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Capitolo 33 parte 2


L'umano le aprì il giubbotto senza preavviso e non appena vide il sangue sgranò gli occhi «Ti hanno ferita.» Disse in un soffio. Era colpa sua, lo aveva fatto per salvarlo.
«Dobbiamo tornare da Erika, lei potrà...»
«No.» Miranda era affaticata ma non ammetteva repliche «Sono praticamente davanti casa. Non è profonda ma devo medicarla in fretta, fra poche ore andrà molto meglio.»


Il ragazzo la aiutò a reggersi, le tirava tutto il fianco sinistro e camminare le faceva male. Per fortuna zia Fiona era già andata a dormire. Salire le scale in punta di piedi era arduo in quelle condizioni, dovette praticamente lasciare che Daniel la sorreggesse del tutto. Era un tipo sportivo e la forza non gli mancava!
Si chiusero in camera e la Succuba si sedette sul letto cercando di sfilare la giacca con il minimo sforzo, mentre Daniel si era tuffato sotto al letto per recuperare la cassetta del pronto soccorso.
Ne tirò fuori una serie di garze, cerotti e disinfettante, mentre Miranda tirava su la maglietta scoprendo il taglio al fianco. Quel coltello le aveva lacerato la pelle, sembrava una di quelle ferite finte che aveva visto durante la festa di halloween. 


«Accidenti, sicura che non ci vogliano dei punti?» Daniel stava svitando il tappo del disinfettante e ne versò una dose generosa su un panno pulito. La ragazza aveva la fronte imperlata di sudore e cominciarono a disegnarsi sotto agli occhi un paio di ombre nere, aveva perso un po' troppo sangue.
Quando il ragazzo procedette il bruciore fu tremendo. Aveva la sensazione che le avessero versato dell'acido sulla pelle. Avrebbe voluto urlare ma se zia Fiona l'avesse vista in quelle condizione sarebbe morta di paura. Si morse il labbro inferiore fino a sentire il sapore di sangue in bocca, e quando provò a ricontrollare la ferita, vide che Daniel aveva già finito, l'aveva bendata con un grosso cerotto sistemandole, poi, un cuscino sotto la testa.


Il dolore era più sopportabile adesso ma ad ogni respiro aveva l'impressione che la ferita si riaprisse.
«Non vedo l'ora che passi.» Borbottò fra sé. Daniel le sedette accanto, aveva ancora la maglietta sollevata e la cosa gli creava imbarazzo.
Ecco perché fece di tutto per distogliere lo sguardo. Si concentrò più che altro sul viso dell'amica, sul fatto che l'aveva già vista altre volte palesemente stanca e tutte le volte il motivo era legato alla mancanza di "cibo".
«Devi nutrirti.» Le disse. 


Miranda si voltò a guardarlo, era rimasta ad occhi chiusi per un po' con il naso rivolto al soffitto. Sapeva che quella non era una domanda, Daniel aveva imparato a riconoscere i segnali e gli rivolse un piccolo sorriso per cercare di farlo stare tranquillo.
«Non è necessario, posso resistere fino a domani.»
Il ragazzo scosse la testa e tirò su la manica destra del maglione, porgendole il polso. «Forza.» Era perfettamente consapevole di ciò che le stava offrendo e sapeva anche quanto lei fosse contraria, ma era un'emergenza, non le avrebbe permesso di soffrire in quel modo.
Come previsto la ragazza lo guardò male, «Falla finita» Ma Daniel scosse la testa e continuò a tendere il polso verso di lei.


«E' colpa mia se quel tizio ti ha ferita, perciò smettila e fallo.»
Non voleva nutrirsi del suo amico ma più lui avvicinava il polso e più sentiva il suo profumo.
La pelle di Daniel aveva un buon odore, uno di quelli che ti facevano chiudere gli occhi e pensare: "Un profumo così non potrebbe mai nausearmi!"
Una parte di lei, quella legata a doppio filo con l'istinto, avrebbe voluto procedere; non solo perché era affamata ma anche perché il puro e semplice desiderio di prosciugare le energie di qualcuno era la cosa più spontanea, più bella e più eccitante per una Succuba.
Il suo petto si alzava e si abbassava freneticamente, Daniel capì che dentro di lei imperversava una vera e propria lotta e si disse che sarebbe stato meglio smettere, il suo atteggiamento poteva essere frainteso e sembrare una provocazione.


Fece per allontanare il polso quando la Succuba glielo afferrò all'improvviso «Aspetta!» Disse con un tremolio nella voce appena percettibile, prese un paio di lunghi respiri e riprese a parlare, «Quando noi cacciamo non è come scegliere qualcuno a caso in un mucchio, scegliamo ciò che vogliamo perché sentiamo un legame con la nostra vittima. Di solito non ci capita mai di nutrirci di qualcuno a noi vicino perché quel forte legame potrebbe spezzarsi per sempre.
Non voglio che tu mi veda come una specie di mostro. Noi non siamo splendide creature venute dal mondo delle fiabe per amarvi, noi rappresentiamo i vostri incubi peggiori. Tutte le volte che chiuderai gli occhi potresti vedermi nei tuoi sogni più spaventosi, come credi che mi farebbe sentire questo?»


Per un istante fu come se il tempo si fosse fermato. Daniel capiva quella sua paura ma era assolutamente certo di una cosa: «Qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa tu sia a me non importa. Ho già visto il meglio di te.» Rispose. Lasciava a lei la possibilità di scegliere, avrebbe potuto lasciar perdere, trascorrere la notte in balìa delle debolezze e aspettare di arrivare fino al giorno seguente; oppure avrebbe potuto accettare il suo aiuto e mettere così da parte tutte quelle sciocche paure.

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