bene, perché non te lo ripeterò più: tengo a te contro il mio buon senso e tutto quello in cui credo».
Bacio le sue dita, poi abbasso la sua mano. «E io ti dico una cosa adesso, che non sei obbligato a ricambiare. Ti amo, Lev. Con nessuno ho mai sentito quello che provo con te».
Lev si mette a sedere, raccoglie le ginocchia al petto e vi posa il mento. «Immagino siano stati molti gli omega con cui ti sei divertito».
«Senza mai obbligarli».
«Ed erano in calore? Ne hai marchiato uno in Spagna o in quest'isola? Lo sai che quando siamo in quello stato non siamo lucidi e...»
«Lev», lo interrompo, «se mai ho avuto un omega in quello stato non l'ho mai marchiato e mi sono sempre assicurato che volessero ciò che volevo io. Che altro c'è?»
«Non voglio che ti accosti più agli omega della locanda, non ridere». Si alza, va vicino alla finestra. La luce ormai è svanita, e lui accende le candele. Adesso la sua pelle è accarezzata dalle fiamme tremolanti.
Lo raggiungo. Lo abbraccio da dietro, ancorando il mento alla sua spalla. Poi gli porgo il mio anello di smeraldo. «Per te. Ogni omega dovrebbe avere un pegno d'amore da parte del suo alfa».
Si volta. Nei suoi occhi balugina un lampo di felicità. Lascia che gli infili l'anello, e non protesta quando lo conduco di nuovo a letto.
Il mio marchio sul corpo di Lev viene percepito dagli altri alfa. L'ho notato qualche giorno più tardi dal modo in cui i nobili invitati al ricevimento in casa nostra ci abbiano lanciato occhiate compiaciute e invidiose, nessuno adesso sindacherà sul valore della nostra unione, e l'ho notato dal modo in cui lo stesso zio si rivolge a noi. Dalle sue parole apparentemente cordiali traspare il desiderio represso di avere Lev e forse anche di mandarmi via con una scusa. Da quest'uomo posso aspettarmi di tutto, e non mi sorprenderebbe se orchestrasse un agguato per prendersi ciò che vuole.
L'ultima lettera di mia madre mi ha fatto sperare di poter ricevere l'aiuto di un manipolo di uomini fidati. Non c'è niente di sicuro, ma il fatto di essere riuscito a spedire una lettera contenente le prove della corruzione di mio zio deve aver influito.
Kal, invece, che continuo a frequentare nella caverna segreta, crede che non sia il caso di aspettare questo fumoso aiuto spagnolo e di contare solo sulle forze locali. Continua a guardare con sospetto i compatrioti di chi ha ridotto l'isola in questo stato, e non posso dargli torto. Sul mio corpo deve sentire l'odore di Lev, ma non ha mai fatto trasparire gelosia o fastidio, come se avesse considerato il nostro legame inevitabile.
Quando il ricevimento finisce sento male alla mandibola per tutte le volte in cui ho dovuto sorridere a mio zio e agli altri. Lev mi ha preceduto, adducendo un mal di testa improvviso. È nei miei appartamenti, dove abbiamo iniziato a dormire insieme. Sappiamo entrambi, senza dircelo apertamente, che stare lontani non è sopportabile.
Lo trovo nella stanza da bagno, immerso nell'acqua calda che Carlos ha preparato e ha profumato con petali di fiori. Prendo un telo e mi avvicino a lui. Mi prendo il mio tempo per ammirare la linea del suo corpo, la testa abbandonata all'indietro, i capelli biondi appena umidi e lucidi.
«Stai meglio?», gli domando.
Lui apre piano gli occhi. «Lontano da loro sì». Si alza e lascia che io lo avvolga nel telo. «Non riuscivo a togliermi di dosso i loro odori». Arriccia il naso. «Sai di alcol, del costoso gin che beve tuo zio... sei stato con loro a parlare».
«Ho dovuto».
«Dovuto», ripete lui.
Cerco di non concentrarmi sul tono di rimprovero nella sua voce, e inizio a frizionarlo con un olio.
«Sarà così la nostra vita?»
«Non sempre». Lo conduco nella stanza da letto. Le mie mani toccano il suo corpo, mi pare che il suo ventre sia più rotondo. «Quanti bambini vorresti?»
