Parte 16 - Juan, l'amore
JUAN
Sento Lev fremere nella mia bocca, ma non voglio portarlo al culmine del piacere in questo modo. Voglio che mi preghi, voglio averlo in tutti i modi possibili. Ne ho bisogno.
Risalgo su di lui. Il suo volto è arrossato, le palpebre abbassate proteggono le sue iridi preziose, le sue mani si erano istintivamente posate sulla mia testa.
Quando sono di nuovo in piedi è come se si fosse svegliato da un sogno. Mi guarda con gli occhi lucidi di piacere, ma non ancora soddisfatti. Nelle sue iridi leggo sorpresa e imbarazzo. Questa per lui deve essere la prima volta con un uomo.
Mi libero dei vestiti, adesso completamente nudo anche io. Vedo i suoi occhi esplorare il mio corpo, soffermarsi sul petto, sulle braccia e poi sulla mia vistosa eccitazione.
La pioggia rumoreggia ancora, la sento ancora sulla pelle insieme all'odore dell'omega che mi sta davanti. Provo per lui eccitazione e tenerezza, e non saprei dire quanto l'una sfoci nell'altra e viceversa.
«Cosa fate?», mi domanda.
Mi avvicino ancora. Le nostre erezioni si sfiorano. Lo vedo mordersi le labbra, e un fiotto di sangue più veloce corre verso la parte bassa del mio corpo.
«Ti mostro quello che dovrebbero fare un alfa e un omega. La pioggia rende liberi, avevi ragione», porto la mano tra le nostre gambe e con i miei movimenti lo faccio gemere ancora. So che non vorrebbe, che è troppo orgoglioso anche per questo, ma il suo corpo non mente. Le sue dita si aggrappano alle mie spalle. Desidero toccarlo in questo modo fin da quando ho avvertito il suo odore, e quando ho capito cosa si cela nel suo cuore il mio desiderio si è accresciuto insieme al sentimento che forse lui non ricambierà mai. Il pensiero fa fermare la mia mano.
«Che succede?», mi domanda lui.
Per tutta risposta faccio scivolare ancora le dita verso il basso, massaggio la sua apertura. Freme sotto il mio tocco, e devo fare appello al mio autocontrollo per non spingerlo sul giaciglio e prenderlo con vigore. Quando spingo le mie dita dentro di lui spalanco gli occhi dalla sorpresa. Anche Lev sembra colto dallo stesso sentimento, a giudicare dal modo in cui schiude la bocca e corruga la fronte. Le iridi brillano come un ruscello sfiorato dal sole a picco.
Sento la sua umidità, nonostante sia chiaro che non è in calore. Lui stringe subito le labbra, come se odiasse il tradimento del suo corpo: sta ammettendo senza il suo permesso quanto anche lui mi desideri.
«Sei bagnato, senza calore...», lo provoco, e con un movimento vigoroso spingo le mie dita in profondità. Non trovo ostacoli né resistenze.
«Deve essere... le erbe forse ancora non agiscono bene», dice affannato. Ammiro che abbia trovato una scusa quasi plausibile in questa circostanza, io non ne sarei stato capace. Perché io lo desidero di più. Per davvero. Per lui, invece, non sono che la prima esperienza, che spesso confonde i sensi.
«Vuoi che mi fermi?» Ormai sono passato al tu e spero che lui sia del mio stesso avviso. L'ombra di un sentimento non ricambiato mi punge il cuore.
«Continuate pure, non sento nulla». Lui il tu ancora non lo usa.
«Sei incredibile».
«Non vi ho dato il permesso di...»
Il movimento preciso delle mie dita lo ammutolisce. Il suo respiro si fa pesante, e presto anche il mio. Le sue labbra quasi rosse sono come una corolla di petali che chiede di essere assaggiata. Lo faccio, e nel frattempo gli sollevo una gamba per avere un migliore accesso, poi in preda all'istinto faccio scorrere le mie labbra lungo il suo collo. Senza calore non è un vero marchio. Gli do un morso leggero, sento le sue dita stringermi i capelli alla ricerca di un appiglio.
«Juan...», sussurra, come se mi chiedesse aiuto. «È troppo», si lascia scappare, e temo che questa sarà la sua unica ammissione su quanto mi voglia.
Lo afferro per i fianchi e lo spingo sul giaciglio. Lui apre le sue gambe per me, senza aprire gli occhi. Si vergogna di quello che sente? Passo le dita sotto il suo mento.
«Guardami».
Le sue palpebre si sollevano, le sue pupille sono dilatate dal piacere e mi fissano come se avessero visto una meraviglia.
«Questo non significa niente», mi dice, mentre si offre.
«Ti piace raccontarti bugie», replico. Il mio desiderio è stato ingabbiato troppo a lungo.
Un tuono si confonde a un suo gemito, mentre entro dentro di lui, lentamente. Gli do il tempo di abituarsi. Per lui è la prima volta, ma anche per me: non sono mai stato così attento, con nessuno ho provato questo, e tutti gli omega che ho avuto sono stati diversi dal giovane inesperto e ribelle che sto soddisfacendo adesso. Lo voglio come sposo, come compagno della vita, come l'uomo che metterà al mondo i miei eredi.
