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LYA II - Merce di scambio

Adesso era lì, e non aveva idea di come fare a scappare.

Ancora baccano, e sempre più vicino. Lya riaprì gli occhi e vide un paio di briganti sospingere Fidel verso di lei, la zazzera bionda e sporca di Ruìz a guidarli. Il disgustoso bandito teneva gli occhi piccoli e sbiaditi su Lya, ma la ragazza lo ignorò e si limitò invece a osservare con stanchezza il profilo distrutto del prigioniero.

Non fiatò, ma studiò il tendersi del viso di Fidel a ogni nuovo strattone. Quando raggiunsero la gabbietta e ve lo spinsero dentro, l'uomo non parlò ma grugnì di dolore, i lunghi capelli scompigliati a coprirgli il viso.

«Riposa, vecchio, che a breve siamo in marcia» gli ordinò Ruìz sghignazzando, passandosi una mano sudaticcia sulla fronte. Adocchiò ancora Lya, lasciando che il suo sguardo percorresse il corpo della giovane senza un minimo pudore.

Sei fortunato sia chiusa qui dentro, lurido brigante.

Lo avrebbe accecato, potendo. Invece dovette rimanere immobile, lasciando trasparire solo disgusto.

«Mocciosa, vedi di non vomitare, tu» l'apostrofò il brigante. Il suo sorrisetto divenne insopportabile. «Altrimenti dovrò lavarti di persona

Non avrebbe vomitato – piuttosto sarebbe svenuta per la nausea.

Distolse lo sguardo da quel pezzente, puntandolo in lontananza. A distanza riuscì adesso a individuare il Marof – quel James, che si muoveva con altezzosità e un palese sconforto a trovarsi in mezzo a briganti.

Dev'essere un nobile, e per niente abituato a queste situazioni...

Un damerino.

Più lo guardava, più non si capacitava di come non fosse riuscita a riconoscerlo sin dal primo istante, al primo sguardo lanciatogli a Lyede, nella locanda dei Tre Cani. Doveva essere stata seriamente in negazione di sé stessa.

E non solo, ma non poteva cercare ancora quegli occhi animali tra i cespugli degli alberi, non poteva continuare a ossessionarsi con qualcosa che non esisteva, se non nei suoi sogni.

Anche se non erano sembrati sogni – erano sembrate bestie reali, tigri in carne e ossa...

Cariandro, Revadrio... il loro pelo striato di bianco e nero.

James. James il Marof.

Il Marof era alto – ovviamente ben diverso dal ragazzino sbarbato di cui ricordava il viso. Era cresciuto, ma i tratti distintivi che Lya aveva impressi in mente erano rimasti gli stessi: gli occhi bicolore, il tatuaggio dorato che gli solcava il viso e che, la ragazza ci avrebbe giurato, non aveva sfoggiato ai Tre Cani. Che fosse capace di creare illusioni con la sua magia? Far credere alle persone di vedere cose che non erano reali... il solo pensiero la metteva estremamente a disagio.

Ad accompagnarlo, poi, aveva impresso in viso un sorriso storto e strafottente, per quanto in quel momento oscurato dalla preoccupazione.

Quel James, quel Marof, non era per nulla a suo agio in mezzo alla Banda della Luna.

Damerino. È un vero e proprio damerino...!

In un certo senso, l'idea attutiva il senso di nausea che Lya provava quando le capitava sventuratamente d'incrociare i suoi occhi. Per quanto avrebbe preferito non averlo tra i piedi, la sua palese insofferenza accanto a Creòn era la consolazione che il nobile damerino non facesse parte di quel gruppo di banditi e, probabilmente, non era stato a conoscenza della cattività di Lya, né di quella di Fidel...

Assurdamente, sembrava persino non condividerla.

Cercava di non darlo a vedere, ma la disapprovazione con cui osservava la Banda era tangibile. Li fissava con una pretenziosità nobiliare che Lya aveva sempre mal sopportato, ma che in quel caso poté quasi apprezzare.

Quasi, però. Perché, in fondo, lui era libero laddove lei era rinchiusa in una sottospecie di gabbietta per rossospini.

Lo seguì con lo sguardo mentre avanzava al fianco di Creòn, sorridendo con quella che voleva sembrare arguzia. A un occhio meno attento, forse, la falsità della sua espressione sarebbe anche passata inosservata... ma Lya aveva già avuto modo di incontrarlo in un altro contesto, in compagnia di un altro uomo nella locanda, e in quell'occasione James l'era apparso rilassato come ora non era affatto. Che fosse perché adesso era solo e in una situazione molto diversa, questo Lya non poteva saperlo, ma la giovane era comunque certa del disprezzo che poteva leggere in ogni suo cenno del mento.