Lev si lascia abbracciare da dietro, mentre avvolgo nuovamente il telo attorno al suo corpo. «Nessuno», dice stancamente.
«Smettila», lo prego.
«A te interessano solo gli eredi, l'unione del nostro sangue». Fissa un punto lontano attraverso il vetro della finestra.
«Sai che non è vero».
«Come posso desiderare un bambino, sapendo che vivrà in questa casa, sotto lo stesso tetto di tuo zio che ha... Sapendo che sarà circondato da corruzione e ingiustizie». Gioca con il suo anello di smeraldo, il mio pegno d'amore. Intreccio le nostre mani sul suo ventre, sento che il mio compagno è lacerato tra la nostra unione e i suoi valori. «E se nascesse omega, come potrei mai spiegargli che i suoi simili sono ridotti come schiavi nelle tue piantagioni».
Il silenzio è colmato dai versi degli uccelli notturni, da un gracidare lontano.
«Pensi ancora a Kal?», la mia gelosia mi fa domandare. Lo sento sussultare tra le mie braccia.
«Non ho il coraggio di vedere Kal in questo stato», dice, quasi con rabbia.
Nello stato di un omega che si è offerto al nipote del governatore malvagio, vuole dire. Non mi sfiora il pensiero che intenda altro. «La domanda era un'altra», insisto.
Scuote la testa. «Sono tuo», ammette, la voce smorzata come se gli costasse fatica e dolore abbandonare il suo orgoglio. Si volta tra le mie braccia. «Vorrei andare a vedere mia madre».
«Certo, farò in modo di accompagnarti». Sfioro la sua fronte con le labbra. «Ti prometto che tutto cambierà».
«Quando? Non fare promesse che non puoi mantenere, Juan», ancora una volta scorgo nella sua voce la stanchezza di chi si è lasciato andare a un sentimento che non non aveva pianificato.
«Dovresti imparare a fidarti di me». Mi allontano da lui e comincio a spegnere le candele della stanza. Rimaniamo nella penombra, sento Lev coricarsi, spostare le coperte del baldacchino.
«Non vorrei ferirti con le mie parole», sussurra, «ma non posso fingere con te che tutto vada bene».
«Lo so», mi limito a dirgli. Ci scambiamo un bacio leggero sulle labbra, poi Lev si volta su un fianco. Sappiamo entrambi che stasera al ricevimento mio zio ha messo un altro tassello importante nel suo progetto di distruzione dell'isola per la costruzione della ferrovia. Prima di quanto sia io che Kal e gli uomini della locanda pensassimo Francisco è riuscito a procurarsi i permessi necessari, pagando profumatamente il funzionario che avrebbe dovuto vigilare sulla fattibilità del suo progetto e che ovviamente ha chiuso gli occhi davanti alle banconote fruscianti piovute nelle sue tasche.
Aspetto di sentire il respiro di Lev farsi più pesante e regolare. Quando odo il fruscio della tenda e i versi degli uccelli che cantano nella notte profonda, mi alzo, facendo attenzione a non muovere troppo le coperte.
Mi cambio nell'anticamera, e poi esco, dopo aver acceso una candela che mi guidi nel buio della casa. Il salone è deserto, la sala da pranzo già perfettamente ordinata dopo il via vai di pietanze della festa. Mi dirigo nelle cucine e da lì verso l'uscita secondaria. Carlos, mio fidato servitore, mi aspetta con il cavallo sellato sul retro della casa.
«Il vostro compagno non lo sa, vero?»
Prendo le redini e scuoto la testa. «Non deve saperlo, se non a cose fatte», gli dico.
La luna piena illumina il mio cammino, scendo lungo i tornanti della scogliera fino ad arrivare al porto. La fiaccole illuminano la facciata della locanda, si percepisce il consueto odore di alcol, pesce fritto. E omega che si offrono a chi li vorrà, per passione o denaro.
Jali, il giovane omega con cui ho dormito in passato, mi viene incontro, un sorriso malizioso sulle labbra. «Sapevo che vi sarei mancato», dice.
«Non sono qui per voi, sono stato chiaro l'ultima volta. Ho un compagno adesso e non posso né voglio tradirlo con gli altri».