Le sue braccia rimangono inermi lungo il suo corpo, ma lo vedo stringere i pugni, sollevare appena il bacino. Lo aiuto passando le mano sotto le sue cosce e sollevandogli le gambe. Il contatto più profondo gli strappa un respiro affannoso.
«Cosa fate?», mi domanda, in attesa dei miei movimenti.
Per un momento lo guardo, deciso a imprimermi nella mente l'immagine del suo volto, della sua bocca, dei suoi occhi; le sue mani si sollevano fino ad aggrapparsi alle mie spalle.
«Fate qualcosa», mi prega.
Affondo dentro di lui lentamente, fino a quando né io né Lev possiamo resistere alla passione che divora entrambi. I miei movimenti diventano più veloci, frenetici, i nostri respiri più affannosi. Istintivamente Lev volta il capo per offrirmi il suo collo... se già ora il nostro incontro è tale da farci perdere il controllo, cosa succederà quando Lev avrà il suo calore e mi permetterà di avvicinarmi? Sento le sue cosce farsi più audaci, stringersi attorno al mio bacino. Continuo ad affondare dentro di lui, a rubare i suoi baci.
Insieme raggiungiamo il piacere. So che anche per lui è arrivato dal modo in cui affonda le unghie nella mia pelle e dal fremito del suo corpo. Rimaniamo sdraiati, uno accanto all'altro. La pioggia continua il suo concerto, aiutata dagli strumenti di legno e foglie che trova al suo passaggio.
Lev ha ancora il volto arrossato, e non si decide a guardarmi. Mi sdraio su un fianco e gli accarezzo il volto, allora le nostre iridi si incastrano, nelle sue leggo piacere, ma anche confusione.
«È andata così male?», domando ironico.
Lev scuote la testa.
«Sei spaventato?»
«Vi avevo detto di non darmi del tu». Si riprende in fretta. Io quando mi sono accostato a un omega per la prima volta sono rimasto travolto per giorni dalle sensazioni di quel contatto.
Serro le labbra. Conquistare Lev è più difficile del previsto, ma non mi arrenderò.
«Dove andate adesso?», mi domanda Lev, quando mi vede alzarmi dal rustico giaciglio dove abbiamo consumato la nostra passione.
«Credevo non vi importasse dove io vada».
Arrossisce. «Infatti non mi importa».
Gli sfioro la fronte con un bacio. Può fingere finché vuole, ma so che se lo lasciassi in questo momento, dopo il contatto intimo che lui ha vissuto per la prima volta, ne rimarrebbe deluso. «Vado a cercare qualcosa da bere, che non sia acqua piovana». Afferro una delle coperte che qualcuno ha abbandonato in questo rifugio, e me la metto sul capo, poi esco dalla capanna e recupero una noce di cocco, caduta da una palma. L'avevo notata quando siamo arrivati, e adesso il desiderio di bere qualcosa per riprendermi me lo ha fatto venire in mente. Con uno strumento di fortuna, sempre trovato nella capanna, riesco ad aprirla e a offrirne un pezzo a Lev. Lo osservo mentre avido mastica il frutto succoso.
«Aspettiamo che spiova», gli dico. Mi siedo accanto a lui. Il profumo della sua pelle mi è entrato dentro e solo adesso realizzo che forse non potrei più trarre vero piacere accostandomi con un altro omega. Il mio viso deve essersi adombrato, perché Lev mi scruta.
«Cosa avete?»
Ho paura che tu non mi amerai mai, dovrei rispondergli, ma non mi sembra il caso confessargli ciò che sento. In fondo, Lev non vuole neanche che gli dia del tu, e ho capito che ammira Kal, che ha per lui una cotta adolescenziale che difficilmente lascerà andare via dal suo cuore, perché farlo significherebbe diventare adulto: amare, avere dei bambini, diventare il rampollo della dinastia di Vieln che governa parte dell'isola insieme a me.
«La pioggia sta scemando, forse dovremmo tornare, a meno che voi...» dico suggestivo, un lampo di malizia negli occhi.
Lev raccoglie in fretta i suoi vestiti. «Io niente. Come ho tentato di farvi capire durante... prima... non sentivo niente, quindi quello che è successo è per me del tutto indifferente. Voltatevi», mi intima.
Trattengo una risata. «Non c'è molto che non abbia già visto».
Per tutta risposta Lev mi lancia addosso i miei vestiti. Ci rivestiamo entrambi. E senza scambiarci un'altra parola. Il mio cavallo è riuscito a raggiungerci fino a qui e ha trovato rifugio sotto un grande albero. Bucefalo, invece, lo troviamo legato prima del ruscello, un po' bagnato, ma tranquillo.
«Lev, avevate ragione sulla pioggia, sapete? Fa davvero bene», gli dico sibillino prima di lanciarmi al galoppo.
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