E anche i banditi lo vedono – per quanto stupidi sanno bene com'è fatta la pretenziosità dei nobili.

Creòn condusse James verso il resto della Banda, come a voler fare le presentazioni. Gli si rivolgeva col tono che usava con Fidel, con una certa ironia che James accoglieva freddamente, rimanendo a distanza. Nelle movenze del mercenario c'era tuttavia una riverenza obbligata, che doveva stargli costando cara. Nemmeno lui doveva essere troppo contento di quella nuova presenza, anche se non poteva far nulla per evitarla.

Scommetto sperava che il Marof sarebbe andato per la sua strada.

Lya rimase a osservarli per lunghi istanti, carpendo ogni informazione possibile dalla scena a lei muta. La sensazione di nausea andava a momenti a svanire, per poi intensificarsi subito dopo; quando la realizzazione di cosa significasse quel nuovo arrivato si faceva spazio, quando rifletteva su cosa volesse dire seguirlo fino ai Cancelli di Ossidiana, per lasciarsi alle spalle la sua vita e il suo mondo, tutto peggiorava esponenzialmente e la faceva sentire solo più claustrofobica.

Odiava quella cittadina costruita sulla schiavitù, odiava quei bastardi che l'avevano trascinata fin lì. Avrebbe quasi preferito essere venduta, che trascinata a Chev – in vendita almeno avrebbe avuto la possibilità di fuggire dal nuovo padrone, libera da quella stupida gabbia.

Sarebbe andata avanti con quei pensieri fino al mattino se non fosse stato per Fidel che, dopo quelle che parvero ore, ritrovò la voce. Parlò piano e Lya lo sentì solo grazie all'abitudine, alla tendenza a far sempre caso a ciò che la circondava, a ogni comportamento fuori posto o suono diverso dagli altri.

«La circolarità delle cose non finirà mai di stupirmi. La storia si ripete... sempre» lo sentì mormorare stancamente. Lya gli lanciò una sbirciata stralunata, chiedendosi quanto in fretta l'uomo stesse realmente perdendo il senno. Che razza di affermazioni erano, quelle? Era ben che andato... «Prima Jane, poi tu... e ora il giovane Marof» proseguì indefesso Fidel, scrutandola da sotto le ciocche macchiate di grigio, il solito sorriso a fior di labbra nonostante la propria condizione.

Lya non replicò immediatamente, ma si limitò a studiarlo a labbra strette, in attesa che alcuni briganti li superassero rapidi. «Lo conosci?» domandò poi, assicurandosi che lui soltanto udisse il quesito. «Conosci il Marof?»

Quello strappò a Fidel un piccolo sbuffo divertito, seguito da una smorfia di dolore che lo fece smuovere appena nella gabbietta. «Conoscere è una parola grossa, e le parole andrebbero sempre pesate» ribatté pensieroso, squadrandola con attenzione. «Potrei farti la stessa domanda, tra l'altro...»

«Io non conosco alcun cane di Chev» sibilò di rimando Lya, senza riuscire a trattenere la veemenza nelle parole.

Non lo conosco. Averlo salvato, averci parlato un paio di volte... non è conoscere.

E non ci teneva affatto a sapere di più sul suo conto.

Solo lo stretto necessario per usarlo a mio favore.

Fidel ricambiò il suo sguardo, annuendo piano. «Capisco» si limitò a sussurrare, senza proseguire oltre. Lya attese invaso un continuo, che l'uomo insistesse... invece lui non parlò e il silenzio scese tra loro, lasciando alla ragazza un senso d'incompletezza nello stomaco.

«Tutto qui?» insistette lei, trattenendo l'ennesimo conato di vomito.

L'avrebbe davvero chiusa lì, senza fare altre domande e senza demandare nuove risposte?

«Io non concedo mie verità a chi mente» spiegò lui, senza fare una piega. Le sue iridi bigie erano prive di giudizio, ma nelle sue parole echeggiava tutto il non detto di Lya.

Me lo vuole far pesare? Chi è lui per pretendere sincerità...

«Io non mento, vecchio – non ora, perlomeno» specificò, respirando a fondo per alcuni istanti, tastandosi lo stomaco in un gesto involontario. «A volte ometto, semmai.»