La delusione adombra il suo bel viso. «Siete qui per Nali, allora. Date a me il cavallo, almeno a lui posso pensare».
Gli porgo le redini. «Ascolta, quando tutto questo sarà finito, avrai una vita migliore, te lo prometto».
Mi offre un debole sorriso. «Forse non è la vita che vorrei».
Scorgo Nali farmi un cenno dal bancone, mi precipito dentro. Gli alfa presenti sono intontiti dall'acquavite e dal sesso, consumato con gli omega come Jali. Sono uomini a cui è stato strappato il proprio compagno e che non sono riusciti a superare il dolore. Gli altri, quelli che invece non si sono rassegnati a vedere i loro omega strappati dalle loro braccia e messi a lavorare nelle proprietà di mio zio, sono coloro che mi aspettano sul retro, e che tramano con me, Kal, e gli omega della piantagione, per riacquistare la libertà e punire il perpetratore di tanti misfatti.
«Sono arrivati», sussurra Nali.
Con un cenno del capo la ringrazio, poi raggiungo gli uomini che mi stanno aspettando. Il retrobottega è angusto, ha solo lo spazio per un tavolo di legno a cui sono seduti gli altri. La porta cigola quando la apro, respiro la tensione, il timore di essere scoperti.
«Sono io», li rassicuro.
Kal si alza. È il leader di questo gruppo, grazie alla credibilità e all'ammirazione guadagnata sul campo: non si è fatto sottomettere dal suo destino né dalle brutture di una prigionia che prima della cacciata di Ramon deve essere stata terribile.
«Quali notizie ci porti dal ricevimento di stasera?», mi domanda. Nel suo tono scorgo un fremito di curiosità.
Gli altri aspettano la mia risposta. Tra loro io il rispetto l'ho guadagnato occupandomi di assumere un sorvegliante che sia mio complice, e, naturalmente, per aver deciso di tradire mio zio.
«Purtroppo i piani del governatore e dei suoi complici procedono più veloci della nave che porterà qui i miei uomini».
Un sorriso ironico increspa le labbra di Kal. «Vi avevo detto che non c'era tempo per aspettare i vostri rinforzi. Siate chiaro a proposito dei piani di vostro zio».
«È sul punto di dare inizio ai lavori della ferrovia».
Un mormorio di sgomento serpeggia tra gli altri. Kal batte un pugno sul tavolo.
«Non lo permetterò mai».
Lo fisso negli occhi. «Neanche io, lo sapete bene».
«Per questo dobbiamo intervenire. Non c'è più tempo. Nella fazenda ho uomini fidati, qui alla locanda abbiamo loro», Kal indica gli uomini che siedono tra noi.
«Dobbiamo ancora aspettare», tento di convincerlo. «Assaltare la fazenda e prendere mio zio in ostaggio causerà la reazione delle sue guardie, senza l'appoggio di altri soldati e nobili saremo spacciati».
«Voi siete un alfa, Juan, non capite che per molti di noi la morte è preferibile al destino a cui vostro zio, e il vostro paese con l'indifferenza, ci hanno condannati».
Sono in minoranza tra gli abitanti di quest'isola spinti dalla sete di giustizia e vendetta. Kal prosegue, interpretando il mio silenzio come il definitivo lasciapassare ai suoi piani. Espone il suo piano, e mi chiede conferma delle armi che dovevo portare in dote a questo progetto. Ce l'ho fatta. Per ottenere il mio carico di armi, in arrivo dal vicino continente americano, ho corrotto e ricattato uno dei funzionari dell'isola. È stato rischioso, ma gli uomini di mio zio sono senza onore e si vendono al miglior offerente.
La luce delle candele trema sotto la spinta dei nostri fiati, delle parole sommesse, dei movimenti lenti delle dita che si piegano e si stendono sulla mappa della fazenda, del porto e della costa. Dopo i primi disaccordi, ci uniamo alla causa comune.
È un tonfo sulla porta a riscuoterci. Nali ci avvisa che la luna è tramontata e le stelle la seguiranno presto. Dobbiamo tornare alle nostre abitazioni finché avremo il favore della notte. Altri pochi incontri come questo e il nostro destino sarà deciso.
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