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7. Vecchie conoscenze

Il Centro era quanto di più simile ci potesse essere a quei tempi ad una corte reale.
C'erano gli alti grattacieli,  in cui alloggiavano i pezzi grossi del regime e che si disponevano intorno all'edificio più importante di tutti, il quartier generale del partito, nonché casa del dittatore assoluto.

Tutto, nella loro società, era costituito in base al ceto sociale ed economico: i tessuti e i colori che potevi indossare, i posti dove potevi vivere, i lavori che ti era permesso fare e perfino le parole che avevi il permesso di dire. Questo non accadeva solo per la gente comune, però, perchè anche i nobili avevano la loro privatissima scala sociale, che si tramutava in piccoli ulteriori privilegi. Chi era ricco poteva indossare tessuti più pregiati e talvolta anche i colori, ma mai il blu, il viola e il verde, poiché il primo era riservato ai nobili, il secondo ai più alti funzionari del regime e l'ultimo solo ed esclusivamente al dittatore in persona e in occasioni speciali al suo secondo.

Ai ricchi spettavano gli alloggi di scarto, sempre ai primi piani degli edifici, perchè anche in questo vi era una particolare gerarchia, in cui più in alto era l'appartamento più alta era la carica del possessore.

Era un mondo complicato, pieno di inganni, tradimenti e occasionali omicidi.

E Nova non ne sapeva nulla.

Era terrorizzata all'idea di entrare in quel mondo tanto infido, abbandonata a sè stessa e alle sue idee per sempre mummificate nella sua testa. 

Decise di concentrarsi su qualcosa che poteva comprendere.
Cosa avrebbe messo quella sera?
Dopo colazione era davvero uscita per le vie del Centro, girando i negozi che le dame erano solite visitare e mangiando nelle pasticcerie all'ultima moda in cui spettegolavano e, per quanto per anni avesse sognato di trovarsi lì, di visitare quelle stesse pasticcerie e di poter indossare ciò che voleva, loro non la ammaliarono come credeva avrebbero fatto dal primo istante.
Era velocemente tornata a casa e si era chiusa in camera, ma prima si era fermata ad osservare l'altissimo grattacielo in cui adesso abitava, curato nei dettagli e sicuramente prestigioso anche fra i nobili.

Nel suo giro non aveva comprato nulla apparte due dolcetti al cioccolato che aveva gustato sulla via del ritorno, quindi aveva a disposizione ''solo''  il fornitissimo armadio dei suoi alloggi.

Scartò un abito rosa pallido, senza spalline e con la gonna plissetata, poi passò a un altro vestito beige e poi a uno azzurro. Nessuno la convinceva.

Non era tanto l'importanza di come stava con ciò che avrebbe indossato a metterle ansia, quanto piuttosto ciò che questo significava agli occhi di chi c'era cresciuto, in quella società. Per quanto le dolesse ammetterlo, le importava di come sarebbe apparsa agli occhi dell'intera Corte.

A salvarla dalle sue stesse preoccupazioni fu qualcuno che bussò alla porta.

Raphael era sulla soglia, già vestito di tutto punto e con un pacchetto in mano. Stava appoggiato allo stipite della porta e Nova si ritrovò ad osservare il suo braccio muscoloso flettersi e distendersi, rapita da tale perfezione.
Si maledisse mentalmente per quei pensieri e ascoltò ciò che il ragazzo le stava dicendo.

<<Sono venuto a metterti in guardia>> disse con un tono che terrorizzò Nova<<Stasera sarà la tua prima volta ad un ballo del genere e non vorrei che tu cadessi nelle trappole della gabbia dorata in cui viviamo>>

Nova lo scrutò con rinnovato interesse, ripetendosi quella frase in testa e meravigliandosene.

<<Fai attenzione a ciò che bevi e non rilassarti mai>>le intimò<<Stai sempre all'erta e non allontanarti mai troppo da me>>. 

Evidentemente le si dipinse in volto un'espressione di pura paura, perchè Raphael si affrettò a sdrammatizzare e a tranquillizzarla.

<<Stai tranquilla comunque, sono solo consigli per evitarti spiacevoli malintesi, non è così male come sembra.>>

<<Quello cos'è?>> chiese Nova indicando il pacchetto, nell'inutile tentativo di cambiare discorso.

Sbagliato.

Raphael arrosì fino alle orecchie e cominciò a blaterare parole senza senso.
<<Io... ecco... ho pensato che per il tuo ingresso in società... magari avresti gradito indossare qualcosa di particolare>> balbettò e le porse l'involucro.