Un sorriso affabile, una mezza risata di lui. «Siamo simili, allora, perché è un gioco che so reggere anch'io. In questo caso però so che parlerai – se non ora, più avanti. Per questo non insisto.»

Lya aggrottò la fronte. Che intendeva dire?

Glielo chiese, infastidita, e Fidel replicò con un'occhiata che parve affermare l'ovvietà di qualcosa che solo lui conosceva. Aprì bocca per rispondere, ma prima che potesse farlo fu la voce del Rostro a raggiungerli, bloccando la conversazione sul nascere.

«Qui invece teniamo la merce di scambio» stava spiegando con fare sornione e, quando Lya lo intravide fronteggiare il carro su cui si trovavano lei e Fidel, si ammutolì seduta stante alla vista del giovane di Chev alle spalle di Pinyan.

Desiderò morire, affondare – dare di stomaco, più di ogni altra cosa.

Che la Natura mi assista... non posso vomitare ora.

James si fermò a poca distanza dal carro, adocchiando prima Fidel con espressione indecifrabile, poi lei con curiosità a stento trattenuta. Nei suoi occhi bicolore poteva vedere un senso di vago riconoscimento, lo stesso che le aveva rivolto alla Luna Storta, come sapesse anche lui che qualcosa non quadrava, nel loro incontro, ma come se non fosse completamente certo di cosa.

Meglio se non ricorda nulla.

«E ci seguiranno entrambi fino ai Cancelli, immagino.» Il tono del giovane Marof era serio e pensieroso. Il suo sguardo intenso non la lasciò neppure per un attimo e la nausea di Lya, di rimando, non fece che peggiorare.

No, no, no... doveva calmarsi, doveva smetterla di pensare a certe immagini nauseabonde.

Chev. Volevano portarla a Chev, maledizione!

E Tok, i mocciosi, il Biondo...?

Il Rostro annuì secco, battendo una mano sulla gabbia di Lya. «Senza di lei è difficile far collaborare il vecchio» ammise, facendo spallucce. Mostrò i denti smaliziato, accarezzandosi la nuca rasata. «Ma non solo. Vedrai più avanti, cane di Chev, che la Banda della Luna ha più assi nella manica di quanto il tuo sovrano possa pensare.»

James si limitò a replicare con una scorsa critica, staccando brevemente gli occhi da Lya. Non sembrava molto convinto dell'affermazione, però, e neppure Lya riuscì a prenderla seriamente. Il Rostro non era cambiato di una virgola in quegli anni – sempre convinto di poter strappare orgoglio e fama da gesti disonorevoli e di dubbio valore.

Siamo cresciuti insieme, in fondo...

Ma cosa poteva volere un folle monarca con spropositate manie di grandezza e conquista da quel gruppo di briganti? Cosa, per convincerli a portarsi dietro persino lei?

Ti trascinano per Fidel, per tenerlo a bada.

Evitò di guardare il vecchio Arcante, stringendo i denti.

Stupido vecchio, se non fossi stato così debole saremmo potuti scappare.

Il Marof osservava la carovana e Pinyan con una punta di scetticismo e, in ombra, malcelato nervosismo. Dopo un attimo seguì il Rostro mentre quello si allontanava dal carro, a proseguire nell'assurdo giro di convenevoli. Rivolse ai due prigionieri solo un'ultima, triste scorsa.

Quando il Marof e Pinyan furono abbastanza distanti, e solo quando Lya fu sicura che nessuno avrebbe potuto notarla a parte Fidel... fu allora che la giovane si permise di lasciarsi andare per pochi, terribili istanti.

Si piegò a vomitare maledicendo se stessa e tutta quella situazione, non riuscendo più a contenersi.

Si resse alle sbarre della gabbia stringendo i pugni, ripromettendosi di fare terra bruciata di tutti loro, quando fosse riuscita a liberarsi.





***

Note autrice: domenica, e come sempre si va avanti. Con questo si chiude il capitolo di Lya, che  è sempre più felice per come vanno le cose (LOL)! Mentre editavo, sperando di non aver lasciato obbrobbri nel testo, ridevo di gusto. Il prossimo aggiornamento sarà un'altra sorpresa, un POV che si aggiunge agli altri. Intanto sto provando a lavorare su dei simbolini da inserire a inizio capitolo, incrociamo le dita che mi riescano...

Alla prossima e buona settimana,

Isa

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