Lei lo aprì e ne tirò fuori un elegante vestito blu scuro, con la gonna ampia e le spalline sottili. 

<<Sai, qui è molto importante l'abbigliamento>> le disse riprendendo coraggio e poi se ne andò per lasciarle il tempo di cambiarsi.

Mise il suo nuvo vestito, ma al momento di fare il consueto chignon ricordò che non era più obbligata a legare i capelli. Scelse comunque di farlo; non voleva dimenticare chi era e, se indossava un colore tanto importante quanto il blu, allora avrebbe anche legato i capelli nel simbolo di oppressione che per tanti anni aveva odiato e che ora diventava per lei simbolo di libertà.

******

Che strano quanto la tua posizione sociale influisca anche sulla tua percezione del mondo.

Pochi giorni prima, quando andava a lavoro, le sfilava davanti un paesaggio devastato. Passava sotto un ponte diroccato e vicino un fiumiciattolo la cui acqua puzzava come una fogna.
Le strade erano distrutte e i palazzi del vecchio mondo crollati e rimasti per sempre in orizzontale.

Adesso invece, dal finestrino dell'auto di lusso su cui viaggiava, scorgeva strade ben illuminate, bei negozi e un tentativo non riuscito di far sembrare tutto come prima.
Perchè, nonostante tutto, la terra recava ancora le indelebili cicatrici del passato, la peste con cui l'avevano infettata e le lesioni che non sarebbero mai guarite.

Perchè malgrado le finzioni, le pioggia continuava ad essere acida, il cielo perennemente grigio, le stagioni impazzite e gli animali rarissimi.

Perchè il mare era ancora irrimediabilmente inquinato, i pesci stecchiti e gli uccelli morti, le persone in fin di vita per la fame e gli orfani abbandonati sulle strade.

Ma a loro non importava, ai nobili e ai ricchi, perchè indossavano i loro occhiali speciali, osservando tutto attraverso i loro paraocchi fatti di promesse irrealizzate e inganni.

Vivevano le loro insulse vite , facendo finta di non vedere la disperazione e la morte disseminate appena fuori il loro campo visivo.

Anzi, loro non fingevano , erano complici.

E Raphael faceva parte di loro, senza dubbio.

Allora perchè non riusciva ad odiarlo?

Perchè , quando stava con lui, vedeva solo il suo sorriso gentile e non gli occhi tappati che contribuivano a seminare morte?
Provava rabbia soltanto pensando a quelle persone,  che ora facevano parte del suo mondo e, agli angoli della mente, sentì le sue tenebre spingere per venire a galla.
Come sempre le soppresse, cercando di dissimulare lo sforzo.
L'auto si fermò.

*********

C'erano centinaia di persone, tutte vestite in maniera principesca. La festa era a casa degli Shelley, dentro un enorme salone di marmo decorato da statue e fiori bianchi.
Il grande lampadario di cristallo rifletteva i variopinti abiti dei presenti.
Nova però non ebbe tempo per meravigliarsi dello sfarzo che regnava nella sala, perchè venne subito trascinata in un vortice di saluti e presentazioni.

Alcuni la salutavano come se si conoscessero da sempre, altri lanciavano lunghe occhiate alla sua acconciatura, mentre qualcuno semplicemente la ignorava.

Nova faceva attenzione a risultare impeccabile, ma in verità non disse nulla per la maggior parte della serata. Non capiva granché di quello che Raphael discuteva con gli altri invitati, quindi si limitava ad annuire a momenti alterni.

A un certo punto un uomo li raggiunse, con un gran sorriso stampato in volto.

<<Comandante Kroon!>> esclamò<<che piacere vederla>>

<<È un piacere anche per me, Signor Clint. Mi permetta di presentarle mia moglie, Nova>>

Lei in realtà era immersa nei suoi pensieri, stupita nello scoprire che Raphael era un militare e soprattutto di non esserlo venuto a sapere prima. Nonostante tutto si presentò educatamente e poi tornò in silenzio.

<<Voglio presentarle qualcuno anche io>> disse poi l'uomo, puntando gli occhi azzurro spento sulla folla.

Vi sparì all'interno, per poi riapparire dopo qualche istante, portando a bracetto un ragazzo ben più giovane.

Il cuore le saltò nel petto, il respiro le si mozzò.
Conosceva quella figura, avrebbe riconosciuto quella camminata tra centinaia; Per mesi i suoi occhi l'avevano rincorsa nel mondo dei sogni e, al risveglio, aveva cercato il suo abbraccio, ormai scomparso insieme a lui.

Mesi.

Ed ora eccolo lì,
Gabriel.
Lacrime nere le salirono agli occhi.

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